Il presente contributo affronta il tema dell’applicabilità in misura ridotta dell’imposta sulle transazioni finanziarie (c.d. Tobin Tax) nel contesto di un’offerta pubblica di acquisto (OPA).
Estratto: L’imposta sulle transazioni finanziarie in relazione ai trasferimenti azionari perfezionati nel contesto di un’offerta pubblica di acquisto (“OPA”) può trovare applicazione nella misura ridotta dello 0,1 per cento ex art. 1, comma 491, della legge 24 dicembre 2012, n. 228? Se, in un primo momento, la tematica ha dato luogo a numerose incertezze in punto di individuazione delle modalità di applicazione dell’imposta da parte dei soggetti coinvolti nelle OPA e, in particolare, da parte degli intermediari finanziari intervenuti nell’operazione (che assolvono ex lege il ruolo di responsabili d’imposta), più di recente si sta consolidando un trend giurisprudenziale di merito secondo cui i trasferimenti azionari che si perfezionano all’esito di questo tipo di procedura sono meritevoli di beneficiare dell’aliquota ridotta dello 0,1% (in luogo di quella ordinaria dello 0,2%). I principi statuiti dalla giurisprudenza di merito, oltre a interessare le OPA che saranno promosse in futuro, impattano anche sulle operazioni già perfezionate, legittimando i soggetti che medio-tempore hanno visto applicare un’aliquota d’imposta più alta a presentare apposite istanze di rimborso. Su queste basi, dopo aver esaminato il contesto normativo in materia di imposta sulle transazioni finanziarie – nell’ambito del quale si inquadra la questione dell’applicazione dell’aliquota ridotta – ci si soffermerà sulle modalità tecniche attraverso cui i trasferimenti azionari si perfezionano in una procedura di OPA, soffermandoci, infine, sui principi statuiti finora dalla giurisprudenza di merito.
1. Introduzione
Le modalità di applicazione dell’imposta sulle transazioni finanziarie sui trasferimenti azionari perfezionati nel contesto di un’OPA hanno dato luogo a incertezze applicative, in quanto finora era dubbia la possibilità di applicare l’articolo 1, comma 491, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, nella parte in cui prevede l’applicazione di un’aliquota d’imposta in misura ridotta con riferimento alle operazioni “concluse nei mercati regolamentati”. In proposito, si sta via via consolidando un orientamento giurisprudenziale che, risalendo alla finalità perseguita dal legislatore con l’introduzione di un’aliquota più bassa, legittima tali trasferimenti a beneficiare dell’aliquota ridotta nella misura dello 0,1%, in luogo di quella ordinaria dello 0,2%. Procedendo con ordine, la questione si propone ogniqualvolta un soggetto offerente intende promuovere un’OPA totalitaria volontaria ex artt. 102 e 106, comma 4, del TUF avente ad oggetto la totalità dei titoli azionari di una società quotata sul mercato gestito da Borsa Italiana. In tal caso, qualora la società target non si qualifichi come c.d. small-cap, e non possa quindi applicarsi la specifica esclusione dalla c.d. Tobin Tax[1], con riferimento a tale operazione si pone(va?) la questione relativa all’aliquota applicabile di detta imposta considerato che – ai sensi dell’art. 1, comma 491, della citata legge n. 228/2012 – per le operazioni “concluse in mercati regolamentati” l’aliquota è ridotta alla metà (e pertanto è pari allo 0,1% per cento). In particolare, a quanto consta, non di rado il soggetto offerente presentava preventivamente un’apposita istanza di interpello, volta a ottenere conferma che il trasferimento dei titoli azionari all’esito della procedura di OPA fosse “meritevole” di beneficiare dell’aliquota ridotta dello 0,1 per cento, e ciò sul presupposto che detto trasferimento sarebbe stato perfezionato nel contesto di un’operazione (appunto, l’OPA) del tutto conforme con la ratio legis sottostante alla differenziazione delle aliquote d’imposta. L’Amministrazione finanziaria, a quanto sembra evincersi dalle sentenze più di seguito esaminate, ravvisava come i trasferimenti azionari in questione dovessero scontare l’imposta sulle transazioni finanziarie nella misura ordinaria – con applicazione, quindi, dell’aliquota dello 0,2 per cento – in conformità con un’interpretazione restrittiva dell’articolo 1, comma 491, della legge n. 228/2012. Ebbene, con riferimento ai contenziosi incardinati relativamente alla formazione del c.d. “silenzio-rifiuto” in merito alle istanze di rimborso presentate dagli offerenti, che medio tempore prudenzialmente assolvevano – mediante gli intermediari incaricati – l’imposta sulle transazioni finanziarie con applicazione dell’aliquota ordinaria sul controvalore dei trasferimenti azionari oggetto delle offerte promosse, la giurisprudenza di merito ha, a più riprese[2], statuito la possibilità di beneficiare dell’aliquota ridotta nella misura dello 0,1%, ritenendo detti trasferimenti meritevoli del beneficio in quanto andavano considerati “conclusi” in un mercato regolamentato: tali giudizi sono stati fondati sul presupposto generale che le procedure di OPA costituiscono operazioni dettagliatamente monitorate in ogni aspetto da parte di autorità pubbliche e, pertanto, assicurando la massima trasparenza in favore degli azionisti dell’emittente, sono pienamente conformi con la ratio sottesa alla differenziazione delle aliquote d’imposta. Ciò posto, la questione su cui i giudici di merito sono stati chiamati a pronunciarsi è dunque incentrata sulla possibilità di ricomprendere i trasferimenti dei titoli azionari perfezionati nel contesto di una procedura di OPA tra quelli “che avvengono a seguito di operazioni concluse in mercati regolamentati”, che beneficiano ex lege della riduzione alla metà dell’aliquota dello 0,2 per cento, prevista invece a regime per tutti gli altri trasferimenti azionari [3]. In assenza di una chiara definizione normativa delle operazioni da considerarsi “concluse” nei mercati regolamentati ai sensi della disposizione poc’anzi citata, gli elementi che sono stati valorizzati dal filone giurisprudenziale qui in rilievo attengono, da un lato, alla circostanza per cui l’OPA costituisce “un’operazione che si svolge all’interno dei mercati regolamentati” e, dall’altro lato, la stessa si articola in una procedura volta a assicurare “un meccanismo legale di tutela di tutti i soci dell’ente coinvolto”. Entrambi tali elementi portano a ritenere applicabile l’imposta sulle transazioni finanziarie con l’aliquota ridotta in quanto i trasferimenti azionari perfezionati all’esito di un’OPA avvengono nel contesto di un’operazione (appunto, l’OPA) del tutto conforme con la logica sottesa alla previsione di un’aliquota ridotta che “va riscontrata nel favore accordato dal legislatore a transazioni avvenute nei mercati regolamentati, in quanto tali più trasparenti e garantite, rispetto a quelle over the counter”[4].
