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Il sostegno pubblico alla cultura e al turismo. Tra concorrenza e sviluppo economico: prassi applicative e problematiche emergenti

28 Febbraio 2025

Stefania Cavaliere, Associato di Diritto dell’economia, Università degli Studi di Bari Aldo Moro

Di cosa si parla in questo articolo

SOMMARIO: Il saggio esamina la disciplina e la governance degli aiuti di Stato ai settori della cultura e del turismo pre e post pandemia evidenziando le questioni che scaturiscono da essi. Questi ultimi, infatti, prevedono eccezioni dovute al loro difficile inquadramento nell’ambito delle norme sulla concorrenza, ma anche relativamente ai soggetti che offrono beni e servizi ricadenti in tali comparti, non sempre qualificabili come imprese.

ABSTRACT : The essay examines the regulation and governance of State aids in cultural and tourism sectors before and after the pandemic, highlighting the issues arising from them. This regulation includes exceptions due to its complex framing within competition rules, as well as regarding the entities which offer goods and services in these sectors, which are not always classifiable as enterprises.


1. Turismo, sviluppo e concorrenza

Il Trattato di Lisbona, agli artt. 6 e 195 assegna la competenza dell’Unione in materia di turismo. L’art.195, evocando il principio di sussidiarietà, stabilisce che: «L’Unione completa l’azione degli Stati membri nel settore del turismo, in particolare promuovendo la competitività delle imprese dell’Unione in tale settore. A tal fine l’azione dell’Unione è intesa a: a) incoraggiare la creazione di un ambiente propizio allo sviluppo delle imprese in detto settore; b) favorire la cooperazione tra Stati membri, in particolare attraverso lo scambio delle buone pratiche». L’UE, quindi, ha previsto numerosi programmi di finanziamento di sostegno al settore turistico[1].

La disciplina degli aiuti di Stato, inizialmente, non prendeva in considerazione in maniera specifica le attività turistiche e per tale settore venivano applicati gli orientamenti elaborati, in via generale, per tutte le attività economiche. A tal proposito, tuttavia, deve evidenziarsi che il turismo non può essere ricondotto sic et simpliciter alle imprese di servizi poiché il settore in esame possiede talune peculiarità rispetto agli altri tipi di impresa dato che quanto offerto si colloca sul mercato in maniera flessibile e ci sono molte differenze a seconda delle prestazioni offerte (per es. strutture ricettive o strutture per lo sport e il tempo libero), della dimensione dell’impresa, del luogo dove ha sede (zone di pregio o periferie urbane), del tipo di offerta (pensione, grande albergo, affittacamere, beauty farm, camping, resort) e dell’eventuale appartenenza della struttura ricettiva a una catena di multinazionali. Per di più, le diverse tipologie di turismo (turismo culturale, enogastronomico, vacanziero, religioso, termale ecc.) presentano caratteristiche molto variegate che incidono sulle modalità delle attività svolte, tanto che, in determinati casi, si è potuto fare ricorso alle deroghe previste dei paragrafi 2 e 3 dell’art. 107 TFUE relative agli aiuti compatibili ipso iure e a quelli discrezionali[2].

Non è da escludere, peraltro, come certi eventi naturali – quali un tempo eccessivamente piovoso o freddo, la mancanza di neve, fenomeni di eutrofizzazione, incendi o terremoti – possano determinare una diminuzione anche sensibile delle presenze turistiche e quindi incidere negativamente nel settore. Nel nostro Paese, non sono mancati esempi del genere come nel caso del terremoto in Umbria o ad Amatrice per i quali sono stati erogati aiuti di Stato che hanno trovato la loro giustificazione e compatibilità nella previsione del par. 2 lett. b) dell’art. 107 TFUE[3].

Il più delle volte, tuttavia, le sovvenzioni che hanno inteso sostenere determinate aree dotate di particolari attrattività (beni culturali, paesaggistici, eventi culturali ecc.), non comportando vantaggi quantificabili per determinate imprese o produzioni, non sono da considerarsi aiuti di Stato in quanto rappresentano una generica promozione di una località o un territorio[4]. Se, invece, l’incentivo conferisce vantaggi a determinati soggetti o a singole iniziative turistiche o culturali, sarà necessario valutare se tali attività abbiano natura economica o se, invece, non abbiano carattere commerciale per qualificarlo o meno come aiuto di Stato. A tal proposito, è da notare che, un finanziamento non rientrante nelle deroghe contenute nell’art. 107 TFUE, può, comunque, essere ritenuto compatibile nel caso soddisfi i requisiti per la disciplina degli aiuti de minimis[5].Tra l’altro, le imprese che operano nel settore del turismo possono anche beneficiare delle norme di favore relative agli aiuti alla formazione, all’occupazione e all’assunzione che sono applicabili a tutti i comparti economici.

Le regole in materia si sono, poi, evolute sino ad arrivare all’emanazione di discipline più specifiche perché non può non considerarsi che le strutture turistiche presentano caratteristiche peculiari che spesso possono trovarsi in concorrenza solo indiretta tra loro, in quanto offrono tra loro prodotti diversi, richiamando utenti con bisogni diversi.

Il punto controverso, in subiecta materia è comprendere se è possibile qualificare le attività in esame tra quelle che formano oggetto di scambi tra gli Stati membri e se i soggetti che operano in tale settore possano considerarsi destinatari degli aiuti di Stato, rispondendo ai requisiti stabiliti dalla normativa europea[6]. L’elemento dirimente consiste nel chiarire se tutti coloro che svolgono un’attività turistica rientrino nel concetto di impresa (circostanza essenziale per applicare la disciplina sugli aiuti di Stato e concetto su cui ci soffermeremo più avanti) e, soprattutto, se sono capaci di alterare la concorrenza pur offrendo servizi diversi da quelli forniti dalle imprese c. d. tradizionali. Ovviamente, fanno eccezione le grandi catene ricettive, in quanto queste ultime, data la loro dimensione, sono in concorrenza non con le singole strutture, ma, appunto, con i grossi gruppi commerciali che offrono le stesse prestazioni e quindi possono avere la capacità di falsare la concorrenza. Potrebbero essere beneficiari di aiuti legittimi alcune attività turistiche come, ad esempio, alberghi localizzati in quartieri urbani svantaggiati[7] piccole strutture ricettive a basso costo situate nelle periferie di grandi metropoli, le quali non avrebbero la capacità di incidere sugli scambi tra Stati membri con la conseguenza che le misure di incentivazione, in questo caso, non dovrebbero neanche essere notificate. Vi è da evidenziare, in ogni caso, che la Commissione non ha mai trascurato il settore in oggetto, svolgendo un lavoro capillare nel controllare la compatibilità con il Trattato degli aiuti alle attività turistiche e culturali, anche con il supporto della Corte di giustizia [8].

Le considerazioni esposte evidenziano quante complessità sussistano nell’attribuzione degli aiuti di Stato al turismo, mostrando la necessità di determinare nello specifico la compatibilità caso per caso con la normativa europea. In questa materia, poi, non si tratta di individuare solo l’eventuale minaccia che l’incentivo può provocare al libero mercato relativamente agli scambi tra gli Stati membri, ma anche, se, e in quale misura, ciò potrebbe accadere. Per di più, occorre definire quale sia (se esiste) il livello (statale o locale) di aiuto ammissibile secondo il concreto effetto distorsivo che esso può provocare alla concorrenza.

Spesso, poi, nelle sue decisioni, la Commissione, considerando il criterio della giustificazione compensatoria, ha precisato che anche se l’incentivo incide sugli scambi tra gli Stati membri, l’effetto positivo che esso può produrre nell’economia ne può giustificarne la concessione poiché l’interesse comune è certamente quello di salvaguardare la concorrenza, ma è anche quello di sviluppare l’occupazione, salvaguardare l’ambiente, promuovere la ricerca e l’innovazione, ovvero, in sostanza, favorire lo sviluppo[9]. Se lo Stato o un’amministrazione pubblica intende concedere un aiuto a un’impresa turistica, quindi, occorre stabilire per le diverse tipologie di attività, quale sia l’incidenza sugli scambi tra Stati membri e quale sia l’intensità degli aiuti ammissibile, in modo che un’eventuale alterazione della concorrenza non sia contraria all’interesse comune, ovvero sia compensata da un vantaggio rilevante in quel determinato territorio. In tale situazione, infatti, si può considerare la deroga finalizzata allo sviluppo e alla salvaguardia di un determinato settore o di una particolare regione ex art. 107, par. 3, TFUE.

2. Le incentivazioni economiche in campo culturale: criteri di compatibilità ed esenzione dalla previa notifica

Le politiche culturali europee, che tra l’altro, per alcuni versi, non possono non essere collegate con il turismo, hanno subito un cammino lento con ostacoli nell’elaborazione di azioni comuni, data la difficoltà di attribuire alla cultura europea una definizione idonea a essere condivisa fra tutti gli Stati membri dato che rappresenta ogni manifestazione della civiltà umana[10].

Agli inizi del progetto comunitario, la materia beni culturali e, in generale, la cultura era rimasta estranea agli interessi della Comunità, la cui azione era principalmente incentrata sulla realizzazione del mercato unico e sull’integrazione degli Stati membri sotto il profilo meramente economico. Le politiche riguardanti la cultura, quindi, furono intraprese con ritardo perché le problematiche relative all’integrazione economica furono considerate decisamente più urgenti e, solo intorno agli anni ‘70, si cominciò a prendere in considerazione l’elaborazione di progetti nel settore. Con il Trattato di Maastricht si statuì esplicitamente la competenza dell’Unione di contribuire al pieno sviluppo delle culture dei Paesi membri e di incoraggiare la cooperazione tra questi ultimi. L’art. 167 del TFUE prevede, difatti, la possibilità per il Parlamento e il Consiglio europeo di adottare azioni di incentivazione, incoraggiando la cooperazione tra Stati, per il miglioramento della conoscenza e della diffusione della cultura e della storia dei popoli europei, la conservazione e la salvaguardia del patrimonio culturale di importanza europea[11], gli scambi culturali non commerciali, la creazione artistica e letteraria, compreso il settore audiovisivo, riconoscendo, quindi, alle Istituzioni europee un vero e proprio dovere di agire quando le politiche dei singoli Stati non sono adeguate. Tale competenza fu ed è esercitata soprattutto attraverso programmi di finanziamento e progetti culturali, nonché attraverso la disciplina degli aiuti di Stato. Dopo la Risoluzione del Consiglio Europeo del 15 dicembre 1997 sugli Orientamenti in materia di occupazione[12], la Commissione prese atto dell’importanza della formazione e istruzione (cultura in generale[13]) per promuovere lo sviluppo, lasciando intendere che i finanziamenti pubblici a quest’ultima, in determinate circostanze, avrebbero potuto potenzialmente incidere negativamente sul libero mercato. Questo perché sempre più spesso la formazione rappresenta un costo per le imprese (ma anche in questo caso, come per il settore turistico, occorre comprendere, come si illustrerà in seguito, se chi produce o offre beni e servizi culturali possa definirsi imprenditore e, quindi, destinatario degli aiuti di Stato), le quali intendono migliorare la propria competitività e il loro know how, servendosi delle nuove tecnologie. Un incentivo che riduce per alcune imprese le spese che esse dovrebbero normalmente sostenere per perfezionare le qualifiche dei propri dipendenti, infatti, conferirebbe a queste ultime un vantaggio nei confronti delle concorrenti, falsando la concorrenza. A questo proposito, occorre anche sottolineare che la Commissione ha riconosciuto da tempo[14] il suo favore per l’intervento pubblico nei confronti della formazione dei lavoratori, dei tirocini o della riqualificazione dei disoccupati.

Rilevante è la deroga prevista dall’art. 107, par. 3, lett. d) del TFUE che, come è noto, è dedicata in maniera specifica agli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio[15].Essa rappresenta il riconoscimento dell’importanza attribuita dall’Unione alla promozione di questo settore e, di conseguenza, anche al sostegno delle imprese culturali, sebbene, in verità, bisogna rilevare come tale norma, effettivamente, non brilli per chiarezza.

La circostanza che il legislatore europeo abbia previsto una disposizione simile, comunque, evidenzia come il settore sia stato ritenuto fonte non trascurabile di sviluppo socioeconomico. È ormai noto, infatti, come la cultura contribuisca alla crescita e alla qualità della vita dei cittadini dell’UE, rappresentando un valido strumento per promuovere, sia l’integrazione, sia il progresso dei territori.

La normativa sugli aiuti di Stato alla cultura, escludendo alcuni finanziamenti dall’eccezione di incompatibilità, concreta un modo per ribadire la necessità di sottoporre le attività delle imprese operanti in tale mercato, ammesso che sia possibile parlare di un mercato in tale materia, allo scrutinio europeo[16]. L’ampio margine di apprezzamento di cui gode la Commissione sulle proposte di aiuti, apre la strada ad una vera e propria politica nel settore, dove si avverte l’esigenza di bilanciare l’interesse alla tutela di tutto ciò che riguarda il patrimonio storico artistico di un Paese rispetto all’interesse comune di un mercato europeo aperto e concorrenziale. Anche in questo caso, risulta evidente il potere dell’Unione (Commissione) di condizionare e di orientare la condotta dei poteri pubblici nazionali, attraverso i criteri elaborati nelle Comunicazioni interpretative sugli aiuti di stato.

La deroga relativa agli incentivi in oggetto è stata anche definita “eccezione culturale” perché il Trattato prevede la possibilità di concedere aiuti statali in settori di rilievo culturale, sottraendoli in generale alle regole di mercato. In tal modo, nel contesto della diversità culturale europea, gli Stati nazionali rimangono i pieni tutori delle espressioni del loro passato, arte e tradizioni e in questa prospettiva, la possibilità di concedere un sostegno o un aiuto pubblico rappresenta una tutela, anche sul piano economico, della medesimadiversità culturale che non è sottoponibile al libero gioco delle forze di mercato in quanto piena espressione identitaria degli Stati membri[17].

Le fattispecie previste nell’articolo 107, paragrafo 3 lett. d) TFUE sono due: la promozione della cultura e la conservazione del patrimonio; nel primo caso si ipotizza un’attività d’incentivazione a favore di enti culturali o musei che curino manifestazioni o attività similari, nel secondo si prevedono aiuti per il patrimonio storico-artistico inteso nel senso indicato dall’art. 9 Cost., cioè come identificativo dei valori e delle tradizioni riconducibili ad un’identità comune[18]. Tale norma, per alcuni rappresenterebbe il modo attraverso cui la cultura viene posta su un piano di uguaglianza, se non superiore, ai principi di concorrenza[19].Dagli anni 2000, infatti, si è imposta la tesi propugnata dalla giurisprudenza europea[20]secondo la quale gli incentivi concessi dagli Stati in materia di cultura, il cui importo non ecceda quanto risulti necessario per la realizzazione della missione di interesse generale o per attuare l’obbligo del servizio pubblico, non rappresentano un vantaggio per le imprese beneficiarie e, pertanto, non costituiscono un aiuto statale ex art. 107 del TFUE, con la conseguenza che non si concretizza neanche il dovere di notifica alla Commissione ex art. 108 par. 3 TFUE.

Gli aiuti alla cultura sono disciplinati in un Regolamento del Consiglio del 1998[21], modificato nel 2013, poi abrogato e riformulato nel 2015[22] con un nuovo Regolamento di semplificazione che ha autorizzato la Commissione a esentare dall’obbligo di previa notifica la maggior parte degli aiuti di Stato relativi a tale settore. A seguito di questo processo di riforma e modernizzazione, le categorie di incentivi pubblici esentati dall’obbligo di notifica preventiva si sono considerevolmente ampliati[23], mentre, per altro verso, si è estesa la responsabilità delle amministrazioni concedenti poiché esse sono tenute al controllo preventivo di compatibilità delle misure in esenzione, e quindi a svolgere un’attività di valutazione delle misure che qualora integrano gli estremi di un aiuto di Stato sono da assoggettare alle regole di concorrenza. Il Regolamento sopra menzionato ha completato la disciplina degli aiuti di Stato alla cultura e ha chiarito in maniera più puntuale, quali sono gli incentivi compatibili con il mercato interno ex art. 107, par. 3 lett. d), TFUE.

Il GBER, in applicazione degli artt. 107 e 108 TFUE sulle condizioni di compatibilità di determinate tipologie di incentivi, in particolare, nell’art. 53, esenta dall’obbligo di notifica preventiva talune misure di sostegno statale anche per il settore culturale[24]. Tale disposizione prevede un elenco di situazioni il cui finanziamento può costituire aiuto di Stato in regime di esenzione che, invero, comprende la maggior parte delle attività in campo culturale (relative a musei, siti archeologici, monumenti, archivi, biblioteche, teatri, sale da concerti, spazi culturali e artistici, il patrimonio immateriale, compresi i costumi e l’artigianato del folclore tradizionale, l’educazione culturale e artistica, programmi educativi e di sensibilizzazione del pubblico) anche se la Commissione nei suoi atti non ha mai effettuato una vera e propria classificazione di esse, aprendo il fianco a dubbi applicativi da parte delle autorità nazionali.

Nell’art. 54 del Regolamento 651/2014 viene determinata l’intensità degli aiuti per il settore audiovisivo e tale criterio si applica anche ai prodotti culturali, salvo i casi elencati dalla stessa disposizione. Il problema, però e che la stessa disposizione non qualifica cosa effettivamente siano i prodotti culturali, lasciando agli Stati membri questo compito[25], con la conseguenza di ingenerare situazioni di confusione[26] sull’effettivo oggetto delle misure. Così, per fare un esempio, non è chiaro se le opere dell’ingegno (che pure potrebbero essere definite prodotti culturali) riguardanti il campo della riproduzione, l’utilizzo di elementi grafici distintivi del patrimonio culturale, i diritti di brevetto, le licenze know-how rientrino nell’art. 54 o in una diversa parte del Regolamento di esenzione, ovvero negli aiuti a favore di ricerca, sviluppo e innovazione.

La Commissione ha, poi, evidenziato, al punto 72 del Considerando del Regolamento 651/2014, così come modificato[27], che devono essere ritenute di carattere economico e, quindi, non rientranti negli aiuti potenzialmente incompatibili, tutte quelle attività culturali e di conservazione del patrimonio prevalentemente finanziate dai contributi degli utenti o attraverso altri mezzi commerciali. Insomma, è evidente, come in questo settore la lesione del libero mercato sia difficilmente riscontrabile e come, nello stesso tempo, risulta oscuro comprendere se effettivamente si possa considerare esistente un mercato concorrenziale[28].

A titolo di esempio, si può fare riferimento a una manifestazione a pagamento che richiami un vasto pubblico: in questa circostanza, occorre considerarne il carattere di essa, poiché se quest’ultima fosse di rilevanza locale potrebbe non esserci l’effetto distorsivo della concorrenza, se invece fosse di livello nazionale, allora si potrebbe verificare un effetto distorsivo degli scambi tra Stati membri.

Mentre agli inizi degli anni 2000 la Commissione ha cercato di valutare la compatibilità di un aiuto alla cultura, caso per caso, a seguito della notifica dello Stato membro interessato[29],in seguito, la stessa ha adottato una serie di Regolamenti che hanno permesso di comprendere quando queste ultime possono configurare un aiuto di Stato legittimo ed essere esentate dall’obbligo di comunicazione preventiva.

Il GBER, per esempio, non esclude la possibilità che lo Stato possa finanziare la realizzazione di infrastrutture culturali o gestire le medesime infrastrutture anche quando queste non abbiano rilevanza squisitamente locale, ma ciò è possibile esclusivamente nel rispetto del principio dell’investitore privato operante in un’economia di mercato[30]. Il campo di applicazione del Regolamento de quo è definito esplicitamente da un’elencazione di obiettivi e di attività culturali ammissibili, a dimostrazione del fatto che qualsiasi intervento nel settore culturale può essere considerato un potenziale aiuto di Stato. Esso, inoltre, specifica anche i costi ammissibili, precisando che gli aiuti sia agli investimenti, sia al funzionamento inferiori a determinate soglie sono esentati dall’obbligo di notifica, a condizione che sia esclusa ogni sovracompensazione.

La disciplina appena esposta, comunque, in considerazione del fatto che le attività culturali non sempre possono essere considerate di natura economica, in quanto, non di rado non registrano utili, ma perdite, deve essere sempre interpretata caso per caso, per comprendere se la produzione cui si vuole concedere gli incentivi, alla luce di tutte le circostanze, possa essere considerata effettivamente impresa e quindi soggetto destinatario di aiuti di Stato.

Sono ammissibili, secondo il GBER, gli investimenti materiali e immateriali ivi elencati, come i costi per l’ammodernamento, la tutela, la riqualificazione, l’accessibilità del patrimonio culturale, i costi per progetti e attività culturali, le borse di studio e le attività di promozione. Se sono state attribuite sovvenzioni per investimenti, queste sono state considerate ammissibili qualora l’infrastruttura sia stata utilizzata a fini culturali almeno per l’ottanta percento della sua capacità. La Commissione, tuttavia, ha avuto modo di pronunciarsi su pochi casi e non ha segnalato particolari criticità nella pratica generalizzata a livello europeo del finanziamento pubblico delle attività culturali. Solo dopo la sentenza relativa alla causa Mitteldeutsche Flughafen AG e Flughafen Leipzig-Halle GmbH contro Commissione europea[31], quest’ultima ha segnalato la possibile presenza di aiuti di Stato non legittimi in caso di progetti infrastrutturali cofinanziati da Fondi strutturali e ha dedicato il numero 4 della Griglia analitica generale sugli aiuti di Stato[32] (una sorta di checklist per chiarire le norme sugli aiuti di Stato applicabili al finanziamento pubblico di progetti infrastrutturali predisposta ai sensi dell’art. 107 par. 3 lett. d del TFUE)ai criteri che permettono di valutare come ammissibili incentivi per la costruzione di infrastrutture culturali quali spazi polifunzionali (“arene”), musei, studi cinematografici e sale cinematografiche, nonché per la ristrutturazione di monumenti storici. Solo qualora la misura adottata dai Paesi membri non soddisfi le condizioni dei criteri di cui sopra, costituisce aiuto di Stato a tutti gli effetti con l’obbligo di notifica preventiva alla Commissione. L’Istituzione europea, inoltre, considerando che il settore, il più delle volte, non registra utili perché non è sempre in grado di compensare i costi inerenti alla gestione, si è dimostrata favorevole alla possibilità che questi ultimi vengano colmati da sovvenzioni pubbliche che, per tale motivo, possono essere considerati aiuti di Stato ammissibili. L’attività culturale, infatti, come si sa, per essere valutata attività di mercato deve essere svolta in concorrenza con altri soggetti e deve consistere in un’offerta alternativa rispetto agli altri operatori, nel senso che l’acquisto di un bene o di un servizio da un professionista del settore deve implicare la rinuncia ad un acquisto simile ad un altro. La concorrenza, invero, può esistere solo tra beni o servizi equivalenti e tra loro scambiabili, situazione che, in effetti, raramente si verifica nell’ambito delle attività culturali. È difficile sostituire la fruizione di un quadro di Picasso con un quadro di Botticelli, oppure paragonare la visione di un’opera tragica con una commedia; allo stesso modo è difficile che possano sentirsi in competizione i gestori di un museo con quelli di un monumento[33]. L’Autorità Garante della concorrenza e del mercato italiano ha, peraltro, affermato, in un suo parere[34], che due alberghi (che offrono indiscutibilmente servizi tra loro alternativi) possono essere considerati in concorrenza se si trovano nello stesso bacino d’utenza come due strutture ubicate in quartieri diversi di Bologna, mentre non lo sono l’albergo di Bologna con quello di Modena.

La differenza tra aiuto compatibile e quello che non è qualificabile tale sembra, tuttavia, in concreto piuttosto opaca in considerazione dell’eterogeneità delle situazioni che possono crearsi. Allo stesso modo, anche i riferimenti normativi non si presentano del tutto chiari. Ad esempio, nel più volte menzionato Regolamento 651/2014, si afferma che: “nel settore della cultura e della conservazione del patrimonio, determinate misure adottate dagli Stati membri possono non costituire aiuti di Stato in quanto non soddisfano tutti i criteri di cui all’articolo 107, paragrafo 1”[35], ma non si forniscono gli effettivi parametri o criteri idonei per stabilire se una misura è aiuto o non aiuto. A tal proposito, la Commissione attraverso la Comunicazione del 2016[36], che recepisce le sollecitazioni presentate dall’Italia volte a far riconoscere la natura non economica dell’attività dello Stato in campo culturale[37], ha ritenuto opportuno inserire alcuni chiarimenti in materia. Vi si sottolinea il ruolo della cultura come veicolo di identità valori che rispecchiano e modellano la società dell’Unione, ma si evidenzia altresì che talune attività del settore possono essere organizzate in modo non commerciale, riconoscendo più in generale che il finanziamento pubblico di attività legate alla cultura e alla conservazione del patrimonio accessibili alla collettività gratuitamente risponde, il più delle volte, a un interesse esclusivamente sociale che non riveste carattere economico. Secondo la Commissione devono essere considerate di carattere economico “le attività culturali e di conservazione del patrimonio[…] prevalentemente finanziate dai contributi dei visitatori o degli utenti o attraverso altri mezzi commerciali (ad esempio esposizioni commerciali, cinema, spettacoli musicali e festival a carattere commerciale, …)”, rilevandosi, nuovamente, una mancanza di chiarezza, perché non è agevole comprendere quale sia concretamente il concetto di “prevalenza” e quello di “altri mezzi finanziari”[38]. Così, il pagamento del biglietto da parte dei visitatori di un museo non attribuisce la qualifica economica all’attività culturale quando tale contributo non si configura quale remunerazione del servizio prestato e, pertanto, un eventuale incentivo a tale ente non può essere considerato aiuto di Stato. Si ritiene, invece, attività economica quella che viene finanziata prevalentemente con l’apporto dei fruitori o di altri mezzi commerciali[39]. Solo in presenza di un caso del genere e quando il finanziamento pubblico è idoneo a incidere sugli scambi tra Stati membri, perché richiama spettatori provenienti da luoghi anche lontani oppure quando si è in presenza di attività culturali e di conservazione del patrimonio che favoriscono esclusivamente talune imprese nei confronti di altre (ad esempio il restauro di un edificio storico utilizzato da una società privata) si possono applicare le condizioni regolate dal GBER. A grandi linee i criteri per stabilire se una misura si configura come aiuto di Stato oppure no, dovrebbero essere da un lato la gratuità o i semi gratuità del servizio offerto e dall’altro la dimensione dell’evento/fenomeno e la capacità di distorcere la concorrenza.

La distinzione tra un aiuto di Stato e una misura che non può essere qualificata come tale non è un’inutile disquisizione teorica poiché gli interventi in campo culturale qualificati incentivi pubblici, condizionano in forza della disciplina dell’art. 107 TFUE, l’attività delle pubbliche amministrazioni che intendono sostenere il settore cultura. La mancanza di criteri distintivi del tutto certi mette in difficoltà le autorità nazionali che devono interpretare il tipo di sostegno che si intende concedere e, qualora, quest’ultimo rientri tra gli aiuti compatibili, devono attuare tutti gli adempimenti procedurali, compreso l’obbligo di indicazione nel Registro Nazionale degli Aiuti assumendosi l’onere delle eventuali problematicità di recupero nel caso in cui la misura venisse in seguito dichiarata illegale[40]. Questa circostanza potrebbe disincentivare interventi socialmente necessari e capaci di dare un importante impulso all’economia[41], sebbene il Regolamento di esenzione abbia nei fatti ridimensionato di molto le ipotesi in cui le misure pubbliche possono qualificarsi aiuto di Stato e quindi essere soggette alla relativa disciplina. Un incentivo al settore culturale, perciò, secondo gli ultimi orientamenti della Commissione, per essere ritenuto compatibile con il TFUE, deve essere necessario per la promozione delle attività culturali e la conservazione del patrimonio, non alterare le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in modo da non vulnerare l’interesse comune, deve essere proporzionale alle finalità da perseguire, deve essere compatibile con aiuti nazionali e con quelli europei per altri fini e non deve discriminare per motivi di nazionalità le imprese a cui è rivolto. L’aiuto sarà legittimo se finanzia solo i costi dell’attività culturale e non anche altre attività industriali o commerciali svolte contemporaneamente dal destinatario, rispettando i limiti quantitativi relativi all’aiuto e alla territorializzazione dell’attività. La giurisprudenza europea ha precisato che le incentivazioni concesse dagli Stati per la cultura, il cui importo non ecceda quanto risulti necessario per la realizzazione della missione di interesse generale o per erogare il servizio pubblico relativo, non rappresentano un vantaggio per le imprese beneficiarie e, pertanto, non costituiscono un aiuto statale, con la conseguenza che non sussiste neanche il dovere di notificazione alla Commissione dell’art. 108 par. 3 TFUE[42]. Ciò ha permesso, ovviamente, un significativo aumento degli aiuti nel settore, i quali sono anche favoriti dagli orientamenti della giurisprudenza della Corte di Giustizia che costituiscono i criteri base per valutare e attribuire le sovvenzioni stanziate dall’Unione europea nell’ambito dei suoi programmi di finanziamento aventi lo scopo di promuovere progetti nel campo culturale.

3. I soggetti beneficiari degli aiuti di Stato in campo turistico e culturale

3.1 Le imprese turistiche

L’impresa turistica è una particolare forma di impresa che si caratterizza per le particolari tipologie delle attività esercitate. La sua definizione è stata fornita a livello interno, dalla l. n. 217/1983[43] poi riformulata, ampliata e integrata dalla l. n. 135/2001 all’art. 7, dove si qualifica tale entità[44]. Tale norma è stata poi trasfusa nell’art. 4 comma 1 del Codice del turismo[45], articolo che, sebbene, buona parte del decreto su citato sia stato dichiarato incostituzionale[46], è ancora in vigore e costituisce la base per identificare un’impresa turistica.

Quest’ultima, quindi, secondo il d.lgs. n.79/2011 è un’impresa che esercita un’attività economica, organizzata per la produzione, la commercializzazione, l’intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell’offerta turistica. Tali servizi sono condivisi da diverse tipologie di utilizzatori e possono riguardare svariati oggetti e spesso possono non rappresentare un mercato. La definizione delle imprese in oggetto, quindi, attualmente non è più basata sul tipo di attività, come lo era quella contenuta nella legge del 1984, ma sulle finalità perseguite, comprendendo tutte quelle concorrenti alla formazione dell’offerta turistica in una visione di sviluppo e di integrazione del sistema. La fattispecie appare ampia, comprendendo attività molto diverse tra loro che però sono accomunate degli scopi turistici. Sono, infatti, riconducibili alla nozione di impresa turistica la maggior parte delle attività di offerta di servizi per coloro che viaggiano, i quali non si esauriscono solo in quelli tradizionali come alberghi o ristoranti, ma sono caratterizzate da una grande varietà di attività che concorrono direttamente o indirettamente allo sviluppo del settore, ovvero, le imprese dell’ospitalità in senso ampio, le agenzie di viaggio, dei trasporti come le ferrovie o le linee aeree e di navigazione, quelle per il tempo libero e lo svago comprendenti i locali notturni e i parchi giochi, quelle per lo sport e la gestione di impianti sportivi, quelle per il turismo balneare, quelle per il turismo di montagna come gli impianti di risalita e di noleggio di attrezzature sportive, quelle per il turismo culturale, quelle connesse al turismo congressuale e di affari e in fine tutte le imprese che anche indirettamente sono legate alla presenza di un ospite in una località[47]. È stato fatto notare che proprio l’ampliamento della fattispecie rende più difficile individuarne una disciplina unitaria rendendo più complessa la definizione dei contorni della figura giuridica in esame[48].

