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Note

La rilevanza delle banche dati creditizie in epoca di valutazione algoritmica tra comunicazione e aggiornamento delle informazioni

5 Febbraio 2025

Allegra Canepa, Professore Associato di Diritto dell’Economia, Università degli Studi di Milano

Di cosa si parla in questo articolo

SOMMARIO: Il paper affronta il tema della rilevanza delle banche dati creditizie pubbliche e private nella riduzione delle asimmetrie informative nel mercato e della importanza di dati consultabili attendibili, completi e aggiornati. Per approfondire questi aspetti viene prese in esame una recente ordinanza della Cassazione che consente di ripercorrere gli elementi che devono sussistere per il riconoscimento della risarcibilità danni da un’eventuale responsabilità per “danno informativo” potenzialmente comprensivo, anche di un danno reputazionale. Una simile analisi nella seconda parte consente una riflessione più ampia sulla attuale capacità delle banche dati pubbliche e private di raccogliere informazioni capaci di fornire una “fotografia esaustiva” delle posizioni creditizie di imprese e consumatori visto lo sviluppo di servizi di accesso al credito forniti da piattaforme digitali. Specialmente nel credito al consumo la situazione merita attenzione, come mostra il servizio Buy Now Pay Later, perchè questi operatori potrebbero avere un interesse non elevato all’adesione ai sistemi di informazione creditizia.

ABSTRACT: The paper examines the relevance of public and private credit databases in reducing information asymmetries in the market and the need for reliable, complete, and up-to-date searchable data. It describes a recent order of the Supreme Court of Cassation, which outlines the essential elements for recognizing compensation for damages from possible liability for “information damage,” potentially including reputational damage. In the second part, the paper also analyzes the current capabilities of public and private databases in collecting information to provide a complete overview of businesses’ and consumers’ credit positions. This analysis is especially relevant to the credit access services offered by digital platforms. An example is the Buy Now Pay Later service, highlighting that its provider may not be mainly motivated to join credit information systems.


1. Affidabilità creditizia e informazioni registrate nella Centrale dei rischi alla luce dell’ordinanza della Cassazione n.3671/2024

Utilizzando la terminologia economica potremmo dire che quello del credito è un mercato di selezione in quanto gli operatori non hanno l’obiettivo solo di massimizzare il volume dei crediti erogati ma anche di selezionare i richiedenti che hanno maggiori possibilità di restituire nei tempi previsti quanto concesso. L’operazione di identificazione dei c.d.“good-borrowers”, funzionale a ridurre il rischio di insolvenza e l’onere di mantenimento di eventuali posizioni deteriorate, però, risulta tutt’altro che semplice per la presenza di informazioni imperfette nel mercato dei prestiti[1] capaci di condizionare l’erogazione del credito.

Un simile processo di efficiente individuazione dei soggetti caratterizzati da un’elevata affidabilità creditizia contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo di sana e prudente gestione degli intermediari ma richiede un’adeguata disponibilità di informazioni sui richiedenti, non solo dal punto di vista della loro situazione attuale, ma anche della loro storia creditizia e dell’eventuale esistenza a loro carico di inadempienze effettive. Simili dati, saranno valutati nel caso di accesso al credito di un’impresa nel quadro dell’attività svolta mentre per il consumatore verranno esaminati tenendo conto anche dell’esistenza di eventuali altre posizioni aperte, capaci di dare luogo a rischi di sovraindebitamento[2].

Vi sarà però una distinzione tra imprese e consumatori visto che nel primo caso la valutazione avviene nel quadro dell’attività svolta mentre per il consumatore nei singoli atti diretti alla conclusione di un acquisto.

La necessità di una valutazione attenta, ponderata e completa, come ricorda la direttiva n. 2023/2225 sul credito al consumo, presuppone l’utilizzo di informazioni pertinenti e accurate sul reddito e sulle spese nonché sulla situazione economica e finanziaria, necessarie e proporzionate rispetto alla natura, alla durata, al valore e ai rischi del credito[3]. La c.d. Mortgage Credit Directive (MCD) stabilisce che il credito dovrebbe essere erogato “solo quando i risultati della valutazione del merito creditizio indichino che gli obblighi derivanti dal contratto di credito saranno verosimilmente adempiuti”[4].

Al fine di avere un quadro dettagliato ed il più possibile completo delle singole posizioni, una fonte informativa importante è rappresentata dalle banche dati e, in primis dalla Centrale dei rischi, affidata alla Banca d’Italia[5]. La centrale rappresenta per gli operatori una modalità di incremento di trasparenza grazie alla trasmissione obbligatoria di informazioni, da parte di banche e intermediari, sullo stato dei crediti accordati e pregressi, secondo modalità di rilevazione predisposte da Banca d’Italia, e consente di evitare aggravamenti di rischio derivanti dai c.d. fidi multipli[6].

Proprio la ratio di realizzazione di questa banca dati e l’importanza dell’attendibilità, completezza e aggiornamento delle informazioni, visti i possibili effetti sulla posizione del singolo dal punto di vista reputazionale e dell’accesso al credito, fanno sì che siano previste forme di tutela comprensive di provvedimenti inibitori e risarcimento in caso di eventuali segnalazioni illegittime[7], non corrette o non aggiornate.

Nello specifico all’interessato, inteso sia come impresa che consumatore[8], può essere riconosciuto un risarcimento danni a fronte di un’eventuale responsabilità per “danno informativo”[9] derivante da dolo o colpa[10] e potenzialmente comprensivo, a seconda dei casi, anche del pregiudizio d’immagine.

Negli anni si è registrato un certo contenzioso, non solo su istanza del diretto interessato ma anche di eventuali altri soggetti quali i prestatori in garanzia[11] e, fra i casi trattati, merita attenzione quello oggetto di una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n.3671/2024, del febbraio 2024[12]. Infatti, si tratta di un caso per il quale si sono svolti più gradi di giudizio, in un arco temporale piuttosto lungo, che consentono di ripercorrere lo sviluppo giurisprudenziale sui presupposti per la riconoscibilità del danno, la meritevolezza dell’interesse leso[13] e l’eventuale esistenza anche di un pregiudizio di immagine.

In particolare, in primo grado, il giudice aveva valutato il ritardo nell’aggiornamento delle informazioni un fattore giuridicamente di scarso rilievo sul piano causale e della lesione di un interesse, con conseguente mancato riconoscimento di una risarcibilità. In sostanza “l’evento-ritardo” secondo il giudice non aveva generato un pregiudizio quantificabile economicamente nè in quanto tale, né in quanto produttivo di una ulteriore situazione dannosa di tipo reputazionale, con conseguenze anche finanziarie.

Nello specifico oggetto della controversia di fronte al Tribunale di Bari, presentata in prima istanza nel 2009, era un ritardo, perpetratosi per otto mesi, nella derubricazione della posizione da “in sofferenza”[14] a “ristrutturata” a seguito di conclusione di un accordo transattivo.

La contestazione non concerneva la sussistenza di quanto comunicato bensì il mancato recepimento dell’esito dell’accordo tra le parti diretto ad estinguere il debito[15]. Infatti la banca si era limitata a far annotare esclusivamente una riduzione dell’esposizione a seguito di un primo versamento, ai sensi della Circolare n.139/1991 della Banca d’Italia, ma non la ristrutturazione della posizione, nonostante la medesima circolare indichi anche la necessità di trasmettere informazioni qualitative sul “cambiamento di stato” della posizione creditizia[16].

