La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza resa nella causa C-253/23 in data 28 gennaio 2025, si è espressa sull’incompatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale che impedisca azioni collettive per il risarcimento del danno per violazioni del diritto della concorrenza, cagionato da intese fra imprese.
Questo il principio di diritto espresso:
L’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 2, punto 4, l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 4 della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea, nonché l’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che:
ostano all’interpretazione di una normativa nazionale che ha l’effetto di impedire ai presunti soggetti danneggiati da una violazione del diritto della concorrenza di cedere i loro diritti al risarcimento a un prestatore di servizi legali affinché quest’ultimo li faccia valere, collettivamente, nell’ambito di un’azione per il risarcimento del danno, che non fa seguito a una decisione definitiva e vincolante, segnatamente per quanto riguarda l’accertamento dei fatti, di un’autorità garante della concorrenza che constata una siffatta violazione, a condizione che
– il diritto nazionale non preveda nessun’altra possibilità di raggruppamento delle pretese individuali di tali soggetti danneggiati che sia tale da garantire l’effettività dell’esercizio di tali diritti al risarcimento, e
– l’esercizio di un’azione individuale per il risarcimento del danno individuale si riveli, alla luce di tutte le circostanze del caso di specie, impossibile o eccessivamente difficile per detti soggetti, con la conseguenza di privarli del loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.
Tali disposizioni di diritto dell’Unione impongono al giudice nazionale, qualora non possa procedere a un’interpretazione di tale normativa nazionale conforme ai requisiti del diritto dell’Unione, di disapplicare detta normativa nazionale.
Nel caso di specie, decine di segherie stabilite in Germania, in Belgio e in Lussemburgo avevano sostenuto di aver subito un danno a causa di un’intesa, con la quale il Land Renania settentrionale-Vestfalia (Germania) avrebbe applicato, quantomeno nel periodo compreso tra il 28 giugno 2005 e il 30 giugno 2019, prezzi eccessivi per la vendita a tali segherie di legname tondo proveniente da tale Land: a tal fine, le segherie avevano ceduto il proprio diritto al risarcimento del danno ad una società prestatrice di servizi legali, ai sensi della legge tedesca, che aveva intentato contro tale Land, dinanzi al giudice tedesco, un’azione collettiva per il risarcimento del danno, agendo in nome proprio e a proprie spese, ma per conto delle segherie, a fronte di onorari in caso di successo.
Tuttavia, la legislazione tedesca, come interpretata da taluni giudici nazionali, non consente a tale prestatore di intentare azioni collettive risarcitorie nel contesto di una violazione del diritto della concorrenza: secondo il giudice tedesco le azioni di recupero collettive costituirebbero, in Germania, l’unico meccanismo procedurale che consenta l’effettiva attuazione del diritto al risarcimento nelle cause in materia di intese.
Di conseguenza, il giudice, con rinvio pregiudiziale, ha chiesto alla Corte di Giustizia se il diritto dell’Unione osti all’interpretazione di una normativa nazionale che impedisce ai soggetti danneggiati dall’intesa di ricorrere a tale tipo di azione.
La Corte ricorda preliminarmente che il diritto dell’Unione conferisce a tutti i soggetti danneggiati da una violazione del diritto della concorrenza il diritto di chiedere il pieno risarcimento del danno: un’azione per il risarcimento del danno può essere proposta sia direttamente dalla persona che beneficia di tale diritto, sia da un terzo, al quale tale diritto è stato ceduto.
Tuttavia, il diritto dell’Unione non definisce le modalità di esercizio del diritto al risarcimento del danno causato da una violazione del diritto della concorrenza, e, pertanto, spetta a ciascuno Stato membro stabilirle, nel rispetto del principio di effettività.
Il giudice nazionale è quindi tenuto a verificare se l’interpretazione del diritto nazionale che vieti il risarcimento dei danni causati da intese fra imprese, attraverso azioni collettive, soddisfi il requisito di effettività: se dovesse concludere nel senso che il diritto nazionale non offre alcun altro mezzo di ricorso collettivo che consenta di garantire l’effettiva attuazione di tale diritto al risarcimento, e che un’azione individuale rende il suo esercizio impossibile o eccessivamente difficile, e pregiudica una tutela giurisdizionale effettiva, il giudice dovrebbe constatare una violazione del diritto dell’Unione.
In tal caso, dovrebbe tentare di interpretare le disposizioni nazionali in modo conforme al diritto dell’Unione, e, qualora un’interpretazione conforme si rivelasse impossibile, dovrebbe disapplicare le disposizioni nazionali che vietano l’azione di recupero collettiva delle pretese risarcitorie individuali di cui trattasi.