Il denominatore comune sembra, comunque, trovarsi nel fatto che quella turistica è un’impresa a statuto conformato, nel senso che l’attività non è completamente libera ma è vincolata da prescrizioni pubblicistiche come, per esempio, l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese per ottenere i finanziamenti. Per altro verso, il Codice del 2011, evitando di definire le imprese turistiche in maniera eccessivamente rigida, ha attribuito una certa flessibilità a tale figura giuridica consentendole una importante capacità di adeguamento all’evoluzione continua della materia in quanto, i modelli precostituiti potrebbero essere rapidamente superati e rivelarsi in breve tempo del tutto insufficienti a rappresentare un fenomeno così in progressiva evoluzione.

Occorre specificare, poi, che a rendere più articolata la trama normativa, spetta alle Regioni, le quali ex art. 117 comma 4 Cost. hanno competenza in materia di turismo, dettare la normativa per la gestione e la classificazione delle aziende ricettive secondo livelli rappresentati da un numero di stelle variabile da uno a cinque attribuite dal Sindaco del Comune interessato, sentito il parere delle agenzie regionali o provinciali per il turismo.

Il Codice del turismo ha previsto che, per usufruire delle agevolazioni, dei contributi, delle sovvenzioni, degli incentivi e dei benefici di qualsiasi genere ed a qualsiasi titolo, l’impresa deve iscriversi al registro delle imprese[49] o al repertorio delle notizie economiche e amministrative. Alle imprese in oggetto, peraltro, sempre secondo il d.lgs. n. 79/2011, avendo carattere commerciale, sono estesi, nel rispetto della normativa dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato, i contributi, le agevolazioni, le sovvenzioni, gli incentivi e i benefici di qualsiasi genere previsti dalle norme vigenti per le attività industriali. È prevista anche una normativa di favore per le attività in oggetto provenienti dall’estero, le quali anche se non costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro europeo o di uno Stato appartenente all’EFTA possono essere autorizzate a stabilirsi e ad esercitare le loro attività in Italia, secondo il principio di reciprocità. Ciò può essere concesso, però, se le stesse si iscrivono nel registro delle imprese e posseggono i requisiti richiesti dalle leggi statali e regionali, nonché dalle linee guida di cui all’art. 44 del d.lgs. n. 112/1998. Il Codice del turismo prevede anche la possibilità che possano costituirsi imprese turistiche senza scopo di lucro, queste ultime possono assumere la forma di associazioni che operano nel settore del turismo giovanile e che esercitano finalità ricreative, culturali, religiose, assistenziali o sociali nel rispetto, però, delle medesime regole e condizioni delle imprese turistiche con scopo di lucro, anche se appartenenti ad associazioni straniere aventi finalità analoghe e legate fra di loro da accordi di collaborazione. Si deve sottolineare che la gran parte dell’industria dell’ospitalità, comunque, ha come fattore comune la dimensione medio-piccola, circostanza che premette di attribuire altre agevolazioni alle imprese turistiche da aggiungersi a quelle concesse alle piccole e medie imprese.

L’Unione europea, dal canto suo, ha spesso preso in esame il tema delle imprese turistiche, un settore che contribuisce al 9,5% del PIL totale dell’UE e conta 3 milioni di imprese, dando lavoro a circa 22-26 milioni persone che lavorano direttamente o indirettamente nel settore e che rappresenta una rilevante fetta dell’economia commerciale non finanziaria europea[50].

In base all’art. 6, lett. d) TFUE, l’Unione ha competenza ad adottare azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri in materia di turismo in attuazione del principio di sussidiarietà. L’ art. 195 dello stesso Trattato, peraltro, stabilisce che l’Unione completa l’azione degli Stati membri nel settore del turismo, in particolare, promuovendo la competitività delle imprese dei Paesi, incoraggiando la creazione di un ambiente propizio allo sviluppo e favorendo la cooperazione tra esse attraverso lo scambio delle buone pratiche.

Per completezza occorre evidenziare che recentemente si sono imposte nel nostro Paese, proprio perché soggette a un regime di favore, le start up sul turismo[51] che possono essere costituite anche nella forma di s.r.l. semplificate ex art. 2463-bis c.c. con l’obbiettivo di favorire l’accesso soprattutto dei giovani all’esercizio di tale tipologia di impresa. Queste ultime devono essere composte da persone fisiche di età inferiore a 40 anni e sono soggette a un regime agevolato[52], sia relativamente all’ammontare del capitale sociale necessario per la loro costituzione, sia per le formalità di accesso meno onerose rispetto a quelle che devono essere sostenute per istituire la “tradizionale” forma della società a responsabilità limitata e sono anche esenti da imposta di registro, diritti erariali e tassa di concessione governativa.

3.2. Le imprese culturali e creative

Un’altra forma di impresa è quella culturale, il cui inquadramento giuridica appare tutt’altro che scontato dato che non è agevolmente riscontrabile proprio lo svolgimento dell’attività di impresa. Vi è, infatti, chi dubita che essa possa costituire un fattore di rilievo per il sistema produttivo, sebbene le loro produzioni realizzino beni e servizi orientati al consumo e capaci di contribuire allo sviluppo economico[53] con dinamiche riconducibili spesso al mercato. Tale fenomeno appare rilevante perché rappresenta un crogiolo in cui la creatività si intreccia con il lavoro e la produzione, interessando le strutture so­ciali ed economiche contemporanee[54]. Non è facile, infatti, giungere a una definizione giuridica condivisa di tale impresa o ad una sorta di tassonomia, poiché non esistono parametri adatti a comprendere tutte le sue componenti a causa della sua eterogeneità. Il settore culturale si differenzia da quello artistico, anche per la compresenza di attività di mercato e non di mercato, ragione per cui sono spesso qualificate in modi diversi, tanto che taluni preferiscono parlare di industria creativa e altri di industria culturale creativa, sebbene le varie denominazioni sembrino differenziarsi solo in modo marginale. Recentemente, tuttavia, si preferisce inquadrare tali produzioni nel concetto di Orange economy, ovvero, di quell’economia legata alla cultura e aperta a dinamiche innovative capaci di trasformare lo scenario socioeconomico fortemente influenzato dagli effetti della globalizzazione e dall’assenza di un sistema concreto di garanzie sociali[55]. A tal proposito, le attività in oggetto hanno permesso di evidenziare, in ambito europeo, ma anche globale[56], quanto sia importante l’impatto della cultura sullo sviluppo locale, nonché hanno mostrato i contributi specifici che esse possono fornire all’innovazione e al diffondersi di nuove competenze esprimendo uno dei fattori che maggiormente esaltano l’essenza stessa di uno Stato[57].

Una disamina della letteratura sul tema mostra che si sono utilizzati i criteri più disparati per definire l’industria culturale e creativa. Il modo deduttivo è stato utilizzato dagli economisti della cultura, per i quali esistono criteri che permetterebbero di selezionare le imprese da includere nel settore della produzione e del consumo della cultura in senso lato. Gli stessi hanno cercato di inserire nella definizione di impresa culturale un nucleo di attività tendenti alla creazione di servizi e prodotti con un minimo comune denominatore, che spesso si è rivelato insufficiente per la difficoltà di distinguere in modo chiaro le attività creative e culturali dalle altre. Il modo induttivo è stato elaborato per l’insufficienza del metodo deduttivo e considera le imprese creative e culturali tutte quelle attività che rientrano in un catalogo prestabilito[58]da individuare attraverso una specie di tassonomia.

L’interesse per l’industria culturale è nato dal fatto che quest’attività nel tempo è diventata sempre più importante dal punto di vista economico e già negli anni ‘60 del secolo scorso in Italia si cominciò a comprenderne la rilevanza. All’epoca si utilizzò la definizione, fornita nella letteratura anglosassone che intendeva tale impresa come quella comprendente tutte quelle attività connesse alla gestione e valorizzazione dei beni culturali, quelle necessarie per la gestione e realizzazione delle arti visive e dello spettacolo generate dalla prima rivoluzione industriale, tra cui il cinema, la radio, la tv, la stampa, la fotografia e tutte le forme di riproduzione dall’arte alla musica[59]. Dalla denominazione di impresa culturale si è, poi, passati a utilizzare il termine più ampio di industria creativa, che secondo la maggior parte degli economisti includeva anche la prima fattispecie. Tale ultimo termine fu elaborato in Inghilterra nel 1997 attraverso un documento elaborato dal Department of culture media and Sport[60]per tenere conto delle modificazioni intervenute nella “produzione” e nel “consumo” della cultura in senso lato.

Esistono, tuttavia, specificità e differenze tra le attività culturali e quelle creative ed è quindi, tutt’ora, non scontata una denominazione che possa accomunare entrambe, anche perché, la digitalizzazione ha creato nuovi strumenti di produzione e comunicazione, i quali, ampliando l’output ditali imprese, hanno generato ulteriori difficoltà teoriche nell’individuare le attività da includere in un settore che effettivamente è composto da due anime.

La nuova tecnologia, per di più, dando vita a un approccio alla cultura completamente diverso, ha cambiato profondamente sia le forme di espressioni artistiche, sia quelle di produzione, permettendo di trasferire in modo più facile e veloce le conoscenze con un allargamento del potenziale pubblico di consumatori disposti a pagare per fruire di queste attività. L’era digitale, infatti, ha dischiuso per queste produzioni nuove prospettive di mercato, instaurando modelli economici che consentono ai consumatori di accedere a un’offerta diversificata e di qualità. Ciò genera effetti positivi indiretti, contribuendo all’innovazione, allo sviluppo delle competenze con un non trascurabile impatto anche su turismo e industrie Ict (Information and Communication Technology).

L’interesse nei confronti dei prodotti culturali e creativi da immettere nel mercato è una delle ragioni che ha indotto, negli anni ‘90, i policy maker a livello globale a porre la società dell’informazione e le industrie in esame al centro di una strategia di sviluppo comune[61]. Le varie produzioni immateriali sviluppatesi con il cambiamento delle tecniche di produzione[62], infatti, hanno fornito l’occasione di ridisegnare le economie territoriali e di creare nuove fonti di sviluppo, rispondendo in maniera efficace alla crisi del settore manifatturiero tradizionale.

Anche a livello internazionale, si è evidenziata la difficoltà di trovare una definizione chiara e condivisa di imprese culturali e creative[63], tanto che, se si passano in rassegna le disposizioni emanate in materia, si rilevano spesso formulazioni differenti a seconda dei provvedimenti. La Convenzione per la protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali dell’UNESCO[64], per esempio, ha definito industrie culturali quelle che producono beni, servizi e attività, che per i loro attributi, scopi e caratteristiche, sono considerate culturali, indipendentemente dal valore economico intrinseco. Nel 2006 il Kea european affairs, centro di consulenza e ricerca specializzato in politiche culturali, audiovisive e materie legate allo sport, alla cultura e alle industrie creative, invece, pubblicando per conto della Commissione europea uno studio sul tema[65], è, invece, giunto a una conclusione diversa rispetto a quanto evidenziato nella Convezione UNESCO sopra citata. Il Kea ha posto al centro della definizione delle industrie culturali e creative i loro prodotti finali, rilevando che le industrie culturali tradizionali sono composte dalle espressioni artistiche (arti visive, danza, teatro, istituzioni museali, ecc.) il cui aspetto economico è da ritenersi marginale in quanto frequentemente sostenute da fondi pubblici.

Un altro studio prodotto nel 2010 per la Commissione europea dal Directorate General for Education and Culture da Hogeschool vor de Kunsten Utrecht, dal titolo The entrepreneurial dimension of the cultural and creative industries[66]qualifica imprese culturali quelle che producono e distribuiscono merci o servizi legati a una specifica forma di espressione culturale comprendenti i settori più tradizionali delle arti visive e dello spettacolo, ma anche quelli più moderni quali il cinema, la tv e la radio, i nuovi media, l’editoria e la stampa. Le industrie creative, inoltre, sono anche state definite come quelle che usano la cultura come input ma i cui prodotti hanno una funzione ben precisa comprendendo in tale perimetro il design, la moda, la pubblicità e l’architettura. In Italia, gli studiosi del settore, sempre con l’intento di trovare una definizione soddisfacente, hanno operato una bipartizione di tali imprese a seconda che interessino la creatività funzionale allo sviluppo dell’innovazione, oppure che riguardino lo sviluppo culturale e sociale. Con questo criterio, la classificazione delle imprese creative dovrebbe dividere le imprese dello spettacolo, del settore audiovisivo, cinematografiche, musicali, editoriali, (ossia quelle connesse allo sviluppo dell’innovazione), dalle imprese e gli enti di valorizzazione del patrimonio culturale, come i musei, le biblioteche, gli archivi, i siti monumentali, (ossia tutte quelle tese allo sviluppo culturale e sociale)[67].

Questa complessità e multiformità della fattispecie “aggravata” dalla sovrapposizione di leggi e di diverse fonti ordinamentali del diritto europeo ha creato talune criticità, anche per quanto riguarda l’iscrizione degli incentivi alle attività culturali/creative nel Registro Nazionale degli Aiuti di Stato, sebbene la Commissione con la Comunicazione 262/2016, abbia chiarito che «talune attività concernenti la cultura, o la conservazione del patrimonio e della natura possono non essere soggetti destinatari di aiuti di Stato poiché organizzati in modo non commerciale che non presenta un carattere economico[68].

I decisori politici italiani hanno mostrato una particolare sensibilità nei confronti delle imprese culturali e creative, anche se le difficoltà definitorie hanno, per così dire, frenato il legislatore nazionale, il quale non ha ancora emanato una disciplina ad hoc[69] data la complessità di attribuire una valutazione economica o meno al bene creativo che comunque spesso ha natura mista e semipubblica[70] con una fetta di mercato di natura decisamente singolare.

Nel 2009 la Commissione sulla Creatività e Produzione di Cultura in Italia ha pubblicato un Libro Bianco sulla Creatività e Produzione di Cultura in Italia[71], cercando di definire le imprese culturali e creative attraverso una descrizione delle caratteristiche centrali di queste imprese legate al patrimonio storico e artistico, rappresentato dai beni e dalle attività culturali (secondo l’accezione legislativa italiana), ovvero dal patrimonio culturale, dalle arti, dallo spettacolo, dall’architettura, dalla musica e dall’industria legata all’informazione e alle comunicazioni, dove l’high tech si integra nella produzione di servizi (editoria, cinema, pubblicità, tv e radio, software sciences), ma anche nella cultura materiale, incentrata sulla produzione di servizi e di oggetti, comprendente i macro settori della moda, del design e dell’industria del enogastronomica.

Una regolazione più compiuta nel nostro ordinamento delle imprese culturali e creative si è avuta con la legge di Stabilità 2018[72] cui, purtroppo, non è stato dato seguito. Tale legge all’art. 1, co. 57 si riferiva alle imprese culturali e creative con l’obiettivo di attribuire loro un credito d’imposta nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per attività di sviluppo, produzione e promozione di prodotti e servizi culturali e creativi e, a tal fine, fornisce una definizione comune di queste fattispecie, evidenziando che «sono imprese culturali e creative le imprese oppure i soggetti che svolgono attività stabile e continuativa, con sede in Italia, in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, purché siano soggetti passivi di imposta in Italia, che hanno quale oggetto sociale, in via esclusiva o prevalente, l’ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell’ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, alle arti applicate, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all’audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati». Il comma successivo delegava la disciplina sulla procedura per il riconoscimento della qualifica di impresa culturale e creativa ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sentite le competenti Commissioni parlamentarie previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, tenendo conto delle necessità di coordinamento con le disposizioni del codice del Terzo Settore, decreto, che purtroppo non è mai stato emanato. Sempre lo stesso comma prevedeva, poi, adeguate forme di pubblicità per la procedura finalizzata al riconoscimento della qualifica di impresa culturale e creativa e per la definizione di prodotti e servizi culturali e creativi.

La denominazione di imprese culturali e creative è stata inseguito ripresa nel disegno di legge recante Misure per lo sviluppo del turismo e per le Imprese Culturali e Creative. Delega al Governo in materia di spettacolo in programma per l’approvazione in Consiglio dei ministri nel febbraio del 2020, ma che, a causa della pandemia non ha avuto seguito. Il disegno di legge di cui sopra intendeva attribuire alle imprese Culturali e Creative una cornice normativa più organica e prevedeva anch’esso di delegare le modalità di riconoscimento della qualifica di impresa culturale e creativa ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con lo stanziamento anche di un Fondo per lo sviluppo delle attività culturali e creative e un credito di imposta nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per attività di sviluppo, produzione e promozione di prodotti e servizi culturali e creativi.

Il decreto contemplava anche l’istituzione delle Zone Franche per la cultura nei Comuni con popolazione superiore a cento mila abitanti denominate “Quartieri degli artisti”, luogo che permetteva alle imprese culturali e creative che ivi si volevano stabilire, esenzioni di imposte ed esonero di contributi previdenziali ed assistenziali. Con la legge di bilancio per il 2021[73], invece, si è esplicitato cosa si debba intendere per settore creativo (art. 1, co. 112), introducendo una formula che appare di più ampio respiro rispetto a quella contenuta nella legge del 2018, la quale si riferiva solo alle imprese culturali e creative. Per la disposizione richiamata, il settore creativo viene identificato come quel settore comprendente le attività dirette allo sviluppo, alla creazione, alla produzione, alla diffusione e alla conservazione dei beni e servizi che costituiscono espressioni culturali, artistiche o altre espressioni creative e, in particolare, quelle relative all’architettura, agli archivi, alle biblioteche, ai musei, all’artigianato artistico, all’audiovisivo, compresi il cinema, la televisione e i contenuti multimediali, al software, ai videogiochi, al patrimonio culturale materiale e immateriale, al design, ai festival, alla musica, alla letteratura, alle arti dello spettacolo, all’editoria, alla radio, alle arti visive, alla comunicazione e alla pubblicità. Si nota come la nuova disposizione faccia un passo in avanti rispetto alla legge di stabilità del 2018 perché fa riferimento, tra gli altri rami del settore, anche al design, ai festivals, all’editoria, alla comunicazione, alla pubblicità, al software, ai videogiochi, all’artigianato artistico, nonché al patrimonio culturale materiale e immateriale[74]. Relativamente alla definizione delle imprese in esame, un ulteriore approfondimento in chiave definitoria è stato fatto dall’art. 25 della legge n. 206/2023[75] che, ne lc. 2, ha dato una qualificazione, a dire il vero, precisa e omnicomprensiva di esse, stabilendo che «è qualificato impresa culturale e creativa qualunque ente, indipendentemente dalla sua forma giuridica, compresi quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del codice civile, nonché il lavoratore autonomo che: a) svolge attività stabile e continuativa con sede in Italia, ai sensi del Testo unico delle imposte sui redditi o in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, purché sia soggetto passivo di imposta in Italia; b) svolge in via esclusiva o prevalente una o più delle seguenti attività: ideazione, creazione, produzione, sviluppo, diffusione, promozione, conservazione, ricerca, valorizzazione e gestione di beni, attività e prodotti culturali»; aggiungendo, poi,nelc.3, che «sono altresì qualificati imprese culturali e creative i soggetti privati costituiti in una delle forme di cui al c. 2 che svolgono, in via esclusiva o prevalente, attività economiche di supporto, ausiliarie o comunque strettamente funzionali all’ideazione, creazione, produzione, sviluppo, diffusione ,promozione, conservazione, ricerca, valorizzazione o gestione di beni, attività e prodotti culturali».

La nuova disciplina sui sostegni fiscali non è più contemplata, evidenziando come non sia importante l’etichetta giuridica, quanto emanare una norma che riconosca alle attività in oggetto uno status giuridico ovvero una forma di regolamentazione che permetta loro la possibilità di godere di interventi mirati anche relativi a politiche incentivanti[76], sebbene attualmente la legge del 2023 prevede un albo delle imprese culturali e creative di interesse nazionale. Nel nostro Paese, comunque, come si vedrà meglio in seguito, sono stati stanziati diversi incentivi per la filiera culturale e creativa, evidenziandosi come le industrie creative, al di là di quanto si possa pensare, sono spesso orientate alla produzione di beni culturali destinati al consumo, motivo per cui la dimensione economica non può sempre essere negata[77].

Le Regioni a statuto ordinario, che sono titolari con lo Stato di materie di potestà legislativa concorrente riguardanti la cultura(valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; istruzione, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi) hanno approvato leggi regionali per attivare forme di accesso al credito atte a istituire veri e propri incubatori di creatività, i c.d. Fablab, sostenuti anche dal contributo di Fondazioni di origine bancaria. Attualmente, però, nonostante questi buoni propositi, in Italia, come rilevato, non è ancora stato emanato una disciplina organica dell’impresa culturale e creativa[78], per cui, spesso, si applicano analogicamente le norme relative all’impresa sociale contenute nel d. lgs. n. 112/2017 che prevede incentivi fiscali per quest’ultima[79]. Secondo l’art. 1 del decreto appena citato ‹‹possono acquisire la qualifica di impresa sociale›› tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del Codice civile, che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”. Le attività di interesse generale che possono essere svolte dagli enti del terzo settore sono indicate nell’art. 5 e tra queste vi sono anche quelle che riguardano l’educazione, l’istruzione, la formazione professionale, la cultura e ciò che è di interesse sociale con finalità educative, interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio formazione universitaria e post-universitaria, ricerca scientifica di particolare interesse sociale, organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura, la radiodiffusione sonora a carattere comunitario, l’organizzazione e la gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso. È quindi agile fare rientrare in questo tipo di imprese, anche nella forma delle imprese benefit, che perseguono volontariamente, nell’esercizio dell’attività d’impresa, oltre allo scopo di lucro anche una o più finalità di beneficio comune, come la diffusione e il sostegno alle attività culturali e creative e quelle deputate alla conservazione e al recupero di beni del patrimonio artistico e archeologico presenti nel luogo ove operano o sul territorio nazionale[80].

La riforma del Terzo settore[81]ha offerto nuovi punti di riferimento alle organizzazioni non lucrative che intendono sviluppare le proprie attività in ambito culturale[82] e che si trovano a riconsiderare la governance reimpostandola in una prospettiva più dinamica.

Da più parti, tuttavia, è stata fatta notare l’importanza di concepire una disciplina di diritto speciale destinato alle attività d’impresa culturale, così come, occorrerebbe approfondire lo studio giuridico dei sistemi organizzativi e dei modelli manageriali idonei a favorire il consolidamento delle imprese in esame[83]. Ciò si rende necessario perché, soprattutto negli ultimi anni, nel nostro Paese si sta sviluppando una mentalità più consapevole circa la dimensione economica della cultura e si stanno istituendo strumenti orientati alle forme miste di finanziamento a sostegno di queste attività, come i partenariati pubblico-privato[84].

Occorre considerare, infine, che sebbene l’analisi dell’occupazione generata dalle attività della cultura e della creatività sia effettivamente un’indagine molto complessa data la scarsità di dati omogenei e specifici relativi al mercato di riferimento, Eurostat, nel 2019, ha rilevato come, nel complesso dei ventotto Paesi membri dell’UE, si siano registrate circa 8,7 milioni di persone impiegate in tale settore, ovvero il 3,8% del numero totale dei lavoratori europei, in piccolo ma costante aumento. Il tasso di crescita medio annuo, che prima del Covid si attestava intorno all’1,3%[85] e che dopo la crisi sanitaria ha ripreso a crescere, conferisce a queste imprese un palese carattere economico, ma anche una rilevante importanza sociale per il contributo da esse fornito allo sviluppo intellettuale e spirituale della collettività. Nonostante i dati incoraggianti in termini di nuovi occupati e di produzione di ricchezza, le imprese culturali e creative, tuttavia, non sono ancora riuscite a ottenere una buona reputazione agli occhi delle istituzioni finanziarie europee poiché vengono percepite come un settore non bancabile, con alto profilo di rischio e scarsa produttività[86]. Questa situazione genera conseguenze sfavorevoli per le attività in oggetto che pagano il giudizio non troppo lusinghiero della finanza con la conseguenza di subire un arresto nella loro espansione non riuscendo a esprimere a pieno le loro potenzialità come sarebbe opportuno.

4. Politiche europee e legislazione nazionale di sostegno pre-Covid al settore turistico. Una ricognizione delle principali fonti e della loro destinazione.

ll turismo, prima del “ciclone” Covid, rappresentava il 10% del PIL dell’Unione e produceva 1,56 euro di valore aggiunto per ogni euro speso da tali imprese. Tra le imprese in oggetto il 90% sono PMI[87], sebbene un ruolo non meno importante sia svolto da alcune grandi multinazionali. Sia queste ultime, sia le PMI insieme al loro indotto riescono ad assicurare oltre 23 milioni di posti di lavoro[88], ragione per cui, l’Unione, dopo un primo disinteresse per la materia, ha cominciato, soprattutto attraverso Risoluzioni e Comunicazioni della Commissione e del Parlamento a rimarcare che il turismo costituisce un importante volano per la crescita dei Paesi UE. Molto prima della crisi sanitaria, nella Comunicazione dal titolo Un approccio di cooperazione per il futuro del turismo europeo[89] la Commissione ha proposto un Quadro di azione con misure volte a stimolare l’industria turistica dell’UE, scommettendo sulle sue potenzialità. La Risoluzione del Consiglio, del 21 maggio 2002, sul futuro del turismo ha, successivamente, confermato quanto prospettato dalla Commissione e ha favorito e incoraggiato un nuovo slancio verso la cooperazione tra soggetti pubblici e privati nel settore turistico al fine di rendere l’Europa la principale destinazione turistica. Successivamente una serie di comunicazioni ha dato impulso al consolidamento delle politiche nel settore fra queste viene in evidenza la Comunicazione a favore del turismo e delle sue imprese, tra queste meritano di essere menzionatela Comunicazione del 30 giugno 2010 «L’Europa, prima destinazione turistica mondiale – un nuovo quadro politico per il turismo europeo»[90], che analizza i fattori e gli ostacoli che possono frenare la competitività del turismo, dedicando ben due paragrafi all’industria turistica e alle sue possibili opportunità, nonché alle potenzialità di crescita del settore individuando specifiche azioni per accrescerne l’innovazione anche attraverso una maggiorazione degli strumenti finanziari dell’UE. La Comunicazione del 7 novembre 2012 «Attuazione e sviluppo della politica comune in materia di visti per stimolare la crescita nell’UE» [91], invece, si prefigge di aumentare i flussi dei turisti dei Paesi terzi attraverso la politica comune delle autorizzazioni, mentre la Comunicazione del 20 febbraio 2014 «Strategia europea per una maggiore crescita e occupazione nel turismo costiero e marittimo»[92] è diretta a promuovere la crescita sostenibile e la competitività del turismo costiero e marittimo. Altrettante misure sono state approvate dalle istituzioni europee[93] a favore del settore e degli indotti a esso collegati. Tra queste ricordiamo la Raccomandazione del Consiglio per la protezione antincendio degli alberghi[94], la Direttiva del 2008 relativa all’utilizzo della multiproprietà[95] e la Direttiva del 2015/2302 relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici[96]. A questi atti, si è poi aggiunta l’adozione di Regolamenti riguardanti i diritti dei passeggeri nel settore dei trasporti nonché numerose iniziative a favore del turismo europeo intraprese dalla Commissione, su richiesta del Parlamento. A tal proposito, meritano di essere citate l’iniziativa «Eden»[97], la quale premiando le destinazioni europee emergenti ancora poco conosciute e indirizzate verso un turismo economicamente redditizio, si pone il fine di rispettare il principio dello sviluppo sostenibile e il progetto «DiscoverEU», che fa parte di una serie di programmi volti a promuovere il turismo, consentendo dal 2019 ai cittadini europei di 18 anni di viaggiare in tutto il territorio europeo per scoprire le diversità culturali dei Paesi membri. Sotto l’egida del programma COSME[98]sono state successivamente intraprese diverse iniziative a favore della digitalizzazione delle imprese. In particolare, il programma citato sostiene una crescita competitiva e sostenibile del settore, promuove e sviluppa prodotti e servizi relativi allo sport e al benessere, tutela il patrimonio culturale e industriale europeo, facilita i flussi turistici transnazionali nell’UE nella bassa e media stagione impiegando al meglio le infrastrutture esistenti e il personale per massimizzare le sinergie tra il turismo e le industrie di alta gamma. L’UE, peraltro, ha da sempre sostenuto la creazione di reti tra le principali regioni europee per migliorare la conoscenza del patrimonio europeo e le best practices. Nel luglio 2009, infatti, è stata, infatti, istituita NECSTouR, una particolare piattaforma di scambi, di conoscenze e soluzioni innovative per migliorare le performance delle imprese turistiche.

Sempre la Commissione, con l’intento di modernizzare le attività del settore e perfezionare le competenze professionali di quanti prestano il proprio lavoro in questo campo, soprattutto al fine di migliorare le conoscenze digitali, adeguandole alle aspettative del mercato, ha previsto azioni mirate al raggiungimento di questi ultimi nell’ambito della strategia “Europa 2020”. Particolare efficacia è stata riscontrata nell’iniziativa faro “Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro”[99] che ha evidenziato, ancora una volta, l’importanza della formazione e dello sviluppo relativo alle competenze dei dipendenti nel corso della loro vita lavorativa, soprattutto attraverso la previsione di adeguati finanziamenti per coloro che operano nel settore turistico, al fine di aumentare il tasso di occupazione specializzata.

Tali incentivi sono stati attribuiti, sia in forma diretta come sovvenzioni, sia in forma indiretta come garanzie prestate da intermediari finanziari oppure concessi attraverso prestiti di capitale. I beneficiari, tuttavia, in nessuna circostanza potevano essere finanziati due volte per gli stessi costi. Il 26 novembre 2018 il Consiglio dell’UE ha adottato la modifica al Regolamento generale di esenzione[100] per autorizzare l’inserimento in quest’ultimo di nuove categorie di aiuti di Stato, tra cui anche quelli relativi al turismo, facilitando l’erogazione di tali sovvenzioni e migliorando il coordinamento dei progetti di finanziamento europeo con le norme in materia di aiuti di Stato. I fondi gestiti a livello nazionale e quelli gestiti a livello dell’UE potranno essere combinati in maniera semplificata e senza la preventiva autorizzazione da parte della Commissione europea perché si inseriscono nell’ambito degli incentivi che apportano un contributo particolarmente utile per la crescita e la coesione. Tali incentivi, infatti, non danno luogo a distorsioni significative della concorrenza in quanto sono pertinenti ai programmi attuati dagli organismi dell’Unione[101] e, quindi, possono godere di un regime più flessibile e agile.

