SOMMARIO: Il documento analizza il recepimento della Direttiva NPL in Italia, evidenziando le implicazioni normative e operative per il mercato dei crediti deteriorati. L’obiettivo principale è illustrare come la nuova regolamentazione miri a bilanciare la tutela del debitore con l’apertura del mercato agli investitori, garantendo al contempo la stabilità del sistema bancario. La riforma introduce obblighi di trasparenza e nuovi flussi informativi tra venditori, acquirenti e debitori per favorire una maggiore liquidità e controllo del mercato. Un altro obiettivo chiave è descrivere il ruolo del nuovo “gestore di crediti”, soggetto vigilato incaricato della gestione professionale dei crediti in sofferenza. Il documento esamina inoltre il difficile coordinamento tra le norme NPL e la disciplina della cartolarizzazione, individuando possibili criticità e aree di incertezza. Infine, si pongono interrogativi sulla capacità della riforma di attrarre nuovi investitori, mantenere l’efficacia degli operatori tradizionali e gestire l’impatto delle crisi economiche future.
ABSTRACT: The document analyses the transposition of the NPL Directive in Italy, highlighting its regulatory and operational implications for the non-performing loan market. The main objective is to illustrate how the new regulations aim to balance debtor protection with market openness to investors while ensuring the stability of the banking system. The reform introduces transparency obligations and new information flows between sellers, buyers, and debtors to enhance market liquidity and oversight. Another key objective is to describe the role of the new “credit servicer,” a supervised entity responsible for the professional management of distressed loans. The document also examines the challenging coordination between the NPL rules and securitization regulations, identifying potential critical issues and areas of uncertainty. Finally, it raises questions about the reform’s ability to attract new investors, maintain the effectiveness of traditional operators, and manage the impact of future economic crises.
1. Introduzione
La naturale sostanza dell’attività bancaria si rinviene nell’intermediazione tra i soggetti in surplus dell’ordinamento e quelli in deficit, esercitata mettendo in comunicazione i due estremi della raccolta del risparmio, da un lato, e dell’erogazione del credito, dall’altra. L’erogazione dei finanziamenti in qualsiasi forma effettuati costituisce la voce principale degli impieghi, la cui remunerazione consente alla banca di sostentarsi e remunerare i depositanti e gli azionisti[1].
La biunivocità di questo processo può essere messa in crisi dall’insolvenza del debitore, che beneficia dell’impiego delle risorse da parte della banca. Per la verità, l’insolvenza è una vicenda prettamente individuale ma quando, in corrispondenza di determinate fasi del ciclo economico, la stessa si generalizza fino a investire porzioni considerevoli del portafoglio dei crediti di titolarità della banca, quest’ultima rischia di destabilizzarsi per effetto delle perdite riscontrate, determinando la necessità di una risoluzione della crisi o la liquidazione dell’intermediario stesso[2].
Per quanto la banca possa tentare di perfezionare il proprio processo di erogazione del credito, selezionando i migliori potenziali debitori, il rischio di insolvenza resta comunque ineludibile (e giustifica, peraltro, la remunerazione dell’impiego, e cioè il costo del credito)[3]. Se ciò è vero, è però altresì possibile per la banca individuare una soluzione, per così dire, laterale, procedendo alla dismissione del credito deteriorato[4].
Se quanto sopra appare in principio condivisibile (e sin anche desiderabile, in un sistema liberale e capitalista), la visione astratta e macroscopica della questione (i “bilanci”, il “mercato”, il “credito”, i “portafogli”) e la sua finanziarizzazione (il mercato come luogo di scambio di interessi di vendita ed investimento) fallisce però nell’individuare la questione caratterizzante del settore del credito deteriorato: l’esigenza di tutela. Il nostro ordinamento impone, infatti, la necessità di supportare i soggetti in condizione di fragilità finanziaria sia pure, chiaramente, in un contesto di persistente inadempimento delle proprie obbligazioni[5].
Tra tensione verso il mercato e tutela delle parti deboli, interviene l’emanazione della Direttiva (UE) 2167/2021 (di seguito Direttiva “NPL” o “SMD”, acronimo di Secondary Market Directive)[6] che, nell’ambito della strategia della Commissione UE per la gestione dei crediti non-performing di origine bancaria, cerca di individuare un contemperamento tra tutela del debitore, apertura agli investimenti e cattura del fenomeno nell’ambito della regolamentazione[7]. La Direttiva NPL interviene per creare, principalmente, un mercato di crediti non-performing su base paneuropea, fornendo una disciplina armonizzata di “acquirenti” e “gestori”. Rispetto alla bozza originaria di direttiva e nell’ottica di realizzare un maggior bilanciamento tra possibilità di investimento e tutela del debitore inadempiente, è venuto meno il progetto di creazione di una procedura europea di escussione accelerata delle garanzie, mentre sono state introdotte modifiche alla disciplina del credito ai consumatori e del credito immobiliare ai consumatori, che anticipano la futura revisione generale della materia[8].