2. L’imposta sulle transazioni finanziarie in generale
L’imposta sulle transazioni finanziarie trova applicazione, inter alia, al “trasferimento della proprietà di azioni e altri strumenti finanziari partecipativi” emessi da società residenti nel territorio dello Stato. Il dettato normativo dell’articolo 1, comma 491, della legge n. 228/2012 risulta, quindi, particolarmente ampio, dal momento che è ricompreso qualsiasi trasferimento di azioni per causa diversa dalla successione mortis causa e dalla donazione, a prescindere dalle specifiche modalità tecniche con cui viene perfezionato tale trasferimento [5]. In altri termini, il legislatore non ha stabilito normativamente le singole transazioni azionarie che integrano l’effetto traslativo rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta, limitandosi per converso a prevedere talune specifiche ipotesi di esenzione o di esclusione [6]. La base imponibile dell’imposta è costituita dal “corrispettivo versato”[7], mentre il soggetto passivo d’imposta è individuato nel soggetto acquirente (i.e., il “soggetto a favore del quale avviene il trasferimento”)[8], pur essendo attribuito il ruolo di responsabile d’imposta in capo a taluni intermediari che, a vario titolo, intervengono nella transazione azionaria. Su queste basi, l’imposta sulle transazioni finanziarie sui trasferimenti azionari si applica indipendentemente dal fatto che detti trasferimenti abbiano luogo su mercati regolamentati, ovvero siano negoziati, al di fuori di essi, privatamente tra le parti. Quest’ultimo aspetto incide, però, sulle modalità di applicazione dell’imposta, posto che l’aliquota d’imposta ordinaria è stabilita nella misura dello 0,2 per cento, ma è tuttavia prevista una riduzione alla metà (i.e. 0,1 per cento) per i “trasferimenti che avvengono in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione”. Tale differenziazione delle aliquote, sin dall’origine prevista dall’articolo 1, comma 491, della legge n. 228/2012 è stata confermata anche nel Decreto Attuativo, laddove all’articolo 6, primo comma, viene infatti stabilito che “l’aliquota di imposta per i trasferimenti di proprietà di cui al comma 491 [tra cui rientrano anche i trasferimenti di azioni] è pari allo 0,2 per cento ed è ridotta alla metà per i trasferimenti che avvengono a seguito di operazioni concluse in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione”. Per verificare, quindi, se una transazione azionaria possa beneficiare dell’applicazione dell’aliquota ridotta è dirimente comprendere sia quali “mercati” possano considerarsi “regolamentati” ai fini dell’imposta e, soprattutto, quali tipologie di operazioni possano considerarsi “concluse” nel contesto di detti mercati. Partendo dal concetto di “mercato regolamentato”, questo è in qualche modo presupposto dalla definizione normativa, che rinvia tout court alla c.d. Direttiva MiFID [9], potendo identificarsi, quindi, come “regolamentato” un mercato dotato di un sistema di “regole non discrezionali” ed espressamente “autorizzato” da parte di un’autorità pubblica quale “luogo” deputato a facilitare l’interazione tra domande e offerte di titoli azionari. [10]. Su queste basi, si può ritenere “regolamentato” ai fini dell’imposta sulle transazioni finanziarie un sistema di negoziazione soggetto all’osservanza di specifiche regole e procedure, espressamente legittimato da parte di un’autorità governativa, nonché sottoposto a vigilanza: il mercato gestito da Borsa Italiana S.p.A. ne costituisce un buon esempio. Per quanto riguarda, invece, la locuzione di operazioni che possono considerarsi “concluse” in un mercato regolamentato (come sopra definito), la questione è più complessa, dovendosi necessariamente appurare su quali basi una transazione azionaria possa considerarsi “conclusa” nell’ambito di un mercato regolamentato e, quindi, quale significato attribuire alla nozione di “conclusione” di una transazione nel contesto di un mercato regolamentato.