Proprio l’assenza di aggiornamento delle informazioni, tenuto conto che la “sofferenza”[17], dal punto di vista della valutazione del singolo, presenta un maggiore potenziale lesivo, aveva generato, secondo la società, un pregiudizio su affidamenti in essere e futuri.

Proprio per questo sussiste un interesse alla rettifica e, poiché anche il fattore tempo assume rilievo, anche alla tempestività di tale modifica[18].

Ciononostante, il Tribunale aveva valutato infondata la domanda di parte attrice ritenendo non fosse ravvisabile una necessità di immediata comunicazione della suddetta variazione, comunque effettuata dalla banca, in quanto considerabile condizione secondaria rispetto al pagamento. Peraltro, in sede di accordo tra le parti non era stato indicato un termine per l’adempimento ed anche per questo non era pretendibile un’immediata rettifica dalla banca né riconoscibile un danno patrimoniale e di immagine. E’ utile sottolineare come, l’onere di comunicazione della variazione e/o aggiornamento, gravi sulla banca e non sul gestore, nello specifico la Banca d’Italia, che si limita ad inserire quanto comunicato o quanto derivante dall’esito di eventuali controversie[19].

Avverso tale sentenza la società coinvolta aveva fatto ricorso alla Corte d’Appello chiedendone la riforma integrale vista la non condivisibilità delle conclusioni del Tribunale. Contestualmente, non ritenendo corretta la valutazione di mancanza di correlazione tra la conclusione dell’accordo transattivo e la modifica della propria posizione alla Centrale dei rischi, veniva richiesta anche la risoluzione dell’accordo intervenuto per inadempimento.

La Corte d’Appello, in sede di riesame, non aveva accolto quest’ultima richiesta ritenendo non essenziale l’inadempimento; aveva però ravvisato un’efficacia causale dell’omissione[20] e conseguentemente una condotta colposa della banca condannandola al pagamento di un risarcimento del danno.

Sulla questione del danno reputazionale, la Corte aveva ritenuto che il ricorrente non avesse fornito adeguata prova del pregiudizio subito[21] ed aveva riconosciuto esclusivamente una liquidazione in via equitativa pari a mille euro per ogni mese di ritardo.

1.1. L’intervento della Cassazione ed il riconoscimento del nesso di causalità tra ritardo nell’aggiornamento dati e pregiudizio nell’accesso al credito

Avverso la sentenza della Corte d’Appello la società interessata aveva proposto ricorso in Cassazione evidenziando tre aspetti: la qualificabilità della condotta della banca come dolosa e non colposa[22], l’esistenza di un inadempimento di notevole entità e un’erronea interpretazione della motivazione a sostegno della chiusura della transazione[23].

Su quest’ultimo punto la Corte di cassazione ha ricordato come la valutazione dell’intenzione dei contraenti non possa prescindere dalle parole ed espressioni utilizzate nella dichiarazione negoziale e dal contesto nel quale sono inserite. Irti sul punto sottolineava come “la parola rinvia ad un contenuto che è il suo immateriale significato”[24] ed è proprio in quest’ottica che la Cassazione si muove facendo riferimento anche alla corrispondenza successiva tra le parti quale mezzo per rafforzare quanto già esternato[25] in sede di accordo per il raggiungimento dello scopo “pratico” perseguito dalle parti[26].

Nello specifico, la Corte identifica nella documentazione in atti una chiara preminenza dell’interesse della società alla variazione della posizione registrata alla Centrale dei rischi così come un’illegittimità della condotta della banca e una sua responsabilità in merito al mancato adeguamento della segnalazione a seguito del primo versamento.

L’esistenza del pregiudizio, dovuto anche al periodo intercorso prima della rettifica della posizione è individuato dalla Corte nella documentazione in atti dai quali si evince l’esistenza di affidamenti revocati sulla base dei dati presenti in Centrale dei rischi.

Pertanto, la Corte di Cassazione aveva accolto il ricorso e rinviato alla Corte di Appello di Bari visto che la CTU effettuata aveva quantificato il danno subito in misura molto maggiore di quanto riconosciuto dalla medesima in via equitativa.

Da tale pronuncia risulta ribadita l’importanza di informazioni corrette e aggiornate contenute in una banca dati finalizzata, come nel caso in questione, ad una migliore valutazione creditizia del richiedente. In particolare, ciò che rileva è l’elevata affidabilità riconosciuta ad una simile fonte e ai rating reputazionali in essa contenuti e consultabili.

Proprio quest’aspetto induce ad una riflessione più ampia e articolata su una molteplicità di aspetti connessi alla possibile difficoltà di rettifica in tempi brevi ed al conseguente risarcimento dei danni, visti anche i tempi della giustizia civile, nonché alla capacità, in una società digitalizzata, di offrire un quadro informativo esaustivo.

Si tratta di un punto che ha rilievo sia sotto il profilo della capacità di effettuare una valutazione adeguata in linea con una sana e prudente gestione che della prevenzione di dinamiche di sovraindebitamento.

Una simile valutazione richiede in primo luogo di soffermarsi sia sulla quantità di informazioni disponibili sul mercato, anche alla luce delle banche dati creditizie private, sia sugli sviluppi determinati dalla tecnologia e la c.d. offerta di “credito digitale” erogato da piattaforme mediante valutazione algoritmica.

Quest’ultima, disponibile grazie a piattaforme specializzate soprattutto nel credito al consumo ed affermatisi sul mercato negli ultimi anni, viene effettuata mediante l’utilizzo di set informativi ampi e basati su dati non esclusivamente finanziari. Proprio quest’aspetto merita attenzione in quanto da una simile impostazione può derivare un minore interesse a concludere accordi di condivisione di informazioni con banche dati private con conseguente riduzione della disponibilità complessiva di informazioni.

2. Il ruolo delle banche dati pubbliche e private in epoca di valutazione algoritmica

Le informazioni presenti nella Centrale dei rischi possono essere un ausilio ai fini della definizione del merito creditizio e della riduzione della selezione avversa ma non sono in grado di risolverla completamente anche per i possibili inserimenti non corretti o problemi di ritardo di aggiornamento come quelli descritti.

Nel quadro di riduzione delle asimmetrie informative, tenuto conto anche delle soglie di registrazione previste dalla Centrale dei rischi e dell’accessibilità dei dati, negli anni si sono affermate anche banche dati private, Sistemi di Informazione Creditizia (c.d. SIC), depositarie di informazioni non rilevate in altre banche dati. Queste in realtà sono profondamente differenti sul piano della struttura e dell’adesione rispetto a quelle pubbliche in quanto frutto di autonomia negoziale e di adesione volontaria[27]. Ciò significa l’adesione non di tutti gli intermediari ma solo di quelli che decidono di farlo mediante conclusione di un accordo contrattuale di reciprocità basato su conferimento e contestuale possibilità di consultazione della banca dati[28]. Un simile assetto può dare luogo ad un database di informazioni caratterizzate da una certa differenziazione in funzione dei soggetti aderenti[29].