2. Il recepimento in Italia della Direttiva NPL
In Italia, il recepimento della Direttiva NPL è stato avviato con un processo di consultazione conclusosi con ritardo rispetto all’originario termine stabilito dalla direttiva stessa (ma in linea, comunque, con numerosi Stati Membri dell’Unione, anch’essi in ritardo) cui è seguita un’ulteriore fase di consultazione, avente ad oggetto la normativa secondaria[9].
In estrema sintesi, l’attuazione della Direttiva NPL è stata realizzata modificando il testo unico bancario (TUB) introducendo il Capo II, Titolo V, TUB, relativo all’acquisto e alla gestione di crediti in sofferenza, aggiungendo gli articoli da 114.1 a 114.14. Queste disposizioni definiscono, principalmente, gli obblighi degli “acquirenti di crediti”, la figura del “gestore di crediti in sofferenza” ed il suo ambito di attività; la relativa disciplina di attuazione è emanata dalla Banca d’Italia e ricomprende sia la revisione e l’ampliamento di atti già in vigore, che l’emanazione di inedite Disposizioni di vigilanza per la gestione di crediti in sofferenza[10].
Il Legislatore nazionale si è trovato, forse più che in altri Paesi dell’Unione, a dover operare un difficile bilanciamento tra l’esigenza di recepimento dei contenuti della Direttiva NPL e la preservazione degli equilibri del mercato domestico, che è già ampiamente sviluppato e ha contribuito in modo determinante al processo di derisking del sistema bancario nazionale successivo crisi del 2008-2012[11].
Quanto all’ambito di intervento, in linea generale, va considerato che l’acquisto di crediti a titolo oneroso costituiva un’attività attratta nella c.d. riserva bancaria (artt. 11 e 106 TUB, art. 2 DM 53/2015); tale limitazione si applica(va), pacificamente, tanto per le operazioni attive dell’intermediario (e.g., lo sconto, art. 1858 c.c.) che per le operazioni di cessione di crediti originate dall’intermediario in favore di altro soggetto[12]. Tale forma di gatekeeping determinava una limitazione considerevole a livello soggettivo, restringendo la possibilità di circolazione di questa tipologia di attivi all’interno del mercato ed escludendo i soggetti non dotati di licenza bancaria o 106 TUB[13].
Ciò detto, però, il quadro normativo italiano già autorizzava la formazione di un settore di shadow banking, sia pure nei limiti della generale restrizione all’ingresso dell’attività di acquisto di crediti[14]. In particolare, era già possibile per investitori non bancari (professionali e retail, italiani o esteri[15]) investire attraverso lo strumento della cartolarizzazione (peraltro oggetto di interventi legislativi proprio con riguardo al settore dei crediti deteriorati[16]) oppure tramite fondi comuni di investimento[17].
Sotto il diverso profilo della gestione del credito, invece, l’ambiente normativo italiano già conosce, in aggiunta ai soggetti vigilati, una categoria di intermediari specializzati nell’attività di recupero stragiudiziale di crediti (c.d. servicing), i.e., le agenzie di recupero dotate di licenza amministrativa ex art. 115 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS)[18]. Il ruolo di questi soggetti nel mercato italiano è di assoluto rilievo, anche considerato il ruolo essenziale nelle attività di gestione degli attivi cartolarizzati; inoltre gli stessi, in virtù di una disposizione di rango secondario introdotta nel 2015, beneficiavano di una limitata possibilità di investimento in crediti non-performing (anche) di origine bancaria (c.d. gestione “in conto proprio”), giustificabile in considerazione dei presidi di tutela dei debitori comunque applicabili in virtù del peculiare status soggettivo degli acquirenti[19].
In definitiva, dunque, l’esperienza italiana già conosceva strutture ben rodate in grado di consentire l’investimento in crediti da parte di attori del mercato secondario e la loro gestione[20]; l’attuazione in Italia della Direttiva NPL non stravolge il quadro esistente ma ne fornisce un complemento, riconoscendo una compiuta liberalizzazione del mercato dei crediti non-performing di origine bancaria/finanziaria e affiancando, ai soggetti già stabilmente presenti nel nostro ordinamento, attori nuovi e strutture di investimento alternative.
