Con la risposta ad interpello n. 258/2024, l’Agenzia delle entrate ha offerto chiarimenti in tema di trust di diritto estero, rilevando che se la gestione del trust non avviene in totale autonomia, avuto riguardo ai poteri di controllo attribuiti, dall’atto costitutivo, al soggetto beneficiario, il trust sarà considerato, dall’ordinamento tributario nazionale, fiscalmente inesistente.
Il documento di prassi ha esaminato, in particolare, sotto il profilo del prelievo diretto, tre trust disciplinati dalla legge del Texas (c.d. Texas Trust Code) aventi come unica beneficiaria la figlia (Istante in sede di interpello) del settlor, di cittadinanza americana e fiscalmente residente in Italia.
I trust, sottolineava l’Istante, erano tutti amministrati dal medesimo trustee, residente in Texas e funzionario di un istituto bancario.
Il quesito atteneva, essenzialmente, all’inquadramento fiscale, ai fini delle imposte dirette, delle attribuzioni erogate dai trust a favore della beneficiaria nel periodo di imposta 2024 e di quelle che saranno effettuate, in previsione, negli anni successivi, anche in funzione della individuazione del corretto trattamento tributario applicabile.
Nel rispondere al quesito, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato il contenuto precettivo dell’art. 73 TUIR, nella parte in cui include il trust tra i soggetti destinatari dell’IRES; norma che, peraltro, introduce specifici criteri di determinazione della residenza fiscale del trust e che delinea i confini tra tassazione per trasparenza (in presenza di beneficiari individuati) e prelievo del c.d. trust “opaco” (tale in quanto assente un beneficiario individuato).
In primo luogo, alla luce delle statuizioni contrattuali attuative dei patrimoni segregati, l’Agenzia ha ravvisato, in relazione al primo trust, gli estremi per considerarlo fiscalmente inesistente, deponendo, in tal senso, le disposizioni dell’atto istitutivo che attribuivano alla beneficiaria il potere di revocare “in ogni tempo” il trustee, nonché gli obblighi di rendicontazione a favore della contribuente cui deve rispondere il trustee stesso.
Clausole che, a parere dell’Agenzia, limiterebbero la piena discrezionalità ed autonomia gestoria del trustee che, in ultima analisi, verrebbe influenzato in modo incisivo dalla volontà della beneficiaria.
Nondimeno, in tale prospettiva, si determinerebbe una situazione di interposizione ascrivibile all’art. 37, comma 3, DPR n. 600/1973.
L’Amministrazione finanziaria giunge alla stessa conclusione in relazione al terzo trust, stante l’obbligo, per il trustee, di preventiva consultazione dei fratelli della beneficiaria – tramite i quali la beneficiaria stessa conserva un potere di ingerenza – in ordine alle decisioni riguardanti la gestione del patrimonio.
Nel secondo trust, invece, l’assenza di autonomia del trustee doveva ravvisarsi unicamente nell’assenza di discrezionalità in merito all’an ed al quantum delle distribuzioni, poiché elementi già determinati in sede di atto istitutivo.
Ciò posto, con riferimento al trust 2, l’Agenzia conclude per l’imputazione del reddito per trasparenza direttamente in capo alla beneficiaria residente in Italia, perché “beneficiaria individuata” ai sensi dell’art. 73, comma 2, TUIR, secondo lo schema dei redditi di capitale.
Invece, per quanto attiene al primo e al terzo, fiscalmente inesistenti, l’Agenzia conferma l’assoggettamento dei redditi da essi derivanti per imputazione direttamente in capo alla beneficiaria “interponente”, seguendo le categorie reddituali previste dall’art. 6, TUIR.