Un elemento comune tra banche dati pubbliche e private è identificabile nella possibilità di supportare la valutazione delle singole posizioni anche mediante c.d. dati di flusso intesi come evoluzione nel tempo. A tal fine il controllo delle informazioni e la garanzia di affidabilità dei dati da punto di vista della completezza, correttezza e aggiornamento di quanto comunicato appare fondamentale. Proprio questo aspetto è previsto anche per le banche dati private nel codice di condotta che le disciplina[30]. In esso si stabilisce che i partecipanti verifichino i dati, rispondano tempestivamente ad eventuali richieste di verifica da parte del gestore nonché provvedano, laddove necessario, alla cancellazione o modifica di quanto registrato. Peraltro, proprio la volontarietà di adesione, sancita da un accordo contrattuale, fa sì che via sia una costante attenzione ai dati inseriti perché eventuali errori, incompletezza del patrimonio informativo o mancanza di aggiornamento possono avere riflessi sull’interesse ad aderire.

Del resto la presenza di banche dati private oltre a favorire la riduzione dell’asimmetria mediante condivisione delle informazioni può svolgere anche un ruolo nello scoraggiare richieste di accesso al credito di coloro che sanno di avere registrazioni a proprio carico consultabili nonché una situazione complessiva di difficoltà.

Un simile orientamento può avere effetti positivi anche sul sovraindebitamento complessivo[31].

In questo quadro appare di interesse valutare la capacità delle SIC di rappresentare un importante strumento di supporto per la valutazione del merito creditizio nel credito al consumo e la capacità anche di fornire un contribuito al monitoraggio dei livelli di indebitamento pro capite in un quadro di ricorso al credit scoring e di messa a disposizione di nuove modalità di “credito digitale” da parte delle piattaforme.

In proposito è utile ricordare come gli Orientamenti dell’European Banking Authority (EBA) in materia di concessione e monitoraggio dei prestiti, sottolineassero come “nel valutare la capacità del cliente di adempiere le obbligazioni derivanti dal contratto di prestito, gli enti e i creditori dovrebbero tenere conto dei fattori pertinenti che potrebbero influenzare la capacità di rimborso presente e futura del cliente ed evitare di indurre un indebito disagio e un eccessivo indebitamento” ed aggiungessero che “se le informazioni e i dati non sono prontamente disponibili, gli enti e i creditori dovrebbero raccogliere le informazioni e i dati necessari dal cliente e/o da terzi, comprese le banche dati pertinenti” [32].

La questione appare di interesse alla luce dell’evoluzione che ha interessato la valutazione del merito con il crescente ricorso all’uso di algoritmi[33], capaci di utilizzare set informativi “alternativi” rispetto a quelli in possesso dell’operatore e derivanti dalla consultazione delle banche dati. Infatti vengono impiegati sia dati reperiti su internet che derivanti dalla fedeltà alla piattaforma ed in particolare su questi ultimi vengono definiti anche eventuali incrementi di credito richiedibili dal singolo.

Proprio l’estensione delle fonti informative e la velocizzazione di analisi e risposta sono elementi cardine nell’offerta di servizi come il Buy Now Pay Later (BNPL) recentemente affermatisi. La particolarità di questo servizio risiede proprio nella capacità di coniugare la rapidità nell’offerta di servizi garantita dalle piattaforme con la necessità di una valutazione accurata prevista per la concessione del credito.

Peraltro la velocità nella decisione di accesso al credito è stato uno degli elementi di successo di questo servizio ed ha favorito un suo crescente utilizzo da parte dei consumatori. Anche per questo, appare di interesse il tema della trasparenza sull’andamento del credito ed il tasso di insolvenza degli utilizzatori nonchè una possibile ampia adesione alle SIC di questi operatori vista anche la ridotta disponibilità di dati.

2.1. La fisionomia e le criticità del BNPL nella concessione del credito

La questione della presenza di informazioni sul BNPL nelle SIC ha una rilevanza generale in rapporto alla reperibilità e disponibilità di informazioni consultabili e specifica in rapporto alle modalità di valutazione del merito creditizio e delle possibili implicazioni in termini di sovraindebitamento. Per approfondire questi aspetti può essere utile richiamare brevemente la fisionomia del servizio a partire dal suo incerto inquadramento giuridico. Infatti, la questione non attiene solo alla normativa di riferimento ma anche al tema oggetto di esame visto che qualora, alla luce delle sue caratteristiche, fosse stato considerato esclusivamente un metodo di pagamento, non avrebbe avuto rilevanza ai fini della presenza di dati nelle SIC.

Il BNPL è offerto ai consumatori per acquisti in un numero di segmenti di mercato in continua espansione (dai viaggi alle assicurazioni) grazie alla sua applicabilità anche per cifre al di sotto del 200 euro[34] e la rapidità con la quale viene effettuata la valutazione creditizia ai fini dell’accesso al servizio.

Nello specifico lo schema proposto al consumatore può essere duplice a seconda che vi sia o meno cessione del credito ad un terzo da parte del venditore.

Questo secondo modello ha generato dubbi sul suo inquadramento giuridico ed ha dato luogo ad interventi dell’EBA e della Banca d’Italia in merito alla sua ascrivibilità all’ambito del credito[35] e non dei pagamenti. Ad essi hanno fatto seguito interventi normativi quali la direttiva 2225/2023 e la proposta di terza direttiva sui servizi di pagamento (PSD 3) che lo hanno incluso nella disciplina del credito anche per importi inferiori ai 200 euro[36]. La PSD 3 precisa però che i prestatori possono essere soggetti alla disciplina dei pagamenti qualora prestino servizi di esecuzione di operazioni di pagamento nel caso in cui i fondi rientrino in una linea di credito presso il prestatore di servizi di pagamento dell’utente[37]. Del resto, tra le possibili configurazioni applicate, vi è anche quella con un addebito direttamente sulla carta di credito con conseguente possibile aumento dei rischi per il consumatore in caso di insolvenza[38].

Peraltro anche l’aspetto comunicativo e di marketing contribuisce ad una mancanza di trasparenza nei confronti del consumatore sulla natura creditizia del servizio visto che non evidenzia la possibilità di incorrere in elevati interesse moratori in caso di ritardo ma anzi viene presentato come opzione “ad interessi zero”[39].

Un simile assetto, fondato sulla semplicità di accesso, la velocità di valutazione del merito creditizio e l’apparente convenienza, vista l’assenza di interessi, possono far sì, come ricordava molti anni fa Santini, che “il consumatore sia indotto ad acquistare col sistema rateale beni di utilità immediata (…) senza riflettere in modo adeguato sull’elemento del prezzo”[40] e sugli eventuali interessi di mora” che, nel caso del BNPL, possono arrivare anche al 18% annuo[41].

Anche per questo la direttiva 2225/2023 interviene proprio sul rafforzamento della trasparenza informativa nei confronti del consumatore anche se lascia una certa discrezionalità ai singoli Stati membri in merito all’applicabilità di alcune previsioni inerenti annunci pubblicitari e informazioni contrattuali[42]. La ratio è quella di non far gravare oneri eccessivi su alcune tipologie di credito tra i quali anche i contratti di importo inferiore ai 100.

Eppure, anche un credito esiguo, merita attenzione visto che il BNPL viene utilizzato spesso proprio per importi inferiori ai 100 euro. Ciò significa che la riduzione delle informazioni, qualora adottata da uno Stato membro, può interessare un numero non così limitato di situazioni compresi utenti vulnerabili e poco esperti sul piano finanziario.