Trai fondi europei merita un cenno Fondo Europeo per gli investimenti strategici (FEIS), un’iniziativa avviata congiuntamente dalla Commissione e dalla BEI con l’intento di ovviare all’insufficienza di liquidità e di mobilitare finanziamenti privati per investimenti strategici al fine di stimolare la crescita economica e la competitività a lungo termine. Il FEIS, oltre a finanziare infrastrutture strategiche, istruzione, ricerca, sviluppo tecnologico, crescita delle energie rinnovabili, sostegno alle piccole e medie imprese, ha finanziato anche infrastrutture per i trasporti, l’efficienza energetica di alberghi e resort turistici, le piccole e medie imprese nel settore turistico e l’istituzione di piattaforme di investimento dedicate al turismo.

Rilevante è anche il Fondo sociale europeo (FSE), utilizzato anche nel settore del turismo per finanziare nuovi posti di lavoro. Al contrario, le iniziative comunitarie Interreg, Leader+, Urban e EQUAL sono programmi speciali che la Commissione europea ha proposto con la finalità di sostenere e diffondere approcci innovativi nella risoluzione di problemi specifici. Tali progetti hanno, infatti, inteso realizzare un impatto significativo su tutto il territorio europeo come la promozione di forme nuove di turismo rurale, sostenibile e sociale attraverso i finanziamenti provenienti dai Fondi strutturali. Si è, inoltre, rivelato efficace il Fondo Europeo di sviluppo regionale FESR che ha permesso a ogni Stato membro di realizzare investimenti per conseguire obiettivi tematici e priorità in linea con le politiche di Europa 2020. Attraverso il programma succitato si è sostenuto lo sviluppo dei prodotti legati all’informazione e alla comunicazione per il turismo; lo sviluppo di sistemi turistici innovativi, in particolar modo nelle regioni meno favorite e periferiche; lo sviluppo di prodotti e servizi ad alto valore aggiunto nei mercati di nicchia come il turismo per la salute, il turismo della terza età; lo sviluppo del turismo culturale insieme all’ecoturismo, al turismo gastronomico e al turismo sportivo.

Le imprese hanno utilizzato buona parte dei fondi per la ricerca, per l’innovazione tecnologia e per la competitività delle PMI turistiche, nonché per la tutela dell’ambiente. Sotto l’egida del FESR, inoltre, sono state finanziate le attività industriali del comparto, valorizzati i prodotti turistici regionali e realizzate azioni per la tutela e la promozione lo sviluppo dei beni culturali ambientali. Un altro progetto utilizzato questa volta per incrementare il turismo sostenibile è “Life” che finanzia in particolare progetti ambientali e di conservazione della natura.

Anche Orizzonte 2020[102] programma quadro dell’Unione sulla ricerca e l’innovazione, relativo al periodo 2014-2020, prevedendo incentivazioni in settori chiave dell’economia, ha interessato il turismo attraverso finanziamenti relativi allo sviluppo della formazione incentrata sulle competenze innovative per promuovere la memoria e l’identità del patrimonio culturale e il sostegno alle PMI per metterle in grado di affrontare la concorrenza sul mercato globale con progetti pionieristici. Attraverso il già menzionato COSME sono, inoltre, state previste azioni in ambito turistico di particolare interesse, con lo scopo di finanziare lo sviluppo e la promozione di prodotti tematici e di nicchia con rilevanza transnazionale, sfruttando le sinergie tra il turismo e le industrie creative. La creazione di partenariati pubblici e privati transnazionali ha dato vita a prodotti turistici destinati a fasce d’età specifiche (giovani o terza età) per aumentare i flussi di viaggiatori tra Paesi europei durante la bassa stagione. Il progetto Erasmus, nelle sue varie edizioni, consente lo sviluppo del turismo giovanile, invece, il progetto “Capitale europea della cultura” rappresenta un notevole strumento per attirare i visitatori delle città e degli Stati che riescono ad ottenere l’ambito riconoscimento.

Prima del Covid, il turismo nel nostro Paese è stato caratterizzato da una espansione significativa e continua, nel 2019 aveva addirittura raggiunto un record assoluto: 131,4 milioni di arrivi e 436,7 milioni di presenze negli esercizi ricettivi, con una crescita, rispettivamente, del 2,6% e dell’1,8% rispetto all’anno precedente[103] e questo aveva attirato l’attenzione del settore pubblico ma anche degli investitori privati.

È stato possibile, poi, dare il via a numerosi programmi su base regionale di aiuti alle imprese turistiche sulla base del Regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione[104], che evidenzia come il turismo abbia un ruolo importante nelle economie nazionali esercitando in generale un effetto particolarmente positivo sullo sviluppo locale e come sia opportuno esentare dall’obbligo di notifica i regimi di aiuti regionali a favore di attività di tale settore[105]. I relativi bandi sono stati finalizzati molto spesso a promuovere e sostenere i processi di integrazione tra imprese turistiche locali attraverso lo strumento delle reti di impresa.

A livello nazionale, la gran parte degli incentivi per il settore in oggetto sono stati concessi facendo leva sulle deroghe stabilite dall’art. 107, par. 3 del TFUE, ma anche molto spesso utilizzando gli aiuti de minimis. I progetti di sovvenzioni in ambito turistico sono, infatti, il più delle volte ricompresi nelle eccezioni stabilite dal paragrafo 3 dell’articolo sopra menzionato, in particolare, in quella prevista nella lettera c) relativa agli «aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse», e in quella contenuta nella lettera d), relativa agli «aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in misura contraria all’interesse comune».

Numerosi incentivi alle imprese turistiche sono stati concessi soprattutto dall’allora Ministero dello sviluppo economico sulla base dei programmi dei Fondi nazionali per lo sviluppo e la coesione[106].

L’obiettivo è stato quello di supportare i processi di riorganizzazione della filiera turistica, migliorare la specializzazione e la qualificazione del comparto, incoraggiare e accrescere la capacità competitiva e innovativa dell’imprenditorialità turistica nazionale, in particolare sui mercati esteri. I progetti realizzati, la maggior parte delle volte, sono stati improntati alla riduzione dei costi delle imprese attraverso la messa a sistema degli strumenti capaci di facilitare una gestione più agile dei servizi turistici e la creazione di piattaforme per acquisti collettivi di beni e servizi. Si è previsto, inoltre, il finanziamento di iniziative per migliorare la conoscenza del territorio a fini turistici con particolare riferimento a sistemi di promo-commercializzazione on line, con l’implementazione di progetti basati sull’utilizzo di internet. In particolare, il fine è stato quello di favorire la

crescita di nuovi strumenti di social marketing condivisi fra aziende per creare pacchetti turistici innovativi e promuovere le imprese turistiche sui mercati esteri con la creazione di materiali promozionali comuni. I finanziamenti sono stati concessi a fondo perduto nel rispetto del regime degli aiuti de minimis, secondo il quale ciascuna impresa poteva ottenere aiuti complessivamente non superiori a euro 200.000,00 nell’arco di tre esercizi finanziari (facendo riferimento all’esercizio finanziario in corso e ai due precedenti). L’erogazione del finanziamento spesso ha previsto il 40% a titolo di anticipazione e dietro presentazione di idonea garanzia fidejussoria, un altro 40% a stato di avanzamento in coerenza con il cronoprogramma previsto e il rimanente 20% a saldo, previa rendicontazione finale e dietro presentazione della documentazione relativa alla spesa effettivamente sostenuta.

Anche il contratto di sviluppo, introdotto dall’art. 43 del d. l. n. 112/2008[107] ed operativo dal 2011, ha rappresentato, con le modifiche apportate negli anni, uno strumento importante per garantire una maggiore celerità delle procedure di accesso ai fondi fornendo una risposta più efficiente alle esigenze manifestate dal tessuto produttivo nazionale tra cui anche quelle delle attività turistiche. La gestione dei Contratti di sviluppo è stata affidata all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. (Invitalia), che opera sotto le direttive ed il controllo del Ministero dello sviluppo economico (ora Ministero delle imprese e del made in Italy). Le agevolazioni sono state concesse, nel rispetto della normativa sugli aiuti di Stato e nella forma di finanziamento agevolato, nei limiti del 75% delle spese ammissibili, di contributo in conto interessi, di contributo in conto impianti e di contributo diretto alla spesa.

Uno strumento molto utilizzato soprattutto dagli enti locali è stato il Fondo per gli interventi a sostegno dei settori del commercio e del turismo le cui risorse sono state impiegate per il cofinanziamento di misure soprattutto per il turismo culturale secondo un programma organico di interventi per la riqualificazione e rivitalizzazione del sistema ricettivo e il recupero e la riconversione dei comprensori turistici in crisi, con l’obiettivo di determinare un miglioramento dei fattori di competitività delle imprese unitamente ad una ricaduta occupazionale[108].

Anche il d. l. c. d. art bonus[109], introducendo un credito d’imposta per le erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo e del turismo, ha fornito un valido aiuto per incrementare il settore. Inizialmente, è stato pensato per il triennio 2014-2016, ma poi, la legge di stabilità 2016[110], ha reso permanente questa norma che stabilisce agevolazione fiscali al 65% per le donazioni a sostegno della cultura e del turismo. Nello specifico le liberalità possono riguardare la manutenzione, la protezione e il restauro di beni culturali pubblici; il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica (come i musei, le biblioteche, archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali, i teatri di tradizione, le istituzioni concertistico-orchestrali, i teatri nazionali, i teatri di rilevante interesse culturale, i festival, le imprese e i centri di produzione teatrale e di danza, i circhi e gli spettacoli viaggianti, nonché i circuiti di distribuzione); la realizzazione di nuove strutture, restauro e il potenziamento di quelle esistenti o di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo; il sostegno diretto ai concessionari o affidatari dei beni culturali oggetto di manutenzione, protezione e restauro; gli interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali di interesse religioso, presenti nei Comuni colpiti dagli eventi sismici, anche appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose. Il credito di imposta relativo all’art bonus è riconosciuto a persone fisiche non titolari di reddito di impresa (dipendenti, pensionati, titolari di reddito da lavoro autonomo etc.); enti che non svolgono attività di impresa (enti non commerciali, società semplici) e titolari di reddito di impresa (imprenditori individuali, enti che svolgono attività commerciale, stabili organizzazioni). Il credito maturato deve essere comunque ripartito in tre quote annuali di pari importo. L’art bonus stabilisce, inoltre, di impiegare con contratti a tempo determinato professionisti fino a 40 anni nella tutela e valorizzazione dei luoghi d’arte, in deroga ai tetti sulle assunzioni nella PA e di concedere per 7 anni a imprese, cooperative e associazioni costituite in prevalenza da giovani fino a 35 anni beni pubblici per la realizzazione di percorsi pedonali, ciclabili, equestri, mototuristici, fluviali e ferroviari. Rientrano tra i crediti d’imposta anche la tax credit alberghi e il super bonus. La prima, già contenuta dagli artt. 9 e 10 del d.l. n. 83/2014(i quali prevedono anche incentivi al settore turistico tramite il Piano strategico «Grandi Progetti Beni culturali»), attribuisce un credito di imposta, inizialmente previsto per il periodo 2014-2016, poi esteso fino al 2019,con il fine di favorire la riqualificazione delle strutture ricettive turistico alberghiere (tramite interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, lo sviluppo dell’efficienza energetica, dei progetti di digitalizzazione). Tale misura è stata, in seguito, anche prevista per gli agriturismi, per gli stabilimenti termali e per le strutture ricettive all’aria aperta. Il super bonus, invece, è una detrazione per interventi di ristrutturazione edilizia, restauro della facciata degli edifici, riqualificazione energetica, progetti di digitalizzazione. Anche i bonus vacanze si sono rivelati un buon metodo per sostenere la domanda e incentivare il turismo soprattutto nei periodi di bassa stagione. Il DPCM 9 luglio 2010 è stato il primo a prevedere l’erogazione di buoni vacanze da destinare a interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli e per favorire la destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale. Il decreto stabilisce un contributo che può essere erogato una sola volta per nucleo familiare e per anno solare fino ad esaurimento dei fondi disponibili, tenendo conto dell’ISEE dei richiedenti e secondo una priorità cronologica.

La l. 178/2020[111] (art. 1, commi da 84 a 87) ha, infine, introdotto specifiche disposizioni finalizzate a sostenere determinate categorie di investimenti nel settore turistico, promuovendo la realizzazione di programmi in grado di ridurre il divario socioeconomico tra le aree territoriali del Paese e di contribuire ad un utilizzo efficiente del patrimonio immobiliare nazionale. La stessa legge facilita, poi, l’accesso allo strumento del credito agevolato e l’integrazione settoriale prevedendo contributi specifici anche per il turismo religioso. In generale, quindi, prima del Covid, il settore era già oggetto di una gran quantità di sovvenzioni, tuttavia, spesso si scorgeva la mancanza di una progettualità di più ampio respiro, che non ha affrontato nella maniera più opportuna le problematiche strutturali del settore, il quale, pur godendo di un buon numero di misure agevolative non ha eliminato le disomogeneità ataviche.

4.1 Gli aiuti al settore cultura prima della pandemia: uno sguardo d’insieme del quadro normativo di riferimento.

Per quanto riguarda gli incentivi alla cultura, si è rilevato, come l’art. 107, par. 3, lett. d) del TFUE sia dettato specificamente per gli aiuti di Stato relativi a questo settore, dichiarandoli compatibili con il mercato interno ammesso che non alterino le condizioni della concorrenza a livello europeo in misura contrarie all’interesse comune.

La previsione della lett. d), sebbene sia stata spesso oggetto di giudizi discordanti, è da considerare, comunque, una norma di forte impatto[112]. Questo anche se è difficile pensare di promuovere la diversità culturale senza alterare “le condizioni degli scambi”, ma, soprattutto è difficile comprendere come un aiuto possa essere oggettivamente destinato a “promuovere la cultura e la protezione del patrimonio” e nello stesso a tempo operare “contro l’interesse comune”, se, ex art 167 TFUE, valorizzare il retaggio culturale di tutti gli Stati (ovvero promuovere la cultura) è uno degli obiettivi dell’Unione e, quindi, proprio uno degli “interessi comuni” dell’Unione. Ovviamente, questa mancanza di coerenza normativa si è ripercossa nell’individuazione concreta degli aiuti compatibili e non compatibili.

L’Unione, tuttavia, ha predisposto un congruo numero di programmi a sostegno della cultura, tra questi, innanzi tutto, è da citare il Quadro d’azione europeo sul patrimonio culturale,[113] che promuove e mette in pratica un approccio integrato e partecipativo alla cultura europea, contribuendo all’integrazione di quest’ultima in buona parte delle politiche dell’UE. Il Quadro stabilisce una direzione comune per le attività legate al patrimonio culturale a livello europeo, principalmente nel contesto delle politiche e dei programmi dell’UE, fornendo una panoramica degli impegni assunti dalla Commissione europea in questo contesto. Tra i documenti più recenti, ricordiamo Europa 2020[114] ed Europa Creativa 2014-2020[115]; quest’ultimo è un programma della Commissione europea per il sostegno ai settori della cultura e degli audiovisivi, attraverso i quali l’istituzione, oltre a riprendere gli obiettivi dei progetti precedentemente emanati[116], ha proposto di attribuire la maggiore rilevanza all’economia della cultura, assegnando a quest’ultima un ruolo più significativo. Il progetto, infatti, ha impegnato fondi per favorire gli indotti legati al settore in oggetto attraverso un miglior accesso al credito per sostenere la cooperazione politica a livello transnazionale e rafforzare la capacità finanziaria delle PMI e delle micro, piccole e medie organizzazioni nei settori culturale e creativo, nella consapevolezza della loro notevole importanza per aumentare l’occupazione e lo sviluppo economico.

Il citato programma “Orizzonte 2020” nel periodo 2014-2020 ha previsto finanziamenti anche per sostenere le tecnologie, le metodologie e gli strumenti per garantire la dinamicità, la sostenibilità e la conservazione del patrimonio culturale nonché per sostenere le nuove industrie creative. L’obiettivo di Orizzonte 2020 relativamente alla cultura era quello di contribuire a costruire una società e un’economia basate sulla conoscenza e sull’innovazione mediante la mobilitazione di contributi supplementari per la ricerca e lo sviluppo. Il programma ha sostenuto l’attuazione della strategia Europa 2020 e altre politiche dell’Unione sulla materia in oggetto, ma anche la creazione dello Spazio europeo della ricerca (SER). Per il settennio 2021-2027, invece, è stato emanato il Programma quadro proposto dalla Commissione europea a maggio 2018 chiamato Horizon Europe[117], poi, profondamente, modificato a maggio 2020 a seguito dell’emergenza sanitaria. Vi è da dire che la Commissione, molto avvedutamente, non ha mai trascurato la circostanza che le attività, i beni e i servizi culturali hanno una doppia natura, economica e sociale[118], considerando che essi, in quanto portatori di identità e valori, non sempre possono essere trattati solo come beni aventi valore commerciale. La necessità di attribuire al settore sovvenzioni pubbliche è, perciò, innegabile, così come è innegabile la necessità, come più volte rilevato, di valutare i singoli casi per comprendere se si è o meno in presenza di aiuti di Stato. Nel quadro della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione, il secondo obiettivo dell’Agenda europea per la cultura[119] si propone di sfruttare il potenziale della cultura come catalizzatore della creatività e dell’innovazione delle politiche dei Paesi membri. Sull’argomento è stato emanato il Libro Verde della Commissione europea dal titolo “Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare”[120], che, secondo quanto stabilito nella strategia “Europa 2020”, si propone di far emergere nuove fonti di crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva. Il sopra citato Libro verde ha fornito un elenco di elementi che sono parti integranti delle imprese culturali e creative, come il patrimonio artistico e monumentale, gli archivi, le biblioteche, i libri e la stampa, le arti visive, l’architettura, le arti dello spettacolo, i media/multimedia audio e audiovisivi. Lo stesso atto ha, poi, indicato le funzioni di cui le stesse imprese dovrebbero farsi carico: conservazione, creazione, produzione, diffusione, commercio/vendita e istruzione collegati agli elementi sopra elencati. Si ricordano, tra gli altri atti dell’Unione, la Proposta di Risoluzione del Parlamento europeo su “Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare”[121], dove si evidenzia il ruolo propulsivo delle industrie culturali e creative nell’economia dell’Unione europea; la Risoluzione del Parlamento europeo su “Valorizzare i settori culturali e creativi per favorire la crescita economica e l’occupazione”, del 12 settembre 2013 e il Programma «Europa Creativa»[122], rivelatosi un importante strumento di finanziamento dell’Unione Europea nell’ambito in oggetto, emanato proprio per rafforzare la competitività delle industrie europee del settore, accomunate dalle medesime sfide.

Ai sensi dell’art. 2, co. 1del Regolamento istitutivo del su menzionato Programma, i settori culturali e creativi sono descritti in maniera molto ampia e i vari tipi di attività sono stati trasfusi nella definizione contenuta nella legge italiana di Stabilità del 2018. Sempre nell’ambito del progetto Europa creativa, il30 giugno 2016 è stato approvato un sistema di garanzia chiamato Cultural and Creative Sectors Guarantee Facility con lo scopo di facilitare l’accesso al finanziamento per micro, piccole e medie organizzazioni che operano nel settore creativo e culturale, tradizionalmente caratterizzate da un alto profilo di rischio. A queste misure deve aggiungersi il progetto “Finanza, apprendimento, innovazione e brevetti per le industrie culturali e creative (FLIP per ICC)”, emanato nel 2019, prima che scoppiasse la pandemia, con l’obiettivo di sviluppare industrie culturali e creative e di generare benefici intersettoriali nelle diverse aree e settori con cui quest’ultime si interfacciano. L’Unione Europea, quindi, ha dato vita a politiche e a misure di sostegno e di finanziamento a favore delle imprese culturali e creative, tenendo conto delle caratteristiche proprie di ciascuna filiera, nella consapevolezza che esse costituiscono un ottimo potenziale e rappresentano una parte integrante della cooperazione e della coesione territoriale, anche se è evidente come nei Paesi membri vi sia un diverso approccio al settore a seconda della loro collocazione geografica. Nel Nord Europa, per esempio, le imprese culturali e creative sono più legate agli aspetti tecnologici e innovativi e meno tradizionali, mentre, nei Paesi dell’Europa Centrale e Meridionale emerge una chiara preferenza verso le attività legate al patrimonio culturale che si focalizzano maggiormente sulla nozione di cultura tradizionale. Tale diverso modo di concepire le industrie del settore, peraltro, non è da sottovalutare poiché, spesso, le incentivazioni pongono condizionalità[123] legate proprio alle diverse modalità operative delle attività con la necessità, ancora una vota, di interpretare accuratamente ogni caso per comprendere la compatibilità o meno delle sovvenzioni concesse.

Nell’ambito dei programmi europei sono state avviate molteplici iniziative nazionali atte a incentivare il settore, la maggior parte delle quali sono state nel tempo ampliate e perfezionate. Tra queste ricordiamo, per esempio, la creazione di un Fondo per programmare attività in occasione dell’Anno europeo del patrimonio culturale 2018 istituito con decreto dell’allora Mibact n. 128/2018 che intendeva sostenere imprese, società, associazioni impegnate a realizzare iniziative nell’ambito dell’iniziativa su indicata. Lo stesso Mibact ha istituito vari fondi destinati alle misure di sostegno per il settore come quello per i soggetti, sia di natura sia pubblica, sia di natura privata responsabili della tutela e/o della gestione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale” e posti sotto la tutela dell’UNESCO. In particolare, negli anni 2014-2018 sempre lo stesso Ministero ha dato attuazione alle politiche europee per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale e alla rimozione degli squilibri economici e sociali tra le diverse regioni del Paese, divenendo titolare di Programmi Operativi nazionali dedicati alla cultura e al turismo mettendo a disposizione una dotazione finanziaria complessiva di oltre 2,2 miliardi di euro. Tra questi programmi ricordiamo il PON Cultura e Sviluppo che aveva il fine di migliorare la fruizione culturale e sostenere la filiera imprenditoriale legata al settore, compreso anche il turismo[124].

Una particolare rilevanza ha avuto il progetto “Cultura Crea”, adottato con decreto del Mibact n. 243 del 11 maggio 2016, il quale ha previsto un sistema di incentivi per sostenere la nascita e lo sviluppo di iniziative imprenditoriali e del no profit nel settore dell’industria culturale, creativa e turistica, con l’obiettivo di valorizzare le risorse del territorio nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

Il programma è stato promosso al fine di sostenere la filiera culturale e creativa delle Regioni interessate e di consolidare i settori produttivi collegati, rafforzando la competitività delle micro, piccole e medie imprese in attuazione del Programma Operativo Nazionale (PON) FESR “Cultura e Sviluppo 2014-2020”, finanziato dalla Commissione europea.

Cultura Crea prevedeva finanziamenti agevolati a tasso zero e contributi a fondo perduto su determinate spese, con una premialità aggiuntiva per giovani, donne e imprese con rating di legalità. Gli incentivi previsti nell’ambito del progetto di cui sopra sono concessi nell’ambito del Regolamento de minimis e possono coprire fino all’80% delle spese totali, elevabili al 90% in caso di particolari premialità. I soggetti ammessi all’agevolazione sono state le start upper la nascita di nuove imprese di micro, piccola e media dimensione della filiera culturale e creativa; le imprese consolidate per la crescita e l’integrazione delle suddette attività e dei prodotti tradizionali e tipici e le imprese sociali per sostenere i soggetti del terzo settore nelle attività collegate alla gestione di beni, servizi e attività culturali.

L’incentivo era gestito da Invitalia, che valutava i business plan, erogava i finanziamenti e monitorava la realizzazione dei progetti. Con lo stesso decreto è, poi, stato previsto un regime di aiuti per sostenere la filiera culturale e creativa e rafforzare la competitività delle PMI, finalizzato allo sviluppo e al consolidamento del settore produttivo collegato al patrimonio culturale italiano nelle regioni italiane più svantaggiate. Tre sono state le linee di intervento individuate: creazione di nuove imprese dell’industria culturale e creativa che promuovano l’innovazione, lo sviluppo tecnologico, a cui sono stati destinati 41,7 milioni di euro, sviluppo delle imprese dell’industria culturale, turistica e manifatturiera cui è stato indirizzato un finanziamento di 37,8 milioni di euro, sostegno alle imprese del terzo settore attive nell’industria culturale e turistica obiettivo per il quale è stato stanziato un budget di 27,4 milioni di euro.

Numerosi sono stati, poi, i bandi regionali emanati per promuovere la condivisione e la circolazione di idee e artisti, la coproduzione e la creazione di strategie di nuovi modelli di business culturale, il miglioramento delle competenze degli operatori culturali e dell’utilizzo delle nuove tecnologie che comunque devono sempre tenere conto, dei criteri di esenzione della notifica stabiliti per gli investimenti per la cultura, la conservazione del patrimonio e per il funzionamento delle attività del settore, così come stabilito dal già menzionato Regolamento GBER.

Tra gli investimenti per il settore vanno poi considerati gli aiuti per le PMI che sono una fetta molto importante del tessuto produttivo di cultura e turismo. Un programma di rilievo per le imprese di cui sopra è il già citato COSME, emanato per sostenere la competitività di queste ultime per il periodo 2014-2020. La sua attuazione spetta all’agenzia esecutiva EASME[125], le cui componenti finanziarie sono gestite dal Fondo Europeo per gli Investimenti, in collaborazione con gli intermediari finanziari accreditati a livello locale. Esso si è proposto di promuovere l’imprenditoria in Europa, con particolare riferimento proprio alle PMI, espressamente ritenute dal Programma su citato parte fondamentale dell’economia europea. Gli obiettivi che si proponeva riguardavano la facilitazione dell’accesso ai finanziamenti per le PMI; la creazione di un ambiente favorevole alle imprese e al loro sviluppo; la possibilità di incoraggiare una cultura imprenditoriale in Europa; l’aumento della competitività sostenibile delle imprese dell’UE; il sostegno alle piccole imprese ad operare al di fuori dei loro Paesi d’origine per migliorare il loro accesso ai mercati.

Le azioni chiave previste dal progetto erano: l’accesso alla finanza per le PMI attraverso strumenti finanziari dedicati; il sostegno di Enterprise Europe Network ovvero una rete di centri che offrono servizi alle imprese come trovare partner commerciali e tecnologici e comprendere la legislazione europea per accedere ai finanziamenti dell’UE; il sostegno alle iniziative che favoriscono l’imprenditorialità; il supporto alle PMI per accedere ai mercati extra Unione europea attraverso centri specifici e servizi di assistenza, supporto tecnico e informativo.

4.2. L’industria dell’audiovisivo tra intervento statale e rispetto del diritto dell’UE

Il settore audiovisivo è da sempre considerato considerevole per lo sviluppo economico e culturale di un Paese[126] ed è stimato come un caposaldo dell’espressione culturale europea[127]. Le modalità di applicazione della disciplina del settore dell’audiovisivo sono specificate nel Protocollo sul sistema di radiodiffusione pubblica, allegato al Trattato di Amsterdam. Non si può negare che le opere a esso relative svolgono un ruolo essenziale nel formare le identità europee e riflettono le diverse tradizioni degli Stati membri e delle singole Regioni. È, tuttavia, caratterizzato da elevati costi di investimento, dalla percezione di una scarsa redditività a causa di un numero spesso non troppo ingente di fruitori, da difficoltà di attirare finanziamenti privati aggiuntivi e da elementi specifici che influenzano notevolmente la disciplina sugli aiuti di Stato loro applicabili.

Le particolari caratteristiche dell’audiovisivo, invero, sono dovute in gran parte alla sua doppia natura, spesso comportante contrasti, in quanto, da una parte, rappresenta un bene economico con notevoli opportunità per creare ricchezza e, dall’altra, fa parte del patrimonio culturale che dà forma alla società rappresentandone l’essenza stessa[128].

Tutti gli Stati membri hanno dimostrato di essere molto propensi a emanare misure di sostegno a favore della produzione di film, programmi televisivi e altre opere audiovisive. L’Unione non ha tralasciato la regolamentazione del settore audiovisivo adottando una serie di azioni in tre settori principali: la creazione di un Quadro regolamentare per l’attuazione di un mercato unico della radiodiffusione, inteso anche a proteggere i minori da contenuti audiovisivi pericolosi; l’adozione meccanismi di sostegno per integrare gli attuali sistemi nazionali; provvedimenti per la difesa degli interessi culturali europei nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.

Il finanziamento avviene mediante regimi di aiuto a livello nazionale, regionale e locale che sono indirizzati a incentivare le imprese del settore e a garantire l’espressione della cultura e del potenziale creativo attraverso strumenti audiovisivi come il cinema e la televisione. Le misure in oggetto puntano, inoltre, a generare la c. d. massa critica di attività necessaria per innescare una dinamica di sviluppo e consolidamento del settore attraverso la costituzione di imprese di produzione dalle basi solide e di un serbatoio permanente di competenze umane ed esperienza.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, già nel 1985, attraverso la sentenza Cinéthèque ed altri contro Federation nationalle des cinema francais[129] cominciò a evidenziare l’interesse europeo per le opere cinematografiche e dichiarò l’importanza di promuovere la produzione di queste ultime, riconoscendo la possibilità di una restrizione al libero scambio muovendo verso il riconoscimento dell’eccezione culturale che in seguito venne sempre più invocata. L’Unione Europea è intervenuta con una intensa politica di finanziamento a sostegno della diffusione dell’audiovisivo per lo sviluppo, distribuzione e formazione professionale.

La politica di favore relativa agli audiovisivi nell’UE è disciplinata dagli artt. 167 e 173, ma anche dagli artt. 28, 30, 34, 35 (libera circolazione delle merci), dagli artt. da 45 a 62 (libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali), dagli artt. da 101 a 109 (politica in materia di concorrenza) e dall’art. 114 (armonizzazione tecnologica e ravvicinamento) del TFUE oltre che dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea dove si proclama il rispetto della libertà dei media e del loro pluralismo. In particolare, il più volte citato art. 167 TFUE dichiara espressamente che l’Unione europea incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri e, se necessario, sostiene e integra l’azione di questi ultimi nella creazione artistica e letteraria, compreso il settore audiovisivo. Le opere audiovisive ed in special modo il cinema svolgono un ruolo essenziale nella promozione della cultura europea con la particolarità che presentano caratteristiche tali da offrire notevoli opportunità per creare ricchezza e occupazione, rispecchiando e modellando la società. Il più delle volte gli aiuti a questo settore rientrano nell’eccezione culturale ex art. 107, paragrafo 3 lett. d) del TFUE, male imprese che si occupano della produzione di film e programmi televisivi possono usufruire anche di altri tipi di aiuti, per esempio quelli concessi ai sensi dell’art. 107, paragrafo 3, lettera a) e c) del TFUE, ovvero aiuti regionali, aiuti alle PMI e aiuti alla ricerca, allo sviluppo, alla formazione o all’occupazione, sempre nel rispetto delle intensità massime di aiuto in caso di cumulo di essi.

