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Giurisprudenza

Inesigibilità delle prestazioni, fra conversione del pignoramento e rimessione in termini

10 Febbraio 2025

Sentenza segnalata dal Dott. Michele Papa, componente dell’ufficio del processo presso il Tribunale di Brindisi

Tribunale di Brindisi, 04 febbraio 2025 – G.E. Natali

Di cosa si parla in questo articolo

Il Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Brindisi, con ordinanza del 04 febbraio 2025 (Est. Natali), in sede di istanza di conversione del pignoramento immobiliare, si è pronunciato in merito alla possibilità di riconoscere rilievo, seppur eccezionalmente, al principio di inesigibilità – seppur temporanea – delle prestazioni ex artt. 1375 – 1175 C.c.

Nel caso di specie, il sopravvenuto pignoramento e una temporanea mutata condizione di salute delle parti, aveva aggravato apprezzabilmente la condizione economica di parte debitrice, determinando la sospensione dei pagamenti in precedenza concordati in sede di istanza di conversione del pignoramento immobiliare.

Il GE rileva tuttavia che il codice di rito non disciplina espressamente un potere di rimodulazione da parte del GE (d’ufficio o su istanza di parte): l’istanza di conversione in questi casi non sarebbe ripresentabile, per l’esistenza di un espresso divieto normativo e, quindi, l’esecutato incorrerebbe nella perdita del bene casa.

Ciò, nonostante l’avvenuto adempimento della conversione fino al verificarsi dei predetti eventi e la possibilità, cessata la portata impediente degli stessi, di riprendere ad adempiere regolarmente, soddisfacendo, al contempo, l’interesse creditorio: secondo il GE, solo la possibilità della rimessione in termini consentirebbe di adattare il microsistema delle esecuzioni immobiliari alle sopravvenute esigenze solidaristiche di cui all’art. 2 Cost.

Il GE ricorda infatti che il principio di inesigibilità, per la moderna dottrina, sarebbe operante ogni qual volta – pur a fronte del difetto di una impossibilità oggettiva in senso stretto – sopravvengano circostanze attinenti alla sfera personale del debitore, oggettive e verificabili, idonee a rendere contraria a buona fede oggettiva la richiesta di adempimento di una obbligazione, anche meramente pecuniaria.

Dopo aver ripercorso gli approdi della giurisprudenza di legittimità e della Corte di Giustizia UE, in materia di inesigibilità, quale declinazione della forza maggiore (in materia penale), il GE afferma che il microsistema normativo delle esecuzioni non può non risentire della sopravvenuta entrata in vigore delle disposizioni costituzionali e, con esse, dei principi personalistico e solidaristico di cui all’art. 2 Cost, cosi come degli effetti conformativi a livello interpretativo della stessa CEDU.

Da qui, la necessità di un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata, anche nella logica di un approccio esegetico di tipo evolutivo: in particolare, l’interpretazione delle norme, anche processuali, secondo il GE, non può non risentire della nuova fisionomia acquisita dal diritto di proprietà a seguito della entrata in vigore della CEDU, che lo eleva a diritto fondamentale della persona, sdoganandola dalla veste di diritto funzionalizzato al conseguimento dell’utilità sociale che gli aveva conferito la Costituzione, e relegandolo, al contempo, nell’ambito della disciplina dei rapporti economici e sociali.

Ciò premesso, a livello rimediale, stante l’attuale assetto codicistico, il GE individua la rimessione in termini quale istituto di carattere generale, introdotto, nella sua rinnovata dimensione operativa, dalla riforma di rito del 2009, che pone quale unica condizione, per il suo operare, la ricorrenza di una “causa non imputabile”: in altri termini, si è compiutamente realizzato nel processo civile il passaggio dal sistema fondato sulla regola generale dell’auto responsabilità da decadenza di tipo “oggettivo” al sistema dell’auto responsabilità da decadenza sul fondamento della colpa, di tipo quindi soggettivo.

In una logica di un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina della conversione, non può non ritenersi quindi, per il Giudice, che la rimessione in termini possa essere chiamata ad operare ogniqualvolta sopravvengano circostanze attinenti alla sfera personale del debitore, transeunti, oggettive e verificabili (come la perdita del posto di lavoro, uno stato di malattia parzialmente invalidante, un pignoramento in proprio danno) che – pur non attingendo il livello quantitativo dell’impossibilità oggettiva – possano qualificarsi, comunque, rientranti nella diversa categoria dell’impossibilità di tipo soggettivo, oppure risultino idonee, per la loro pregnanza, a rendere, contrario a buona fede oggettiva e, quindi, inesigibile temporaneamente, la richiesta di adempimento di una obbligazione, anche meramente pecuniaria.

Laddove l’impedimento inerente alla sfera del debitore sia definitivo, si assisterà invece alla decadenza dell’esecutato, con conseguente estinzione dell’obbligazione legale (di pagamento rateale) e sostituzione dell’obbligazione inadempiuta con la soggezione, da parte del debitore, alla ripresa dell’esecuzione.

Il GE precisa, in ogni caso, che, al fine di evitare un uso strumentale e abusivo della richiesta di remissione in termini, è sempre necessaria un’attenta e ponderata disamina, volta a verificare:

  • l’effettività delle circostanze rappresentate, che devono esulare dalla sfera di controllo del soggetto ovvero devono essere qualificate dalla loro imprevedibilità (e ingovernabilità)
  • la loro idoneità causale a aggravare apprezzabilmente la sfera giuridica del debitore esecutato, così come la natura transitoria (e non perdurante) dell’impossibilità.
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