3. L’apertura del mercato secondario del credito in Italia e la riserva di gestione
In estrema sintesi, le nuove regole dispongono, a partire dalla loro entrata in vigore[21], una sostanziale liberalizzazione dell’acquisto dei crediti, non più quindi ricompresi tra le attività riservate, accompagnati però, inter alia, dall’obbligo per l’acquirente di nominare un soggetto dotato di licenza per svolgere i servizi di gestione del credito.
Dal punto di vista oggettivo, è rimarchevole che le nuove regole trovino applicazione con riferimento ai soli crediti di origine bancaria/finanziaria classificati come “sofferenze”, con esclusione quindi dei crediti categorizzati come performing, ma anche UTP (Unlikely to Pay), e past due[22], oltre che dei crediti c.d. commerciali (e.g. utilities, crediti derivanti dall’attività di impresa etc.). La circolazione di tali categorie di crediti resta confinata al perimetro delle attività riservate ai soggetti autorizzati e alle forme tecniche di smobilizzo già conosciute nel nostro ordinamento (e.g., sconto, factoring, cartolarizzazione, etc.).
La Direttiva NPL in verità, prevede astrattamente la sua applicazione a tutto il comparto dei crediti bancari deteriorati (categoria, questa, più ampia delle sole sofferenze) e prefigura non soltanto la possibilità di cedere i crediti non-performing ma, anche, i relativi contratti ove ancora in vigore[23]. Detto questo, comunque, la ratio della scelta del Legislatore nazionale appare chiara: in sostanza, si intende escludere dal mercato liberalizzato i rapporti c.d. vivi (inadempienze probabili e past due con contratti ancora in vigore e, astrattamente, anche residui obblighi di erogazione, che l’acquirente di crediti non può onorare, non potendo erogare nuovo credito), limitando l’opportunità di investimento ai soli rapporti ormai terminati e rispetto ai quali la prospettiva di inadempimento si intenda ormai conclamata ed irreversibile[24].
Per contro, mentre la cerchia dei crediti cedibili appare ristretta dal punto di vista qualitativo rispetto alle disposizioni europee, con riguardo al novero dei soggetti cedenti l’ambito di applicazione delle nuove regole è più vasto, posto che le sofferenze oggetto del nuovo quadro normativo sono tutte quelle derivanti da “crediti concessi da banche e altri soggetti abilitati alla concessione di finanziamenti”[25]. Ciò trova giustificazione nella circostanza che in Italia il novero dei soggetti abilitati alla concessione di crediti “a valere sul proprio patrimonio” di rango non bancario è piuttosto nutrito (include, ad esempio, intermediari finanziari di cui all’articolo 106 TUB, fondi di investimento, società veicolo di cartolarizzazione), anche per effetto degli interventi normativi succedutisi nel corso degli ultimi 15 anni[26].
Quanto all’ampliamento dei soggetti titolati all’acquisto delle sofferenze, paradossalmente la riforma non reca una previsione espressa in questo senso (in linea, peraltro, con il testo della Direttiva NPL). L’apertura del mercato a nuove categorie di acquirenti deve infatti dedursi per via definitoria e, in tal senso, le disposizioni della riforma, all’articolo 114.1 TUB, rappresentano gli “acquirenti dei crediti in sofferenza” come le “persone fisiche o giuridiche, diverse dalle banche, che acquistano crediti in sofferenza nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale”. Si deve quindi concludere che la natura non “non bancaria” degli acquirenti (come definiti nel TUB e nella Direttiva NPL) determini nei fatti l’avocazione dell’attività di acquisto di crediti in sofferenza dal novero delle attività riservate.
Può sorprendere la circostanza che, secondo la definizione sopra riportata, l’acquisto del credito debba avvenire nell’ambito di un’attività “commerciale o professionale” e non, espressamente, per investimento; ciò può lasciare qualche dubbio circa l’effettiva portata della riforma nel nostro Paese e in Europa. Certamente, può ritenersi ammissibile l’acquisto di crediti per scopi comunque funzionali alla propria attività caratteristica (e.g., acquisto di crediti ipotecari nell’ambito di una più generale attività di valorizzazione e sviluppo immobiliare). Più dubbio è, invece, il caso in cui lo scopo di una società di capitali sia esclusivamente quello di un investimento in crediti (e.g., acquisto di crediti chirografari): tale attività deve però certamente considerarsi professionale (nel senso di cui all’articolo 2082 c.c.) e comunque consentita alla luce di alcune indicazioni fornite dalla disciplina transitoria[27], sempre in linea con lo spirito dell’intervento legislativo[28]. In definitiva, le nuove regole sembrano disporre l’effettiva liberalizzazione dell’attività di acquisto di crediti in sofferenza, sia pure in un contesto definitorio che avrebbe forse meritato (già a partire dal livello della normazione europea) maggiore precisione.
