Con sentenza del 13 novembre 2024, n. 29288, la Corte di Cassazione (Pres. De Stefano, Rel. Guizzi) si è pronunciata sulla distinzione tra le figure giuridiche del “contratto plurilaterale” e del “collegamento negoziale”.
Rifiutando la ricostruzione di parte, volta a collocare il discrimen tra le due nozioni, nella ricorrenza o meno di una «contestuale partecipazione di tutte le (medesime) parti alla conclusione di un unico documento contrattuale», i Giudici chiariscono che la fattispecie del contratto plurilaterale si caratterizza per la ricorrenza di uno “scopo comune”, mentre quella del collegamento negoziale presuppone la sussistenza di un “nesso negoziale”.
La Suprema Corte conferma infatti il proprio orientamento secondo cui «“lo scopo comune” rileva direttamente sul piano della causa concreta del contratto plurilaterale, che resta però unica», mentre «il “nesso teleologico” è l’elemento che consente l’emersione di quella “causa del collegamento”, dotata di autonomia e destinata a sovrapporsi a quella propria dei singoli contratti collegati» (Cass. 15774/2017).
Si ha dunque collegamento quando più contratti distinti «vengono tuttavia concepiti e voluti come avvinti teleologicamente da un nesso di reciproca interdipendenza, per cui le vicende dell’uno debbano ripercuotersi sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia» (Cass. 3645/2007, Cass. 28324/2023), dando così luogo «ad una fattispecie complessa pluricausale, della quale ciascuno realizza una parte, ma pur sempre in base ad interessi immediati ed autonomamente identificabili» (Cass. 15774/2017).
Sulla base di tali principi, la Cassazione conferma la ricostruzione della Corte d’Appello secondo cui, nel caso di specie, le diverse pattuizioni intercorse fra le parti circa una futura cessione di partecipazioni sociali – seppur contestuali e contenute in un unico atto giuridico – non devono essere qualificate come un unico contratto plurilaterale, ma come una pluralità di negozi autonomi legati da uno stesso scopo comune.