Peraltro tra le informazioni omissibili ve ne sono alcune di non scarso rilievo al fine di una piena efficacia informativa ed evidenza dei rischi derivanti dal BNPL visto che possono essere omessi “se del caso la durata del contratto di credito o l’importo totale che il consumatore è tenuto a pagare e l’importo delle rate” nonché la possibilità di avvalersi di un meccanismo extragiudiziale di reclamo con relative modalità di accesso ed infine la spiegazione delle conseguenze giuridiche e finanziarie dell’inosservanza degli altri impegni connessi al contratto di credito specifico[43].

Da questo descritto si comprende come il design del BNPL presenti due criticità principali: una rapida valutazione del merito creditizio effettuata su set di dati, anche non esclusivamente finanziari, e la difficoltà di avere informazioni su eventuali altre posizioni aperte e sulla relativa situazione.

Il primo aspetto evidenza un utilizzo da parte di queste piattaforme principalmente di dati reperiti dall’algoritmo nonchè riferiti alla storia creditizia con la piattaforma che, se positiva dal punto di vista del rispetto delle scadenze, può consentire anche incrementi nel tempo della somma richiedibile. Un simile assetto può consentire una maggiore inclusione finanziaria ma anche un potenziale incremento del rischio di sovraindebitamento dovuto sia al profilo dei soggetti interessati che degli alti tassi applicati in caso di mora.

Il secondo aspetto, strettamente connesso, riguarda la sostanziale mancanza di condivisione di dati su questi accessi al credito tra le piattaforme. Ciò può dare luogo alla possibilità che il singolo possa avere contestualmente più posizioni aperte con piattaforme differenti senza che queste ne siano a conoscenza e l’abbiano quindi valutato ai fini dell’incremento del rischio di insolvenza. Tale aspetto ha rilevanza per il singolo ma anche, più in generale, per il rischio inerente il livello di indebitamento della popolazione laddove interessi una buona percentuale della popolazione e vi sia una certa percentuale di soggetti che lo utilizza frequentemente[44].

Si tratta di un elemento che fa riflettere sull’opportunità di un incremento di trasparenza sul tasso di indebitamento connesso all’utilizzo di questo servizio visto che i relativi dati potrebbero contribuire ad evitare nuove attivazioni di credito capaci di influire sulle situazioni di criticità già esistenti. Tale riflessione appare di attualità anche alla luce delle prospettive segnalate lo scorso anno dalla Commissione europea di crescita del tasso di sovraindebitamento delle famiglie nei prossimi anni[45]. Peraltro, una maggiore trasparenza su simili dati può essere un vantaggio per tutti quegli utenti compresi quelli che, avendo rispettato le scadenze, potrebbero trarre da simili informazioni un miglioramento o un consolidamento della loro affidabilità creditizia.

3. Prospettive di censimento del credito digitale tra interessi degli operatori di Buy Now Pay Later e concorrenza

Alla luce dell’assetto attuale di mercato, nell’ambito del servizio di BNPL, il complesso delle posizioni dei singoli, comprensive di eventuali ritardi di adempimento, siano essi di lieve entità o protratti nel tempo, sono valutabili ai fini di eventuali ulteriori richieste solo se si tratta di posizioni gestite dalla medesima piattaforma[46].

Infatti questi operatori non sono soggetti ad obblighi di rilevazione e, specialmente quelli più rilevanti sul mercato, potrebbero anche non avere un interesse elevato ad un’integrazione i loro dati nei SIC[47].

Può essere utile soffermarsi su quest’ultimo aspetto perché apparentemente sia le previsioni normative che il rischio di una valutazione non adeguata sembrerebbero indicare la presenza di un interesse ad aderire ai SIC. Infatti, la direttiva 2225/2023 prevede che l’analisi della posizione dei richiedenti debba essere effettuata “sulla base di informazioni pertinenti e accurate sul reddito e sulle spese del consumatore e su altre informazioni sulla situazione economica e finanziaria”[48]. Un’indicazione di questo tipo comprendente il riferimento all’accuratezza sulle spese e la situazione economica e finanziaria complessiva richiama una completezza di dati nella quale eventuali ritardi di adempimento rivestono un ruolo importante.

Eppure, se ci soffermiamo sulla modalità di azione ed erogazione del credito da parte degli operatori di BNPL e sul loro attuale modello di business, basato sull’autosufficienza informativa e cioè sullo sfruttamento dei soli dati di cui si dispone, qualche dubbio sorge.

Infatti una valutazione rapida e sui dati posseduti, comprensivi di quelli acquisiti e dello storico con la piattaforma, consente l’accesso al credito anche a clienti a più ad alto rischio e da ciò può derivare un’immediata applicazione di interessi di mora elevati.  L’esito di una simile dinamica, in molti casi, è che gli importi per i quali si accede al BNPL sono di modesta entità, ma, le somme complessivamente pagate possono essere molto più elevate alla luce della quota di interessi applicati fin dal primo giorno di ritardo.

Tale aspetto, qualora riguardi un certo numero di utenti, potrebbe essere per la piattaforma non una criticità da valutare bensì uno dei fattori di sostenibilità economica di questo modello di business.

Peraltro, la mancanza di reciprocità informativa sullo stato di indebitamento complessivo di un soggetto, derivante dalla attivazione di account multipli con differenti piattaforme[49], potrebbe incrementare la quota di inadempienti visto che, sulla base delle informazioni disponibili, sono considerabili a basso rischio.

La necessità di porre attenzione a questo aspetto sembra trovare conferma in una recente sentenza della Corte di Giustizia in relazione ad una questione sollevata da un giudice belga, inerente proprio l’interpretazione da dare agli interessi di mora ed alle spese stragiudiziali di recupero nell’ambito del BNPL.

Nello specifico veniva chiesto alla Corte se questi ultimi fossero da considerare costi di credito la cui esigibilità può far parte del modello commerciale del creditore[50] oppure no.

La richiesta, presentata nella vigenza della precedente direttiva sul credito al consumo, era volta anche a comprendere se, essendo previsti interessi solo in caso di mora, il BNPL potesse rientrare negli ambiti esclusi dall’applicazione della direttiva[51].

La Corte nell’affrontare la questione ha evidenziato come sia necessario verificare puntualmente le previsioni contrattuali delle singole piattaforme perché queste potrebbero essere delineate in modo tale da anticipare “sin dalla conclusione del contratto di credito, l’inadempimento da parte del consumatore dell’obbligo di pagamento al fine di ottenere un vantaggio economico dall’esigibilità degli interessi e delle penali per inadempimento”.

Proprio in quest’aspetto potrebbero ravvisarsi elementi a sostegno dell’esistenza di uno scarso interesse alla reciprocità informativa offerta dalle banche dati nonché dell’inclusione di una certa quota di interessi di mora nella valutazione di sostenibilità economica del servizio.

In primo luogo, una simile considerazione presenta implicazioni per il singolo e fa riflettere sulla necessità di maggiore attenzione alle condizioni contrattuali previste dalle piattaforme sull’inadempimento e l’applicazione degli interessi di mora.

Vi è però anche un altro aspetto da considerare definibile “di sistema”. Infatti, la maggiore trasparenza sul tasso di ritardo dei consumatori, la capacità di controllo sull’andamento complessivo del sovraindebitamento della popolazione e la possibilità di prevenirlo anche attraverso la conoscenza di posizioni multiple gravate da interessi di mora, appaiono aspetti degni di attenzione anche nell’ottica di un interesse pubblico alla stabilità del sistema[52].