Peraltro, è interessante notare come dal punto di vista geografico l’acquirente dei crediti possa essere un soggetto costituito o residente in qualsiasi parte del mondo: le norme prevedono un regime differenziato per acquirenti stabiliti nell’UE o nei paesi terzi, che prevede per questi ultimi, principalmente, l’obbligo di nominare un rappresentante in Italia o comunque in un paese dell’UE[29].
In ogni caso, le nuove regole relative all’acquisto non trovano applicazione con riguardo a buona parte dei soggetti incumbent. Mentre per le banche vi è una esclusione espressa nella definizione di acquirenti di crediti, le nuove norme prevedono eccezioni anche per gli intermediari 106 TUB e OICR di credito (in tutti tali casi, quando l’attività è esercitata in Italia), soggetti marginalmente interessati dalla riforma[30] poiché già destinatari di un complesso di regole autonomo in materia di acquisto e gestione dei crediti in sofferenza. È altresì prevista una eccezione per le operazioni di cartolarizzazione, che necessita di uno specifico approfondimento, per il quale si rimanda ad un paragrafo successivo.
4. Flussi informativi tra venditori, acquirenti di crediti e debitori ceduti
Poiché gli acquirenti di credito (come definiti sopra) non erogano credito e, tendenzialmente, non raccolgono risparmio[31], il Legislatore europeo ha stimato che il rischio sistemico relativo a tali soggetti risulti trascurabile e che, quindi, l’attività di acquisto dei crediti in sofferenza possa essere esclusa dall’ambito della riserva bancaria. Se, quindi, dal punto di vista macroeconomico l’allargamento del mercato secondario del credito non sembra destare particolare preoccupazione, il Legislatore della riforma sembra più che altro interessato a bilanciare l’aumento della liquidità del mercato (con maggiori potenziali acquirenti è più estesa circolazione del credito) con la tutela del debitore ceduto, nell’ottica della migliore protezione di quest’ultimo.
Come già detto, il principale presidio di tutela per i debitori risiede nell’obbligo per l’acquirente di nominare un soggetto professionale e sottoposto a vigilanza, selezionabile tra una banca, un intermediario 106 TUB, oppure un gestore di crediti in sofferenza autorizzato ai sensi dell’articolo 114.6 e ai gestori di crediti dell’Unione europea operanti nel territorio della Repubblica ai sensi dell’articolo 114.9, incaricato con un contratto scritto[32].
Questa tecnica di vigilanza indiretta, che sposta il focus dalla titolarità degli attivi alla loro gestione e scinde il momento dell’investimento da quello dell’amministrazione, trova ampi punti di contatto con le fattispecie della gestione del risparmio e, soprattutto, delle strutture di cartolarizzazione e realizza l’obiettivo di attrarre nella vigilanza strutture contrattuali ed operazioni economiche svolte da soggetti che ne sono estranei[33].
L’oggetto dell’attività svolta dal gestore è l’esecuzione di attività di gestione dei crediti come specificata nell’articolo 114.1 TUB, che ricomprende la gestione di tutte le fasi del recupero del credito e della relazione con il debitore[34]. Il gestore è tenuto, in ogni caso, all’adempimento di specifici obblighi di correttezza e professionalità non dissimili da quelli, già oggi, applicabili ad un operatore professionale tenuto ad un diligente adempimento dei propri compiti[35]. Di per sé, tale disposizione, oltre a ricalcare pedissequamente il contenuto della Direttiva NPL[36], non sembra apportare un contenuto particolarmente innovativo salvo, forse, estendere anche agli acquirenti di crediti il parametro di diligenza proprio degli operatori professionali del settore del credito[37].