3. (segue) La nozione di operazioni “concluse” nel mercato regolamentato”
Per poter essere assoggettata ad imposta sulle transazioni finanziarie con l’aliquota ridotta dello 0,1 per cento, una transazione azionaria deve quindi, necessariamente, essere posta in essere in un mercato “regolamentato” e “conclusa” nel contesto dello stesso. E, in proposito, se il concetto di mercato “regolamentato” risulta sufficientemente delineato (oltre che oggetto di specifici chiarimenti, anche interpretativi, di fonte ministeriale), meno agevole risulta comprendere quando una determinata transazione possa considerarsi “conclusa” nell’ambito di detto mercato “regolamentato”. Per determinare il significato della locuzione di operazioni “concluse” occorre riferirsi ai canoni ermeneutici stabiliti dall’articolo 12 delle preleggi, dovendo, quindi, far riferimento sia al criterio c.d. dell’interpretazione letterale, sia a quello c.d. logico. In questa sede, è appena il caso di rammentare come l’articolo 12 delle preleggi pone i predetti criteri sullo stesso piano, unendo al criterio letterale quello logico. Ciò sta a significare che l’interprete è tenuto ad attribuire ad una determinata disposizione normativa il senso desumibile dalle parole che compongono una disposizione, tenendo altresì conto della intenzione del legislatore (c.d. ratio legis), ossia lo scopo che la disposizione è oggettivamente finalizzata a perseguire [11]. Entrambi i criteri, dunque, sono necessari e godono della medesima rilevanza: l’interprete non può per ciò esimersi dalla relativa utilizzazione, dovendo obbligatoriamente esaminare il testo della disposizione normativa alla luce dell’intenzione del legislatore, valutando la conformità del significato attribuibile secondo il criterio testuale al significato ricavabile risalendo alla ratio legis. Purtuttavia, posto che il primo contatto con una disposizione è necessariamente un contatto con le parole, va in primo luogo condotta un’analisi testuale dell’articolo 1, comma 491, della legge n. 228/2012, nonché dell’articolo 6, comma 1, del Decreto Attuativo, e ciò anche in considerazione del fatto che la ratio legis va comunque ricondotta al testo normativo e deve da questo essere desumibile. Ebbene, da un primo esame, sulla base di un’analisi testuale si potrebbe essere portati a fornire un’interpretazione restrittiva del verbo “concluse”[12], sulla base della quale, pertanto, potrebbero beneficiarie dell’applicazione dell’aliquota ridotta, senza dubbio, le transazioni aventi ad oggetto azioni quotate che vengono ordinariamente perfezionate all’interno del mercato gestito da Borsa Italiana S.p.A.. Da un punto di vista prettamente tecnico, infatti, tali operazioni si sostanziano nell’immissione nel mercato, rispettivamente, di ordini di acquisto e di vendita aventi ad oggetto un determinato quantitativo di titolo azionari, ad un determinato prezzo; ordini che vengono “incrociati” dai sistemi di Borsa italiana e – quando presentano il medesimo corrispettivo di acquisto e vendita, comportano il trasferimento dei relativi titoli. Come detto, l’interpretazione letterale (a maggior ragione se eccessivamente restrittiva) da sola non basta per chiarire il significato di una disposizione normativa. Non sarebbe, quindi, corretto, oltre che appagante, apprezzare il significato della “conclusione” di una transazione azionaria limitandosi all’accezione meramente testuale del dettato normativo, senza accertarne l’aspetto funzionale di tale locuzione. E, infatti, la prospettiva è molto più chiara se ci si pone anche nell’ottica del criterio logico, considerando, quindi, un’operazione “conclusa” nel mercato regolamentato quando è conforme con la ratio legis sottesa all’articolo 1, comma 491, della legge n. 228/2012 e all’articolo 6 del Decreto Attuativo. Ciò significa considerare una determinata operazione “conclusa” su un mercato regolamentato in conformità con la finalità che la previsione di un’aliquota d’imposta in misura ridotta risulta oggettivamente destinata a perseguire.
Ebbene, il punto di partenza nel ricostruire la logica sottostante alla differenziazione delle aliquote d’imposta è il contesto storico generale nell’ambito del quale è stata introdotta la c.d. Tobin Tax nel nostro ordinamento, segnato dalle gravi conseguenze derivanti dalla US subprime mortgage crisis, che aveva avuto – come noto – pesanti ripercussioni anche nel sistema finanziario italiano. Ed era proprio in ragione di tale contesto che si giustifica anzitutto l’indifferibilità di un intervento legislativo[13] mediante il quale, da un lato, ripristinare la stabilità nei mercati finanziari a beneficio e tutela degli investitori – ossia i soggetti maggiormente interessati dagli effetti delle speculazioni finanziarie – e, dall’altro lato, penalizzare transazioni finanziarie di carattere prettamente speculativo[14]. Finalità, queste, entrambe coerenti con la previsione di due aliquote d’imposta in misura differenziata: l’introduzione di un’aliquota agevolata, prevista per le transazioni azionarie “concluse” nel mercato regolamentato consentiva, infatti, di disincentivare transazioni concluse mediante procedure poco trasparenti – prevedendo in tal caso l’applicazione di un’aliquota maggiore (0,2 per cento) – e, al contempo, di incentivare invece quelle operazioni perfezionate nell’ambito dei mercati regolamentati, in quanto soggette a procedure altamente trasparenti, vigilate e regolamentate. Queste ultime, in sé considerate, risultavano strutturalmente meno idonee a costituire operazioni anche solo potenzialmente dannose per gli investitori: di qui la giustificazione di una previsione di legge che riconosceva in loro favore l’applicazione di un’aliquota ridotta alla metà rispetto a quella ordinariamente applicabile a tutte le altre transazioni azionarie [15]. Questa ricostruzione si riscontra anche dall’analisi dei lavori parlamentari propedeutici all’intervento normativo, dal momento che nella scheda di lettura della Camera dei Deputati alla Legge di Stabilità 2013[16] emerge chiaramente come “la differenziazione delle aliquote in funzione del grado di regolamentazione del mercato in cui avviene lo scambio (mercati regolamentati … versus mercati over the counter) può contribuire a canalizzare le operazioni dai mercati OTC verso forme di mercato più trasparenti, integre e sicure (…)”. Il passaggio riportato è chiaro nel confermare che la previsione di un’aliquota d’imposta in misura agevolata (0,1 per cento) risponde proprio all’esigenza di incentivare, inter alia, le transazioni azionarie che sono “concluse” nell’ambito di procedure più trasparenti. E, d’altro canto, è proprio la previsione di un beneficio fiscale (l’assoggettamento ad imposta con l’aliquota ridotta) ad incentivare la canalizzazione delle transazioni azionarie c.d. over the counter verso operazioni di mercato, appunto, “più integre, trasparenti e sicure”.