Per essere compatibili con la lett. d), comunque, le incentivazioni agli audiovisivi devono promuovere la cultura, sebbene la definizione di cosa possa essere qualificato culturale, visto il significato identitario di questo termine, come si è evidenziato, spetta agli Stati membri con la conseguenza di creare una mancanza di armonizzazione e diverse ambiguità di fondo in ambito europeo[130]. Rimane compito della Commissione vigilare sull’operato degli Stati membri ai fini dell’ammissibilità dell’aiuto e del rispetto delle condizioni della Comunicazione e del Regolamento di esenzione, potendo essa censurare, tuttavia, solo i casi di “errore manifesto”, nei quali i fondi pubblici vengano concessi ad opere prive di rilievo culturale. A questo proposito, la stessa Commissione ha sottolineato che “l’eventuale natura commerciale di un film non gli impedisce di essere un prodotto culturale” conformemente alla definizione di attività, beni e servizi culturali prevista dalla Convenzione UNESCO del 2005. L’organo esecutivo dell’Unione, infatti, si è impegnata a fare in modo che gli schemi di aiuti sottoposti alla valutazione di compatibilità siano effettivamente coerenti con l’a nozione di eccezione culturale. Per tale motivo, i Paesi membri hanno elaborato i c.d. cultural test, ovvero delle particolari “griglie” contenenti specifici criteri, cui è associato un sistema di punteggio minimo e massimo ottenibile per ciascun film che si vorrebbe finanziare.[131] I test, comunque, sono sottoposti al vaglio della Commissione, la quale viene identificata come l’istituzione che verifica il concreto ed effettivo legame tra l’aiuto concesso e il prodotto culturale che ne beneficia.

Di solito, nella valutazione di un regime di aiuto a favore di opere audiovisive, la Commissione dopo aver stabilito il rispetto del principio di «legalità generale», verifica che esso non contenga elementi in contrasto con disposizioni del TFUE relative a settori diversi da quello degli aiuti di Stato e, soprattutto, come sempre, che non distorca la concorrenza. La Commissione si sofferma sul rispetto dei criteri specifici di compatibilità in una sua Comunicazione[132].Importante è che l’eventuale natura commerciale dell’attività destinataria dell’aiuto non impedisca all’incentivo di essere un prodotto che promuove la cultura perché, altrimenti, se di carattere prettamente economico, dovrà essere esclusa dal beneficio della più volte menzionata lettera d) dell’art. 107 TFUE. Come si è rilevato, spetta a ogni Stato membro garantire che il contenuto della produzione sovvenzionata abbia la qualificazione di culturale in base ai suoi criteri nazionali, ma questi ultimi, devono, in ogni caso essere sottoposti alla verifica della Commissione[133].

Il produttore, poi, deve essere libero di spendere almeno il 20% del bilancio del film in altri Stati membri senza subire conseguenze nel caso in cui vi sia un obbligo eventualmente imposto di territorializzazione della spesa. A questo si aggiunge la circostanza che l’intensità degli aiuti deve essere in linea di massima limitata al 50% del bilancio di produzione. La Commissione, in questo modo, intende stimolare le iniziative commerciali proprie di un’economia di mercato, incoraggiando eventuali forme di mecenatismo da parte del settore privato, limitando eccessivi aiuti tra gli Stati membri[134]. L’istituzione europea, inoltre, non ammette ulteriori aiuti a specifiche attività cinematografiche (come, per esempio, la post-produzione) perché ammette l’effetto incentivante degli aiuti solo se risulti neutrale, onde evitare che lo Stato attraverso la sovvenzione attiri o protegga le attività in questione[135].

La Commissione, infine, ha precisato che i fondi forniti direttamente dai programmi comunitari non costituiscono risorse statali; pertanto, la loro presenza non incide sul calcolo del tetto massimo del 50%. Questi ultimi, peraltro, spesso promuovono la distribuzione di film nazionali all’estero e di conseguenza i loro effetti non si aggiungono a quelli prodotti dai sistemi nazionali, che si concentrano invece sulla produzione e sulla distribuzione domestica.

Occorre considerare che gli incentivi a favore della produzione di una trasmissione televisiva o di una fiction possono essere qualificate in modi diversi a seconda delle loro caratteristiche. Possono non integrare la nozione di aiuto se si configurano alla stregua di facilitazioni a produzioni che diano rilevanza al patrimonio culturale o naturale del territorio, o se rappresentano un corrispettivo per un servizio, qualora l’amministrazione pubblica abbia commissionato l’attività a terzi attraverso un affidamento dell’incarico nel rispetto dei principi di evidenza pubblica con un ritorno in termini di immagine. Possono, tuttavia, anche essere ritenuti aiuti di Stato, sebbene esentati dalla notifica, se l’incentivo ricade nelle ipotesi disciplinate dal Regolamento n. 651/2014 che disciplina anche gli aiuti per la sceneggiatura, la produzione, la distribuzione e la promozione di opere audiovisive. Gli atti normativi dell’Unione, per tale settore, sono mirati a creare un mercato unico per i servizi a esso relativi, ma nello stesso tempo, evidenziano un’attenzione particolare per la specificità della materia[136].

Gli sviluppi nell’ambito delle tecnologie di trasmissione, poi, hanno portato a un aumento del numero di stazioni televisive commerciali nell’UE con la possibilità che le trasmissioni siano captate in vari Paesi. Per questo motivo è sorta anche l’esigenza di norme minime comuni che, nel 1989, si sono tradotte nella cosiddetta Direttiva «Televisione senza frontiere»[137], revisionata nel 1997, dove si stabilisce che le emittenti televisive sono sotto la giurisdizione dello Stato membro in cui hanno sede. Tale atto, poi, è stato nuovamente modificato nel 2010 con il nome di «Direttiva sui servizi di media audiovisivi»[138], ulteriormente ritoccata e aggiornata nel 2018[139]al fine di predisporre una strategia unitaria per il mercato unico digitale e regolare la loro offerta e fruizione.

Anche il Parlamento europeo ha sottolineato la necessità che l’UE stimoli la crescita e la competitività del settore audiovisivo, riconoscendo al contempo la più generale rilevanza di quest’ultimo in materia di salvaguardia della diversità culturale con l’emanazione di varie Risoluzioni sin dagli anni ‘80.

I criteri della disciplina europea in tema di aiuti di Stato alle opere cinematografiche e audiovisive sono espressi molto chiaramente dalla Commissione nella Comunicazione relativa agli aiuti di Stato a favore delle opere cinematografiche e di altre opere audiovisive del 2013[140] che ha innovato la precedente Comunicazione del 2001, nella quale si evidenzia come i benefici forniti dal settore alla collettività sono collegati non solo all’occupazione e alla ricchezza, ma anche alla promozione culturale e all’espressione delle identità nazionali.

La Commissione europea nella Comunicazione appena citata, illustra gli indirizzi programmatici ed espone i principi da seguire nell’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato al settore cinematografico, per migliorare la produzione e la distribuzione delle opere cinematografiche in Europa, in questo modo, anche riconoscendo in larga parte la regola del de minimis, svolge un importante ruolo di sostegno alle attività in oggetto. In altre situazioni, sempre secondo l’istituzione europea, il sostegno al cinema sarà considerato come aiuto per la promozione della cultura e valutato di conseguenza. L’atto della Commissione amplia la gamma degli aiuti da considerarsi legittimi nel settore audiovisivo e lascia agli Stati membri la responsabilità di stabilire quali siano le attività che meritano di essere sovvenzionate. Stabilisce, inoltre, che gli aiuti possono concessi fino al 50% del bilancio previsto per la produzione di un film, ma anche per i costi di distribuzione e promozione. Le coproduzioni finanziate da più di uno Stato membro, invece, possono ricevere aiuti fino al 60% del bilancio di produzione, mentre non vi sono limitazioni per quanto riguarda gli aiuti alle sceneggiature, allo sviluppo dei progetti cinematografici o alle opere audiovisive considerate difficili, secondo criteri stabiliti da ciascuno Stato membro.È permesso a questi ultimi anche imporre condizioni territoriali per le spese sostenute dai beneficiari al fine di promuovere la diversità culturale in merito alla tutela delle risorse e del know-how di un’industria cinematografica nazionale o locale, sebbene la limitazione territoriale debba essere proporzionata agli obiettivi da raggiungere. È prevista, poi, la possibilità per gli Stati membri di esigere che un livello minimo di attività di produzione si svolga sul proprio territorio come condizione per beneficiare degli aiuti.

La Comunicazione della Commissione del 2013, insieme al Regolamento n. 651/2014/UE[141] e successive modifiche, indirizzano le Autorità nazionali sulle regole da rispettare per predisporre misure di sostegno alle opere audiovisive compatibili con i vincoli dettati dall’Unione europea in tema di aiuti di Stato[142], stabilendo la tipologia di attività finanziabili. Queste ultime non sono limitate alla produzione tradizionalmente intesa, ma si estendono dalla fase di creazione/sceneggiatura dell’opera sino alla sua distribuzione e promozione; la tipologia delle opere finanziabili che possono includere anche la singola componente audiovisiva di progetti di “comunicazione transmediale” o “multipiattaforma” al di là del concetto tradizionale di “produzione cinematografica e televisiva”. La Comunicazione in oggetto prevede anche la necessità di attribuire a tali output una valenza culturale, secondo la definizione di ciascuno Stato membro nell’ambito del c.d. processo di selezione culturale; i limiti entro i quali possono essere imposti “obblighi di spese territoriali”, con riferimento alle percentuali del bilancio di produzione da destinarsi in spese nel territorio dello Stato che concede l’aiuto; l’utilizzabilità degli aiuti a beneficio delle produzioni transnazionali ed internazionali[143]; l’intensità massima dell’aiuto erogabile in favore della medesima impresa, la sua cumulabilità con altre tipologie di aiuti (sino al massimale) con i fondi UE; gli obblighi in tema di trasparenza, ai sensi dei quali gli Stati membri sono tenuti a pubblicare e mantenere per 10 anni su un apposito sito internet le informazioni concernenti, tra l’altro, il nome del beneficiario dell’aiuto, il nome e la natura dell’attività o progetto sovvenzionati e l’importo dell’aiuto.

Con l’avvento del digitale, il settore dei prodotti audiovisivi, è sempre più spesso considerato avente carattere economico e quindi assoggettabile alla disciplina generale sugli aiuti di Stato (si pensi ai prodotti culturali via internet visibili su YouTube o in streaming), tanto più che la Commissione nella Comunicazione 262/2016 afferma espressamente che «dovrebbero essere considerate attività di carattere economico, le attività culturali o di conservazione del patrimonio (…) prevalentemente finanziate dai contributi dei visitatori o degli utenti o attraverso altri mezzi commerciali (ad esempio, cinema, spettacoli musicali e festival a carattere commerciale».

La disciplina degli aiuti al settore in oggetto, inoltre, trova una specifica disciplina, come anticipato, nel più volte citato Regolamento n. 651/2014 e, precisamente nell’art. 54 che esonera dall’obbligo di notifica preventiva, a determinate condizioni, i regimi di aiuto per la sceneggiatura e lo sviluppo di opere audiovisive (preproduzione) e per la produzione e distribuzione di tali prodotti culturali. Per la preproduzione di opere audiovisive, gli aiuti possono arrivare a coprire fino al 100% dei costi ammissibili. Laddove la sceneggiatura o il progetto portino alla realizzazione di un’opera audiovisiva come un film, i costi della preproduzione sono integrati nel bilancio totale e presi in considerazione nel calcolo dell’intensità di aiuto. In linea generale quest’ultimo non deve superare il 50% dei costi ammissibili, ma, in determinati casi, come per esempio, per le produzioni transfrontaliere o per le coproduzioni si può arrivare a finanziare anche il 100% dell’opera.

Gli Stati membri possono anche subordinare la concessione dei contributi per il settore audiovisivo a determinati obblighi minimi di spesa a livello territoriale.

Tra i programmi proposti dall’U.E. a sostegno degli audiovisivi ricordiamo il piano “Piano Media” (Measures to Encourage the Development of the Audio-visual Industry), presentato nel 1989 nell’ambito del progetto Europa creativa e poi rinnovato. I programmi “Media” si suddividono in una lunga serie di sottoprogrammi riguardanti ogni comparto dell’audiovisivo e sostengono, promuovono e sviluppano il settore all’interno dell’UE rafforzando la capacità del settore audiovisivo di operare a livello transnazionale e internazionale. Tali programmi sono basati su un punteggio minimo che deve essere raggiunto per ottenere il finanziamento. I punti sono assegnati in funzione delle risorse creative e tecniche impiegate per realizzare il film. I finanziamenti intendono incentivare, in particolare, opere audiovisive europee, come film, opere tv (fiction, documentari creativi e animazione) e videogiochi con potenzialità di circolazione transfrontaliera; la distribuzione di film europei nelle sale cinematografiche e su altre piattaforme e attività di vendita internazionale; le attività di formazione volte a promuovere l’aumento di competenze, la condivisione delle conoscenze e le creazione di network tra i professionisti del settore audiovisivo e attività di alfabetizzazione cinematografica e di audience development attraverso progetti di cooperazione internazionale.

Nel 1989 il Consiglio d’Europa ha varato il fondo Eurimages (fondo di sostegno culturale)[144], che conta la partecipazione di 39 stati membri, più il Canada come membro associato, preordinato a favorire le coproduzioni e la distribuzione di opere cinematografiche e audiovisive europee e la digitalizzazione delle stesse. Esso è stato emanato con l’obiettivo di promuovere l’industria cinematografica europea, incoraggiando la produzione e la distribuzione di film e la cooperazione tra i professionisti. Il fondo è indipendente, ma, comunque coordinato con il Programma “Media”, sostenendo finanziariamente opere che riflettono i molteplici aspetti della società europea e che evidenziano l’appartenenza alla cultura del Vecchio Continente. Vi sono anche altri fondi per gli audiovisivi come quelli di coesione e strutturali che coadiuvano gli incentivi nazionali e regionali[145].Un sostegno per i network europei di sale cinematografiche è stato previsto dal bando EACEA 24/2019rivolto a network di sale che rappresentino almeno 100 cinema dislocati in 20 diversi Paesi partecipanti al programma MEDIA. Il contributo finanziario di tale bando non può superare il 50% dei costi ammissibili complessivi che devono riguardare azioni volte a promuovere e proiettare film europei, attività educative volte alla sensibilizzazione del pubblico giovane, attività di promozione e di marketing in cooperazione con altre piattaforme di distribuzione (per esempio emittenti televisive e piattaforme di Video on demand), attività di networking, informazione e comunicazione.

Gli aiuti attribuiti dagli Stati membri al settore che sono stati approvati dalla Commissione dimostrano che essa ha considerato ammissibili un’ampia gamma di incentivi, che, tuttavia, ha sottoposto a un serio scrutinio. La maggior parte dei regimi ammette sovvenzioni a produzioni cinematografiche selezionate il cui massimale è stabilito come percentuale del bilancio della produzione del beneficiario dell’aiuto. Un numero crescente di Stati membri ha, però, introdotto sistemi che definiscono l’importo dell’aiuto come una percentuale delle spese nelle attività di produzione effettuate solo nello Stato membro che concede l’incentivo. Quest’ultimo è spesso concepito sotto forma di riduzioni fiscali oppure in modo da applicarsi automaticamente a un audiovisivo che soddisfa determinati criteri di ammissibilità.

Nel nostro Paese l’intervento dello Stato a favore della cinematografia è stato sempre notevole, soprattutto perché nel settore, da sempre, sono stati investiti ingenti capitali, circolando con essi una parte cospicua del reddito nazionale. Già a partire dagli anni ‘20, infatti, il sostegno pubblico alle attività cinematografiche assunse una dimensione organica e strutturata, e fino agli anni ‘40, l’intervento statale cercò di sostenere la produzione nazionale privata, attraverso la partecipazione diretta dello Stato all’attività audiovisiva mediante creazione di enti e società da esso controllati.

Attualmente, le moderne tecnologie multimediali hanno modificato radicalmente il sistema cinematografico, la produzione e la fruizione per cui l’impianto normativo si è dovuto adeguare. La disciplina delle incentivazioni al settore poggia su una serie di norme stratificatesi nel tempo, che hanno, peraltro, dovuto adeguarsi all’art. 117 Cost., secondo cui le attività dello spettacolo dovrebbero rientrare tra le materie di “legislazione concorrente” tra Stato e Regioni, sebbene i confini e soprattutto rimane dubbio quali leggi possono considerarsi effettivamente di principio. Il settore audiovisivo, tuttavia, in Italia a causa di diverse ambiguità di fondo, ha sofferto e soffre di un’inferiorità in termini di fatturato rispetto ai principali Paesi europei e rispetto alle potenzialità del sistema. L’Italia, invero, esporta pochissimi film e serie TV e i progetti realizzati in co-produzione risultano ancora marginali.

Gli aiuti di Stato agli audiovisivi sono stati definiti in maniera più precisa dalla legge finanziaria 2008, le cui misure sono state poi prorogate con successivi decreti-legge. Sebbene gli incentivi previsti da tale disposizione possano essere giudicati piuttosto frammentari, quest’ultima ha avuto il pregio di evidenziare la necessità di rafforzare le potenzialità culturali del cinema italiano la cui identità è a rischio di scomparsa a causa di una considerevole presenza di film commerciali ad alto budget di origine per lo più statunitense e a causa di una decisa difficoltà delle industrie italiane di produrre film a matrice culturale per via dei costi in crescita. L’art. 6 del d. l. n. 83/2014[146] ha previsto disposizioni urgenti per la crescita del settore cinematografico e audiovisivo, anche attraverso l’attrazione di investimenti esteri in Italia per il miglioramento della qualità dell’offerta e, modificando le precedenti disposizioni sul finanziamento al settore in oggetto, ne ha ampliato gli stanziamenti.

Dal 2016 la situazione normativa è profondamente cambiata perché è stata emanata la c. d. legge Cinema[147] che ha razionalizzato le norme vigenti e ha stabilizzato le dotazioni finanziarie annualmente destinate al settore. La legge appena citata ha istituto un nuovo Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo, alimentato, sul modello francese, direttamente dagli introiti erariali derivanti dalle attività di programmazione e trasmissione televisiva; dalla distribuzione cinematografica; dalla proiezione cinematografica e dall’erogazione di servizi di accesso ad Internet da parte delle imprese telefoniche e di telecomunicazione.

Sono, poi, stati stabiliti incentivi per le giovani società che producono film, prevedendo criteri più oggettivi nella selezione delle opere cinematografiche da sostenere. È stato, inoltre, concesso alle imprese del settore un maggior sostegno finanziario, attraverso la tax credit e sono state abolite le commissioni ministeriali che finora avevano il compito di stabilire i criteri e l’entità dei contributi da riconoscere alle imprese e ai film, sostituite da un sistema di incentivi automatici per le opere italiane[148]. Si prevede anche una maggiore valorizzazione delle sale cinematografiche italiane tramite previsioni urbanistiche ed edilizie volte a favorire il potenziamento o la costruzione di cinema e centri culturali multifunzionali e il riordino normativo di importanti settori e strumenti nel cinema e nell’audiovisivo. È stata realizzata anche una profonda riorganizzazione del settore dello spettacolo dal vivo attraverso un “Codice dello spettacolo”[149] che ha semplificato le procedure amministrative e gli incentivi per l’offerta artistico-culturale in Italia. La legge c. d. Cinema rimanda, comunque, a decreti-legge e a decreti ministeriali futuri per la concreta definizione delle disposizioni applicabili in materia e in particolare anche per regolare la gestione dei fondi[150]. Molte sono poi le iniziative nelle varie Regioni che prevedono sovvenzioni e contributi a fondo perduto per le opere cinematografiche sempre nel rispetto degli aiuti di Stato. Tra queste ricordiamo: Lazio Cinema International, il Contributo a fondo perduto sostenuto da Torino Film Commission per interventi a sostegno delle opere audiovisive, il Contributo a fondo perduto a sostegno delle produzioni cinematografiche e dell’audiovisivo realizzate in Lombardia, il Bando per opere cinematografiche e audiovisive dell’Emilia-Romagna, il Contributo a fondo perduto per sostenere la produzione audiovisiva nella Regione Puglia, insieme alla fondazione Apulia Film Commission che finanzia film in collaborazione con la Regione Puglia[151], gli Aiuti per la produzione di cortometraggi e documentari in Basilicata (ovvero la Lucania Film Commission).

4.3. Il settore museale e la progressiva riconduzione nell’alveo delle regole sulla concorrenza

Anche il settore museale è da comprendere nelle eccezioni disciplinate nell’art. 107, par. 3, lett. d)[152] e nel Regolamento n. 651/2014 dove è previsto specificamente all’art. 53 punto 2 lett. a) che tra gli aiuti per la cultura e la conservazione del patrimonio compatibili con il mercato interno ai sensi dell’art. 107, par. 3 del TFU esentati dall’obbligo di notifica di cui all’art. 108, devono essere ricompresi gli aiuti concessi per i musei che possono assumere la forma di costi per esposizioni interattive, la creazione o l’ammodernamento delle infrastrutture culturali ed il loro funzionamento[153].La Commissione, tuttavia, ha evidenziato che, se non appaiono dubbi circa la potenziale incidenza sul commercio intracomunitario di aiuti ai musei per grandi eventi capaci di attrarre un pubblico internazionale, sono, invece, da ritenere ammissibili, data la loro non rilevanza sul commercio intracomunitario, salvo casi eccezionali, gli eventi sponsorizzati da musei di natura locale, in considerazione della portata limitata e del modesto ammontare dell’aiuto finanziario[154]. Più recentemente anche gli incentivi alle infrastrutture intese come attività economiche funzionali a tali luoghi della cultura, incrementandone la valorizzazione, si fanno rientrare nella disciplina degli aiuti di Stato[155].

La Commissione, nella Griglia Analitica sugli aiuti di Stato n. 4[156], dedicata, tra l’altro ai musei, richiama i criteri idonei a stabilire quando l’intervento pubblico per questi ultimi costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’art. 107, par. 1 del TFUE, segnalando la possibile presenza di essi nei progetti infrastrutturali cofinanziati dai Fondi strutturali. L’organo esecutivo dell’Unione ha, inoltre, ribadito quanto affermato in sue precedenti decisioni[157]ovvero che: «per musei e monumenti storici più piccoli che si rapportano ad una domanda strettamente locale e che non attirano visitatori a livello internazionale, l’effetto esercitato sugli scambi potrebbe essere non necessariamente evidente […]. Per musei e monumenti storici più grandi che godono di fama internazionale, tuttavia, non è possibile escludere un effetto sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati Membri. La valutazione dipende dall’effettiva/potenziale capacità di attrarre visitatori stranieri». Questa puntualizzazione evidenzia che lo Stato membro può finanziare la realizzazione o la gestione di infrastrutture culturali, senza che questo incentivo venga sottoposto alle rigide regole degli aiuti di Stato anche quando non si tratti di infrastrutture di rilevanza squisitamente locale, ma solo se rispettino il criterio di cui sopra. Per la Commissione, in tal caso, occorre considerare il principio dell’investitore privato operante in un’economia di mercato[158]formulato per la prima volta in linea generale nella Comunicazione relativa all’applicazione della disciplina degli aiuti di Stato per le autorità pubbliche nei capitali delle imprese[159] e avallato dalla giurisprudenza dei giudici comunitaria[160]. Attraverso tale criterio, la Commissione verifica se le condizioni in presenza delle quali lo Stato trasferisce risorse finanziarie ad una determinata impresa corrispondono a quelle che sarebbero state considerate accettabili da un ipotetico investitore privato. In altre parole, l’intervento statale deve avere prospettive future di remunerazione delle risorse investite, perché le attività culturali, ivi comprese quelle relative alla realizzazione e alla gestione delle cosiddette infrastrutture culturali, possono essere considerate attività d’impresa e come tali, possono essere soggette all’applicazione delle norme in materia di concorrenza. Tutto ciò, però, è messo in discussione dalla circostanza che il biglietto di ingresso di un museo non è quasi mai in grado di compensare i costi inerenti alla gestione dello stesso. Molto spesso, infatti, quanto pagato dai fruitori non riesce a coprire neanche gli eventuali ammortamenti dell’investimento iniziale o le spese di manutenzione. In molti casi, poi, per determinate categorie di utenti (pensionati, giovani, appartenenti ad associazioni, ecc.), l’ingresso è gratuito o scontato e questo diminuisce i guadagni. Il biglietto non sembra rappresentare il corrispettivo per un servizio, mentre appare più opportuno considerarlo come un contributo alle spese per un servizio a carattere sociale. Per di più, occorre evidenziare che un’attività per essere considerata di mercato, deve essere svolta in concorrenza con altri operatori e, quindi, come si sa, consistere in un’offerta alternativa di beni e servizi, tale per cui l’acquisto o la fruizione di essi deve comportare la rinuncia ad un bene o servizio analogo proposto da un altro operatore del settore, situazione che si verifica solo quando i beni e i servizi sono comparabili e tra loro sostituibili[161]. Il dubbio che questo si possa ricontrare nel caso dei musei è forte poiché, come si sa, tali strutture offrono servizi unici senza rivalità nel consumo. Allo stesso modo, è discutibile l’idea che essi svolgano effettivamente un’attività d’impresa[162]poiché l’economicità della gestione dei beni culturali e la sua efficienza, come anche la Corte costituzionale ha affermato[163] non sono l’obiettivo principale di queste attività che, in primis, promuovono la cultura, la sua conservazione e la sua diffusione ex art. 9 Cost. Tale circostanza, ovviamente, limita la possibilità che agli aiuti di Stato concessi in tale settore abbiano l’attitudine a falsare il libero mercato. L’organo esecutivo dell’Unione, invero, sebbene si sia espresso molto raramente sul sostegno pubblico ai musei di portata internazionale ubicati in aree turistiche e, pur partendo dall’assunto che l’attività museale costituisce attività economica, ha, spesso, ritenuto che, data l’importanza marginale delle strutture coinvolte e/o dei territori interessati, l’eventuale distorsione sugli scambi potesse essere compensata dai vantaggi correlati alla tutela del patrimonio culturale tali da permettere di giudicare l’aiuto compatibile[164].Nei casi valutati dalla Commissione, tuttavia, essa più che argomentare sull’eventuale impatto dell’aiuto sulla concorrenza causato nell’ambito dell’attività museale, ha soprattutto valutato le ricadute dell’aiuto stesso sulla collettività e sul territorio, ritenendo giustificato il sostegno pubblico quando il beneficio sociale è capace di superare il beneficio privato[165].

I programmi europei a favore dei musei sono per la maggior parte quelli per sostenere la cultura in generale, anche se deve segnalarsi che le somme stanziate, almeno per questo settore, sono piuttosto basse. Il piano di lavoro per la cultura 2015-2018, adottato nel dicembre 2014 dai ministri della Cultura dei paesi dell’UE[166], fissa quattro priorità principali per la collaborazione a livello europeo nel campo delle politiche culturali e tra queste il raggiungimento di una cultura accessibile e aperta a tutti e la valorizzazione del patrimonio culturale, in cui si fa rientrare a pieno titolo la promozione dei musei.

Opportunità di rilievo per il settore si ritrovano in Europa creativa, in particolare, nella parte dedicata al sottoprogramma Cultura, in Horizon 2020 utilizzato per raggiungere l’eccellenza scientifica e per risolvere le sfide sociali, nel programma quadro per la ricerca e l’innovazione e nei vari fondi strutturali. Il programma Erasmus+ Settore Educazione degli Adulti Attività KA1 ha previsto agevolazioni per i musei e ha dato vita al progetto EMME, Education, museums and migrants’ experiences, finalizzato alla formazione e aggiornamento di educatori destinati a sviluppare e a promuovere il contributo di immigrati, nuovi cittadini e comunità straniere alla mediazione museale, incentivando visite e attività museali condotte da mediatori stranieri.

In Italia, il meccanismo di finanziamento dei musei si basa su incentivi rapportati alle varie iniziative culturali e i fondi spesso derivano da quelli europei come i FESR, nonché dai Fondi di coesione e da quelli strutturali. È da segnalare anche che l’Italia è il secondo Paese europeo che riceve più fondi strutturali per la cultura provenienti dall’Unione. Molto utilizzate per i musei sono le risorse del Fondo di Tutela del Patrimonio, istituito dalla legge di Stabilità del 2015[167]. La loro destinazione e il relativo cronoprogramma sono preventivamente concordati tra il MIBACT (ora MIC) e il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE).

Vi è, poi, il Fondo per il funzionamento dei piccoli musei, istituito con decreto dell’allora MIBACT[168], i quali, secondo la legge, sono da intendere come strutture permanenti, senza scopo di lucro, aperti al pubblico, che acquisiscono, conservano, catalogano, tutelano, promuovono, comunicano e rendono fruibile il patrimonio materiale e immateriale, facendo ricerca e divulgazione culturale e offrendo esperienze di educazione e intrattenimento, con entrate non superiori a 20.000 euro detratti i guadagni annuali destinati alle spese per il personale. Il fondo è stato concesso ai musei regionali, provinciali, civici o privati, gestiti da soggetti pubblici o da organizzazioni non profit, che non erano stati destinatari, almeno 2 anni prima, di contributi o finanziamenti statali e le sovvenzioni sono state attribuite secondo criteri stabiliti dal Ministero e a domanda degli interessati con l’obiettivo di realizzare la digitalizzazione del patrimonio, nonché la progettazione di podcast con percorsi espositivi funzionali alla fruizione delle opere e la predisposizione di programmi di didattica telematica (e-learning).

Il rapporto Cultural Heritage counts for Europe, stilato nel 2015 ha evidenziato l’importanza degli investimenti nel campo dei beni culturali e, quindi, anche nei confronti dei musei, sottolineando che essi hanno un ritorno in termini di benefici sociali ed economici che possono sintetizzarsi in 10 punti: maggiore sviluppo turistico; incremento di posti di lavoro; sostegno alla creatività, all’innovazione, alle nuove idee, alle soluzioni ai problemi, all’interpretazione del passato; ritorni dagli investimenti anche come generatori di tasse per gli istituti pubblici che traggono beneficio sia dalle attività collegate al patrimonio, sia dall’indotto; rigenerazione delle aree su cui il patrimonio insiste; capacità di essere parte della soluzione alle sfide poste dalla sostenibilità; miglioramento della qualità della vita; stimolo per l’istruzione; fattore di costruzione di capitale sociale e aiuto ai percorsi di coesione sociale, di partecipazione, impegno civico e integrazione.