Dal punto di vista della relazione intercorrente tra le diverse parti coinvolte nel processo di circolazione e recupero del credito in sofferenza, poi, va certamente evidenziato il considerevole aumento dei flussi informativi. Una novità significativa della Direttiva NPL è, infatti, la nuova disciplina di trasparenza, che riguarda sia i rapporti tra cedenti e cessionari di crediti che, più in generale, la tracciabilità della vita del credito durante tutta la sua esistenza. Si tratta quindi di un doppio livello di conoscibilità che interessa sia l’acquirente del credito come diretto interessato, sia il sistema creditizio più in generale, e che punta ad incrementare la liquidità del settore assicurando, allo stesso tempo, il controllo sul medesimo da parte delle autorità di vigilanza.
Dal punto di vista pratico, il primo flusso informativo intercorre tra venditore e acquirente già all’atto della negoziazione per l’acquisto del credito in sofferenza. Sotto questo profilo, il mercato creatosi con riguardo a tali attivi è sempre stato ritenuto tradizionalmente opaco, benché in via di prassi le procedure di dismissione prevedessero sovente attività di verifica (due diligence) da parte dei potenziali acquirenti[38]. La novità rilevante è quindi l’instaurazione di un sistema di trasparenza informativa obbligatorio relativo alle operazioni di acquisto, nel contesto del quale il venditore è tenuto a fornire all’acquirente “le informazioni necessarie a [quest’ultimo] per effettuare una valutazione del credito e della probabilità di recuperarne valore, nel rispetto delle vigenti normative in materia di riservatezza”[39]. L’obbligo di informativa è ulteriormente esplicitato dal Regolamento di esecuzione (UE) 2023/2083, ai sensi del quale i cedenti forniscono ai potenziali acquirenti di crediti le informazioni necessarie a questi ultimi per effettuare una valutazione del credito e della probabilità di recuperarne valore[40].
Dal punto di vista pratico l’obbligo di informativa è adempiuto mediante la fornitura di un set standardizzato di informazioni finalizzato alla valutazione del credito, secondo le prescrizioni della disciplina europea (data tape); la disciplina italiana estende quest’obbligo anche alle cessioni eseguite dagli intermediari autorizzati ex art. 106 TUB[41]. Non è però prevista una conoscibilità dei prezzi finali, né la registrazione delle operazioni in archivi/repositories a livello europeo e non è comunque quindi prevista una forma di discovery dei prezzi praticati sul mercato.
A seguire, l’esecuzione del contratto di cessione tra cedente e cessionario determina poi un flusso informativo verso il debitore ceduto, mediante una comunicazione informativa di contenuto standardizzato, trasmessa a valle della cessione nonché ogni qualvolta sia richiesta dal debitore ceduto; la comunicazione riporta, oltre ai dati del cessionario e del gestore, anche l’importo del credito vantato[42]. È utile segnalare che anche questa previsione si applica a tutte le operazioni di cessione eseguite sul mercato: non soltanto, quindi, alle cessioni in favore di acquirenti di crediti, bensì anche di banche, intermediari autorizzati 106 TUB, fondi e veicoli di cartolarizzazione, superando le preesistenti discipline settoriali[43].
La ricostruzione della funzione e del ruolo dell’informativa di cessione prevista dall’articolo 114.10 TUB è critica e sintomatica dell’approccio regolatorio del Legislatore unionale; al fine di evitare conflitti con le discipline di opponibilità delle forme di cessione previste dal nostro ordinamento, le nuove disposizioni si applicano “ferme restando le disposizioni dell’articolo 58 [TUB, i.e., le cessioni di crediti in blocco] , per le cessioni soggette all’applicazione dello stesso, nonché le disposizioni previste dal codice civile e da leggi speciali, in materia di efficacia della cessione del contratto e di efficacia della cessione dei crediti nei confronti del debitore ceduto e dei terzi”: in sostanza, quindi, l’informativa non supera le formalità sostitutive della notifica di cessione, né ha un rilievo processuale ai fini dell’esecuzione. Addirittura, la relazione di accompagnamento al decreto di recepimento afferma che “da tale informativa non discendono effetti giuridici (ad esempio, ai fini della efficacia della cessione)”; ci si potrebbe quindi domandare quale sia l’effetto di questa particolare forma di pubblicità notizia e se una sanzione (almeno dal punto di vista del public enforcement) risulti concepibile in caso di mancato adempimento[44].