Sulla base del criterio logico prescritto dall’articolo 12 delle preleggi, la nozione di operazioni “concluse” in un mercato regolamentato andrebbe, quindi, ricavata risalendo alla ratio legis sottesa alla differenziazione delle aliquote, con la conseguenza che sarebbero meritevoli di beneficiare dell’aliquota ridotta dello 0,1 per cento, in generale, tutte quelle transazioni azionarie che risultano sottoposte all’osservanza di regole e procedure altamente trasparenti -a tutela degli investitori- nonché soggette al controllo pervasivo da parte di un’autorità pubblica.
4. La posizione della giurisprudenza di merito: i trasferimenti azionari che avvengono nel contesto di un’OPA possono beneficiare dell’aliquota ridotta
Ciò posto, con riferimento alla possibile applicazione dell’imposta sulle transazioni finanziarie con l’aliquota ridotta ai trasferimenti azionari perfezionati nel contesto di un’OPA, le questioni da esaminare sono due. La prima, comprendere se effettivamente l’articolo 1, comma 491, della legge n. 228/2012, nella misura in cui prevede l’applicazione di un’aliquota d’imposta in misura ridotta in favore delle “operazioni concluse nei mercati regolamentati”, debba essere interpretata risalendo alla ratio legis; la seconda, di appurare se, laddove le “operazioni concluse nei mercati regolamentati” vadano individuate, appunto, in coerenza con le intenzioni del legislatore, i trasferimenti dei titoli nel contesto di un’OPA possano considerarsi meritevoli di beneficiare dell’aliquota ridotta. Per quanto riguarda la seconda questione, risulta dirimente verificare se l’OPA, in considerazione degli aspetti tecnico-giuridici che la connotano, vada considerata alla stregua di un’operazione che risponde alle esigenze perseguite dal legislatore mediante la differenziazione delle aliquote a norma del citato art. 1, comma 491. È evidente che la soluzione in senso negativo della prima questione assorba la seconda.
Partendo dalla posizione assunta dai giudici di merito – si anticipa – i giudici di legittimità hanno statuito che l’articolo 1, comma 491, della legge n. 228/2012, va interpretato sulla base di un’interpretazione orientata alla finalità perseguita dal legislatore con la previsione di un’aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria. Questo perché, nel contesto della fattispecie oggetto dei relativi giudizi, la nozione di operazioni “concluse” in un mercato regolamentato, non rappresentava in alcun modo un tentativo di ricomprendere una specifica operazione (l’OPA) nel novero di un ben determinato elenco di operazioni normativamente individuate (nell’ambito del quale, essa non era risultava espressamente contemplata), facendo leva su una (presunta) affinità di caratteristiche tecniche/giuridiche della prima con le seconde. Al contrario, il ricorso ad una interpretazione del concetto di “operazioni concluse nel mercato regolamentato” orientata alla ratio legis sottesa alla differenziazione delle aliquote d’imposta significava attribuire un significato concreto e compiuto a tale concetto [17], individuando un criterio che consentisse l’individuazione di quelle operazioni che sarebbero state ex lege meritevoli di beneficiare di un’aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria.
Su queste basi, è questo il caso in cui il ricorso all’interpretazione orientata alle finalità perseguite dal legislatore assolve la funzione di individuare l’esatta portata e il significato di una disposizione normativa. Significa, quindi, stabilire i confini entro i quali può legittimamente applicarsi un beneficio fiscale, pur senza incorrere nell’eccesso di forzare il dato letterale. In questi termini anche le norme di agevolazione in senso stretto, quale è l’art. 1, comma 491, della L. n. 228/2012, pur essendo espressione di scelte discrezionalmente operate dal legislatore, ben possono essere oggetto di un’interpretazione estensiva, laddove e nei limiti in cui tale interpretazione sia del tutto conforme con la ratio legis della disposizione agevolativa e consenta di individuare il corretto ambito applicativo della disposizione. Principio, questo, che è stato più volte affermato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale[18], che si è costantemente pronunciata nel senso di ritenere ammissibile l’estensione delle agevolazioni fiscali laddove sia l’identità di ratio ad esigerlo [19]. Né, d’altro canto, mancano fattispecie in cui l’Amministrazione finanziaria ha interpretato estensivamente l’ambito di applicazione di talune agevolazioni fiscali e ciò in coerenza con la finalità (e la logica) sottostante tali agevolazioni [20]. Con la conseguenza che, tornando, quindi, al primo dei due interrogativi posti all’inizio del presente paragrafo, chi scrive ritiene, quindi, che l’articolo 1, comma 491, nella parte in cui prevede un beneficio fiscale (i.e. l’applicazione dell’aliquota in misura ridotta) in favore di talune transazioni azionarie (i.e. quelle “concluse” in mercati regolamentati), possa – anzi debba – essere oggetto di un’interpretazione orientata alla propria ratio legis, sull’assunto che detta interpretazione è strettamente ed esclusivamente finalizzata ad individuare l’esatto significato da attribuire alla disposizione normativa. Se ciò è vero, allora le “operazioni concluse nei mercati regolamentati” vanno individuate secondo quella che è la finalità perseguita mediante l’introduzione di un’aliquota ridotta che si ritiene essere, da un lato, quella di “incentivare” (rectius, “premiare”) quelle transazioni poste in essere secondo modalità trasparenti, integre e sicure e, dall’altro lato, quella di “colpire” (rendendole più onerose da un punto di vista fiscale) quelle transazioni c.d. over the counter, note per essere perfezionate nel contesto di operazioni meno trasparenti rispetto alle prime. Quale conseguenza, le transazioni azionarie da considerarsi “concluse” in un mercato regolamentato dovranno essere quelle perfezionate nel contesto di procedure ed operazioni altamente trasparenti, vigilate e regolamentate e, pertanto, potenzialmente meno dannose per gli investitori, in conformità con quanto sottolineato dai lavori parlamentari più sopra citati.