5. Cultura e turismo post pandemia: il “nuovo corso” interventista

Le restrizioni dei viaggi, del settore dei trasporti, dell’utilizzo delle strutture ricettive, della ristorazione, delle attività ricreative relative alla cultura, al tempo libero, allo sport e alla natura, come è ampiamente noto, hanno arrecato un arresto dei flussi di turisti e dei fruitori di cultura sin dal primo trimestre del 2020[169]. Secondo le stime della Commissione UE, la diminuzione delle entrate a livello europeo ha raggiunto l’85% per gli alberghi, per i ristoranti, per gli operatori turistici e per il trasporto ferroviario a lunga percorrenza e il 90% per le crociere e le compagnie aeree. L’industria europea dei viaggi e del turismo, poi, ha segnalato che durante il Covid le prenotazioni sono diminuite tra il 60% e il 90% rispetto ai periodi corrispondenti degli anni precedenti[170]. Le PMI del settore sono state le più colpite dalla crisi che, sia per l’assenza di liquidità, sia per la situazione di incertezza hanno stentato a proseguire le attività, le quali sarebbero fallite definitivamente se non fossero stati previsti i c. d. “aiuti istantanei”[171] i quali, peraltro, hanno anche salvato i relativi dipendenti e, quindi, un numero non trascurabile di posti di lavoro.

Le imprese turistiche e culturali trovandosi in un contesto strutturalmente fragile dal punto di vista economico, sociale e ambientale hanno stentato a rimettersi in carreggiata e la ripartenza è potuta avvenire solo grazie alla disciplina meno rigida elaborata dall’UE in materia di aiuti di Stato. Anche il Parlamento dell’Unione non ha ignorato la grave situazione di turismo e cultura in seguito alla pandemia e, in una Risoluzione adottata nel settembre 2020, ha affermato con forza che l’Europa non può esimersi dal sostenere tale comparto con supporti mirati diretti e rapidi, affermando che l’aiuto finanziario dovrebbe provenire non solo dai bilanci nazionali, ma anche dai fondi unionali. I deputati hanno sottolineato, inoltre, il ruolo cruciale del già richiamato programma Europa creativa, chiedendo di raddoppiarne i fondi e invitando la Commissione a proporre nuovi modi per mitigare l’impatto della crisi sul settore.

La Commissione non ha ignorato i suggerimenti del Parlamento e, in considerazione della grave situazione dei settori in oggetto, nel maggio 2020, ha presentato un pacchetto, a dire il vero con una politica basata su un approccio decisamente più flessibile rispetto al passato, di Linee Guida, Orientamenti e Raccomandazioni sul turismo e i trasporti per aiutare gli Stati membri a far ripartire, attraverso una precisa strategia, le attività del settore, dopo lo stop forzato[172]. Questi atti hanno inteso aiutare turismo e cultura, sostenendo in maniera particolare le imprese affinché l’Europa continui a essere la destinazione numero uno per accoglienza dei visitatori, ma hanno anche cercato di superare le criticità preesistenti come i ritardi e le complessità amministrative nonché gli squilibri territoriali del passato poiché spesso le aree periferiche o meno sviluppate hanno ricevuto aiuti minori rispetto alle grandi città, dove si concentrano le principali istituzioni culturali e le barriere all’accesso di alcuni luoghi marginalizzati che hanno meno opportunità di beneficiare degli aiuti a causa di vincoli economici o logistici.

Da giugno 2020 è stata istituita Europeana[173], una piattaforma dell’Unione istituita con il fine di mostrare il patrimonio culturale in maniera digitale per accentuare la curiosità dei cittadini e nello stesso tempo evitare i contatti ravvicinati fra essi. La web-app complementare alla piattaforma su citata, ovvero “Gemme culturali”, inoltre, ha lanciato una campagna per favorire e rendere più appetibile il turismo di prossimità. La digitalizzazione, peraltro, ha dato un forte input alla cultura e in particolare al patrimonio culturale creando nuovi modi di fruizione che hanno richiesto nuove tipologie di finanziamento[174]. La Commissione ha adattato il programma Europa creativa alle nuove realtà che l’epidemia di Coronavirus ha imposto con l’impegno di applicare la massima flessibilità possibile nel concedere incentivi, ma sempre nei limiti di quanto previsto nei principi previsti nel Trattato. Nel sottoprogramma Cultura di Europa creativa è stata anche messa a disposizione una somma complessiva di 48,5 milioni di euro, per i progetti di cooperazione atti a fornire il supporto necessario agli artisti, alle organizzazioni e ai professionisti creativi coinvolti. Il piano ha una chiara dimensione europea e si pone in perfetto coordinamento con le misure di emergenza adottate a livello nazionale.

Sono state previste anche misure speciali per il cinema nel contesto del progetto MEDIA alla rete Europa Cinemas, al quale è stato aggiunto uno stanziamento supplementare di 5 milioni di euro per supportare le attività legate al cinema in modo che possano sviluppare strategie di marketing innovative.

La convenzione in corso con Europa Cinema per le attività svolte nel 2020 è stata, poi, ulteriormente modificata prevedendo un altro finanziamento aggiuntivo di circa 6,2 milioni di euro.

Numerose sono le azioni per dare concreta attuazione alle misure eccezionali adottate dagli Stati, autorizzate dalla Commissione con maggiore elasticità, proprio al fine di sostenere l’economia della cultura e del turismo e di arginare gli impatti della pandemia sul PIL nazionale. Ciò perché non è stato possibile ignorare la pesante variazione del numero dei consumatori del comparto e la situazione emergenziale. In Italia, per esempio, rispetto al 2019 la diminuzione delle presenze è stata pari al 91%, con una perdita di quasi 74 milioni di viaggiatori (43,4 milioni stranieri e 30,3 milioni di italiani)[175].Così, soprattutto il nostro Paese non poteva tardare a predisporre atti normativi per cercare di fronteggiare tale situazione e già a partire dai primi mesi della manifestazione della crisi sanitaria ha emanato decreti per attribuire aiuti per i settori in oggetto e per le PMI ivi operanti, finalizzati in particolare a contenere l’impatto dei costi fissi e straordinari (locazioni e ristrutturazioni) sostenuti dagli operatori; per garantire contributi a fondo perduto a sostegno della liquidità e delle spese correnti con l’obiettivo di potenziare gli interventi per la promozione turistica; per la tutela dei lavoratori e delle imprese anche attraverso la Cassa Integrazione e il blocco dei licenziamenti, stabilendo una moratoria sui debiti e un massiccio piano di garanzie pubbliche con l’istituzione o l’incremento di Fondi speciali per i settori in oggetto[176]. Per far fronte all’emergenza, sono stati emanati, soprattutto con atti del Governo, una pletora di provvedimenti[177].I vari decreti, il c.d. decreto cura-Italia[178], il c.d. decreto liquidità[179], il c.d. decreto agosto[180], il c.d. decreto rilancio[181], il c. d. decreto sostegni[182]spaziano dai bonus ai lavoratori autonomi e ai professionisti alla corresponsione di ammortizzatori sociali, dalle misure ripristinatorie a interventi per lo sviluppo con un impegno finanziario notevole che non sarebbe mai stato possibile se non fosse stata attivata la clausola di salvaguardia prevista dal Patto di stabilità e crescita, la quale ha sospeso la sua efficacia[183].

Attraverso il decreto “Cura Italia “è stato istituito, presso l’allora MIBACT un tavolo di crisi, con il compito di presentare proposte di sostegno per il comparto in oggetto e si è prevista la sospensione dei versamenti relativi all’imposta sul valore aggiunto in scadenza nel mese di marzo 2020 per “le imprese turistico-ricettive, agenzie di viaggio, turismo e tour operator” (art. 61, comma 2, lettera a), per i “soggetti che organizzano corsi, fiere ed eventi, ivi compresi quelli di carattere artistico, culturale, ludico, sportivo” (art.61, comma 2, lettera e) nonché per i “soggetti che gestiscono musei, biblioteche, archivi, luoghi e monumenti storici, nonché orti botanici, giardini zoologici e riserve naturali” (art.61, comma 2, lettera g). Nello stesso decreto si stabilisce pure un’indennità pari a 600 euro per il mese di marzo per i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali (art. 29, comma 1), la nascita del Fondo emergenze spettacolo e cinema gestito dall’ex MIBACT, per il sostegno degli operatori, autori, artisti, interpreti ed esecutori (art.89), il rimborso di voucher per i viaggi e pacchetti turistici annullati, per i biglietti per gli spettacoli, cinema, teatri, musei e altri luoghi della cultura e per gli alberghi e le strutture ricettive (art.88 e 88 bis) e infine il rilancio dell’immagine dell’Italia all’estero attraverso la realizzazione di una campagna di comunicazione volta a promuovere non solo le esportazioni italiane ma anche il turismo e la cultura (art.72). In particolare, stanziamenti considerevoli sono stati destinati ad assicurare la sopravvivenza dei musei e dei luoghi della cultura statali (165 milioni di euro)[184], e non statali (70 milioni)[185].

Una Decisione della Commissione del maggio 2020[186]ha riconosciuto la conformità al Temporary Framework e alle sue successive modifiche della disciplina degli aiuti di Stato per la lotta al Covid-19 contenuta nel c.d. “Decreto Rilancio”[187] e ha stanziato nove miliardi di euro a sostegno di diversi settori quali sanità, lavoro, famiglia, scuola, cultura[188], turismo e mobilità e dove sono stati previsti diversi bonus tra cui il c. d. bonus vacanze, quello a favore dell’ambiente e quello per stimolare uno stile di vita migliore, nonché un turismo più green.

Nel decreto richiamato sono previste misure di ricapitalizzazione destinate a tutte le imprese, con una particolare attenzione per quelle operanti in settori economici maggiormente danneggiati dai provvedimenti adottati per limitare la diffusione del SARS-Cov-2. Il provvedimento ha individuato una serie di azioni specifiche a sostegno delle start-up innovative, anche quelle in materia di cultura e turismo. È stato istituito, inoltre, il Fondo Turismo a valere nello stato di previsione dell’ex MIBACT (ora MITUR), per consentire di sostenere il settore turistico mediante operazioni di mercato e per sottoscrivere quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio e fondi amministrati da società di gestione del risparmio, in funzione di acquisto, ristrutturazione e valorizzazione di immobili destinati ad attività turistico-ricettive. Il decreto ha altresì previsto il Fondo per la promozione del turismo in Italia finalizzato a favorire la ripresa dei flussi turistici in ambito nazionale attraverso risorse che saranno assegnate a soggetti individuati e a supportare iniziative finanziate dallo stesso Ministero anche avvalendosi dell’Enit, ovvero l’Agenzia nazionale del turismo. L’investimento previsto dal decreto in commento che ha avuto maggiore risonanza mediatica è quello per la realizzazione di una piattaforma digitale per la fruizione del patrimonio culturale e degli spettacoli[189] realizzata dal MIC, principale soggetto a cui è stata affidata la linea editoriale con la partecipazione della Cassa depositi e prestiti, la quale, a sua volta, ha facoltà di coinvolgere soggetti pubblici e privati[190]. Un altro fondo, quello per emergenze imprese e istituzioni culturali è stato istituito sempre nel decreto Rilancio all’art. 183, comma 2 e una sua quota parte verrà utilizzata per il ristoro degli operatori nel settore delle mostre d’arte che non siano stati in attività nel 2019 e che abbiano inoltrato domanda secondo i criteri stabiliti dall’avviso pubblico emanato dal Ministero. Il c.d. Decreto Liquidità ha previsto misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti a cui possono accedere anche i lavoratori del turismo e cultura. Tale atto normativo al fine di favorire la ripartenza del sistema produttivo italiano, ha trasformato il Fondo di Garanzia per le PMI in uno strumento capace di garantire fino a 100 miliardi di euro di liquidità, prevedendo un forte snellimento delle procedure burocratiche per accedervi, potenziandone la dotazione finanziaria ed estendendone l’utilizzo anche alle imprese fino a 499 dipendenti[191].

Nella Comunicazione del 19 febbraio 2020, Shaping Europe’s Digital Future, la Commissione ha individuato tra i propri obiettivi, quello di consentire alle start-up[192] e PMI innovative e in rapida crescita di avere facile accesso ai finanziamenti così da garantirne un maggiore sviluppo[193], favorendo così anche i settori in esame.

Il Decreto Rilancio ha anche esteso l’Art Bonus a complessi strumentali, società concertistiche e corali, circhi e spettacoli viaggianti.

Con il Decreto Agosto è stato stanziato un Fondo di garanzia per le PMI che si è rivelato utile anche per le imprese del settore turistico e culturale ed è stata prorogata la cassa integrazione fino al 31 dicembre 2020 per i lavoratori del turismo. L’atto avente forza di legge ha disposto l’accesso allo sgravio contributivo per chi assume personale a tempo indeterminato, l’aumento del Fondo emergenze agenzie di viaggio e tour operator, in cui sono compresi anche le guide e gli accompagnatori turistici. Ha, poi, esteso al settore termale il credito d’imposta del 60% per gli affitti degli immobili, la sospensione della rata dei mutui al 31 marzo 2021, con un potenziamento del credito d’imposta a 180 milioni di euro per la riqualificazione e il miglioramento delle strutture ricettive comprese quelle all’aperto come gli agriturismi e i campeggi.

Il limite degli orari di chiusura e la totale sospensione della gran parte delle strutture turistiche ha portato, poi, all’approvazione dei c.d. “decreti Ristori”[194] per aiutare le categorie di lavoratori e operatori economici che durante la seconda ondata hanno maggiormente risentito delle restrizioni per fronteggiare la diffusione della pandemia. Questi decreti hanno volta per volta definito nuovi finanziamenti per il fondo per le imprese, per il settore fieristico e soprattutto della ristorazione, esteso le date di scadenza per richiedere gli indennizzi e rinviato ulteriormente il versamento dei contributi al secondo trimestre del 2021, coinvolgendo circa 460 mila attività produttive prevede in particolare aiuti per i bar, le pizzerie, i ristoranti, le gelaterie, le pasticcerie, le piscine, le palestre e i centri sportivi, i teatri, i cinema. Il primo decreto Ristori (ne sono stati emanati ben quattro), in particolare, ha previsto il Fondo speciale, istituito nello stato di previsione del Ministero a sostegno degli operatori turistici e della cultura e un’indennità, poi ripresa dagli altri decreti, per i lavoratori stagionali del turismo, degli stabilimenti termali e dello spettacolo e misure urgenti di sostegno all’export e al sistema delle fiere internazionali.

Con il Decreto Sostegni sono stati destinati alla cultura fondi per l’ammontare di circa 1 miliardo di euro con un ennesimo scostamento di bilancio. L’atto avente forza di legge, oltre sostenere la salute, la sicurezza e il trasporto pubblico locale, prevede un condono fiscale fino a 5 mila euro delle cartelle esattoriali, contributi a fondo perduto per imprese e partite iva, aiuti al lavoro dipendente e, in particolare, un’indennità straordinaria per tutti i lavoratori dello spettacolo, considerando gli artisti e le maestranze con almeno 7 giornate lavorative e un reddito inferiore ai 35.000 euro e coloro che, con almeno 30 giornate lavorative, abbiano un reddito inferiore ai 75.000 euro. Altri 400 milioni di euro saranno destinati ai fondi di emergenza esistenti, ripartiti tra sostegno dei musei statali, del cinema e dello spettacolo e aiuti per le imprese e delle istituzioni culturali[195]. Con tale decreto sono stati previsti nuovamente aiuti alle imprese di ristorazione, alle attività commerciali dei centri storici e alle imprese operanti nel settore dei matrimoni e degli eventi privati.

Tra le misure a sostegno della cultura, infine, vanno annoverate la quota parte dei fondi stanziati in favore delle partite IVA destinata a operatori, a lavoratori autonomi del settore e a chi esercita un’attività di impresa, un’attività artistica, professionale o ha un reddito agrario o assimilato (ad esempio anche un agriturismo) con contributi a fondo perduto che tengono conto dei ricavi e dei compensi percepiti dagli imprenditori nel 2019. Va anche considerata la proroga delle diverse forme di cassa integrazione, che sono andate a sostegno del reddito dei lavoratori dipendenti del comparto culturale e dello spettacolo, ma anche latax credit per alberghi e il super bonus per le ristrutturazioni, agevolazioni già previste in passato ed estese per i periodi di imposta 2020 e 2021 che hanno consentito alle imprese di sfruttare la sospensione dell’attività dovuto al lockdown per effettuare lavori di ammodernamento, contribuendo, nello stesso tempo, al sostegno del settore edilizio e al miglioramento dei consumi energetici e all’attrattività turistica delle strutture.

Per il turismo le risorse stanziate ammontano a 1,7 miliardi di euro cui si deve aggiungere una parte del maxi-fondo da 200 milioni per le imprese del wedding e della ristorazione nei centri storici. Nello stesso decreto sono stati previsti bonus per i lavoratori stagionali e per i lavoratori dipendenti e un fondo per i periodi invernali. Le misure erogate, da una parte sono state trasversali a tutti i settori, come i crediti d’imposta per coprire alcuni costi legati all’emergenza (spese sostenute per ridurre il rischio da contagio oppure per acquistare dispositivi di protezione individuale), dall’altra hanno riguardato specificamente la cultura e il turismo. Nel decreto c.d. “Sostegni bis[196] sono stati stanziati ulteriori 3,340 miliardi di euro che implementano la precedente quota già concessa dal primo decreto Sostegni. Le risorse sono distinte per categorie, tra cui aiuti per operatori del turismo e dello sport, sovvenzioni per città d’arte, credito d’imposta per canoni di locazione, agenzie di viaggio, tour operator, guide turistiche. È stato istituito anche il bonus vacanze con l’obiettivo di essere impiegato presso le agenzie di viaggio e i tour operator, in più sono stati attribuiti 50 milioni di euro per i territori dove sono ubicati siti Unesco patrimonio mondiale dell’umanità. Il decreto Sostegni bis contempla, altresì, ristori a fondo perduto, misure per la liquidità, un pacchetto di norme in favore dell’occupazione, stanziamenti in favore delle attività chiuse e fondi a favore di agriturismi e aziende vitivinicole, oltre all’istituzione di un “fondo per il sostegno alle attività economiche chiuse”, al fine di supportare le attività economiche rimaste non operative per un periodo complessivo di almeno quattro mesi tra il primo gennaio 2021 e la data di conversione in legge del decreto.

I molteplici provvedimenti adottati dal Governo nel pieno della crisi hanno dimostrato la volontà in prima battuta di trovare una soluzione rapida per tutelare sia il turista consumatore che aveva subito danni dalla sospensione delle attività, sia soprattutto per frenare la crisi che stava investendo pesantemente imprese e lavoratori. I decreti, tuttavia, hanno evidenziato di contenere una disciplina non dotata di un piano ben preciso, comprendendo disposizioni con ambiti di applicazione soggettivi e temporali non omogenei con, a volte, un po’ di confusione. Si sono evidenziate, infatti, previsioni basate su logiche, a volte, non del tutto comprensibili, come talune disposizioni in cui l’emergenza sanitaria è sembrata un pretesto per adottare norme di favore per chi opera in ambiti “ambigui” (si pensi per esempio alla ennesima proroga delle concessioni balneari che, nonostante le diverse Raccomandazioni formulate in sede europea in senso contrario, è stata disposta al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall’emergenza)[197]. A onore del vero, occorre anche rilevare come, spesso, le difficoltà innanzi richiamate sembrano essere legate alla peculiarità del settore in oggetto che costituisce esso stesso un sistema non definito in maniera puntuale e che, data la sua trasversalità con altre materie, presenta una complessità innegabile[198]la quale non agevola l’emanazione di norme dotate di organicità.

Anche a livello ministeriale si è assistito all’emanazione di una serie di provvedimenti per attribuire sovvenzioni varie. Così il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (ora, come noto, sostituito da Mic e Mitur) ha provveduto a emanare decreti ministeriali volti a sostenere le attività culturali maggiormente in difficoltà, prevedendo sostegni di circa due miliardi e mezzo per tale comparto. Con DM 2 ottobre 2020 sono state stabilite sovvenzioni rivolte alle agenzie di viaggio, ai tour operator, agli operatori dello spettacolo, alle guide e agli accompagnatori turistici. Il DM 14 ottobre 2020 e il DM 16 ottobre 2020 si sono occupati del mondo dello spettacolo, prevedendo un ristoro per mancata bigliettazione dei teatri di rilevante interesse culturale, per i centri di produzione teatrale, per i teatri di tradizione e per i centri di produzione danza. Per le sale cinematografiche, invece, il DM 7 ottobre 2020 ha previsto aiuti per il mancato guadagno come anche per i musei e i mancati introiti dalla bigliettazione, mentre per le mostre annullate o rinviate vi è una regolamentazione specifica nel DM 29 ottobre 2020. Il 25 maggio 2021 il ministro della cultura ha approvato un ulteriore decreto a favore delle sale cinematografiche e del settore audiovisivo, ampliando gli incentivi già stanziati ed estendendo la dotazione del fondo cinema per favorire la riapertura di questi luoghi simbolo dell’industria creativa del Paese. In un secondo momento, l’intervento pubblico, invece si è rivolto verso una pianificazione con un progetto di più ampio respiro con obiettivi generali come la sostenibilità, l’innovazione e la resilienza[199].

L’Italia, come gli Stati membri, spinti dalla policy europea si sono sforzati di stimolare alla competitività tramite incentivi all’innovazione tecnologica e di dare vita a investimenti produttivi e di largo respiro o, come è stato detto, “pazienti”[200], ma sempre nel rispetto del mercato.

Così è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze il Fondo unico per il sostegno delle associazioni e società sportive dilettantistiche, le cui risorse, sono state trasferite dal bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri al Dipartimento per lo Sport. Il Fondo è stato destinato all’adozione di misure di sostegno e ripresa delle associazioni e società sportive dilettantistiche che hanno cessato o ridotto la propria attività istituzionale a seguito dei provvedimenti statali di sospensione delle loro attività a causa del Covid, attribuendo garanzie di Stato a titolo gratuito del 100% su prestiti a tasso agevolato, per aiutare gli enti di cui sopra ad affrontare la carenza di liquidità, aiutarle nell’accesso al mercato del credito e a riprendere la loro attività.

A questi provvedimenti si è aggiunta anche la legge di bilancio 2021[201] che si inserisce nell’ambito del c.d. “Pacchetto Turismo” e che, mentre da un lato ha rifinanziato le misure emergenziali dei mesi precedenti, dall’altro, ha introdotto nuove disposizioni di favore per il settore. In particolare, ha previsto un contributo a fondo perduto stanziato in favore delle “Città Santuario” che ricalca quello già previsto per i centri storici, con un incremento delle risorse del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo, l’esenzione della prima rata Imu 2021 per gli immobili dove si svolgono attività connesse ai settori del turismo, della ricettività alberghiera e dello spettacolo, per gli stabilimenti balneari, i parchi marittimi, lacustri e fluviali e gli stabilimenti termali, gli agriturismi, i villaggi turistici, gli ostelli della gioventù, i rifugi montani, le colonie marine e montane, gli affittacamere, le case e gli appartamenti per vacanze, i bed and breakfast, i residence e i campeggi, gli immobili utilizzati dagli espositori nell’ambito di eventi fieristici e manifestazioni, le discoteche e le sale da ballo.

L’art. 4, del d.l. 73/2021 ha stabilito, fra le altre misure, anche l’estensione del credito d’imposta già previsto per i canoni di locazione degli immobili ad uso non abitativo adibiti ad agenzie viaggio e tour operator, per le imprese di produzione di audiovisivi, nonché per le imprese di distribuzione, di produzione esecutiva e di post-produzione. L’atto governativo, inoltre, stabilizzando alcune disposizioni introdotte per il 2020 dal decreto “Rilancio”, ha introdotto una maggiore flessibilità nella determinazione delle risorse da attribuire al settore anche in deroga alle percentuali già stabilite. Altri incentivi per le attività operanti nei settori in oggetto sono stati previsti anche da Regioni e Comuni che, a seconda delle situazioni specifiche, sono intervenuti con proprie norme nel rispetto del diritto europeo.

A tal proposito occorre rilevare che la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato un documento sulle iniziative di sostegno ai comparti dell’industria, del commercio e del turismo sempre a seguito dell’emergenza Covid,[202] in cui si è evidenziata la necessità di agire sul mantenimento della continuità produttiva, dei flussi di approvvigionamento e distribuzione, definendo specifici interventi sulle dinamiche occupazionali e a sostegno della liquidità delle imprese.

La Commissione si è dimostrata favorevole a questi aiuti di Stato e in linea di massima ha dichiarato la loro compatibilità dichiarandoli congruenti rispetto al “Quadro temporaneo”[203].

Le città italiane turistiche colpite dal coronavirus hanno potuto beneficiare di misure di sostegno se nel giugno 2020 il loro fatturato è diminuito di almeno un terzo rispetto a giugno 2019 e l’importo della sovvenzione è stato calcolato sulla percentuale di tale differenza di fatturato. Allo stesso modo, sono stati ritenuti compatibili anche gli aiuti per le piccole case editrici e l’industria musicale discografica e fonografica del valore complessivo di 20 milioni per soddisfare le esigenze di liquidità e aiutare tali imprese a mandare avanti le loro attività durante e dopo la pandemia, così come un incentivo da 625 milioni di euro a sostegno degli operatori turistici, delle agenzie di viaggio delle imprese dei settori del turismo e delle cure termali colpite dalla pandemia di Coronavirus. L’aiuto mirava a ridurre il costo del lavoro a carico dei datori di lavoro privati attivi nei settori del turismo e delle cure termali, al fine di preservare i livelli occupazionali. La misura, infatti, prevedeva un’esenzione totale dal pagamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (esclusi i contributi relativi all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), per un periodo di tre mesi.

Infine, anche gli aiuti a sostegno delle imprese del Sud Italia e a favore di PMI e lavoratori autonomi emanati dal Governo italiano a più riprese sono stati ritenuti compatibili con la normativa europea, rivelandosi un valido sostegno per coloro che svolgono attività turistiche e culturali. La Commissione ha, infatti, considerato le misure come essenziali, opportune e proporzionate a quanto necessario per porre rimedio al grave turbamento dell’economia di uno Stato membro e in linea con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b) del TFUE[204]. Non solo, occorre rilevare che data la propensione della Commissione a concedere aiuti secondo quanto stabilito dall’art. 107, paragrafo, 3, lett. b) per il quale si possono considerare compatibili con il mercato interno, tra gli altri, «gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro», il Governo italiano ha istituito nel maggio 2022uno specifico Fondo IPCEI per importanti progetti di comune interesse europeo riguardanti il turismo con una spesa ammessa fino a 10.000.000 €. Quest’ultimo prevede tra i settori cui concedere le agevolazioni anche cultura e turismo e i servizi a essi collegati come quelli di trasporto, quelli alberghieri e quelli di ristorazione[205] che verranno finanziati nel caso verranno istituite iniziative collaborative attive nei citati settori effettuate su grande scala con la partecipazione di diversi attori (pubblici o privati) presenti sul panorama europeo. Il succitato progetto è particolarmente importante poiché la disciplina degli aiuti di Stato dell’Unione, a volte, entra in conflitto con le politiche culturali nazionali, che spesso riflettono priorità locali e particolarismi che in tal modo si cercano di superare. Occorre, infine, anche evidenziare che l’attribuzione degli incentivi a questi settori deve tenere conto di alcune criticità come la circostanza che alcune imprese del settore potrebbero diventare dipendenti dagli aiuti di Stato, riducendo così la loro capacità di autosostenersi. È, infatti, importante trovare un equilibrio tra il supporto pubblico, il mercato e la capacità di finanziamento privato o commerciale che effettivamente non è facile da raggiungere poiché gli aiuti dovrebbero essere accompagnati da strategie per migliorare la sostenibilità economica delle istituzioni culturali, favorendo i partenariati con il settore privato.

5.1. La programmazione settoriale nel PNRR

Una dimostrazione tangibile della nuova programmazione europea[206]sviluppatasi dopo la crisi pandemica e attuata con la collaborazione dei Paesi membri è il Piano nazionale di ripresa e di resilienza[207], elaborato in attuazione di quanto stabilito dal Next generation Eu che costituisce una parte fondamentale dei suoi finanziamenti da impiegare secondo una logica proattiva. Il PNRR prevede precise modalità da attuare nel procedimento di approvazione della programmazione statale degli interventi, si tratta di condizionalità positive che assumono un valore trasversale nelle scelte riguardanti i finanziamenti e che devono rispettare la ripartizione dell’allocazione delle risorse nell’ambito dei progetti relativi alla transizione verde; alla trasformazione digitale; alla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; alla coesione sociale e territoriale; alla salute e resilienza economica, sociale e istituzionale; alle politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani. I tre assi strategici del Piano sono: la digitalizzazione e l’innovazione; la transizione ecologica; l’inclusione sociale e il riequilibrio territoriale. Tutti i Paesi membri, in vero, hanno attuato queste priorità anche attraverso i programmi per agevolare la ripresa del turismo e della cultura, nella piena consapevolezza che questi ultimi sono settori chiave per uno sviluppo di un’economia di qualità[208].

In particolare, per i settori in esame, in tutta l’Unione, sono state stanziate risorse per una maggiore competitività soprattutto attraverso una più intensa digitalizzazione e sostenibilità, favorendo l’utilizzo di mezzi di trasporto green (in particolare per il turismo), il rafforzamento della tutela dei paesaggi e della diversità culturale, promuovendo nuove modalità eco compatibili di gestione dei flussi e dei servizi turistico-culturale, compreso un sistema più moderno dell’analisi dei Big Data e delle piattaforme per migliorarne l’offerta[209]. Gli attuali fondi di coesione sono stati convogliati, secondo gli intendimenti della Commissione, anche verso investimenti volti a ripristinare il bisogno e la possibilità di fruire di cultura e turismo. Il PNRR, già rimodulato rispetto alla prima stesura per meglio adeguarsi alle criticità emerse nella fase di attuazione[210], sembra considerare i settori in esame molto rilevanti per contribuire al rilancio del nostro Paese e per promuovere l’immagine e il Brand dell’Italia nel mondo. Nella prima Missione del “Piano” “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura” sono stati assegnati 40,73 miliardi con specifici investimenti per i due comparti in esame, pari al 2,44% delle risorse complessive del budget dello stesso Recovery Plain, che considerati insieme al fondo complementare e agli altri fondi strutturali europei destinati al nostro Paese, totalizzano quasi 5,74 mld di euro di finanziamenti, sebbene, in realtà, dato anche il diverso peso degli stanziamenti, gli interventi per la cultura sembrano essere ancillare al turismo[211]. Le Misure contenute nel PNRR mostrano l’intenzione del Governo di ampliare il peso dei settori in esame con l’intenzione di creare le condizioni per una maggiore consapevolezza circa l’importanza di essi da sviluppare con l’ausilio delle più moderne tecnologie.