Una valutazione completa di un possibile scarso interesse all’inserimento di informazioni nelle banche dati private richiede però di tenere presente anche un altro aspetto e cioè l’utilizzabilità dei dati sull’eventuale stato di indebitamento di un singolo, inteso sia come presenza che come assenza di dati, al fine di proporre offerte differenziate e personalizzate. Queste possono consentire di attrarre i consumatori più affidabili ed il fatto che non simili dati non siano accessibili dati rende più difficile l’individuazione dei consumatori “migliori” dal punto dell’affidabilità creditizia e la concorrenza per fidelizzarli.

Si tratta di un comportamento, come bene evidenziato da tempo dalle Big Tech, che avvantaggia e viene generalmente adottato da grandi operatori dotati di un certo patrimonio di dati alla luce dell’alto numero di utenti fidelizzati.

Anche di quest’aspetto, seppur in relazione ad un servizio differente dal BNPL, e cioè quello relativo alle carte di credito, si trova un’indiretta conferma nelle dinamiche già in atto negli Stati Uniti. Infatti, alcuni grandi operatori che forniscono questo servizio, non forniscono più le segnalazioni sui comportamenti di rimborso rendendo così i relativi “reports” non più così dettagliati come in precedenza.

La ratio di tale scelta, come sottolineato anche dal Consumer Financial Protection Bureau, risiede proprio nella volontà di ridurre la disponibilità di informazioni al fine di rendere più difficile la concorrenza ad opera degli altri operatori che, sulla base di questi dati, potevano personalizzare le offerte offrendo condizioni migliori ai consumatori a basso rischio[53].

 

[1] D.M. JAFFEE, T. RUSSEL, Imperfect information, uncertainty and credit banking, Quarterly Journal of Economics ,1976, Vol. 90, n. 4, p. 651; J.E. STIGLITZ e A. WEISS, Credit Rationing in Markets with Imperfect Information, American Economic Review, 1981, Vol. 71, n. 3, p. 393.

[2] Per un approfondimento sul punto alla luce delle differenze tra impresa e consumatore si veda in particolare E. LA MARCA, Consumatore, imprenditore e professionista: interferenze e confini nelle soluzioni del sovraindebitamento, Il diri. fall. soc. comm., 2023, p. 1054 ss.

[3] Art. 18 co. 3 della Direttiva 2023/2225 del 18 ottobre 2023 che ha abrogato la precedente direttiva in materia di credito al consumo 2008/48/CE. Nella direttiva il co. 6 richiama l’importanza di una valutazione attenta, ponderata e completa. Sulla complessità però di una simile valutazione esiste una vasta bibliografia. Si vedano in tal senso tra gli altri L. STANGHELLINI, Il credito « irresponsabile » alle imprese e ai privati: profili generali e tecniche di tutela, in Società, 2007, p. 402; G. CARRIERO, Dal credito di consumo al credito ai consumatori, in Società, 2007, p.457 ss.; C. BOITI, Il principio del prestito responsabile del creditore ed il dovere di informazione del consumatore in E. CATERINI, L. DI NELLA, L. MEZZASOMA e V. RIZZO (a cura di), La tutela del consumatore nelle posizioni di debito e credito, ESI, Napoli, 2010, p.427 ss.; L. MODICA, Concessione «abusiva» di credito ai consumatori, in Contratto e Impresa, n. 2, 2012 p. 493;G. PIEPOLI, Sovraindebitamento e credito responsabile, in Banca borsa tit. cred., 2013,.38 ss I. SABBATELLI, Educazione finanziaria e credito responsabile, in Riv. Trim. Dir. Ec., 2026, p. 293 ss. e G. GRECO, Credito adeguato e consumatore “immeritevole” nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Riv. reg. merc., 2019, p, 355 ss. e M. RABITTI, Credit scoring via machine learning e prestito responsabile, in Liber Amicorum per Aldo Dolmetta, L’orizzonte è una linea che non c’è, Pacini Giudica, Pisa, 2023, p. 333 ss.

[4] Si tratta dell’art. 18 co. 5 della direttiva 2014/17/Ue sui contratti di credito ai consumatori relativi ai beni immobili residenziali sulla quale è in corso una discussione per una possibile revisione come già avvenuto nel credito al consumo.

[5] Come noto la Centrale dei rischi è stata istituita con delibera del Comitato interministeriale per il Credito e Risparmio (CICR) del 16 maggio 1962 ma è poi divenuta operativa nel 1964. Per una ricostruzione sull’evoluzione della fisionomia e delle funzioni della Centrale dei rischi si vedano in particolare F. CAPRIGLIONE, Aspetti della problematica della Centrale dei rischi bancari, Bancaria, 1974, 19 ss.; E. GRANATA, U. MORERA, P. CANAPA, A. CASCIOLI e A. CARRETTA, La nuova centrale dei rischi, Bancaria, Roma, 1996; U. MORERA, La centralizzazione dei rischi di credito: profili giuridici, in Dir. banca merc. fin., 1996, p.464 ss.; G. SCOGNAMIGLIO, Sulla segnalazione a sofferenza nella Centrale dei rischi della Banca d’Italia, in Banca, borsa, tit. cred., 1999, I, 303 ss.; A. SCIARRONE ALIBRANDI, a cura di), Centrale dei rischi. Profili civilistici, Giuffrè, Milano, 2005.

[6] Sul punto si vedano in particolare R. COSTI, Ordinamento bancario 2, Bologna, Mulino, 1994, p. 455 ss. e O. CAPOLINO, Responsabilità delle banche nell’insolvenza dell’impresa, revoca degli affidamenti e ricorso abusivo al credito, in Quaderni di Ricerca giuridica della Banca d’Italia, n. 47/1997, p. 37 ss.

[7] In particolare sugli aspetti di tutela di fronte al giudice ordinario e ABF si veda G. MUCCIARONE, Centrali dei rischi ed esclusione degli enti collettivi dalle tutele del codice della privacy, Banca, borsa e titoli di credito, 2015, p. 381 ss.

[8] La direttiva 2225/2023 in merito alla consultazione di una banca ha stabilito che i gestori di banche dati devono dotarsi di procedure “atte a garantire che le informazioni contenute nelle loro banche dati siano aggiornate ed esatte” e che in caso di richiesta di credito respinta sulla base della consultazione di una banca dati, il consumatore venga informato dell’avvenuta consultazione e dei risultati. Si vedano rispettivamente i co. 6 e 7 dell’art. 17 della direttiva.

[9] L’espressione è di V. Roppo che però la utilizzava per indicare il danno “che deriva da falsi affidamenti suscitati dai “messaggi” (dalle “informazioni”, appunto) circa l’affidabilità economica di soggetti od affari, che in via esplicita o anche implicita (per fatti concludenti) determinati operatori, nell’esercizio della loro specifica attività professionale, indirizzano al pubblico”. Si veda ID., Crisi d’impresa: la banca risponde verso i creditori? (con postilla sugli sviluppi della responsabilità civile), in Danno e Resp., 1996, p. 536. L’espressione è stata anche ripresa da Vella in senso più generale in F. VELLA, Segnalazione di crediti in “sofferenza” alla Centrale dei rischi e responsabilità della banca, Banca, borsa Tit. Cred., 1997, p. 494.