5. (segue) La conformità dei trasferimenti azionari perfezionati in sede di OPA alla ratio della previsione di un’aliquota ridotta
Una volta fornita risposta positiva al primo quesito, il secondo aspetto da considerare è se i trasferimenti azionari perfezionati nel contesto di una procedura di OPA possano considerarsi “conclusi” in un mercato regolamentato, in quanto avvenuti (rectius, “conclusi”) all’esito di un’operazione conforme con la ratio legis sottostante alla differenziazione delle aliquote d’imposta.
In tal senso, come anticipato, la giurisprudenza di merito si sta ormai consolidando in senso affermativo, specificando che tale operazione “è subordinata ad una procedura ex lege estesamente e dettagliatamente monitorata in ogni suo aspetto da un’autorità pubblica come la Consob”[21], con ciò venendo garantita massima trasparenza e tutela legale nei confronti sia del soggetto offerente sia – soprattutto – degli azionisti dell’emittente aderenti all’offerta (i.e. i soggetti esposti al cambio di maggioranze di controllo). Per meglio comprendere le motivazioni dei giudici di merito, si ritiene opportuno descrivere, nei propri tratti essenziali, la procedura di OPA e, quindi, le specifiche modalità tecniche secondo cui avvengono i trasferimenti di titoli azionari nel contesto di tale procedura. Come noto, l’OPA -che può essere obbligatoria [22] o volontaria[23]– costituisce un’operazione di mercato e rappresenta una particolare modalità di acquisizione di strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati [24]. In particolare, l’OPA si sostanzia in una “proposta irrevocabile” formulata dal soggetto offerente e rivolta -“a parità di condizioni”- a tutti i titolari degli strumenti finanziari di un determinato emittente, che costituiscono l’oggetto della proposta. In questa sede, giova rammentare che, da un punto di vista procedurale, l’OPA è subordinata ex lege ad una procedura dettagliatamente monitorata, sotto ogni aspetto, da autorità pubbliche, quali Consob e Banca d’Italia. In particolare, la procedura dell’OPA si svolge sotto il controllo costante della Consob, cui sono riconosciuti penetranti poteri -anche di carattere regolamentare[25]– con la finalità non solo di assicurare il corretto svolgimento della procedura, bensì di garantire la massima trasparenza informativa nei confronti dei destinatari dell’offerta [26]. Da un punto di vista più tecnico, l’OPA si articola in tre differenti fasi. In primo luogo, l’offerente che intende lanciare un’OPA deve darne preventiva comunicazione alla Consob e al mercato [27], depositando presso la Consob il documento di offerta. In questa fase istruttoria, la Consob dispone di specifici poteri informativi allo scopo di acquisire determinati elementi conoscitivi e di richiedere all’offerente la comunicazione di dati, informazioni supplementari, che devono essere integrati nel documento di offerta, con la finalità di consentire ai destinatari dell’offerta di pervenire ad un fondato giudizio in merito alla convenienza dell’offerta stessa. All’esito di questa fase, il documento di offerta viene trasmesso all’emittente, le cui azioni costituiscono oggetto dell’OPA che, a sua volta, deve diffondere un comunicato contenente ogni dato utile per la valutazione dell’offerta [28]. Una volta pubblicato il comunicato dell’emittente, si apre la seconda delle tre fasi, quella delle “adesioni all’offerta”, il cui perfezionamento comporta il trasferimento in capo all’offerente delle azioni che costituiscono oggetto dell’OPA [29]. Decorso il periodo di adesione e in caso di superamento del quantitativo minimo (previamente indicato nel documento di offerta), si passa all’ultima fase, quella di esecuzione (c.d. settlement): l’offerente è tenuto a pubblicare le informazioni rilevanti circa il perfezionamento dell’OPA, da un lato, e a regolare il corrispettivo dovuto a ciascun aderente. Una volta regolato il pagamento del corrispettivo, l’intermediario finanziario incaricato provvede a trasferire all’offerente i titoli dell’emittente oggetto di adesione all’offerta, registrandoli in un conto titoli intestato all’offerente stesso. Il trasferimento dei titoli azionari nei confronti dell’offerente nel contesto di un’OPA deve, quindi, necessariamente perfezionarsi nell’ambito dell’articolata procedura sopra descritta, che è monitorata dalla Consob e nella quale gli intermediari finanziari svolgono un ruolo di particolare rilievo (agendo in nome e per conto sia dell’offerente, che degli azionisti dell’emittente aderenti all’offerta).
