L’Agenzia Entrate con la Risposta n. 266 del 18 dicembre 2024 è ritornata sul trattamento IVA dei TP adjustment, ribadendo che:
- l’obiettivo del transfer pricing è permettere una corretta allocazione del reddito tra le imprese di un gruppo multinazionale, localizzate in Stati diversi, quando scambiano tra di loro beni e servizi;
- ai fini reddituali, pertanto, il prezzo di dette transazioni deve essere conforme al c.d. arm’s lenght principle, ossia al prezzo che applicherebbero imprese indipendenti, in condizioni di libera concorrenza ed in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito (art. 9 del Modello di Convenzione OCSE, art. 110, co. 7, del TUIR e Circolare 24 maggio 2022 n. 16/E);
- la disciplina IVA mira invece a tassare il consumo di beni e servizi nel luogo in cui esso avviene. Conseguentemente, i TP adjustment non concorrono automaticamente alla base imponibile IVA, ai cui fini rileva il corrispettivo pattuito tra le parti, anziché il valore normale che è residuale e circoscritto a determinate ipotesi (ai sensi degli artt. 13, co. 1 e 3, e 14 del Decreto IVA, attuativi degli artt. 72, 73 ed 80 della Direttiva IVA);
- infatti, la base imponibile IVA è costituita dal corrispettivo “effettivamente ricevuto” dal soggetto passivo, ossia dal “valore soggettivo, realmente percepito” e non da un “valore stimato” (anche se) “secondo criteri oggettivi” (Sentenza della Corte di Giustizia UE del 26 aprile 2012 n. C-621/10 e C-129/11, § 43);
- le rettifiche TP assumono pertanto rilevanza ai fini IVA quando, in base alle clausole contrattuali, risulta la volontà delle parti di modificare, in aumento o in diminuzione, il corrispettivo da loro originariamente pattuito per la transazione (Comitato IVA, Working Paper 945 REV del 19 aprile 2018, n. 923 del 28 febbraio 2017 e VAT Expert Group n. 071 rev2 del 18 aprile 2018);
- i TP adjustment rientrano quindi nel campo di applicazione dell’IVA se dal contratto risulta che:
- sono a titolo oneroso, in denaro o natura;
- si riferiscono a specifiche cessioni di beni o prestazioni di servizi, soggette a IVA;
- esiste un collegamento diretto tra le rettifiche e il corrispettivo originariamente pattuito per l’operazione intercompany (Risposte Agenzia Entrate n. 60/2018, 884/2021 e 529/2021).
Nel caso prospettato l’istante (“Alfa” o “Istante”), società stabilita in altro Stato UE ed identificata ai fini IVA in Italia, effettua acquisti intra-UE assimilati ed importazioni di beni, che sono oggetto di lavorazione in Italia da parte di terzi, per essere poi ceduti come prodotti finiti in esportazione ad una consociata estera (“Beta”), che svolge attività di distribuzione e supporto alle vendite in USA.
Le transazioni infragruppo sono regalate dalla TP policy di gruppo, che prevede aggiustamenti da parte di Alfa, per rendere la marginalità di Beta coerente col suo profilo funzionale.
In particolare, Alfa emette nei confronti di Beta, all’atto della vendita dei beni, una prima fattura per circa il 5% del totale dovuto e, nei mesi successivi, un’ulteriore fattura per il restante circa 95%, che include l’aggiustamento TP, applicato non per singola transazione ma per periodo e determinato sulla base delle unità prodotte e vendute in ciascun Paese.
Alfa prospetta la soluzione di considerare l’aggiustamento non rilevante ai fini IVA in quanto diretto, sulla base di informazioni disponibili a posteriori, a riportare il margine della controparte al valore di mercato e quindi non da intendersi quale integrazione del corrispettivo.
L’Istante fonda il proprio convincimento sulla base dell’accordo intercompany, che prevede la volontà delle parti di stabilire il corrispettivo secondo il principio di libera concorrenza, effettuando a consuntivo le relative modifiche ai prezzi inizialmente basati su dati preventivati.
L’Agenzia rileva che tale accordo non regola le modalità di fatturazione e l’assenza di altre indicazioni.
Nel caso in oggetto, secondo l’Agenzia delle Entrate, il corrispettivo per il quale Alfa emette fattura “a consuntivo” (per il 95% dell’ammontare totale) non può ritenersi totalmente irrilevante ai fini IVA, in quanto risulta finalizzato anche a saldare le transazioni effettuate con Beta.
L’Agenzia ritiene quindi che l’importo della seconda fattura non sia rilevante ai fini IVA solo se e nella misura in cui sia finalizzato ad aggiustare il margine operativo della controparte.
In conclusione, la Risposta riepiloga i riferimenti teorici, unionali e nazionali, per inquadrare il corretto trattamento IVA dei TP adjustment, evidenziando anche l’importanza che, da un punto di vista pratico, risultino indicazioni specifiche e coerenti al riguardo sulla base di TP policy, clausole contrattuali, modalità di fatturazione e comportamenti delle parti.