[10] In senso più ampio molti anni fa Busnelli sottolineava “l’insuccesso dei tentativi di assegnare alla responsabilità da informazioni inesatte una previsione normativa tipica e la relativa riscoperta della maggiore adeguatezza, per far fronte ai relativi problemi, della regola generale della responsabilità per colpa”. Si veda F. BUSNELLI, Itinerari europei nella “terra di nessuno tra contratto e fatto illecito”: la responsabilità da informazioni inesatte, in Contr. Impresa, 1991, p. 539.

[11] Il riferimento da ultimo è all’ordinanza della Corte di Cassazione, III sez., n. 29252 del 13 novembre 2024 che ha affrontato la questione del possibile pregiudizio per il prestatore di garanzia derivante dall’affiancamento al debitore: Nel caso di specie la posizione esaminata era quella del prestatore di garanzia di una società segnalata come debitore in sofferenza ed è stato ritenuto fondato il ricorso presentato volto a riconoscere la non corretta valutazione della Corte di Appello di Trento che aveva ritenuto insussistente un pregiudizio reputazionale nella mera indicazione del nominativo del garante a financo di quello del debitore.

[12] Si tratta dell’ordinanza del 9 febbraio 2024 della terza sezione.

[13] Sul rapporto tra meritevolezza dell’interesse tutelato e riconoscimento del danno ingiusto si veda in particolare F. GALGANO, Le mobili frontiere del danno ingiusto, in Contr e impresa, 1985, p. 7 ss.

[14] E’ utile ricordare come la Circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991 di Banca d’Italia Istruzioni per gli intermediari creditizi, al capitolo 2 paragrafo 1.5. precisi come “l’appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può originare automaticamente al verificarsi di singoli specifici eventi quali, ad esempio, uno o più ritardi nel pagamento del debito o la contestazione del credito da parte del debitore”. La necessità di valutazione della complessiva situazione patrimoniale ai fini della registrazione di sofferenza deve tenere conto anche dell’evoluzione nel tempo in quanto non può trattarsi di una difficoltà temporanea come è stato costantemente affermato anche dalla Corte di Cassazione, Si vedano in tal senso tra le altre sez. I, sentenza n.7958 del 1 aprile 2009, sez. 1 ordinanza n.15609 del 9 luglio 2014, sez. 1, ordinanza n.23453 del 26 ottobre 2020; sez. III, ordinanza n. 3130 del 14 ottobre -9 febbraio 2021.

[15] A seguito di un precedente giudizio le parti avevano raggiunto un accordo che prevedeva un versamento a stralcio di 45.000.000 di lire e successive 10 rate da 5.000.000 di lire per complessivamente 95.000.000 di lire.

[16] Circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991 di Banca d’Italia, cit., rispettivamente paragrafo 26 dove si stabilisce che l’intermediario segnala il cliente nella categoria sofferenze per importi via via decrescenti fino al pagamento dell’ultima rata concordata e sez. 5 paragrafo 1.

[17] Va ricordato che mentre i crediti scaduti da novanta giorni (Past Due) e sofferenze possono rilevarsi dal flusso di ritorno che le banche segnalanti ricevono dalla Centrale dei Rischi, gli Unlikely to pay invece restano oggetto di notizie riservate alla singola banca segnalante e alla vigilanza. Sul punto si veda in particolare G. PRESTI, Le banche e la composizione negoziata della crisi, in www.dirittodellacrisi.it, 9 febbraio 2023

[18] Sul concetto di sofferenza e la sua interpretazione si è sviluppato un ampio dibattito in dottrina che ha visto formulare anche un’ipotesi di una sua definizione solo in rapporto ai rapporti tra banca e cliente a fianco di quella maggiormente condivisa e affermata che fa riferimento alla posizione complessiva del debitore. Va ricordato che il Tribunale di Milano, nell’ordinanza del 19 febbraio 2001, in Giur. it., 2001, 334 ss., ha fatto riferimento anche alla necessaria presenza di una richiesta di adempimento da parte della banca. Sulla questione si vedano tra le altre anche la pronuncia del Tribunale di Cagliari del 28 novembre 1995 con nota di A. DOLMETTA, in Banca, borsa e titoli di credito, 1997, p.354 ss. nonché in dottrina in particolare U. MINNECI, Erronea segnalazione alla centrale dei rischi: profili rimediali, in Riv. crit. Dir. priv. 2004, p. 89; A. DOLMETTA, il “credito in sofferenza” nelle istruzioni della vigilanza sulla Centrale dei rischi, Banca, Borsa e Titoli di Credito, 2004, p. 553 ss. e U. MINNECI, Tutele privacy e diritto comune per il recupero della correttezza dei dati trasmessi alle centrali dei rischi, in A. SCIARRONE ALIBRANDI (a cura di), Centrale dei rischi, op. cit., 121 ss.

[19] Sul punto si veda in particolare la sentenza del Tribunale di Salerno del 22 aprile 2022 in Giur. Comm. 2003, p. 210 ss.

[20] Per una ricostruzione dottrinale di quest’aspetto anche con riferimento all’ambito penale si veda in particolare F. REALMONTE, Il problema di causalità nel risarcimento del danno, Giuffrè, Milano, 1965, p. 66 ss.

[21] Tale aspetto era già stato evidenziato anche in rapporto ad una segnalazione illegittima nella quale si sottolineava come “il danno all’immagine e alla reputazione non può considerarsi sussistente “in re ipsa”, ma va allegato specificamente e dimostrato da chi ne invoca il risarcimento». Si veda l’ordinanza n. 6589 del 06/03/2023 della sez. I della Corte di Cassazione.

Successivamente all’ordinanza in esame si veda in tal senso anche l’ordinanza della sez. I n. 11732 del 2 maggio 2024.

[22] Come noto in tal caso deve essere presente ed essere stato voluto anche il carattere ingiusto dell’evento come sottolineato molti anni fa da Fedele, ID., Il problema della responsabilità del terzo per pregiudizio del credito, Milano, 1954, p. 110 ss.

[23] La Corte di Appello aveva affermato al punto 4 p. 9 della sentenza che l’interesse principale della società era quello di estinguere la propria posizione debitoria nei confronti della banca mentre la cancellazione della segnalazione, seppur di considerevole importanza, sicuramente non costituiva la ragione principale dell’accordo raggiunto con la banca.

[24] N. IRTI, Sul concetto giuridico di documento, in Riv. tri. Dir., proc. civ., 1969, p. 484.

[25] La scelta del termine “esternato” per ricordare la necessaria presenza nell’accordo anche della manifestazione non è casuale ma utilizzato proprio nell’accezione ricordata da N. IRTI, Il contratto tra facendum e factum, in Rass. Dir. civ., 1984, p. 942.

[26] Il riferimento al linguaggio utilizzato è elemento ormai consolidato in giurisprudenza, anche se esiste qualche pronuncia di segno differente come la n. 15100 del 10 ottobre 2003, così come sul riferimento allo scopo effettivo perseguito sul quale si vedano tra le altre Cassazione sez. unite dell’8 marzo 2019 n. 6882; l’ordinanza sez. III n.34426 dell’8 marzo 2019 e la sentenza sez. un. n.6882 dell’8 marzo 2019. In quest’ultima in particolare si ricorda come “il senso letterale delle parole, delle espressioni utilizzate va invero verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’art. 1363 c.c., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale” e che “nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti il criterio letterale vada invero riguardato alla stregua degli ulteriori criteri legali d’interpretazione, e in particolare dei criteri dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c.