Tornando ora alla tematica in esame, ossia se i trasferimenti azionari perfezionati all’esito di una procedura di OPA possano considerarsi conformi, o meno, alla ratio legis sottesa alla differenziazione delle aliquote dell’imposta sulle transazioni finanziarie, vanno considerati alcuni elementi. Il primo attiene alle caratteristiche giuridiche intrinseche di tale procedura: l’OPA è un’operazione di mercato, relativa a titoli negoziati su un mercato regolamentato, ed è subordinata ex lege a una procedura dettagliatamente disciplinata dal TUF e dalla normativa regolamentare, articolata in più fasi, ciascuna delle quali è caratterizzata da specifici adempimenti informativi a carico dell’offerente. La medesima procedura è inoltre monitorata da autorità pubbliche (Consob e Banca d’Italia). La vigilanza da parte delle autorità pubbliche risulta in tal senso finalizzata proprio a garantire una maggior tutela degli azionisti dell’emittente ed eliminare asimmetrie informative nei confronti di tali soggetti che, anche in ragione di ciò, possono quindi ponderare l’effettiva convenienza della proposta, ragionando su basi economiche e facendo affidamento sulla massima trasparenza garantita dalla procedura di OPA [30]. Tale aspetto differenzia i trasferimenti di azioni perfezionati nel contesto di un’OPA da quelli che si verificano per effetto di un’ordinaria transazione su azioni quotate: solo nel primo caso, infatti, gli azionisti dell’emittente, nel momento in cui valutano la convenienza dell’offerta (e, quindi, se portare in adesione le azioni dell’emittente da esse detenute) possono disporre delle informazioni fornite all’offerente da parte dell’emittente in sede di documento di offerta – aventi ad oggetto, tra le altre cose, il prevedibile andamento della società emittente in caso di esito positivo dell’offerta – informazioni che, al contrario, non sono fornite nel contesto di un’ordinaria transazione azionaria in borsa. Il secondo elemento, che rappresenta una conseguenza delle predette esigenze di simmetria informativa, è quello della notorietà sia dell’identità del soggetto offerente, sia del corrispettivo offerto per ogni azione portata in adesione, nell’ambito delle procedure di OPA. La notorietà del soggetto offerente consente agli azionisti di minoranza dell’emittente di valutare più compiutamente la convenienza dell’offerta, considerando a tal fine anche gli effetti che l’eventuale successo dell’offerta può avere sull’attività della società bersaglio. Allo stesso modo, la predeterminazione del corrispettivo assolve la medesima funzione, posto che, in sede del documento di offerta, l’offerente è tenuto a illustrare le modalità di quantificazione del corrispettivo offerto, facendo riferimento a determinati parametri individuati dalla normativa regolamentare.
Se pertanto guardiamo al complesso di tali elementi, è evidente come questi depongano a favore della conformità di un’OPA alla ratio legis sottesa alla riduzione delle aliquote d’imposta, che si rammenta essere quella di incentivare transazioni che hanno luogo secondo modalità trasparenti e sottoposte al controllo di pubbliche autorità per tutelare gli investitori.
In effetti, il trasferimento di titoli azionari nel contesto di un’OPA avviene proprio nel rispetto di una procedura trasparente, sottoposta a stringenti vincoli imposti dal TUF e dalla normativa regolamentare, nonché attentamente supervisionata da pubbliche autorità: aspetti del tutto conformi con la finalità sottostante alla previsione di un’aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria. Ed è proprio in ragione di tali elementi, su cui risultano basate le pronunce giurisprudenziali menzionate, che – a parere di chi scrive – i giudici di merito stanno riscontrando la piena conformità dell’OPA rispetto alla ratio legis sottesa alla differenziazione delle aliquote, ritenendo conseguentemente meritevoli i trasferimenti azionari perfezionati nel contesto dell’OPA di beneficiare dell’applicazione dell’imposta con l’aliquota ridotta.
A ben vedere, vi è un ulteriore aspetto a conferma del fatto che la procedura di OPA sarebbe del tutto conforme con la ratio legis [31], ed è rappresentato dalla circostanza che l’OPA costituisce la procedura che un soggetto deve necessariamente perseguire laddove intenda acquisire sul mercato un quantitativo di titoli relativi ad una società quotata superiore a talune soglie predeterminate dalla legge (c.d. soglie critiche)[32]. In altri termini, la procedura di OPA lungi dal rappresentare una scelta arbitraria e discrezionale del soggetto offerente, è la diretta conseguenza degli obblighi imposti dal TUF nel caso in cui un soggetto desideri acquistare una partecipazione ritenuta rilevante. In questi termini, configurandosi l’OPA come l’adempimento di obblighi imposti dall’ordinamento in relazione all’acquisto di determinati quantitativi di titoli azionari quotati, chi scrive ritiene che sarebbe illogico e discriminatorio considerare meritevole dell’aliquota d’imposta in misura ridotta una transazione al di sotto delle c.d. soglie critiche, e giungere ad opposta conclusione nel caso in cui l’acquirente sia tenuto a seguire la procedura dell’OPA una volta raggiunta detta soglia critica. E ciò – a maggior ragione – in considerazione del fatto che la procedura di OPA richiede in capo al soggetto offerente obblighi informativi ampiamente rafforzati rispetto ad una ordinaria transazione su azioni quotate. Con la conseguenza che, anche valorizzando tale elemento, la conclusione sarebbe la medesima: i trasferimenti azionari perfezionati nell’ambito di una procedura di OPA possono scontare l’imposta con applicazione dell’aliquota ridotta nella misura dello 0,1 per cento.
6. Conclusioni
In conclusione, il consolidamento di un orientamento giurisprudenziale favorevole rispetto alla possibilità di applicare l’aliquota ridotta dello 0,1 per cento ai trasferimenti azionari che avvengono al perfezionamento di un’OPA, deve essere accolto con favore, in quanto privilegia una lettura sostanziale della nozione di “operazioni concluse sui mercati regolamentati”, anziché una formalistica orientata alle specifiche tecnicalità delle diverse operazioni effettuate sui mercati azionari regolamentati.
