Il Tribunale di Piacenza, con decreto del 26 novembre 2024, si pronuncia in merito all’effetto di cristallizzazione del debito tributario complessivo, in capo ad un’impresa, derivante dalla transazione fiscale proposta nell’ambito di un concordato preventivo successivamente omologato dal Tribunale.
Il caso presente ha origine dal rigetto, da parte del Giudice delegato, dell’istanza dell’Agenzia delle entrate con cui si richiedeva l’autorizzazione al pagamento di crediti non iscritti al passivo concordatario accertati in un momento successivo al perfezionamento del piano e relativi a periodi di imposta inclusi nella falcidia concorsuale.
Nel pronunciarsi, il Tribunale di Piacenza conferma il decreto emesso dal Giudice delegato, disponendo l’esecuzione del piano concordatario così come omologato, senza tenere conto di crediti accertati successivamente all’omologa.
La Corte di prime cure, pronunciandosi in questi termini, aderisce all’orientamento di dottrina e giurisprudenza (Cass. 18561/2016, Cass. 13090/2022) che considera sussistere un’inibizione assoluta nell’esercizio di poteri impositivi relativi a tributi non dichiarati nella certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, a seguito di proposta di transazione fiscale presentata dal debitore.
Tale inibizione prescinde dal riferimento dall’evoluzione della normativa ex art 182ter L.F.
Il tribunale di Piacenza, infatti, ritiene applicabile l’effetto della cristallizzazione in considerazione alla ratio stessa dell’istituto della transazione fiscale, basata sulla necessità che il debitore disponga di una conoscenza chiara e completa dell’ammontare del proprio debito erariale, così da poter perseguire un’efficace ristrutturazione attraverso il concordato preventivo successivamente omologato.
Questa consapevolezza non solo consente al debitore di formulare una proposta sostenibile, ma risponde anche all’interesse del creditore erariale, il quale potrà beneficiare di una prospettiva realistica di soddisfacimento del proprio credito.
Ciò sulla base della considerazione che, l’emersione di obbligazioni tributarie post omologa fungerebbe da circostanza idonea a compromettere la puntuale esecuzione del piano concordatario, incrinandone la natura di strumento finalizzato a superare la crisi e l’insolvenza.
Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale di Piacenza ritiene che la presentazione di una transazione fiscale in sede di concordato preventivo sia “logicamente inconciliabile con la possibilità, per l’Amministrazione stessa, di esercitare post omologa poteri di accertamento relativi a debiti che avrebbero dovuto essere oggetto di preventiva certificazione in sede di transazione, o comunque di accertamento già in sede concordataria”
Infine. il Tribunale motiva la prospettiva adottata con riferimento all’art 88 CII e ad alcuni principi generali dell’ordinamento.
Da un lato l’art 88 CII espressamente prevede che la presentazione di una proposta di transazione fiscale impone in capo agli enti impositori un immediato onere di attivazione di tutti i propri poteri di accertamento, relativi ai debiti inclusi nel perimetro concordato, assegnando quindi all’istituto della transazione fiscale una “naturale” funzione di consolidamento fiscale.
Dall’altro lato, il principio della cristallizzazione del debito fiscale è coerente, secondo la Corte di merito, ai principio di certezza dei rapporti giudici (che deve valere anche nei confronti delle Agenzie Fiscali) nonché con la tutela dell’affidamento del contribuente in buona fede (ex art 1 comma 3bis Statuto del Contribuente) il quale deve legittimamente poter confidare del tempestivo e completo esercizio dei poteri impositivi, al fine di regolare in modo efficiente la propria crisi d’impresa.