[27] Come noto per la Centrale dei rischi è prevista una soglia di rilevazione di 30.000 euro che si abbassa a 250 se vi è sofferenza.

Sulla presenza di centrali private come i SIC e la loro fisionomia si vedano in particolare F. CAPRIGLIONE, “Funzione” e “autonomia” nella centralizzazione dei rischi bancari, in Mondo banc., 1991, p. 50 ss.; E. PELLECCHIA, Il codice deontologico per le Centrali rischi private, in Danno e resp., 2005, p. 252; S. LOPREIATO, Centrali dei rischi private, segnalazione erronea e responsabilità della banca, in Banca, Borsa, Tit. cred., 2007, p. 454 ss. e F. MEZZANOTTE, Centrali rischi private e “diritto di preavviso” della segnalazione, in Nuova giur. Civ. comm., 2017, p. 303 ss.

[28] Sulle banche dati private A. Sciarrone Alibrandi sottolineava anni fa come queste fossero “proliferate spontaneamente, al di fuori di una previsione legale specifica, sulla base di un puro meccanismo di adesione convenzionale di operatori di settore”. Si veda ID., Centrali dei rischi creditizi e normativa di privacy: informazione e controlli dell’interessato, in Riv. dir. civ., 2003, p. 424.

[29]Ai sensi dell’art. 2 lett. del Codice di Condotta i “partecipanti” previsti sono le banche, comprese quelle comunitarie e quelle extracomunitarie, le società finanziarie e tutti gli intermediari finanziari la cui attività è regolamentata nell’ambito del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, i soggetti autorizzati a svolgere in Italia l’attività di factoring (legge 21 febbraio 1991, n. 52 e successive modifiche), soggetti appartenenti a gruppi bancari o finanziari, gli istituti di pagamento, i soggetti privati che, nell’esercizio di attività commerciale o professionale, concedono una dilazione del pagamento del corrispettivo per la fornitura di beni o servizi, ovvero svolgono l’attività di leasing anche operativo, o l’attività di noleggio a lungo termine, nonché l’attività di gestione di piattaforme digitali per prestiti tra privati.

[30] La consultazione dei dati per i partecipanti ai SIC, individuati in banche, intermediari finanziari e altri soggetti privati che, nell’esercizio di un’attività commerciale o professionale, concedono una dilazione di pagamento del corrispettivo per la fornitura di beni o servizi, è soggetta alle prescrizioni previste dal Codice di condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti, provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali, n.163 del 12 settembre 2019.

[31] Sul punto si veda in particolare per un’analisi di dati A. BENNARDO, M. PAGANO., S. PICCOLO, Multiple-Bank Lending, Creditor Rights and Information Sharing, in Review of Finance, 2015, p. 519 ss.; V

[32] EBA, Orientamenti in materia di concessione e orientamento dei prestiti, ABE/GL/2020/06, del 20 maggio 2020, p.5.2. e 88.

[33] Sulla natura delle piattaforme utilizzatrici e le implicazioni di ricorso agli algoritmi per la definizione del merito creditizio si vedano in particolare G.L. GRECO, Credit scoring 5.0, tra Artificial Intelligence Act e Testo Unico Bancario, in Riv. trim. dir. econ., suppl. n. 3, 2021, p. 76; L. AMMANNATI, G: GRECO, Il credit scoring intelligente: esperienze, rischi e nuove regole, Dir. Banc., 2023, p. 461 ss.;

[34] Secondo il Rapporto CRiF 2023, cit., il ticket medio del BNPL è molto inferiore rispetto a quello del credito tradizionale ed il 50% delle richieste è inferiore ai 500 euro.

[35] L’European Banking Authority (EBA) ha inquadrato il BNPL come concessione di un credito affermando che «the core service provided is of a lending nature and should be consider as granting credit». Si veda Opinion of the European Banking Authority on its technical advice on the review of Directive (EU) 2015/2366, on payment services in the internal market (PSD2), EBA/Op/2022/06 e la comunicazione della Banca d’Italia del 28 ottobre 2022, www.bancaditalia.it/compiti/tutela-educazione/avvisi-comunicazioni/2022.10.28/index.html.

[36] In particolare Il considerando 16 della direttiva 2225/2023 recita “i sistemi «Compra ora, paga dopo» in virtù dei quali il creditore accorda un credito al consumatore al fine esclusivo di acquistare merci o servizi da un fornitore o prestatore, che sono nuovi strumenti di finanziamento digitali che consentono ai consumatori di effettuare acquisti e di saldarli col tempo, sono spesso senza interessi e senza altre spese e dovrebbero pertanto essere inclusi nell’ambito di applicazione della presente direttiva”. La precedente direttiva, come noto, non era applicabile per crediti al di sotto dei 200 euro che erano ritenuti ipotesi residuale nel mercato.

[37] Si veda la risoluzione legislativa del Parlamento europeo dell’aprile 20024 sulla proposta di direttiva che modifica la direttiva 98/26/CE e abroga le direttive (UE) 2015/2366 e 2009/110/CE (COM(2023)0366 – C9-0218/2023 – 2023/0209(COD) che precisa al considerando 35 come “le imprese che prestano servizi “compra ora, paga dopo” siano incluse nella direttiva se prestano i servizi dell’allegato I e cioè esecuzione di operazioni di pagamento, incluso il trasferimento di fondi da o su un conto di pagamento, anche quando i fondi rientrano in una linea di credito presso il prestatore di servizi di pagamento dell’utente o presso un altro prestatore di servizi di pagamento.

[38] Sul punto si veda in particolare L. O’BRIAN, I. RAMPSAY, P. ALI’, The role of credit cards, payday loans, consumer leases nad buy now pay later products in personal insolvency, in Insolvency Law Journal, 2022, p. 160 ss.

[39] L’indicazione del BNPL come modalità “alternativa” di pagamento è pubblicizzata dalle stesse piattaforme attraverso formule quali “al checkout scegli Clearpay come metodo di pagamento”, www.clearpay.com. Sulla capacità di tale indicazione di far incorrere il consumatore in una sottovalutazione dei rischi si consenta il rinvio a A. CANEPA, Super Apps, pagamenti mobile e nuove forme di credito digitale al consumo: il Buy Now Pay Later, in L. AMMANNATI, A CANEPA, La finanza nell’età degli algoritmi, Giappichelli, Torino, 2023, p. 95 ss.

Più in generale sul BNPL si vedano anche M. DI MAGGIO, J. KATZ, E. WILLIAMS, Buy now pay later credit: user characteristics and effects on spending patterns, settembre 2022, NBER working paper n. 30508, in www.nber.org; ; L. Gobbi, Buy now pay later, caratteristiche del mercato e prospettive di sviluppo, Quaderni di Economia e Finanza, Banca d’Italia, n. 730, novembre 2022; B.G. KENNEY, C. FIRTH, J. GATHERGOOD, Buy Now Pay Later (BNPL) … on your credit card, in Journal of Behavioral & Experimental Finance, 23 January 2023, p. 1 ss.; e C. ROBUSTELLA, M. NATALE, La regolamentazione del buy now, pay later alla luce della nuova direttiva sul credito ai consumo, A. CANEPA, “Alla ricerca del tempo perduto” nei mercati finanziari: l’accelerazione digitale nei pagamenti, nell’accesso al credito e nella movimentazione dei depositi, e R. CARATTOZZOLO, Nuovi contratti di credito e tutele del consumatore: i modelli di buy now pay later, tutti in Riv. tri. Dir. ec., 2024, suppl. 1, rispettivamente p. 369, 525 e 552 e B. LOSACCO, Le insidie del Buy Now Pay Later e la tutela dei consumatori vulnerabili, in questa rivista, luglio 2024.