Il PNRR ha inserito gli ambiti oggetto di questo studio, proprio nella Missione 1, probabilmente, per evidenziare la forte interattività fra le componenti e le filiere di turismo e cultura e i processi di miglioramento della società. La Missione in oggetto si articola in tre componenti: digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA; digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo (Transizione 4.0) e turismo e cultura 4.0. Gli interventi previsti si conformano agli obiettivi e ai principi trasversali del Piano, con il fine di favorire gli asset chiave del patrimonio culturale italiano e la nascita di nuovi servizi turistici, sfruttando la leva dell’inclusione e della rigenerazione sociale per migliorare l’attrattività, l’accessibilità (fisica ma anche digitale), la sicurezza e la sostenibilità dei settori nell’ottica generale della tutela ambientale e di una cooperazione tra attori pubblici, e tra essi e i privati[212], in linea con quanto dichiarato nella Convenzione di Faro[213] e nel Quadro di azione europeo per il patrimonio culturale[214]. La Componente 3 della Missione 1 è dedicata, come rilevato, a Turismo e Cultura 4.0” con azioni che puntano all’obiettivo di rafforzare e rilanciare tali settori. Una prima linea di azione riguarda interventi di valorizzazione di siti storici e culturali, volti a migliorare capacità attrattiva, sicurezza e accessibilità dei luoghi. Gli interventi sono dedicati anche alla tutela e alla valorizzazione dei siti minori (ad esempio i “borghi” e le realtà culturali “minori”), nonché alla rigenerazione delle periferie urbane e allo sviluppo dei luoghi identitari per renderli più attrattivi[215], rafforzando al tempo stesso il tessuto sociale del territorio senza dimenticare di sostenere le grandi città, le località balneari e i luoghi di maggiore attrazione che rischiano di essere penalizzati dai comportamenti turistici “insostenibili. La riqualificazione e il rinnovamento dell’offerta turistica e culturale sono, infatti, improntati a una filosofia di sostenibilità ambientale anche con l’ausilio dell’utilizzo delle potenzialità del digitale e delle nuove tecnologie[216] per offrire nuovi servizi che concedono un migliore accesso e fruizione delle risorse turistiche/culturali. Si punta anche a innalzare l’efficienza energetica degli edifici[217], oltre che a ottimizzare la gestione degli eventi turistici e culturali in una logica di riduzione dell’impatto ambientale[218]. Il primo intervento riguarda il patrimonio culturale per la prossima generazione che considera un nuovo modo di approcciarsi alla cultura attraverso un maggiore utilizzo della digitalizzazione per migliorare la fruizione dei beni a 360° e l’accessibilità dei luoghi della cultura (compreso i disabili che attraverso la tecnologia possono aumentare le loro capacità di godere delle cose di interesse storico-artistico[219]). Si propone la modernizzazione del settore per realizzare una concreta sostenibilità anche in termini di miglioramento dell’edilizia di musei, cinema e teatri (pubblici e privati)[220]con l’obiettivo di ottimizzare la fruizione dei luoghi, cercando di evitare preoccupanti fenomeni come l’over tourism[221].

Il secondo intervento è rivolto alla Rigenerazione di piccoli siti culturali, al miglioramento della tutela, attrattività e sviluppo del patrimonio culturale religioso e agricolo per creare nuove mete e attrazioni che possano spostare parte dei flussi dei viaggiatori che di solito sono rivolti verso i luoghi maggiormente conosciuti. Tali investimenti, per di più, si propongono di consentire la valorizzazione del non trascurabile patrimonio di storia, arte e cultura presente nei centri minori, nelle zone rurali e nelle aree interne della nostra Penisola, favorendo il recupero delle tradizioni. In tal modo, è possibile anche sostenere ulteriori iniziative imprenditoriali/commerciali (come, ad esempio, la nascita di nuove modalità ricettive), capaci di rivitalizzare il tessuto socioeconomico dei luoghi meno conosciuti (si pensi alla riattualizzazione dei mestieri tradizionali) e contrastare lo spopolamento dei territori. Attraverso questi interventi si punta a migliorare l’interesse verso il patrimonio culturale di tutta la penisola italiana dall’innegabile potenziale per la crescita economica, ma sempre nel rispetto della compatibilità eco-ambientale[222]. A tal proposito, è stato disposto il “Piano Nazionale Borghi”, un programma di sostegno relativo allo sviluppo delle zone svantaggiate e dei piccoli centri che attribuisce un maggiore risalto dei prodotti e dei saperi dei vari territori. L’intenzione di questo progetto sembra quella di adottare una strategia volta a far sentire ai potenziali turisti che il nostro Paese è capace di adattarsi alle esigenze richieste dagli stessi, con l’obiettivo di rendere fruibili le bellezze italiane in un clima di sicurezza e serenità, anche rimuovendo le barriere che non permettono l’accessibilità dei luoghi alle persone anziane o diversamente abili. Un altro obiettivo è la riqualificazione, manutenzione e fruizione di parchi e giardini storici, con un particolare occhio di riguardo per la sicurezza antisismica di chiese, campanili e torri. Per il restauro si utilizzerà il patrimonio del Fondo Edifici di Culto e per la realizzazione di Siti di ricovero delle opere d’arte coinvolte in eventi calamitosi il c. d. Recovery Art. Interessante la creazione del Centro per il controllo e il monitoraggio dei Beni Culturali al fine di ottimizzare la sicurezza dei siti culturali italiani, nonché per riconvertire alcune centrali nucleari dismesse ed ex strutture militari[223] in siti da utilizzare per scopi sociali.

Il terzo intervento si riferisce all’Industria Culturale e creativa 4.0 (in pratica quella che prende il nome di Orange economy) e contempla finanziamenti per strutture ed enti profit e non profit operanti nel settore, che privilegiano in particolar modo una gestione basata sulla transizione digitale delle proprie strutture e che favoriscono un’evoluzione in senso ecologico della produzione e della partecipazione attiva dei cittadini alla cultura, promuovendo le produzioni innovative e l’ecodesign e riducendo le esternalità negative degli eventi culturali. Altre risorse ancora sono state stanziate per un Piano che contempla interventi improntati a favorire la ripresa dei settori culturali e creativi promuovendo la domanda e incentivando la formazione tecnologica e green degli operatori. Le maggiori risorse di questo intervento, comunque, sono attribuite agli investimenti nell’ambito cinematografico e audiovisivo per renderlo sempre più competitivo e moderno. Il sub intervento in questione si rivolge, in particolare, agli studi cinematografici di Cinecittà per aumentare i livelli qualitativi e quantitativi dell’offerta produttiva e la capacità di attrarre un numero maggiore di produzioni cinematografiche nazionali, europee e internazionali. Si prevede, inoltre, il rilancio delle attività formative, della digitalizzazione, dell’efficientamento energetico della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia e un potenziamento della Cineteca Nazionale. L’industria del cinema viene considerata come ambito distintivo della produzione culturale italiana e, in particolare, si scommette sulla sua capacità di rivitalizzare gli eventi culturali (mostre, festival, eventi culturali, eventi musicali) sempre senza trascurare l’utilizzo di criteri sociali ed ecologici.

Dall’escursus appena compiuto si evidenzia come la realizzazione di tutti gli obiettivi previsti dal PNRR è un’impresa decisamente molto ambiziosa che, se si riuscirà a concretizzare, potrà realizzare un vero cambio di passo del settore. Le statistiche dell’ultimo periodo che sono molto migliorate[224] fanno ben sperare che i settori di cui ci si occupa possano davvero diventare un fiore all’occhiello per l’Italia.

Il Ministero della Cultura ha individuato, per ciascuno dei nove interventi di sua competenza contenuti nel PNRR, le strutture responsabili dell’attuazione e della governance rimodernandole. Per il programma Piattaforme e strategie digitali e per l’accesso al patrimonio culturale il coordinamento è assegnato alla Digital Library; per i programmi Rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi, ed efficienza energetica in cinema, teatri e musei, sarà responsabile la Direzione Generale Musei che collaborerà con la Direzione Generale Spettacolo dal Vivo per i cinema e teatri. Il Servizio V del Segretariato Generale del Ministero di cui sopra gestirà i programmi Attrattività dei borghi, Tutela e valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale, la sicurezza sismica dei luoghi di culto, il restauro del patrimonio culturale del Fondo Edifici di Culto (FEC) eRecovey Art. Quest’ultimo programma sarà attuato in collaborazione con il Ministero degli Interni per la parte del FEC (fondo edifici di culto) e con la Soprintendenza speciale di Roma per le chiese della Capitale. La Direzione Generale per il Cinema gestirà il programma relativo allo sviluppo dell’industria cinematografica che riguarderà Cinecittà, Istituto Luce e la Fondazione Centro sperimentale di cinematografia. La Direzione Generale Creatività Contemporanea si occuperà del programma di investimenti Capacity building per gli operatori culturali che devono realizzare la transizione digitale e verde. La riforma di adozione dei criteri ambientali minimi negli avvisi e negli eventi culturali pubblici sarà, invece, di competenza del Ministero della Transizione Ecologica.

5.2. Peculiarità disciplinari, governance e progetti operativi

Il quarto intervento riguarda il Turismo 4.0[225]e prevede, tra le principali azioni, il Digital Tourism Hub, il Fondo integrato per la competitività delle imprese turistiche, il miglioramento delle infrastrutture ricettive attraverso lo strumento del tax credit, il progetto Caput Mundi-New generation EU per i grandi eventi turistici, la riforma dell’ordinamento delle professioni delle guide turistiche e un Piano strategico per i grandi attrattori culturali dove sono programmati specifiche azioni riguardanti siti individuati in varie città d’Italia[226]. È stato predisposto un Fondo per il Turismo Sostenibile all’interno del più generale Fondo di Fondi per la realizzazione di diversi interventi anche per mantenere in equilibrio l’ecosistema locale e le attività umane, al quale si sommano investimenti mirati della BEI. Per il rilancio del settore è stata potenziata una piattaforma web centrale del turismo italiano che, su ispirazione delle migliori pratiche messe in atto da altri Paesi, intende offrire una comunicazione di qualità circa il patrimonio e l’offerta del territorio italiano in modo da fornire utili informazioni sui servizi offerti al turista.

L’obiettivo dell’Hub digitale è quello di creare un ecosistema turistico integrato composto da operatori turistici, imprese e stakeholders istituzionali, capace di supportare e coadiuvare le scelte del turista nella pianificazione della destinazione e dei viaggi, con il fine di aggregare e valorizzare l’offerta turistica anche attraverso strumenti di data analytics e intelligenza artificiale che hanno contribuito a rendere il settore pronto a raggiungere nuovi record alla fine del 2024. Si prevede, infatti, un futuro indotto economico globale che raggiungerà la cifra astronomica di 11,1 trilioni di dollari[227]. È evidente come il rafforzamento della digitalizzazione e la spinta all’innovazione sono considerati, come ormai è opportuno, una priorità da realizzare comunque in maniera sinergica con altri settori e, per questo, sono state previste altre misure nel Recovery Plain che completano la strategia del Governo per il turismo. Sono stati anche istituiti particolari fondi con il proposito di perseguire, oltre alla più volte richiamata sostenibilità, il sostegno all’imprenditorialità giovanile e la riqualificazione a 360° degli immobili ad alto potenziale turistico.

Vi è, altresì, da considerare che le Misure 2, 3 e 7 riguardanti rispettivamente la rivoluzione verde, la transizione ecologica e le infrastrutture per una mobilità sostenibile, nonché il REPowerEU, per la strategia energetica nazionale affiancano gli interventi riguardanti specificatamente il turismo e sono tese alla realizzazione di azioni di cui possono beneficiare anche le attività del comparto[228].Il fondo integrato per la competitività delle imprese, inoltre, è costituito da un sistema organico di strumenti preesistenti che consentiranno di rendere disponibili risorse finanziarie a favore del miglioramento delle infrastrutture ricettive. Tale fondo ha come obiettivo la realizzazione di interventi per le attività turistiche con il fine di favorire una strategia unitaria per il loro rilancio nonché per lo sviluppo e la resilienza di prodotti e servizi del settore, permettendo alle imprese di ricorrere alla leva finanziaria per il loro rafforzamento patrimoniale coadiuvati da investimenti improntati ancora una volta alla sostenibilità ambientale, all’innovazione e alla digitalizzazione. Nel Fondo Nazionale Turismo è stato implementato anche l’investimento c. d. Valorizzazione, competitività e tutela del patrimonio ricettivo e cultura attraverso la partecipazione del MiTur. Uno speciale sostegno alla nascita e al consolidamento delle PMI turismo è fornito dalla sezione «turismo» del Fondo di Garanzia per le PMI. Un fondo rotativo per le imprese (FRI) è stato, poi, previsto per il sostegno delle imprese di minori dimensioni che intendono svilupparsi nei servizi del settore[229].

Il progetto Caput mundi, invece, traccia un processo innovativo di valorizzazione del patrimonio turistico, culturale di Roma e del Lazio sfruttando l’opportunità del prossimo Giubileo 2025. Un altro sub intervento di turismo 4.0 prevede anche una riforma relativa all’ordinamento della professione delle guide turistiche con l’obiettivo di dare, nel rispetto delle competenze regionali, una maggiore uniformità nazionale e una migliore qualificazione professionale alla categoria che da tempo è soggetto a diverse problematiche e necessita di norme certe[230].

Il Recovery Plan, inoltre, supporta la crescita delle competenze degli operatori dell’industria culturale e creativa, puntando sulla riqualificazione di questi ultimi in modo da permettere loro di acquisire nuove conoscenze e capacità su temi green e digitali promuovendo la più ampia inclusione sociale (secondo i tre assi portanti del NEX Generation Eu) attraverso programmi di formazione ad hoc. In particolare, si intende migliorare la professionalità dei nuovi imprenditori under 35, per aumentare scommettendo sulle capacità della nuova generazione affinché il turismo del futuro possa fornire servizi di eccellenza[231].

I progetti relativi a tale settore prevedono anche una forte cooperazione tra gli attori pubblici perché possano occuparsi di predisporre specifiche politiche di sostegno per migliorare l’efficienza delle azioni. L’aver messo il punto sulla collaborazione delle amministrazioni interessate è molto importante in quanto per la materia in oggetto insistono diverse competenze a livello centrale e locale (Comuni, Città Metropolitane e Regioni) che spesso creano complicati attriti che ingessano e rallentano l’attuazione della maggior parte dei progetti[232].

Non si tralascia neanche il coinvolgimento dei privati e a tal scopo vengono favorite le incentivazioni delle sponsorship attraverso forme di governance multilivello, in linea con il Quadro di azione europeo per il patrimonio culturale, che specificamente invita a promuovere i partenariati nell’ambito della cultura[233].Come anticipato, molti interventi proposti dal PNRR riguardanti altre materie hanno dimostrato di favorire il turismo e cultura in maniera indiretta, ricordiamo, ad esempio, gli interventi relativi all’inclusione e alla coesione, nonché le iniziative per il rafforzamento dell’istruzione che permettono di intercettare risorse aggiuntive al di là di quelle specificamente “etichettate” per i settori in esame. Si comprende, tuttavia, come la concretizzazione di questi buoni propositi non sarà semplice poiché i progetti dovranno essere ben definiti negli obiettivi, nei risultati attesi e nei ruoli. Occorre, inoltre, rendere trasparente il procedimento per ottenere i finanziamenti, i relativi interlocutori e i tempi e i modi dell’istruttoria, formando in maniera consona gli amministratori locali, i corpi intermedi e gli operatori culturali ancora un po’ carenti su questi temi perché, proprio a tali soggetti spettail ruolo di facilitatori dei progetti programmati e soprattutto il compito di porsi al di sopra degli interessi di categoria per realizzare risultati concreti e duraturi[234].

Il d.l.n. 152/2021, c.d. Decreto PNRR, recante disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, poi, tra le misure urgenti ha previsto ulteriori quattro articoli specifici per il settore turismo. L’art. 1 ha stanziato, al fine di migliorare la qualità dell’offerta ricettiva in attuazione della linea progettuale del PNRR, nuovi fondi in favore di imprese alberghiere, di strutture che svolgono attività agrituristica, di strutture ricettive all’aria aperta, nonché di imprese del comparto turistico, ricreativo, fieristico e congressuale, ivi compresi gli stabilimenti balneari, i complessi termali, i porti turistici e i parchi tematici, sotto forma di credito di imposta, fino all’80% delle spese sostenute per gli interventi realizzati a decorrere dalla data di entrata in vigore del summenzionato decreto e fino al 31 dicembre 2024. Per i soggetti appena menzionati, peraltro, è riconosciuto anche un contributo a fondo perduto non superiore al 50% delle spese sostenute per gli interventi di riqualificazione edilizia espressamente specificati nella disposizione in commento realizzati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 31 dicembre 2024. Il contributo è riconosciuto per un importo massimo pari a 40.000 euro che può essere aumentato a determinate condizioni stabilite sempre nell’articolo in oggetto (ad esempio per le imprese la cui sede operativa è ubicata nei territori delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, o per le imprese costituite da giovani, o per le imprese che investono nella digitalizzazione).

Le spese si considerano effettivamente sostenute secondo i criteri stabiliti dal Testo unico delle imposte sui redditi n. 917/1986[235]. Gli incentivi sono erogati annualmente fino ad esaurimento delle risorse stanziate per ciascuna annualità secondo l’ordine cronologico delle domande. Il compito di pubblicare l’avviso con le modalità per l’erogazione degli incentivi è attribuito al Ministero del turismo che ha previsto, secondo i criteri del PNRR, procedure più snelle, al contrario di quanto avveniva nel passato. Tuttavia, la circostanza che le sovvenzioni abbiano un budget non altissimo e che la graduatoria attribuisca la preferenza alle domande presentate per prime, tuttavia, fa pensare che forse, per evitare disuguaglianze, occorreva disciplinare un sistema diverso, con benefici rivolti a una maggiore platea di operatori del settore.

Nel caso specifico della Componente Turismo e Cultura 4.0, gli interventi sono stati programmati per sostenere la nascita di nuovi servizi, che devono favorire l’inclusione sociale attraverso la digitalizzazione, la quale diventa nel caso specifico sinonimo di democraticità. L’accesso online ai beni culturali[236] permette a un pubblico molto più ampio di esplorare e apprezzare le bellezze italiane, superando le barriere geografiche e socioeconomiche. L’organizzazione di cultura e turismo digitale è stata predisposta per conservare e favorire l’enorme e pregevole patrimonio culturale e artistico del Paese ma anche l’ecosistema turistico con l’obiettivo di raggiungere la piena sostenibilità[237]. Le azioni previste nella Componente 3, per di più, si propongono di colmare il divario di cittadinanza in modo da migliorare il potenziale del Sud e rafforzare, altresì, i servizi sociali territoriali per il sostegno alle persone disabili e anziane[238]. Non solo, le nuove imprese del settore si sono mostrate particolarmente attente a favorire la creazione di posti di lavoro, specialmente nei confronti di giovani e donne anche nel pieno rispetto della transizione verde strettamente collegata con l’esigenza di tutela e valorizzazione del patrimonio paesaggistico e culturale sancita a livello costituzionale[239]. Gli investimenti sono diretti a migliorare “la capacità attrattiva, l’accessibilità e la sicurezza” dei beni e si propongono, sia nelle grandi aree turistiche, sia in quelle minori, di sfruttare la partecipazione culturale come leva di inclusione e “rigenerazione sociale”, aumentando il flusso dei viaggiatori/fruitori, ma sempre nel rispetto dei canoni della sostenibilità[240], che, secondo il PNRR, devono essere il paradigma di ogni intervento sulle strutture turistiche/culturali, comprese le misure per l’efficientamento energetico.

Rilevante è la circostanza che il Recovery Plan supporti la crescita delle competenze degli operatori dell’industria culturale e creativa, puntando sulla riqualificazione di questi ultimi in modo da permettere loro di acquisire nuove conoscenze e capacità su temi green e digitali con programmi di formazione più efficaci per riqualificare la professionalità degli imprenditori turistici. I progetti relativi a tali attività prevedono anche una forte cooperazione tra gli attori pubblici ai quali è attribuita la predisposizione di specifiche politiche di sostegno.

6. Nota conclusiva

Gli interventi del PNRR non hanno solo lo scopo di superare la congiuntura negativa subita negli ultimi anni[241] e di riportare l’economia al periodo pre-pandemia, ma hanno l’obiettivo di ottimizzare ancora di più le performances, sebbene, non sia un buon segno che rispetto allo stanziamento previsto per l’intera Missione 1, solo circa 6,8 miliardi sono destinati al binomio turismo e cultura[242], mentre la quota maggiore dei finanziamenti sono destinati alle altre componenti.

Le conseguenze economiche e sociali della pandemia, nonché gli effetti asimmetrici della crisi tra i vari Stati e anche la circostanza che le nuove disposizioni hanno modificato tangibilmente la situazione quo ante già piuttosto fragile e soggetta agli squilibri del sistema finanziario[243], hanno dimostrato quanto sia necessario sviluppare politiche per un’economia sostenibile e resiliente in tutti i settori, compreso quelli in esame. Si è reso manifesto, inoltre, come le riduzioni della spesa, in generale, e, nello specifico nei settori dell’istruzione e della cultura, rappresentino per uno Stato un vulnus e uno svantaggio notevole ai fini di una rapida ripresa[244]. La parte del PNRR dedicata a turismo e cultura cerca di realizzare un progetto di ampio respiro dotato di cronoprogramma e scadenze intermedie e finali che devono essere rispettate. Ciò è importante perché, se non si riuscirà a tenere conto del timing, la conseguenza sarà la perdita dei finanziamenti[245] e di un’opportunità significativa per lo sviluppo economico dell’Italia[246].

I fondi messi a disposizione dall’Unione europea per gli interventi elaborati dagli Stati membri sono finanziati da prestiti contratti dalla Commissione europea garantiti dal bilancio UE 2021-2027. Ciò crea due effetti: da un lato, si produce un indebitamento dell’Unione in deroga al principio del pareggio di bilancio di cui all’art. 310 TFUE e, dall’altro, si attribuisce centralità al bilancio europeo[247]. Questi due aspetti rappresentano un vero e proprio limite a qualsiasi programma da mettere in atto poiché la responsabilità della restituzione dei prestiti andrà a gravare sulle generazioni future che, peraltro, non beneficeranno in maniera diretta dei debiti contratti attualmente.

Le aspettative sono dense di dubbi: gli investimenti rappresenteranno scelte idonee a sostenere l’iniziativa economica privata e i consumi? I programmi predisposti con tanta enfasi saranno effettivamente capaci di realizzare una solida la competitività garantendo la stabilità e la resilienza macroeconomica? Non solo, i controlli saranno efficaci[248]? Una simulazione condotta sulle imprese e basata sull’impianto del Covid-assessment[249], indica che, senza un effettivo e rapido ritorno alla crescita, le conseguenze su occupazione e investimenti sarebbero particolarmente pesanti per le piccole imprese e per quelle che operano in alcuni comparti, come per esempio, proprio le agenzie viaggio, le strutture ricettive e i ristoranti, che potrebbero arrivare a perdere un terzo o più del loro personale.

Per arrivare a ridurre il debito, ovviamente, è fondamentale incrementare il potenziale di crescita dell’economia, ma questo stato di fatto è fonte di grande incertezza poiché da un buon decennio la nostra economia cresce, salvo qualche eccezione come per il settore del turismo e della cultura, a ritmi troppo bassi per riuscire ad arginare il deficit pubblico[250]. Ciò è aggravato dalla distribuzione asimmetrica delle attività produttive, comprese quelle in oggetto, per territori, classi dimensionali e per l’insufficienza delle strutture tecnologiche da esse possedute legate tutt’ora a modelli organizzativi inadeguati con il risultato di rallentare notevolmente l’attuazione delle misure di rilancio dell’economia comprese quelle contenute nel PNRR[251]. A tutto ciò, si aggiungono anche i disagi pratici e tecnici delle imprese nel processo di attuazione della completa digitalizzazione, spesso per la mancanza di preparazione professionale e per l’assenza di competenze specifiche del personale, condizione che ostacola notevolmente l’adozione delle nuove strategie. Vi è anche un altro ostacolo da non sottovalutare, ovvero la difficoltà di applicare le misure elaborate nel Piano in maniera omogenea su tutto il territorio[252]:le difficoltà di superare i divari tra i vari territori italiani[253] (come, per esempio, quelle relative all’innovazione e alle nuove tecnologie) emerse anche dalle analisi effettuate su quante e quali imprese hanno partecipato ai bandi in materia relativamente ai comparti in esame[254].

Secondo le stime contenute in sede di elaborazione del PNRR, gli incentivi contenuti nella Missione 1 a turismo e cultura sono considerati quelli che dovrebbero comportare il maggiore impatto sulla crescita del Paese con +3,9 punti percentuali di innalzamento del PIL reale rispetto allo scenario base nell’intero periodo 2021/2023[255]. Tuttavia, c’è un elemento molto preoccupante che si affaccia all’orizzonte: la legge di bilancio 2025. Il testo di quest’ultima, trasmesso alla Camera, prevede diversi tagli ai Ministeri. Per il Ministero della Cultura, i tagli sono di 147 milioni per il 2025, 178 per il 2026 e 204 per il 2027, a fronte di un bilancio complessivo che si aggira attorno ai 3,5 miliardi di euro. In particolare, la manovra intende ridurre in maniera maggiore le spese per la tutela del patrimonio culturale, in maniera minore i sostegni dello spettacolo dal vivo, gli incentivi per la tutela e la valorizzazione dei beni archivistici, la tutela e la valorizzazione dei beni librari e la promozione del libro, per la valorizzazione del paesaggio e del patrimonio culturale, nonché per il sistema museale e il settore del cinema e audiovisivo, compresi gli interventi per la sicurezza del patrimonio culturale, per le emergenze e per la promozione del patrimonio culturale nazionale all’estero. Quanto al bilancio del Ministero del Turismo, i tagli ammontano a 69 milioni per il 2025, 46 per il 2026 e 40 per il 2027 e riguardano la promozione dell’offerta turistica, l’informatizzazione, la digitalizzazione e l’analisi statistica del settore[256], invero, in contrasto con molti dei progetti che si sono illustrati nell’ambito di questo scritto, privando una buona parte del sostegno necessario alle politiche riguardanti il turismo stesso.

Queste considerazioni permettono di comprendere l’importanza di garantire un’attenta pianificazione e supervisione degli incentivi relativi a cultura e turismo per massimizzarne l’impatto, in modo da permetterne una gestione efficace e puntuale e realizzare in concreto gli obiettivi previsti nel PNRR limitando, altresì, l’incidenza sulla sostenibilità finanziaria[257].

Non può sottacersi, poi, che nella Misura 1, Componente 3 del Piano, la riorganizzazione degli asset chiave di cultura e turismo e i relativi sostegni sono stati sì predisposti con l’intento di sviluppare questi settori ma, probabilmente, anche con l’intento di dare un’attuazione concreta all’economia sociale di mercato[258], cardine del progetto europeo. L’aggettivo “sociale”, infatti, sebbene sia stato spesso interpretato solo in senso formale (e ciò è stato giudicato come un deficit genetico dell’Unione europea)[259], dopo la pandemia sembra stia riappropriandosi del suo significato, tanto che si avverte una tendenza a riconsiderare più incisivamente i diritti sociali e le politiche di welfare, i quali, innegabilmente, sono parte del concetto stesso di tale modello di economia[260]. Le politiche su cultura e turismo paiono rafforzare questa direzione poiché è palese che entrambi sono beni pubblici che contribuiscono al benessere della società nel suo complesso e alla coesione comunitaria. Anzi, l’intervento dello Stato, in questi settori, sembra garantire che i diritti a essi collegati (ovvero i diritti culturali, anch’essi da considerarsi sociali)[261] non siano solo appannaggio di pochi, ma valori in grado di arricchire tutti i cittadini. Gli incentivi in oggetto, per di più, si possono ritenere anche un’espressione concreta del terzo comma dell’art. 41 Cost.[262], secondo il quale la legge deve orientare l’iniziativa economica privata verso il perseguimento di finalità sociali, obiettivo che i settori in esame, realizzandola crescita personale e la consapevolezza civica, conseguono in pieno.

Ciò è evidente anche per quanto riguarda i sostegni di natura fiscale a turismo e cultura (come, per esempio, l’Art Bonus), i quali facilitano l’iniziativa economica privata indirizzata all’utilità pubblica bilanciando la libertà economica con la necessità di tutelare i valori collettivi. Questo perché l’attività svolta dalle imprese riguardanti i comparti in oggetto non persegue solo scopi di profitto, ma contribuisce alla crescita della persona umana essendo, nello stesso tempo, un driver di sviluppo.

 

[1] R. Vuillermoz, La disciplina dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato applicata al settore turistico-ricreativo, in Rivista italiana di diritto del turismo, n. 2/2011, 27 ss.

[2] Sul tema, tra gli altri, N. Landi,Le deroghe al principio generale di incompatibilità, in A. Santa Maria (a cura di), Concorrenza e aiuti di Stato. Un osservatorio sulla prassi comunitaria, Torino, 2006, 57 ss.; G. Luchena, Le incentivazioni economiche alle imprese tra politiche statali e decisioni comunitarie, Bari, 2012, 20 ss.; C. Cellerino, F. Munari, Articolo 107, in A. Tizzano (a cura di), Trattati dell’Unione europea, Milano, 2014, 1141 ss.;H. C. Hofmann, C. Micheau, State AidLaw of theEuropean Union, Oxford, 2016, 234 ss.; A. Bates, Compatibility of Aid – General Principles, in K. Beacon (ed.), European Union Law of State Aid, IIIedition, Oxford, 2017, 97.

[3] È appena il caso di ricordare che l’art. 107 par. 2, lett. b) prevede la compatibilità del mercato interno degli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali. In merito, tra gli altri, C. Buccico, La compatibilità europea degli interventi di sostegno per le aree colpite da calamità naturali, in Rivista di diritto tributario internazionale, 2012, 1108 ss.

[4] C. E. Baldi, La disciplina degli aiuti di Stato, Santarcangelo di Romagna, 2020, 82.

[5] Tale categoria di aiuti sarà analizzata nel prossimo paragrafo.

[6] C. E. Baldi, La compatibilità con il mercato comune degli aiuti al turismo un approccio problematico, in www.europrjetonline.it, 2000, 7.

[7] Si v. la Direttiva 97/C-146/08, Disciplina degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati.