In chiave più generale, le pronunce citate – soprattutto se poi confermate dalla giurisprudenza di legittimità – potrebbero finanche avere un impatto positivo sul mercato dei capitali, anche in considerazione del recente trend che vede sempre più frequenti fenomeni di delisting dei titoli azionari sul mercato gestito da Borsa Italiana S.p.A. In particolare, l’applicazione dell’imposta sulle transazioni finanziarie con l’aliquota ridotta potrà incentivare la promozione di future OPA (o quanto meno agevolarle), e ciò anche in considerazione del minor costo della variabile fiscale dovuto, appunto, dall’assoggettamento del controvalore dei trasferimenti azionari ad imposta con l’aliquota dello 0,1 per cento, in luogo di quella più onerosa dello 0,2 per cento. Sotto altro profilo, invece, anche le operazioni di OPA nel frattempo già concluse potranno essere interessate dai principi giurisprudenziali emergendo la possibilità in capo ai promotori di tali operazioni di valutare la presentazione di apposite istanze di rimborso, volte ad ottenere la restituzione della maggiore imposta medio-tempore versata (vale a dire, pari alla differenza tra l’imposta versata applicando l’aliquota nella misura dello 0,2 per cento rispetto a quella ridotta dello 0,1 per cento).
[1] Cfr. Articolo 1, comma 491, ultimo periodo, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, secondo cui “sono esclusi dall’imposta i trasferimenti di proprietà di azioni negoziate in mercati regolamentari o sistemi multilaterali di negoziazione emessa da società la cui capitalizzazione media nel mese di novembre dell’anno precedente a quello in cui avviene il trasferimento di proprietà sia inferiore a 500 milioni di euro”. Si veda anche l’articolo 15, comma 1, lett. f), del D.M. 21 febbraio 2013, come modificato dal successivo D.M. 16 settembre 2013 (il “Decreto Attuativo”).
[2] Cfr. Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 1854/2020; Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sentenza 9.2.2021, n. 1253; Corte di Giustizia Tributaria di I Grado di Milano, IV Sezione, sentenza 23.03.2023, e Corte di Giustizia di II grado della Lombardia, sentenza 14.03.2023 n. 1000/2023.
[3] Cfr. Articolo 1, comma 491, della legge n. 228/2012 e articolo 6, comma 1 e 4, del Decreto Attuativo.
[4] E’ importante sottolineare come questo principio ha trovato recente esplicazione nella citata sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Lombardia, n. 1000/2023, nel contesto della quale stata ulteriormente ribadita la funzione di tutela di mercato che caratterizza la procedura di OPA e che fa, pertanto, ritenere agevolabili con l’aliquota dello 0,1% i trasferimenti azionari che si perfezionano all’esito di detta operazione.
[5] Cfr. Articolo 1, comma 491, terzo periodo, della legge n. 228/2012.
[6] Cfr. Articolo 1, comma 491, settimo e ottavo par., della legge n. 228/2012 in base al quale sono, inter alia, “escluse dall’imposta le operazioni di emissione e di annullamento dei titoli azionari (…) e le operazioni di acquisizione temporanea dei titoli indicate nell’articolo 2, punto 10, del regolamento (CE) n. 1287/2006 della Commissione. Sono altresì esclusi dall’imposta i trasferimenti di proprietà di azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione emesse da società la cui capitalizzazione media (…) sia inferiore a 500 milioni di Euro”. Ulteriori fattispecie di esclusione e/o di esenzione sono, inoltre, individuate negli articoli 15 e 16 del Decreto Attuativo.
[7] Il momento in cui sorge l’obbligo di applicare l’imposta coincide con il momento del trasferimento della proprietà dei titoli oggetto della transazione.
[8] Cfr. Articolo 19, comma 1, del Decreto Attuativo. Con riferimento all’individuazione degli intermediari finanziari, va rilevato che si tratta dei seguenti soggetti: banche, società fiduciarie, intermediari finanziari di cui all’art. 18 del TUF, e notai che intervengono nella transazione, o nell’autentica, di atti rilevanti ai fini dell’imposta.
[9] Cfr. Articolo 1, comma 493, della legge n. 228/2012, che richiama la Direttiva n. 2004/39/CE e, in particolare, il relativo articolo 4, paragrafo 1, punto 14.
[10] Cfr. Ministero dell’Economia e delle Finanze, Q&A in materia di Imposta sulle transazioni finanziarie dell’8 agosto 2013. Nel contesto di tale chiarimento interpretativo di fonte ministeriale è stato chiarito che “per mercati regolamentati (…) si intendono quelli regolarmente funzionanti ed autorizzati da parte di un’autorità pubblica nazionale (intesa quale autorità dello Stato considerato) e sottoposti a vigilanza pubblica, ivi inclusi quelli riconosciuti dalla Consob ai sensi dell’art. 67, comma 2, del TUF”. Una ricostruzione più recente, sia pur nei medesimi termini del concetto di “mercato regolamentato”, si può ricavare nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 23 dicembre 2020, n. 32/E, relativa alla definizione di mercato regolamentato ai fini delle imposte sui redditi. In proposito, è stato specificato che la nozione di “mercato regolamentato” debba essere ricavata risalendo alla definizione dello stesso concetto fornita nell’ambito del TUF. Ne consegue che, per definirsi tale, un mercato deve essere “gestito da un gestore del mercato”, che “in base a regole non discrezionali” consenta (o comunque faciliti) l’incontro al suo interno di ordini di acquisto e vendita relativi a strumenti finanziari e si sostanzi in una “categoria di sedi di negoziazione organizzate e trasparenti” e, in quanto tali, “sottoposti ad un insieme di regole organiche che presiedono all’organizzazione e al funzionamento del mercato stesso”.