[40] Santini si riferiva ovviamente alla vendita a rate in G. SANTINI, Il commercio. Saggio di economia del diritto, Mulino, Bologna, 1975, p. 335. Ancor più netti nel qualificare il fenomeno della vendita a rate erano stati G. BORRIE e A.L. DIAMOND, che avevano definito la vendita a rate come una situazione nella quale un soggetto ne persuade un altro a sottoscrivere un contratto senza leggerlo, per acquistare beni dei quali non ha bisogno e pagando con denaro che non ha. ID., The Consumer, Society and the Law, 1964, Pelican/penguin, London, 1976, p. 192 ss. A tal proposito si è fatto riferimento anche alla capacità del BNPL di favorire lo shopping impulsivo. Su quest’aspetto si vedano in particolare V. BURG, J. KEIL, “Buy now pay later” and impulse shopping, novembre 2023, J. LI, X. LIANG, S. XV, Just Show the Option: Adding the Bnpl Payment Option in Online Shopping Can Nudge Purchase Intention, novembre 2024, entrambi rep. su www.ssrn.com

[41] Basti pensare che ad es. la piattaforma Clearpay su acquisti di importo inferiore a 24 sterline applica interessi di mora che ammontano a 6 sterline per il ritardo nel pagamento della prima rata a cui si aggiungono una ulteriore penalità di altre 6 sterline se il pagamento non viene effettuato entro 7 giorni ed importi simili sono applicati anche da un’altra piattaforma come Klarna che indica un interesse annuo del 18,9%. Si veda https://www.clearpay.co.uk/en-GB/terms-of-service e https://cdn.klarna.com/1.0/shared/content/legal/terms/0/en_gb/account_agreement/.

[42] Il considerando 15 precisa che “per alcuni dei contratti di credito che sono stati esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 2008/48/CE e che dovrebbero essere contemplati dalla presente direttiva, vale a dire i contratti di credito per un importo totale del credito al di sotto di 200 EUR, i crediti senza interessi e senza altre spese, fatta eccezione per spese limitate che il consumatore è tenuto a pagare in caso di ritardi di pagamento, e i crediti che devono essere rimborsati entro tre mesi e che comportano solo spese di entità trascurabile, gli Stati membri dovrebbero poter escludere l’applicazione di un numero definito e limitato di disposizioni della presente direttiva in relazione ad annunci pubblicitari, informazioni precontrattuali e informazioni contrattuali, al fine di evitare oneri inutili per i creditori, tenendo conto delle specificità del mercato e delle particolari caratteristiche di tali contratti di credito, come la loro durata più breve, garantendo nel contempo un livello più elevato di protezione dei consumatori”.

[43] Art.10 p.5 della direttiva 2023/2225.

[44] Anche su questo aspetto il rapporto CRIF 2023, cit., mette in luce che oltre il 50% della popolazione che ha utilizzato il BNPL è portato ad utilizzarla ancora nei successivi 3 mesi ed il 13% ha effettuato oltre 4 contratti in un orizzonte temporale di 3 mesi.

[45] Si tratta dello Study on European consumers’ over-indebtedness and its implications della Commissione Europea pubblicato nel giugno 2023, https://commission.europa.eu/document/download/5002ff16-a502-4b98-91cd-4536b5cd70ec_en?filename=Study%20of%20consumer%20over-indebtedness_Main%20report_9.18.pdf.

[46] E’ utile ricordare come negli Stati Uniti e nel Regno Unito gli eventuali ritardi di adempimento del BNPL non vengano tenuti in considerazione nella valutazione della posizione del singolo. Sul punto si veda in particolare A. MACHURA URBANIAK, P.M. LUPINU, Buy Now, Pay Later’ (BNPL) Payment Service. Opportunities and Legal Challenges for EU Consumers and Businesses, in EuCML, 2023, p. 185 ss e C. ROBUSTELLA, M. NATALE, La regolamentazione del buy now, pay later…, cit. nota 32.

[47] Dal 2022 i SIC hanno previsto la possibilità di integrazione di queste “nuove forme” di crediti nei loro report. Alcune piattaforme, come ad es. EvenFi, hanno aderito non per il BNPL ed il credito al consumo bensì per il servizio, basato su una struttura molto simile, rivolto alle aziende e anch’esso in espansione. In questo caso si consente negli acquisti fra aziende una possibilità di rateizzazione fino a 12 mesi con la medesima indicazione del tasso zero salvo applicazione di interessi di mora in caso di ritardo come nel credito al consumo.

[48] L’art. 18 co. 3 aggiunge anche che “che siano necessarie e proporzionate rispetto alla natura, alla durata, al valore e ai rischi del credito per il consumatore. Tali informazioni possono comprendere elementi probatori del reddito o di altre fonti di rimborso, informazioni sulle attività e passività finanziarie o informazioni su altri impegni finanziari.

Le informazioni sono ottenute da pertinenti fonti interne o esterne, incluso il consumatore e, ove necessario, sulla base di una consultazione di una banca dati”.

[49] Tale fenomeno dell’apertura di più account con piattaforme differenti al fine di avere accesso al credito per somme maggiori era già stato censito in Australia alcuni anni fa. Si veda sul punto E. BOSHOFF, D. GAFTON, A. GRANT, J. WATKINS, Buy Now Pay Later: Multiple Accounts and the Credit System in Australia, 2022, https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=4216008.

[50] Si tratta della sentenza della Corte di Giustizia del 17 ottobre 2024, Riverty Gmbh c. MI, causa C-409/23, rep. sul sito della Corte.

[51] Nello specifico se esso potesse risultare escluso ai sensi dell’art. 2 co. 2 lett. f laddove prevedeva la non applicabilità ai “contratti di credito che non prevedono il pagamento di interessi o altre spese e contratti di credito in forza dei quali il credito deve essere rimborsato entro tre mesi e che comportano solo spese di entità trascurabile”.

[52] In caso vi fosse una cessione per recupero crediti in quale caso potrebbe essere l’acquirente ad effettuare una segnalazione come ricorda il Consumer Financial Protection Bureau, 30 agosto, 2024, https://www.consumerfinance.gov/ask-cfpb/will-a-buy-now-pay-later-bnpl-loan-impact-my-credit-scores-en-2117/.

[53] Si veda Consumer Financial Protection Bureau (CFPB9, New report explores the prevalence of actual payment information in consumer credit reporting, novembre 2020, https://www.consumerfinance.gov/about-us/blog/new-report-explores-prevalence-actual-payment-information-consumer-credit-reporting/ e Why the largest credit card companies are suppressing actual payment data on your credit report, febbraio 2023, https://www.consumerfinance.gov/about-us/blog/why-the-largest-credit-card-companies-are-suppressing-actual-payment-data-on-your-credit-report/ e C. GIBBS, B. GUTTMAN- KENNEY, D. LEE, S. NELSON, W. VAN DER KLAAUW, J. WANG, Consumer credit reporting data, CFPB Office 2024-07, https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=4907035.

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