[8] Occorre segnalare che non tutti gli aiuti al turismo, secondo la Corte di giustizia e la Commissione, possono rientrare nelle esenzioni previste dall’art. 107, paragrafo 2 e 3 TFUE. Si v., inter alia, la sentenza del 19 settembre 2000, Germania/Commissione, causa C-156/98, punti 29-31, nonché l’emblematica decisione della Commissione del 27 novembre 2002 relativa al regime greco di premi agli operatori turistici. Nel caso di specie, dietro segnalazione del ministero dell’economia tedesco, la Commissione ha adottato una decisione negativa in merito agli aiuti concessi dall’Ente ellenico del turismo a favore degli operatori che incentivavano il soggiorno di turisti stranieri nelle basse stagioni, accordando un premio di €40 per singolo viaggiatore. Detti aiuti, non ancora concessi, non erano stati notificati. La Commissione ha dichiarato tale regime incompatibile, salva l’applicazione dell’esenzione de minimis, ritenendo che i premi ellenici costituissero aiuti al funzionamento, i quali, anche se concessi in una regione che sino a tutto il 2006 poteva avvalersi pienamente della deroga del paragrafo 3 su richiamato, potevano essere autorizzati soltanto nel rispetto delle condizioni stabilite negli Orientamenti della Commissione stessa. In particolare, gli aiuti potevano essere giustificati qualora apportassero un contributo allo sviluppo regionale, avendo, comunque, un’entità proporzionale agli svantaggi ai quali essi intendevano porre rimedio, una durata limitata e un importo decrescente. Poiché le autorità greche non avevano presentato alla Commissione nuove prove che consentissero di valutare la pertinenza degli aiuti in oggetto sotto questi profili e poiché le suddette autorità non avevano neanche presentato osservazioni in risposta ai dubbi espressi dalla Commissione riguardo le conseguenze del regime dei premi al livello delle agenzie del settore turistico e l’eventuale concessione di aiuti in regioni alle quali non poteva applicarsi l’articolo 107, paragrafo 3del Trattato, la Commissione, non essendo in grado di valutare se la concessione degli aiuti in oggetto rispondesse alle condizioni stabilite dagli Orientamenti, ha, quindi, considerato gli aiuti in questione non compatibili con il mercato comune e non rientranti nei termini della deroga stabilita dal Trattato.

[9] Si v. anche, Decisione della Commissione dell’8 maggio 2012, relativa all’aiuto di Stato SA.22668, punto 103.

[10] C. Pauwels, S. De Vinck, B. Van Rompuy, Can State Aid in the Film Sector Stand the Proof of EU and WTO Liberalisation Efforts?, in European Studies, 2007, 24.

[11] A. Papa, Le prospettive di un cambio di paradigma nella definizione del patrimonio culturale europeo, in Federalismi.it, n.2/2022, 732 ss.

[12] Adottata con atto del Consiglio europeo straordinario sull’occupazione, Lussemburgo, 20/21 novembre 1997.

[13] Così, A. Cariola, Lo Stato culturale. Prime riflessioni sul tema, in www.dirittifondamentali.it, n. 3/2024,40.

[14] Già dalla Direttiva 98/C-343/07 si evidenzia come gli aiuti alla formazione dei lavoratori siano ritenuti una questione di interesse comune per tutti gli stati europei.

[15]L. Zagato, Aiuti di Stato alla cultura: recenti sviluppi, inL. Rossi, E. Baroncini (a cura di), Rapporti tra ordinamenti e diritti dei singoli, Napoli, 2010, 224 ss.; F. Togo, Aiuti di Stato nel settore culturale, in Aedon, n. 2/2009, par. 3; P. Mastellone, Tutela e promozione del patrimonio culturale nella disciplina internazionale ed europea: dall’insufficienza dei finanziamenti pubblici alla valorizzazione della leva fiscale per stimolare l’intervento dei privati, in Rivista di diritto tributario internazionale, n. 2/2018, 138 ss.

[16] C. Fontana, Gli aiuti di Stato di natura fiscale, Torino, 2012, 186.

[17] D. Ferri, La Costituzione culturale dell’Unione europea, Padova, 2008, 54.

[18] La Corte di Giustizia in un primo tempo respinse l’idea di riconoscere una disciplina sulla cultura in generale che potesse derogare alle regole del mercato, conseguentemente cominciò a giustificare una possibile restrizione al libero scambio muovendo verso il riconoscimento di un’eccezione culturale che in seguito venne sempre più invocata. Si v., per es., l’emblematica sentenza dell’11 luglio 1985, cause riunite C-60 e C-61/84, Cinéthèque ed altri contro la Fédération Nationale des Cinémas Français.

[19] F. Togo, Aiuti di Stato nel settore culturale, cit., par. 2.

[20]Per una ricostruzione, si v., R. Craufurd Smith, Culture and European Union Law, in European Law Journal, n. 2/2008, 28 ss.

[21] Regolamento n. 994 del 7 maggio 1998 sull’applicazione degli artt. 92 e 93 del Trattato CE (oggi 107 e 108 del TFUE).

[22] Regolamento UE 2015/1588 del Consiglio del 13 luglio 2015 sull’applicazione degli artt. 107 e 108 del TFUE a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (codificazione).

[23] Ricordiamo il noto Regolamento Generale di Esenzione per Categoria (c.d. GBER).

[24] C.E. Baldi, L’intervento pubblico in campo culturale. Il faticoso iter di linee guida condivise, in www.aedon.ilmuino.it, n. 2/2018, par. 1.

[25] L’art. 54 par. 2 del Regolamento UE 651/2014 recita: ‹‹Gli aiuti sostengono un prodotto culturale. Al fine di evitare errori palesi nella classificazione di un prodotto come prodotto culturale, ciascuno Stato membro stabilisce procedure efficaci, quali la selezione delle proposte da parte di una o più persone incaricate o la verifica rispetto a un elenco predefinito di criteri culturali››.

[26] A. Bruno, Primi appunti circa la possibile confusione nell’applicazione delle normative sugli aiuti di Stato discendente dal nuovo istituto dell’impresa culturale e creativa, in www.diritto.it, 2020, 3 ss.

[27] Così come modificato dal Regolamento UE 2017/1084 che ha aumentato le soglie di notifica.

[28] La Commissione ha dato la sua interpretazione del punto 72 del GBER attraverso la Comunicazione 262/2016.

[29] Tra gli altri, caso n. 377/2007 Support to Bataviawerf del 28 novembre 207; n. 216/2005 Geocenter Møns Klint (Denmark) del 26 agosto 2005; n. 268/2002 Regione Sicilia del 5 dicembre 2003; n. 136a/2002Ecomusée de Alsacedel 21 gennaio 2003.

[30] C. E. Baldi, Aiuti alla cultura musei e altre “infrastrutture culturali”, in www.europrject-online.it, 2013, 5, è molto critico sull’applicazione di tale principio in campo culturale interrogandosi su quale sarebbe la sorte del patrimonio culturale europeo se gli Stati membri si comportassero nella sua gestione secondo il criterio dell’investitore privato. L’autore sostiene, poi, che è inutile applicare i principi che si riferiscono al mercato ad un settore al quale tali principi non possono adattarsi.

[31] Sentenza Corte di giustizia del 19 dicembre 2012, Causa C‑288/11 P.

[32] Il 01/08/2012.la Commissione (DG REGIO + DG COMP) ha inviato agli Stati la griglia generale (2012)834142.

[33] C.E. Baldi, La disciplina degli aiuti di Stato, cit., 449.

[34] Provv. n. 14659 del 25 agosto 2005, C-7221 – Michele Amari/CIGA, in Boll. n. 32-23-34/05.

[35] Punto 72 del considerando del decreto in oggetto.

[36] Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all’art. 107, par. 1del TFUE, C-2016/2946.

[37] C.E. Baldi, L’intervento pubblico in campo culturale. Il faticoso iter di linee guida condivise, cit., par. 1.

[38] C.E.Baldi, Finanziamento della cultura e regole di concorrenza. Nuove prospettive dal ripensamento della Commissione europea, in www.aedon.ilmulino.it, n. 3/2016, par. 3.

[39] Si v. Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all’art. 107, par. 1del TFUE, 2.6.

[40] Sul punto, C. E. Baldi, La disciplina degli aiuti di Stato, cit., 469.

[41]Di questo avviso anche Id, Disciplina comunitaria degli aiuti di stato e politica culturale europea. L’incoerenza di un sistema fortemente burocratizzato, in www.aedon.imulino.it, n. 3/2014, par. 6.

[42] Si vv., per es. la sent. del 22 novembre 2001, Ferring, causa C-53/00 e la sent. del 24 luglio 2003 Altmark Trans GmbH, causa C-280/00.

[43] Il comma 1 dell’art. 5 della l. n. 217/1983 così recita: «sono imprese turistiche quelle che svolgono attività di gestione di strutture ricettive ed annessi servizi turistici».

[44] A. Sciarrone Alibrandi, L’impresa turistica, in M. Gola (a cura di), Evoluzione e prospettive della legislazione sul turismo, Milano, 2022, 133 ss.

[45] D. lgs. n. 79/2011.

[46] La Corte costituzionale, con sentenza 2-5 aprile 2012, n. 80, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, co. 1 del d. lgs. n. 79/2011 nella parte in cui dispone l’approvazione dell’art. 1, limitatamente alle parole «necessarie all’esercizio unitario delle funzioni amministrative ed altre norme in materia», nonché degli artt. 2, 3, 8, 9, 10, 11, co. 1, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 20, co. 2, 21, 23, co. 1 e 2, 30, co. 1, 68 e 69 dell’allegato 1 del medesimo decreto.

[47] C. De Stefanis, A. Quercia, Definizione di impresa turistica, Santarcangelo di Romagna, 2012, 15 ss.

[48] F. Casale, Introduzione all’impresa turistica, in Studium iuris, n. 4/2010, 391 ss., ma anche, F. Morandi, L’impresa turistica: gli aspetti giuridici, in Rivista del turismo, n. 4/2002, 80 ss.

[49] Si tratta del registro delle imprese di cui all’art. 8 della l. n. 580/1993, e successive modificazioni, con le modalità previste nel d.P.R. n. 581/1995.

[50] Per gli ultimi dati sul turismo europeo, si v. ultima edizione del rapporto trimestrale Tendenze e prospettive del turismo europeo pubblicato dalla European Travel Commission, 2024, in www.etc.corporate.org.

[51] G. Rotondo, Innovazione di impresa e turismo nel quadro della ripresa economica post emergenza pandemica, in A. Amirante, G. Rotondo (a cura di), Strutture sociali e governo del cambiamento nel contesto post-pandemico, Napoli, 2022, 34.

[52] Oltre agli aiuti che gli possono essere concessi secondo la recente normativa europea per le start up.

[53] Il problema per es. sorge per le imprese culturali e creative, sul tema, P. A. Valentino, L’impresa culturale e creativa: verso una definizione condivisa, in Economia della cultura, n. 3/2013, 273 ss.

[54] G. Pescatore, Una finestra sul lavoro nelle industrie culturali e creative, in R. Paraciani, L. Cattani (a cura di), Forme di produzione nelle industrie creative e culturali. Confini e significati, Roma, 2024, 9.

[55] Sul tema mi sia concesso rinviare a S. Cavaliere, Un innovativo approccio dell’intervento pubblico nell’economia: l’orange economy, in Dialoghi di diritto dell’economia, Gennaio, 2024, 1 ss.

[56] In Colombia, Stato dove si è coniato il termine di Orange economy, il Governo sta scommettendo per il suo sviluppo proprio sulle industrie culturali e creative. In merito, F. Buitrago, I. Duque, in La Economía Naranja: Una Oportunidad Infinita, Washinton DC, 2013, 3ss.

[57] Non è un caso che, anche in Italia, il Governo abbia sentito il bisogno di mettere a disposizione del settore congrui finanziamenti attraverso i fondi di coesione.

[58] Una delle tassonomie per definire il perimetro delle imprese creative e culturali è stata elaborata dall’European Statistical System network on Culture nel 2012.

[59] M. Horkheimer, T. W. Adorno Dialektic Deraufklarung, nella traduzione italiana di R. Solmi, Dialettica dell’illuminismo, Torino, 1966, 31 ss.

[60] Si fa riferimento al documento dei Laburisti inglesi, A New cultural framework, Londra, 1998.

[61] Per una ricostruzione dell’evoluzione della nozione di industrie culturali e creative, L. De Grassi, Le industrie culturali e creative: una nozione in divenire, in L. De Grassi, V. Franceschelli (a cura di), Le industrie culturali e creative, Profili giuridici ed economico-aziendali, Milano, 2017, 5 ss.

[62] A. Lazzaro, Innovazione tecnologica e patrimonio culturale tra diffusione della cultura e regolamentazione, in Federalismi.it, dicembre 2017, 2 ss.

[63] R. Paraciani, L. Cattani, Forme di produzione nelle industrie culturali e creative: confini e significati, in R. Paraciani, L. CATTANI (a cura di), op. cit.,15 ss.

[64] Firmata a Parigi il 20 ottobre 2005.

[65] Kea European Affairs, The Economy of Culture in Europe, October 2006.

[66] Consultabile in www.ec.europa.eu.

[67] W. Santagata, Libro bianco sulla creatività. Per un modello italiano di sviluppo, 2009, Milano, 51.

[68] Punto 34 della Comunicazione di cui sopra.

[69] M. Cammelli, Impresa culturale. Qualche appunto in tema di imprese culturali, in www.aedon.ilmulino.it, n. 2/2017, par. 2, evidenzia come la mancanza di chiarezza sul significato dei termini non può garantire la chiarezza sull’argomento e sui suoi relativi confini.

[70] Sul tema, M. S. Giannini, I beni culturali, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1976, 5 ss.

[71] Libro Bianco sulla Creatività. Per un modello italiano di sviluppo, curato dalla Commissione di studio ministeriale coordinata dal prof. Walter Santagata, Roma, 2009.

[72] L. n. 205/2017.

[73] L. n. 178/2020.

[74] Sull’importanza del patrimonio culturale immateriale, S. Colazzo, Valorizzare il patrimonio culturale immateriale, Roma, 2024, 7 ss.; A. Cozzi, Patrimonio culturale immateriale e Unione europea, in DPCE online, n. 2/2023, 1817 ss.

[75] Recante disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy.

[76] Sul tema della motivazione degli scarsi strumenti di sostegno pubblico, A. Cicerchia, C. Oteri, Mappatura delle professioni e delle competenze nel mercato del lavoro culturale e loro traiettorie formative, in Economia della Cultura, n. 2/2023, 181 ss.

[77] Il design, l’architettura e la moda, per esempio, sono senz’altro settori dotati di economicità.

[78] M. D’Isanto, Le imprese culturali e creative ancora nel limbo, in www.rivistaimpresasociale.it, giugno 2020, ha evidenziato l’ambigua situazione delle imprese culturali ancora in cerca di un loro statuto.

[79] G. Taffari, Imprese culturali: la scelta della veste giuridica, in Cooperative e enti non profit, n. 11-12/2023, 34 ss.

[80] Le Società Benefit perseguono anche la crescita del benessere di persone e comunità e la diffusione di attività sociali con finalità rivoltealla collettività. Sul tema, D. Siclari, Le società benefit nell’ordinamento italiano, in Rivista trimestrale di diritto dell’economia, n. 1/2016, 36 ss.

[81] Sulla riforma del terzo settore, A. Fici, Il terzo settore italiano in prospettiva europea, in Diritto ed economia del terzo settore, n. 1/2024, 3 ss.; M. R. Gheido, Enti del Terzo settore: cosa è cambiato, in Diritto e pratica del lavoro, n. 36/2024, 2125 ss.; M. Tamponi, La riforma del Terzo settore: obiettivi, soluzioni, problemi aperti, in Rivista di diritto civile, n. 5/2023, 1003 ss.; A. Saporito, Le fondazioni nel terzo settore, in Società e diritti, n. 15/2023, 169 ss.; G. Marasà, Gli enti del Terzo settore. Attività e scopi, in Rivista di diritto civile, n. 6/2023, 1168 ss.

[82]F. Broccardi, Le ricadute della riforma dei settori di attività: la cultura, inImpresasociale.it, n. 11/2017, il quale evidenzia come le imprese culturali siano in una fase ibrida e di profonda trasformazione.

[83] G. Bosi, Lo statuto giuridico dell’impresa culturale italiana, in Aedon, n. 3/2014, par. 4.

[84] N. Vettori, Le “forme speciali di partenariato” per la valorizzazione dei beni culturali: la causa di comunione di scopo quale elemento di specialità, in Aedon, n. 1/2024, par. 3 ss.

[85] Reperibile su www.ponculturaesviluppo.beniculturali.it.

[86] Relazione del Parlamento europeo A8-0357/2016.

[87] Dati reperibili nel rapporto del Parlamento europeoCOVID-19: sostegno dell’UE per l’industria del turismo, in www.europarl.europa.eu.

[88] Consultabile in www.eurostat.europa.eu.

[89] COM (2001)665.

[90] COM (2010)0352.

[91] COM (2012)0649.

[92] COM (2014)0086.

[93] Per il dossier completo dei programmi e dei finanziamenti per le imprese turistiche, si v. www.transdolomites.eu.

[94] Raccomandazione del Consiglio 86/666/CEE.

[95] Direttiva 2008/122/CE.

[96] Direttiva (UE) 2015/2302.

[97] Acronimo di European Destinations of Excellence, programma adottato nel 2006 dalla Commissione Europea. Ha lo scopo di selezionare mete turistiche in Europa che eccellano nel campo del turismo dai punti di vista ambientale, sociale e culturale.

[98] Il Cosme (Competitiveness of Enterprises and SMES) è un Programma europeo per la competitività, in particolare delle PMI, per il periodo2014-2020finalizzato a incrementare la competitività delle imprese, incoraggiando una cultura imprenditoriale e promuovendo la creazione di nuove imprese. Regolamento (UE) n. 1287/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2013 che istituisce un programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (COSME) (2014 – 2020) e abroga la decisione n. 1639/2006/CE, reperibile in www.ec.europa.eu.

[99] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 23 novembre 2010, Un’agenda per nuove competenze e per l’occupazione: un contributo europeo verso la piena occupazione, COM (2010)682.

[100] Regolamento (UE) 2018/1911 del Consiglio del 26 novembre 2018 che modifica il Regolamento (UE) 2015/1588 sull’applicazione degli artt. 107 e 108 del TFUE a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali.

[101] Punti 2 e 3 del considerando del Regolamento del Consiglio (UE) 2018/1911.

[102] Regolamento (UE) n. 1291/2013.

[103] Dati disponibili sul Conto satellite del turismo per l’Italia, in www.istat.it, 2019.

[104] Regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008 che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli artt. 87 e 88 del trattato (regolamento generale di esenzione per categoria).

[105] G. Della Casa, Gli aiuti per commercio e turismo passano dalle regioni, in PMI, 1999, 28.

[106] E. Becheri, R. Micera, A. Morvillo (a cura di), Rapporto sul turismo italiano, Napoli, 2017, 712 ss.

[107] D. l. n. 112/2008, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria, convertito con modificazioni dalla l. n. 133/2008.

[108] G. Della Casa, op. cit., 29 ss.

[109] Il d. l. n. 83/2014, Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, convertito con modificazioni in l. n. 106/2014, dispose un credito di imposta per le erogazioni liberali a sostegno della cultura e dello spettacolo. In generale sull’art bonus, M.C. Fregni, Aiuti fiscali alla cultura: lo strumento dell’Art Bonus, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, n.4/2022, 444 ss.; A. Vozza, Art bonus: ambito di applicazione e possibili sviluppi, in Corriere tributario, n. 5/2019, 507 ss.

[110] L. n. 208/2015.

[111] L. n. 178/2020, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023.

[112] M. V. Caballeria, La relazione tra cultura e mercato nel diritto dell’Unione europea: dall’eccezione alla diversità culturale, in www.arteantica.it, 30 ss.

[113] Commissione europea, Direzione generale dell’Istruzione, della gioventù, dello sport e della cultura, Quadro d’azione europeo sul patrimonio culturale, Ufficio delle pubblicazioni, 2019, in www.dataeuropa.eu, 2019.

[114] Comunicazione (COM(2010)2020) – Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

[115] Regolamento (UE) n. 1295/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, 11 dicembre 2013, il quale istituisce il programma Europa creativa (2014-2020).

[116] Il programma Europa Creativa sostituisce i precedenti programmi Cultura, MEDIA e MEDIA Mundus stabiliti nella Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1718/2006 ed è suddiviso in tre sottoprogrammi: “Cultura”, “Media” e la sezione “transettoriale”.

[117] COM (2018)435.

[118] Anche la Convenzione Unesco del 2005, della quale l’Unione è parte, sottolinea la doppia natura dei prodotti culturali

[119] Comunicazione della Commissione su un’Agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione COM (2007)242.

[120] Emanato il 27 aprile 2010.

[121] Proposta del Parlamento europeo 2010/2156(INI).

[122] Istituito dal regolamento (UE) n. 1295/2013 del Parlamento europeo e del Consigliodell’11 dicembre 2013.

[123] G. Luchena, Programmazione multilivello dell’economia e condizionalità, in Federalismi.it., febbraio 2022, 472 ss.; L. Bini Smaghi, Governance and conditionality: toward a sustainable framework?, in Journal of European Integration, n. 7/2015, 755 ss.; A. Viterbo, F. Costamagna, L’impatto sociale della politica di condizionalità nel contesto della crisi nell’area euro: profili giuridici, in N. Napoletano, A. Saccucci (a cura di),Gestione internazionale delle emergenze globali: regole e valori, Napoli, 2013, 167 ss.

[124] A. Bondini, Il Mibact e gli investimenti per la cultura e il turismo: alcune note sulla gestione dei fondi europei e nazionali, in www.aedonilmulino.it., par. 1 ss.

[125] L’EASME (Executive Agency for SMEs) è l’Agenzia esecutiva per le piccole e medie imprese istituita nell’ambito della Commissione europea.

[126] Nello Zambia e nella Nigeria l’economia legata all’audiovisivo, per es., ha giocato un ruolo importante: nel primo Paese lo sviluppo dell’industria cinematografica, sovvenzionata dallo Stato, ha portato a una considerevole crescita economica; nel secondo, dal 2013, sempre l’industria cinematografica ha permesso una crescita del PIL del Paese di quasi il doppio promuovendo l’occupazione giovanile e la diversificazione economica, si v., in tal senso, P. Kabanda, Le arti nell’economia e l’economia nelle arti, in D. Lewis, D. Rodgers, M. Woolcock (a cura di), Nuovi mezzi, messaggi migliori?, Oxford, 2022, 150 ss.

[127] B. Zambardino, Ricognizione sullo scenario europeo in merito alle procedure di gestione delle azioni di sostegno all’industria cinematografica ed audiovisiva in funzione dell’individuazione di un format procedurale funzionale alla razionalizzazione del sistema, Studio di settore elaborato per conto dell’Osservatorio dello Spettacolo presso il Segretariato Generale Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Dicembre 2002, 3 ss.

[128] Sul tema, L. Bellucci, Cinema e aiuti di Stato nell’integrazione europea – Un diritto promozionale in Italia e in Francia, Milano, 2006, 268.

[129] Sentenza Corte di giustizia 11 luglio 1985, Cinéthèque contro la Fédération Nationalle des Cinémas Français, cit., in questo caso la Corte non stabilì un principio generale, ma elaborò l’eccezione culturale (che deve essere non discriminatoria, proporzionale, di competenza statale).

[130] La Comunicazione della Commissione relativa agli aiuti di Stato a favore delle opere cinematografiche e di altre opere audiovisive (2013/C-332/01), limitatamente al settore audiovisivo, è l’unica che contiene le condizioni in base alle quali un aiuto può essere considerato compatibile. La stessa Commissione, nella Comunicazione su un’agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione del 10 maggio 2007 COM/2007/242 al par. 2, ammette la difficoltà della definizione del termine “cultura”. Essa può indicare una molteplicità di opere d’arte, beni e servizi culturali e ha anche un significato antropologico. È alla base di un mondo simbolico di significati, convinzioni, valori, tradizioni, che si esprimono attraverso la lingua, l’arte, la religione e i miti e proprio come tale svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo umano e nella costruzione complessa delle identità e delle abitudini dei singoli e delle collettività.

[131] F. Togo, Aiuti di Stato nel settore culturale, cit., par. 6.2.

[132] Comunicazione della Commissione relativa agli aiuti di Stato a favore delle opere cinematografiche e di altre opere audiovisive, 2013/C-332/01.

[133] J. Broche, O. Chatterjee, I. Orssich, N. Tosics, State aids for films – a policy in motion, in Competition Policy Newsletter, n. 1/2007,1.

[134] Un’eccezione a questo limite sono i film “difficili”(quelli che si ritiene abbiano una scarsa accettazione sul mercato e con poche possibilità di commercializzazione in virtù del loro carattere sperimentale o perché ad esempio il loro contenuto o la presentazione artistica e/o tecnica comporta dei rischi elevati)e con risorse finanziarie modeste (quelli i quali costi di produzione sono inferiori alla media dei costi), definiti tali, secondo il principio di sussidiarietà, da ciascuno Statoe secondo i suoi parametri nazionali. Il caso German Film Support Scheme ha stabilito che l’intensità dell’aiuto rivolto alla produzione di queste tipologie di film può ammontare fino all’80%.

[135] Aiuti di Stato n. 3/1998 – Francia, Sostegno alla produzione cinematografica, giugno 1998.

[136] Per es., Direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 marzo 2010, sul coordinamento di alcune disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti la fornitura di servizi di media audiovisivi, ma anche la Relazione della Commissione del 2012 concernente l’applicazione della Direttiva sui servizi di media audiovisivi e il libro verde della Commissione del 2013 dal titolo Prepararsi a un mondo audiovisivo della piena convergenza: crescita, creazione e valori (direttiva sui servizi di media audiovisivi).

[137] Direttiva n. 89/552/CEE.

[138] Direttiva n. 2010/13/UE.

[139] Direttiva n. 2018/1808 UE che aggiorna la Direttiva AVMS n. 2010/13/UE (sui servizi di media audiovisivi) nell’ambito della strategia per il mercato unico digitale

[140]Comunicazione relativa agli aiuti di Stato a favore delle opere cinematografiche e di altre opere audiovisive (2013/C-332/01) che ha sostituito la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni su taluni aspetti giuridici riguardanti le opere cinematografiche e le altre opere audiovisive (2002/C-43/04), la quale continua ad applicarsi per la valutazione di aiuti di Stato concessi anteriormente al 15 novembre 2013.

[141] Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014 che dichiarate alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli artt. 107 e 108 del Trattato.

[142] S. Gobbato, Aiuti di Stato alle produzioni audiovisive: dalla Comunicazione UE 2013 alla nuova Legge Cinema, in www.filodiritto.com, 2016, par., 2.

[143] Una misura pubblica a favore delle opere audiovisive può subordinare il sostegno a obblighi di spesa a livello territoriale, però non può riservare gli aiuti alle imprese già insediate sul territorio che impiegano maestranza e capacità locali. Le incentivazioni non possono nemmeno essere riservate ai cittadini dello Stato che intende concedere l’aiuto né può essere richiesto che le imprese beneficiarie siano costituite a norma del diritto nazionale come si evince dal programma Europa creativa.

[144] Risoluzione del Consiglio UE (88)15 Setting up a European support fund for the co-production and distribution of creative cinematographic and audiovisual works.

[145] Come, per es., PugliaSounds, il programma della Regione Puglia per lo sviluppo del sistema musicale regionale attuato con il Teatro Pubblico Pugliese – Consorzio Regionale per le Arti e la Cultura, nell’ambito del Fondo di Sviluppo e di Coesione 2014-2020.

[146] D.lg. 83/2014 recante Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo convertito con modificazioni dalla l. n. 106/2014.

[147] L. n. 220/2016recante Disciplina del cinema e dell’audiovisivo.

[148] Viene istituito a tal fine un Consiglio superiore per il cinema e l’audiovisivo, al posto della Sezione Cinema della Consulta dello Spettacolo, composto da undici membri di alta competenza con il compito di decidere a chi destinare i finanziamenti pubblici.

[149] L. n. 175/2017, Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia.

[150] Tra questi il Decreto Ministeriale MIBACT n. 63 del 25 gennaio 2018, Disposizioni applicative in materia di Film Commission e indirizzi e parametri generali per la gestione di fondi di sostegno economico al settore audiovisivo, stanziati tramite le Regioni o Province autonome, il Decreto Interministeriale MIBACT‐MEF n. 157 del 15 marzo 2018,Disposizioni applicative in materia di credito di imposta per le imprese di produzione cinematografica ed audiovisiva di cui all’articolo 15 della legge 14 novembre 2016, n. 220 e il Decreto Interministeriale MIBACT‐MEF n. 158 del 15 marzo 2018,Disposizioni applicative dei crediti d’imposta nel settore cinematografico e audiovisivo.

[151] La Regione Puglia ha adottato tali finanziamenti in base al Regolamento Regione Puglia n. 6 del 26 febbraio 2015, Regolamento regionale della Puglia per gli aiuti in esenzione. Regimi di aiuti a favore delle opere audiovisive, relativo agli aiuti compatibili con il mercato interno ai sensi del TFUE.

[152] Con Decisione sull’aiuto n. 43/2007 del 30 aprile 2008, la Commissione ha dichiarato compatibile col Trattato un aiuto concesso dalla Repubblica Ceca ai musei pubblici che organizzano importanti mostre. L’aiuto in questione consisteva in un fondo di garanzia creato dal Ministero della Cultura al fine di pagare eventuali danni agli oggetti di maggior valore esposti nelle mostre (a partire da circa €4.000). Posto che, a detta dell’autorità ceca, i costi di assicurazione rappresentavano oltre il 50% del totale dei costi di organizzazione delle mostre, il fondo pubblico consentiva un notevole risparmio ai musei che organizzano eventi di grande rilievo. Secondo la Commissione la misura esaminata consentiva di preservare il patrimonio culturale nazionale senza alterare le condizioni degli scambi e della concorrenza in misura contraria all’interesse comune. Nell’analisi della Commissione è da notare che non appaiono dubbi circa la potenziale incidenza sul commercio intracomunitario di aiuti ai musei per grandi eventi che sono capaci di attrarre un pubblico internazionale. Inoltre, la Commissione ha sottolineato positivamente che la garanzia riguardava solo oggetti di valore superiore a €4000 circa, per cui l’aiuto era mantenuto al livello minimo necessario.

[153] A. Bruno, Aiuti di Stato: nella cultura, in www.diritto.it, 2018.

[154] Si v. tra le altre, Decisione della Commissione sull’aiuto n. 43/2007 del 30 aprile 2008, sull’aiuto n.540/2008 dell’8 aprile 2009, sull’aiuto n. 136a/2002 del 21 gennaio 2003, e sull’aiuto n. 630/2003del 18 febbraio 2004 (relative ai musei).

[155] C. E. Baldi, Aiuti alla cultura musei e altre “infrastrutture culturali”, in www.europroject-online.it, 8/5/2013.

[156] Ares (2012)834142 del 01/08/2012.

[157] Si veda nota 137.

[158] In generale, su tale criterio, P. De Luca, Il criterio dell’investitore privato in economia di mercato: il caso Commissione c. Électricité de France, in Mercato, Concorrenza, Regole, n.3/2012, 521 ss.

[159] Comunicazione della Commissione sull’applicazione degli artt. 92 e 93 del trattato (CEE CE 9/1984).