[11] L’articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale prescrive, infatti, che l’unica interpretazione attribuibile alle prescrizioni normative è quella “”fatta palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse (criterio letterale) e dalla intenzione del legislatore (criterio logico). L’utilizzo della congiunzione “e”, quale nesso di collegamento tra i due criteri ermeneutici in questione, evidenzia chiaramente come il legislatore non abbia stabilito alcun rapporto di subordinazione tra essi, ma abbia voluto attribuire ai due criteri la medesima rilevanza. Sul punto si veda, tra gli altri, AA.VV., Dieci lezioni introduttive a un corso di diritto privato, a pag. 44 e ss. Torino 2009, A. Torrente-P. Schlesinger, (a cura di F. Anelli e C. Granelli), Manuale di diritto privato, Milano, 2009, pag. 49 e ss. e G. Melis, Manuale di diritto tributario, Torino, Capitolo 5, pag. 89 e ss.
[12] Tale interpretazione sembrerebbe essere stata accolta dall’Amministrazione finanziaria sia in sede di risposta alle istanza di interpello presentate dai soggetti offerenti, sia nel corso del giudizio.
[13] In un primo momento, va rilevato che anche in ambito comunitario fu avvertita l’esigenza di introdurre un’imposta di matrice comunitaria sulle transazioni finanziarie. In tal senso, cfr. Decisione della Commissione Europea COM (2013) 71 del 14 febbraio 2013, relativa all’istituzione di una cooperazione rafforzata –ex artt. 20 TUE e artt. 326 – 334 del TFUE- tra 11 Stati membri (tra cui, inter alia, Francia e Italia).
[14] Cfr. F. Gallo, Giustizia sociale e giustizia fiscale nella prospettiva dell’unificazione europea, in Dir. Prat. Trib., n. 1/2014, pagg, 1 e ss.
[15] Cfr. S. Brunello-M. Baldascino, Tobin Tax ad aliquota ridotta per i trasferimenti di azioni nel contesto di un’OPA?, in Corr. Trib. n. 4/2021, pag. 388.
[16] Cfr. Camera dei deputati, Servizio Studi – Dipartimento Bilancio, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013) – Scheda di lettura n. 708/4, Tomo II, del 31 gennaio 2012.
[17] Si esprime in questi termini E. Russo, L’interpretazione della legge nella individuazione del regime impositivo del servizio di telefonia satellitare, in Dir. Prat. Trib., n. 5/1999, pag. 1309 e ss. Sul punto si veda anche G. Melis, Manuale di diritto tributario, VI edizione, Torino, 2024, pag. 95 e ss.
[18] Cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 202 del 2003, sentenza n. 111/2016 e sentenza 23 giugno 2020 n. 120/2020.
[19] Cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 242/2017 e sentenza 23 giugno 2020 n. 120/2020.
[20] Cfr. Agenzia delle Entrate, Risoluzione 19 agosto 2011, n. 87/E; Risoluzione 7 febbraio 2013, n. 7/E. e Risoluzione 19 luglio 2016, n. 55/E.
[21] Cfr. CTR della Lombardia, sentenza n. 1253/2021. Più di recente, il medesimo principio è stato ribadito dalla Corte di Giustizia di II grado della Lombardia nella citata sentenza n. 1000/2023.
[22] Un’OPA si definisce obbligatoria se la promozione dell’offerta da parte dell’offerente costituisce adempimento di un obbligo imposto dall’ordinamento. In tal senso, cfr. Articolo 106, comma 1, del TUF.
[23] Nell’OPA volontaria, invece, la promozione dell’offerta da parte del soggetto offerente non avviene in ottemperanza ad un obbligo imposto dall’ordinamento, bensì costituisce estrinsecazione della propria autonomia privata e negoziale relativa all’intenzione di acquisire sul mercato strumenti finanziari diffusi in misura rilevante.
[24] La disciplina dell’OPA si rinviene negli artt. 101-bis e ss. del TUF, per quanto riguarda i principi fondamentali della materia, e nel Regolamento Emittenti emanato dalla Consob, con riferimento invece alla disciplina di dettaglio.
[25] Cfr. Articolo 103, comma 4, del TUF.
[26] Costituisce un esempio di tale aspetto i dati e le informazioni che l’offerente deve indicare nel documento di offerta ai sensi dell’art. 103, comma 3, del TUF.
[27] Cfr. Articolo 102 del TUF e Art. 37, comma 1, del Regolamento Emittenti.
[28] L’imposizione di detto obbligo in capo all’emittente risponde alla medesima logica di garantire una corretta e adeguata informazione nei confronti degli azionisti dell’emittente, affinché questi ultimi possano assumere una decisione quanto più informata possibile in merito all’opportunità di aderire all’offerta, o meno.
[29] In questa fase, le adesioni degli azionisti dell’emittente sono irrevocabili e vengono normalmente raccolte dagli intermediari finanziari, che provvedono inoltre ad aggiornare periodicamente l’offerente e il mercato circa l’andamento dell’offerta.
[30] Cfr. Articolo 91 del TUF, che rappresenta la traduzione normativa del principio di salvaguardia degli azionisti dell’emittente, laddove prescrive alla Consob di esercitare i poteri ad essa conferiti dal TUF “avendo riguardo alla tutela degli investitori nonché all’efficienza e alla trasparenza (…) del mercato regolamentato”.
[31] In merito alla conformità dei trasferimenti azionari realizzati nel contesto di un’OPA rispetto alla ratio legis sottesa alla previsione di un’aliquota ridotta ai sensi dell’art. 1, comma 491, della L. n. 228/2012, si veda anche Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Milano, sezione IV, del 23.03.2023.
[32] Cfr. Articolo 106, comma 1-bis, del TUF, secondo cui laddove un determinato soggetto superi la soglia del 25 per cento del capitale di una società quotata, questi avrà l’obbligo ex lege di promuovere un’OPA in relazione ai tioli di tale emittente.