[160]M. Sebastiani, Il principio dell’investitore di mercato, in www.astridonline, 2010, 2 ss. Sul tema, tra le altre, sentt. Corte di giustizia del 24/01/1977, Pubblico ministero del Regno dei Paesi Bassi c. Jacobus Philippus van Tiggele C-82/77; 30/01/85, C-290/83, Commissione delle Comunità europee c. Repubblica francese; 17/03/1993, Cause riunite C-72/91 e C-73/91, SlomanNeptunSchiffahrts AG c. Seebetriebsrat Bodo Ziesemerder Sloman Neptun Schiffahrts AG; 13/03/2001, C-379/98, Preussen Elektra AG contro Schhleswag AG;16 maggio 2002, C-482/99 Repubblica francese c. Commissione delle Comunità europee.

[161] C.E. Baldi, Aiuti alla cultura, musei e altre “infrastrutture culturali”, cit., 3.

[162] È da segnalare, tuttavia, che nella Decisione sull’aiuto n. 293/2008, la Commissione ha affermato che i musei si comportano, in realtà, come imprese che offrono un servizio sul mercato.

[163] Sentenza Corte cost. 27/06/1986, n. 151, dove il Giudice costituzionale ha affermato la «primarietà del valore estetico-culturale che non può essere subordinato ad altri valori, ivi compresi quelli economici e anzi indica che la stessa economia si deve ispirare alla cultura, come sigillo della sua italianità».

[164] Si vv. i casi: n. 11/2002 – United Kingdom, Individual Cases of application Based on the National Heritage Memorial Fund (27/05/2003, C (2003) 661 def.; N 377/2007 – NL – Sostegno a Bataviawerf – Ricostruzione di un vascello del XVII secolo (Decisione del 28.11.2007); N 630/2003 IT – Musei di interesse locale – Regione autonoma della Sardegna (Decisione del18.2.2004); N 377/2007 -Lipica Horses – Slovenia- (Decisione del 11.02.2009).

[165] Decisione della Commissione dell’8 maggio 2012 relativa all’aiuto di Stato SA.22668, punto 103.

[166] Conclusioni del Consiglio e dei Rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, su un piano di lavoro per la cultura (2015-2018).

[167] L. n. 190/2014.

[168] Previsto dall’art. 1, c.359, l. n. 160/2019, decreto del MIBACT n. 451 del 9 ottobre 2020.

[169] Consultabile inwww.commission.europa.eu.; Per uno studio del fenomeno a livello nazionale, S. Scaramuzza, L’impatto della pandemia e della guerra sul settore turistico: effetti delle crisi e speranze di ripresa a livello internazionale, europeo, nazionale, regionale e locale, in U. Izzo (a cura di), Il diritto alle prese con la vulnerabilità del turismo, fra guerra e persistente pandemia, in Lawtech, 2022, 68 ss.

[170] A. D’amelio, Il Covid-19 e le conseguenze sul turismo, in www.rizzolieducation.it, 3.

[171]G. Luchena, Una nuova politica degli aiuti di Stato? Gli aiuti istantanei nel contesto dell’emergenza Covid-19 tra coerenza d’insieme e profili inediti, in Concorrenza e mercato, n. 26/27, 2020, 17 ss.

[172] La Commissione europea, dopo il lockdown, il 13 maggio 2020 ha trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni una Comunicazione COM 82020)550 intitolata turismo e trasporti nel 2020 e oltre, al fine di permettere agli Stati membri di revocare gradualmente le restrizioni di viaggio e consentire alle attività turistiche di riaprire, dopo mesi di blocco, nel rispetto delle necessarie precauzioni sanitarie. L’obiettivo della Comunicazione era quello di aiutare il settore turistico dell’UE a riprendersi dalla pandemia, sostenendo le imprese perché possano continuare a rendere l’Europa la destinazione numero uno per i viaggiatori. Essa si compone di cinque parti con l’obiettivo principale di invogliare gli Stati membri a gestire, in maniera corretta e coordinata, gli strascichi della pandemia sul proprio territorio, a favorire un turismo sostenibile e soprattutto a restituire ai cittadini la capacità di viaggiare in sicurezza, migliorando il sistema dei trasporti e l’accesso alle informazioni riguardanti le frontiere e i viaggi, le strutture turistiche e le condizioni di sicurezza e salute anche attraverso mezzi digitali. Su questa scia si inserisce anche la Comunicazione Covid-19: Orientamenti dell’UE per il progressivo ripristino dei servizi turistici e la definizione di protocolli sanitari nelle strutture ricettive, C/2020/3251 cheha fornito gli orientamenti per i protocolli sanitari, i quali non erano vincolanti ma volti a garantire che le misure preventive potessero essere attuate dagli Stati membri con coerenza.

[173] E. Macrì, C.L. Cristofaro, The Digitalisation of Cultural Heritage for Sustainable Development: The Impact of Europeana, in P. De martini, L. Marchegiani et al (ed), Cultural Initiatives for Sustainable Development, Berlino, 2021, 373 ss.

[174] G. Mancini Palamoni, Lo sviluppo sostenibile del patrimonio culturale tra emergenze e tecnologie digitali, in Rivista italiana di informatica e diritto, n. 1/2022, 267 ss.

[175] Dati reperibili in www.istat.it.

[176] Sul tema A. Germani, Gli aiuti finanziari alle imprese nell’epoca del Covid- 19, in Guida alla contabilità & bilancio, n. 5/2020, 24 ss., ma anche, C. Mariconda, Il turismo ai tempi del Covid -19, in A. Amirante, G. Rotondo (a cura di), Strutture sociali e governo del cambiamento nel contesto post-pandemico, cit., 261 ss.

[177] Sulle misure emanate per far fronte alla crisi pandemica, A. Sartori, M. Corti, Dal decreto “Cura Italia” al decreto “Rilancio”: l’Italia prova a ripartire, in Rivista italiana di diritto del lavoro, n. 3/2020, 77 ss.; M. Macchia, Lo strumentario giuridico per le misure di rilancio, in Giornale di diritto amministrativo, 2021, 560 ss.

[178] D.l. n.18/2020.

[179] D.l.n. 23/2020.

[180] D.l.n. 104/2020.

[181] D. l. n. 34/2020.

[182] D.l.n. 41/2021.

[183] Sul tema, tra i tanti contributi, D. Rossano, Solidarietà e stabilità economica nella ridefinizione del Patto di Stabilità e Crescita, in Rivista Trimestrale di Diritto dell’Economia, suppl. al n. 1/2023, 133 ss.; R. Artoni, Considerazioni sul patto di stabilità e crescita, in Moneta e Credito, dicembre 2023, 219 ss.; L. Bini Smaghi, La Riforma del Patto di Stabilità e Crescita: Ce n’è veramente bisogno?, in Policy Brief, n. 9/2022, 1 ss.; C. Dominicali, La Commissione europea e la flessibilità “temporale” nell’applicazione del Patto di Stabilità e Crescita, in Federalismi.it, n. 19/2020, 453 ss.

[184] Art. 183, co. 3, d.l. n.34/2020 (Decreto Rilancio) e art. 80, co. 1, lett. b), d.l. n. 104 del 2020 (Decreto Agosto).

[185] Il finanziamento per i musei non statali è a gravare sul Fondo per le emergenze delle imprese e istituzioni culturali.

[186] Decisione State Aid, SA.57021.

[187]Sul Decreto Rilancio, A. Massari, La normativa dell’emergenza, il decreto “Rilancio” e le questioni ancora aperte, in Appalti e contratti, n. 5/2020, 2 ss.

[188] Le soglie per gli aiuti agli investimenti per la cultura e la conservazione del patrimonio secondo il Regolamento di modifica del GBER del 2023 ammontano a 165 milioni di euro per progetto, gli aiuti al funzionamento per la cultura e la conservazione del patrimonio a 82,5 milioni di euro per impresa e per anno.

[189] Art. 183, co. 10, d.l. n. 34/2020.

[190] Sul ruolo di Cassa depositi e prestiti negli investimenti strategici per il Paese, M. Passalacqua, B. Celati, Stato che innova e Stato che ristruttura. Prospettive dell’impresa pubblica dopo la pandemia, cit., 107. È da evidenziare che CDP partecipa anche nella gestione del Fondo per la cultura e nella gestione del Fondo turismo, entrambi istituti dal Decreto Rilancio per il 2020 al fine di promuovere investimenti e altri interventi di tutela, conservazione, restauro, fruizione, valorizzazione e digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale.

[191] A. Parziale, Crisi pandemica e sostegno pubblico all’economia. Le garanzie fondo PMI e SACE, in Analisi giuridica dell’economia, n. 2/2020, 467 ss.

[192] Le quali assommano ai provvedimenti agevolativi di cui sopra il regime di favore italiano.

[193] Sull’argomento, F. Zatti, L’impatto delle misure adottate in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 sulle politiche a sostegno dell’innovazione tecnologica: prime riflessioni in tema di aiuti di Stato, in Concorrenza e mercato, 2020, 192 ss.

[194] È necessario sottolineare che tale decreto è stato sottoposto a quattro modifiche che hanno preso il nome di decreto Ristori-bis (d.l. n. 149/2020), Ristori-ter (d.l. n. 154/2020) e Ristori-quater (d.l. n. 157/2020).

[195] Secondo l’UNESCO, 85.000 istituzioni museali nel mondo (circa il 90% del totale) sono state temporaneamente chiuse e il 10% potrebbero rimanere chiuso. Sull’argomento, rapporto OCSE, Shock cultura: Covid-19 e settori culturali e creativi, 7 settembre 2020, 16 ss.

[196] D. l. n. 73/2021.

[197] E. Cavalieri, Le misure a sostegno della cultura e del turismo nella seconda fase dell’emergenza sanitaria, in Giornale di diritto amministrativo, 2021, 32 ss.

[198] B.N. Romano, Il difficile momento del turismo tra il fallimento “Thomas Cook” e la pandemia di “Covid-19”, in www.giustam.it, n. 6/2020, 1.

[199] M. Benvenuti, La spada e lo scudo. Prime note sulle nuove forme di intervento diretto nell’economia con finalità di politica industriale, in Diritto costituzionale, n. 1, 2021,13 ss.

[200] M. Mazzucato, Lo Stato innovatore, Roma-Bari, 2020,25 ss.

[201] L. n. 178/2020.

[202] Il documento è stato approvato il 23 aprile 2020.

[203] Si v. per es., SA.102105 Covid-19: Tax credit in favour of tourism undertakings for rental payments del 6/5/22.

[204] I provvedimenti di approvazione della Commissione europea relativi agli aiuti concessi tramite i decreti-legge emanati durante l’emergenza Covid, sono presenti, in www.affarieuropei.it, sessione: “Gli aiuti a sostegno dell’economia italiana”.

[205] A tal proposito, si v. www, incentivigov.it., sezione IPCEI.

[206] Sulla nuova forma di programmazione, G. Luchena, Il “nuovo” intervento pubblico nell’economia tra politiche globali e programmazione europea, in European Law and Finance Rewiew, n.1/2023, 36 ss.; S. Amorosino, Le regolazioni pubbliche delle attività economiche, Torino, 2021,12 ss.; M. benvenuti, Prime note sulle nuove forme di intervento diretto nell’economia, in Diritto costituzionale, n. 1/2021, 17 ss.

[207] Tutti i dettagli operativi e strutturali del PNRR sono consultabili nel sito istituzionale www.italiadomani.gov.it. Per un’analisi sull’attuazione e sulle modifiche del PNRR, tra i più recenti, A. Dirri, La leale cooperazione nell’assestamento del PNRR: un regionalismo “esecutivo” per il superamento dei divari territoriali, in Osservatorio costituzionale, n. 1/2024, 145 ss.; N. Lupo, Un “metodo di governo” nuovo e destinato a durare: l’attuazione dei PNRR e il divieto di reversal, in Giornale di diritto amministrativo, n. 1/2024, 111 ss.; V. Bontempi, La riforma della governance del PNRR, in Diritto costituzionale, n. 2/2022, 63 ss.; G. Viesti, Riuscirà il PNRR a salvare l’Italia, Roma, 2023, 23 ss.; M. D’Alberti, Il PNRR nel contesto delle pianificazioni, in Federalismi.it, 15 febbraio 2023, 3 ss.; M. Clarich, Il Pnrr tra diritto europeo e nazionale un tentativo di inquadramento giuridico, in Astrid Rassegna, 2021, 1 ss.

[208] G. Rotondo, Innovazione di impresa e turismo nel quadro della ripresa economica post emergenza pandemica, cit., 295 ss.

[209] M. D’Amore, Come internet ha stravolto il concetto di viaggio: le tendenze, inAgendadigitale.eu, 2024.

[210] Il 24 novembre 2023, la Commissione UE ha approvato il nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, che include un nuovo capitolo dedicato a REPowerEU. Il piano, dopo la revisione, copre 66 riforme e 150 investimenti.

[211] A. M. Nico, Il patrimonio culturale nel diritto positivo e nel PNRR, in Lo Stato, n. 19/2022, 264.

[212] A. Pirri Valentini, M. Thatcher, Possibilità, opportunità e rischi del finanziamento privato alla cultura. Alcuni esempi dal modello italiano e inglese, in Rivista di politica economica,107 ss.

[213] M. Cammelli, La ratifica della convenzione di Faro: un cammino da avviare, inAedon, n. 3/2020, 186 ss.

[214] C. Carmosino, La Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, in Aedon, n.1/2013, 41 ss.; E. Mottese, La Convenzione quadro sul valore del patrimonio culturale per la società e la sua interazione nello spazio giuridico europeo. Spunti di riflessione, in Freedom, Security &Justice: European Legal Studies, n. 3/2020, 233 ss.

[215] A. Claroni, La normativa nazionale per le aree sottoutilizzate (giugno 2022-febbraio 2023), in Rivista giuridica del Mezzogiorno, n. 1/2023, 237 ss.

[216] Come è noto, almeno il 20% delle risorse secondo la disposizione dell’Unione devono essere indirizzate verso la transizione digitale. Sulla transizione digitale nei settori in esame, L. Moro, Il Piano nazionale per la digitalizzazione del patrimonio culturale, in R.A. Genovese (a cura di), Il Patrimonio culturale tra la transizione digitale, la sostenibilità ambientale e lo sviluppo umano, Napoli,2021, 63 ss.

[217] Sul tema, MIC, Linee di indirizzo per il miglioramento dell’efficienza energetica nel patrimonio culturale. architettura, centri e nuclei storici ed urbani, in www.cultura.gov.it, 2021; R. Bolici, Salvagente dall’Europa, in Yuotrade, 2023, 156 ss.

[218] B. Baldini, Transizione energetica, ambiente e tutela del patrimonio culturale: un recente orientamento del Consiglio di Stato, in Le Istituzioni del federalismo, n. 2/2023, 417 ss.; E. Becheri, B. Lo Bianco, Per un turismo responsabile, sostenibile e inclusivo, in Turistica, n. 4/2019, 87 ss.

[219] Secondo l’ISTAT, nel 2018 solo il 53% dei musei, dei monumenti, delle aree archeologiche e dei parchi statali e non statali ha migliorato le proprie strutture rimuovendo le barriere fisiche; inoltre, solo il 12% di loro ha affrontato il tema delle barriere percettive, culturali e cognitive, statistiche rinvenibili nel Rapporto Italia dei musei, reperibile in www.istat.it, 2019.

[220] P. Petraroia, V. M. Sessa, Miglioramento energetico e conservazione del patrimonio culturale, in Aedon, n. 3/2023, 375 ss.

[221] Per un approfondimento, F. Higgins Desbiolles, The “war over tourism”: challenges to sustainable tourism in the tourism academy after COVID-19, in Journal of Sustainable Tourism, n. 4/2021, 551 ss.; E. Koh, The end of over-tourism? Opportunities in a post-Covid-19 world, in International Journal of Tourism Cities, n. 4, 1015 ss.

[222] Anche turismo e cultura devono rispettare il principio del do not signicant harm che rappresenta la precondizione di ogni attività ecosostenibile. Sul tema, I. Costanzo, La valutazione di conformità al principio do not significant harm(DNSH), in Giornale di diritto amministrativo, n. 5/2023, 676 ss.

[223] Le strutture sono specificamente individuate nel PNRR e sono: ex Centrale Nucleare di Bosco Marengo (Alessandria), ex Centrale Nucleare di Caorso (Piacenza), ex Centrale Nucleare di Garigliano (Caserta), ex Caserma Cerimant (Roma), ex Casermette (Camerino).

[224] I primi dati provvisori del 2023, riferiti al bimestre gennaio-febbraio sembrano confermare la definitiva ripresa del settore (+45,5% le presenze complessive rispetto allo stesso bimestre dell’anno 2022), con una crescita rilevante sia delle presenze straniere (+70,5%) sia di quelle domestiche (+28,8%). Così, ISTAT, Rapporto annuale 2023, la situazione del Paese 2023, in www.istat.it, 166 ss.

[225] C. Ponti, PNRR, verso il turismo 4.0: ecco le misure e gli obiettivi, in www.agenda digitale.eu, 2022; F. Antolini, A. Giusti, S. Cesarini, Il PNNR: un’opportunità per il turismo e per il territorio, in XXV Edizione del Rapporto sul Turismo Italiano, Roma, 2022, 44 ss.; M. Brogna, S. Bozzato, V. Cocco, A. Salustri, Il turismo post pandemia, tra ripresa, risorse latenti e potenzialità territoriali, in M. Brogna (a cura di), Il turismo nel Lazio tra prossimità e orizzonte globale. Domanda, offerta, innovazione, formazione, Roma 2024, 25 ss.

[226] Si tratta del progetto di sviluppo e potenziamento delle attività della Biennale di Venezia in funzione della costruzione di un polo permanente di eccellenza nazionale e internazionale a Venezia; del recupero del Porto Vecchio di Trieste; del progetto relativo a Torino, al suo parco e al suo fiume: memoria e futuro; di quello relativo alla Biblioteca Europea di Informazione e Cultura (BEIC); della valorizzazione della cinta muraria e del sistema dei forti genovesi; del potenziamento dell’attrattività turistica delle aree del parco del delta del Po; della riqualificazione Stadio Artemio Franchi di Pierluigi Nervi; del progetto URBS: dalla città alla campagna romana; di quello del Waterfront di Reggio Calabria; del recupero dell’ex complesso della Manifattura Tabacchi in chiave culturale, con realizzazione del primo Auditorium per la Città di Palermo; dei percorsi nella storia – Treni storici e Itinerari culturali in varie località; del progetto integrato di restauro, fruizione e valorizzazione dell’immobile costiero Colombaia – Castello di mare – Torre Peliade di Trapani; della valorizzazione e rigenerazione urbana del Real Albergo dei Poveri a Napoli e dell’ambito urbano piazza Carlo III, via Foria, piazza Cavour.

[227] M. D’Amore, op. cit.

[228] M. Faccioli, Turismo e territorio nel PNRR, in www.documentigeografici.it, n.1/2022, 316.

[229] Sui fondi per il turismo, A. Bondini, Il Mibact e gli investimenti per la cultura e il turismo: alcune note sulla gestione dei fondi europei e nazionali, in Aedon, n.1/2020, 29 ss.

[230] Sul tema mi sia consentito rinviare a S. Cavaliere, Gli incerti confini della disciplina giuridica della professione di guida turistica tra diritto dell’Unione europea e ordinamento nazionale, in Diritto pubblico europeo, rassegna online, n. 1/2017, 3 ss.

[231]E. Reginato, P. Modica, F. Cabiddu, Le politiche pubbliche a sostegno della crisi da COVID-19 nel settore turistico: un’analisi esplorativa, in Management control, n. 1/2023, 98 ss.

[232] A. Sau, Beni e attività culturali tra Stato e Regioni: ciò che resta della stagione della regionalizzazione. Guardando alla prossima, in Aedon, n. 1/2023, 4 ss.

[233] F. Montella, Cultura, patrimonio culturale e creatività nelle politiche della ricerca europee, in Il capitale culturale, n. 24/2021, 341 ss.; E. Mottese, La Convenzione quadro sul valore del patrimonio culturale per la società e la sua interazione nello spazio giuridico europeo. Spunti di riflessione, cit., 233 ss.; M. C. Spena, Impresa, cultura e comunità: dalle collaborazioni strategiche al partenariato speciale pubblico-privato, in Amministr@tivamente, n. 4/2022, 269 ss.; M. C. Cavallaro, La cultura nel PNRR e la cultura del PNRR: alcune considerazioni, in P.A. persona e amministrazione, n. 1/2023, 446 ss.; I. Bongiovanni, Cultura cooperativa per la rigenerazione di luoghi e comunità. L’esperienza dell’Osservatorio per i partenariati speciali pubblico-privato, in Economia della Cultura, n. 1/2023, 119 ss.

[234] Occorre ricordare che è stato istituito il sistema ReGiS come strumento centrale per la raccolta e analisi dei dati che rappresenta la modalità attraverso cui le Amministrazioni centrali e territoriali, gli uffici e le strutture coinvolte nell’attuazione possono adempiere agli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo delle misure e dei progetti finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

[235] M. Di Terlizzi, L. Occhetta, F. Oneglia, Testo unico delle imposte sui redditi: commentario al Dpr. 917/1986, Milano, 2008, 10 ss.

[236] P. Carpentieri, Digitalizzazione, banche dati digitali e valorizzazione dei beni culturali, in Aedon, n. 3/2020, 92 ss.; A. Areddu, Innovazione e digitalizzazione del patrimonio culturale, in Rivista italiana di diritto del turismo, n. 38/2023, 72 ss.

[237] M. Cerquetti, E. Cutrini, The role of cultural heritage in the green and digital transition, in Il Capitale culturale, 2023, 17 ss.

[238] I sette decreti di autorizzazione alla fruizione delle agevolazioni sotto forma di credito d’imposta per le strutture ricettive, emanati dal MITUR, consultabili in www.ministeroturismo.gov.it, prevedono come condizioni necessarie per accedere ai finanziamenti proprio il rispetto di tali obiettivi. P. Greganti, Accessibilità e barriere culturali: progettare contesti tra cultura abilista e cultura inclusiva, in L. Farroni, A. Carlini, M. Mancini (a cura di), Orizzonti di accessibilità, Roma, 2023, 66 ss.; I. Garofalo, Accessibilità e patrimonio culturale: alcuni spunti di riflessione per nuovi approcci progettuali, in M. Centofanti (a cura di), Rilievo dei beni culturali e rappresentazione inclusiva per l’accessibilità museale, Milano, 2023, 51 ss.

[239]Si rileva come la riforma degli artt. 9 e41 della Costituzione (L. Cost. n. 1/2022) sono un esempio dell’importanza attribuita attualmente all’ambiente, sul tema, tra gli innumerevoli contributi, M. Cecchetti, La revisione degli articoli 9 e 41 della Costituzione e il valore costituzionale dell’ambiente: tra rischi scongiurati, qualche virtuosità (anche) innovativa e molte lacune, in Forum di Quaderni Costituzionali, n. 3/2021, 286 ss.;G. Mercatajo, La riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione e la valorizzazione dell’ambiente, in Ambiente e Diritto.it, n.2/2022 ; M. Pierri, Il limite antropocentrico dello sviluppo sostenibile nella prospettiva del personalismo costituzionale. Riflessioni a margine della riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana, in Rivista quadrimestrale dell’ambiente, n. 2/2022, 234 ss.; M. Benvenuti, La revisione dell’articolo 41, commi 2 e 3, della Costituzione, i suoi destinatari e i suoi interpreti, in Rivista AIC, n.2/2023, 59 ss.; V. De Santis, La Costituzione della transizione ecologica. Considerazioni intorno al novellato art. 41 della Costituzione, in www.nomos-leattualitàneldiritto.it, n. 1/2023, 1 ss.; D. Di Paola, G. Trenta (a cura di), La valorizzazione costituzionale dell’ambiente Riflessioni sulla recente modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione, Messina, 2023, 63 ss.

[240] S. Creaco, S. Cassar, Turismo, cultura e sostenibilità, in Studi economico sociali, n. 1-2/2018, 59 ss.

[241] Per un’analisi delle perdite subite dal settore turistico, Statistiche report, in www.istat.it, settembre 2021; C. Demma, Il settore turistico e la pandemia di covid-19, in www.bancaditalia.it, settembre 2021.

[242] Il preambolo del PNR riconosce a turismo e cultura notevole rilevanza. Ciò avrebbe fatto sperare una dotazione maggiore per questi settori, sul tema, R. Calvano, Istruzione, Ricerca, Cultura. Appunti sul PNRR, in PasSaggi costituzionali, n. 2/2021, 203 ss.

[243] Sugli effetti della crisi finanziaria verificatasi prima di quella sanitaria, si v., almeno, F. Capriglione, Globalizzazione, crisi finanziaria e mercati: una realtà sui cui riflettere, in, Concorrenza e mercato, 2012, 867 ss.

[244] L. Campiglio, Lo Stato Sociale: da “lusso” a necessità, in Vita e pensiero, febbraio 2020, 24 ss. Concetto Marchesi, nel dibattito per l’approvazione della Costituzione, osservò che uno Stato che cerchi economie nei bilanci per la pubblica istruzione è uno Stato nemico della civiltà, così, C. Marchesi, Relazione sui principi costituzionali riguardanti la cultura e la scuola, Commissione per la Costituzione, I Sottocommissione, Roma, 1946, 39.

[245] Sui controlli relativi all’attuazione del PNRR dei Paesi membri, in generale, F. Salmoni, Recovery fund, condizionalità e debito pubblico. La grande illusione, cit., passim.

[246] M. Mazzucato, Non Sprechiamo questa crisi, Bari-Roma, 2020, 127 ss.

[247] C. Fasone, La riforma del Patto di Stabilità e Crescita: un compromesso al ribasso?, in Quaderni costituzionali, n. 2/2024, 442 ss.; M. Bolognese, L’asimmetria tra la riforma sul Patto di stabilità e crescita e il quadro temporaneo degli aiuti di Stato, in Ordine Internazionale e Diritti Umani, n. 4/2023, 826 ss.; C. Marchese, Il ruolo dello Stato a fronte dell’emergenza pandemica e le risposte elaborate in sede europea: la garanzia dei diritti ed il rilancio economico alla luce del rapporto tra condizionalità e solidarietà, in www.rivistaaic.it, n. 1/2021, 252.

[248] E. Tatì, I controlli amministrativi alla luce del Piano nazionale di ripresa e resilienza: problemi e prospettive tra efficienza e condizionalità, in Federalismi.it, dicembre 2022, 85 ss.

[249] Rapporto Cerved PMI 2020, consultabile in www.cerved.com, 18.

[250] Sulla debolezza della ripresa economica italiana, F. Busetti, C. Giorgiantonio, G. Ivaldi, S. Mocetti, A. Notarpietro, P. Tommasino, Capitale e investimenti pubblici in Italia: effetti macroeconomici, misurazione e debolezze regolamentari, in Questioni di Economia e Finanza, reperibile su www.bancaditalia.it, 2019, 5 ss.

[251] B. Bratta, L. Romano, P. Acciari, F. Mazzolari, The impact of digitalization policies: Evidence from Italy’s Hyper-depreciation of Industry 4.0 Investments, in MEF Working paper DF WP, n. 6/2020, 15 ss.

[252] G. Viesti, Riuscirà il PNRR a rilanciare l’Italia?, in www.rivistailmulino.it, 7 giugno 2021, passim.

[253] Per una riflessione sulle diverse dinamiche delle varie zone economiche italiane dal punto di vista del turismo, G. F. Masetti, Il piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: recupero delle aree interne per un turismo e un’economia sostenibili, in www.documentigeografici.it, n. 1/2022, 103 ss.; A.M. Cecere, Ruoli e competenze dei diversi livelli istituzionali nella gestione della pandemia covid-19 in Italia tra distonie sistemiche e carenze strutturali, in www.rivistaaic, n. 3/2021.

[254] Dati rinvenibili in www.pnrr.cultura.gov.it.

[255] L’attuazione delle misure del PNRR è consultabile in www.governo.it, 258.

[256] Per un approfondimento sull’ammontare dei tagli, si v. www.finestresull’arte.it.

[257]Evidenzia alcune delle criticità emerse nel corso della gestione pandemica, A.M. Cecere, Ruoli e competenze dei diversi livelli istituzionali nella gestione della pandemia covid-19 in Italia tra distonie sistemiche e carenze strutturali, in www.rivistaaic, n.3/2021, 358 ss.

[258] Sull’economia sociale di mercato, espressione utilizzata per la prima volta da A. Muller-Armack, Soziale Marktwirtschaft, in Id., Wirtschaftsordnung und irtschaftspolitik, Berna-Stoccarda, 1976, 55 ss., tra i tanti, C. Rotondi, Economia sociale di mercato: la “via italiana” tra liberalismo, liberismo e stato sociale, in G. Antonelli, M.A. Maggioni, G. Pegoretti, G., Pellizzari, F. Scazzieri, R., Zoboli (a cura di), Economia come scienza sociale. Teoria, istituzioni, storia, Bologna,2012, 113ss.;P. De Pasquale, L’economia sociale di mercato, in Studi sull’integrazione europea, n. 2/2014, 1ss.;A. Somma, Economia sociale di mercato vs. giustizia sociale, in Astridonline, 2015, 1 ss.; G. Luchena, Economia sociale di mercato, in Rassegna di diritto pubblico europeo, n.1/2020, 81 ss.; G. Salvatori, G. Guerini, L’economia sociale di mercato alla prova della policy, in rivistaimpresasociale.it, 2024; C. Borzaga, G. Salvatori, Sul concetto e la rilevanza dell’economia sociale, in Euricse Working Paper Series, n. 133/24, 3 ss.

[259] Sul tema, G. Luchena, Soziale Marktwirshaft e costituzione economica “conforme”: una rilettura del pensiero giuridico-economico alle radici del modello europeo, inPasSaggi costituzionali, n.2/2023, 415.

[260] L. Bonini, Economia sociale di mercato, Bologna, 2012, 33 ss.; L. Bruni, S. Zamagni, Dizionario di economia civile, Roma, 2009, 9 ss.

[261] Su questa tesi, F. Modugno, Principi generali dell’ordinamento, in Enciclopedia Giuridica, 1989, 22, rileva come la cultura rientri nei diritti sociali fondamentali, così pure, T. Alibrandi, P. Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano, 2001, 420 ss.; P. Häberle, Cultura dei diritti e diritti della cultura nello spazio costituzionale europeo. Saggi, Milano, 2003, 104 ss., ma anche, se si vuole, S. Cavaliere, La gestione dei beni culturali tra i livelli essenziali delle prestazioni e principio di sussidiarietà, Bari, 2018, 28 ss.

[262] Sulla riforma dell’art. 41 Cost., relativamente al c. 3, ex multis, tra i più recenti, M. Benvenuti, La revisione dell’articolo 41, commi 2 e 3, della Costituzione, i suoi destinatari e i suoi interpreti, in www.rivistaaic.it, n.2/2023, 59 ss.; G. Capo, Libertà d’iniziativa economica, responsabilità sociale e sostenibilità dell’impresa: appunti a margine della riforma dell’art. 41 della Costituzione, in Giustizia Civile, n.1/2023, 81 ss.; L. Longhi, Note minime sulle recenti modifiche dell’art. 41 Cost., in PasSaggi costituzionali, n. 1/2022, 54 ss.

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