L’intenzione del Legislatore nazionale è chiara ma, al contempo, la formula proposta meriterebbe forse un più sicuro coordinamento con le ordinarie formalità civilistiche (artt. 1260 ss. c.c.), ciò in quanto l’informativa può considerarsi a tutti gli effetti una notifica della cessione (giacché ne include certamente i requisiti informativi minimi), e produce quindi gli effetti degli articoli 1264, comma 1, c.c., e 1248 c.c.; verosimilmente, si è in presenza di una mera “sgrammaticatura” del Legislatore italiano contenuta nella relazione di accompagnamento, con la conseguenza che la regola dovrà interpretarsi soltanto nel senso della prevalenza delle discipline speciali in tema di efficacia, che non si avvalgono dello strumento della notifica individuale (e.g., art. 58 TUB, anche quando richiamato dall’art. 4 Legge 30 aprile 1999, n. 130 in materia di cartolarizzazioni – di seguito la “Legge 130/1999”).
Dal punto di vista della tracciabilità delle operazioni, particolare attenzione è stata dedicata alle segnalazioni da effettuare sia dagli intermediari cedenti che dagli acquirenti dei crediti in sofferenza (in quest’ultimo caso, per il tramite dei gestori). Tali segnalazioni includono l’identità degli acquirenti che, sebbene non siano vigilati direttamente, vengono comunque censiti. Gli acquirenti stabiliti fuori dall’UE sono soggetti a un ulteriore obbligo, ovvero la nomina di un rappresentante all’interno del territorio dell’Unione[45]. In sostanza, dunque, la titolarità di tali attivi è sempre monitorata. Oltre a questa forma di vigilanza informativa, vi è la partecipazione anche degli acquirenti alla Centrale dei Rischi, garantendo così che il credito bancario rimanga sempre “visibile” per il sistema fino alla sua estinzione. Anche queste segnalazioni vengono effettuate tramite il gestore.
Si può osservare che le nuove disposizioni in materia di segnalazioni, in sostanza, chiudono un loophole nazionale poiché, per effetto della riforma, tutti gli acquirenti di crediti sono tenuti a dare informazione circa i trasferimenti dei crediti e a partecipare alla Centrale dei Rischi, con la conseguenza che i crediti in sofferenza oggetto di circolazione restano tendenzialmente censiti per tutta la loro esistenza[46]. La disposizione ha portata innovativa rispetto al precedente regime: va ricordato, infatti, che nel vigore della precedente disciplina alcuni cessionari di crediti bancari (e.g., società di recupero autorizzate ex art. 115 TULPS) non erano tenuti ad eseguire delle segnalazioni di vigilanza e a partecipare alla Centrale dei Rischi, con la conseguenza che alcune posizioni deteriorate, di fatto, dovevano essere cancellate dopo la cessione in favore di tali soggetti.
5. La nuova figura del gestore di crediti in sofferenza
La principale novità della riforma del 2024, che accompagna l’obbligo di affidamento in gestione a terzi dei crediti in sofferenza da parte dei relativi acquirenti, è l’introduzione di un nuovo soggetto vigilato, iscritto in un apposito albo[47].
Le attività esercitabili da tali soggetti comprendono principalmente la gestione dei crediti in sofferenza per conto degli acquirenti di tali crediti, oltre che alcune attività di carattere accessorio come il recupero stragiudiziale di crediti diversi da quelli in sofferenza di origine bancaria finanziaria, che sarebbero astrattamente soggette all’articolo 115 (TULPS)[48], ma per le quali si è espressamente evitato l’obbligo per i gestori di crediti di richiedere una doppia licenza.
Le attività connesse e strumentali includono poi la gestione immobiliare legata ai crediti per il tempo strettamente necessario alla loro cessione, e la fornitura di servizi informatici, elaborazione dati, formazione del personale, analisi economica e finanziaria, oltre ai servizi di informazione commerciale e consulenza su finanza d’impresa. Particolare accento nella documentazione di dettaglio è prestato alle forme di segregazione patrimoniale attuabili dal gestore per segmentare il proprio patrimonio ed i beni gestiti per conto degli acquirenti (e.g. beni immobili cauzionali oggetto di esecuzione\recupero). Tali previsioni si affiancano ai requisiti per la tutela dei fondi dei debitori, che prevedono l’impiego obbligatorio di conti bancari separati per i fondi ricevuti dai debitori, che devono essere considerati distinti dal patrimonio del gestore stesso.
È utile segnalare che i gestori di crediti in sofferenza non sembrano poter svolgere l’attività di “soggetto incaricato della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento” (servicer) in operazioni di cartolarizzazione; ciò in quanto la Legge 130/99 non è stata modificata in occasione del recepimento della Direttiva NPL[49]; tale incongruità nel quadro normativo rende complesso identificare quale dei due plessi normativi (regole sulla cartolarizzazione e regole sui crediti in sofferenza) si possa considerare lex specialis (dunque, prevalente) rispetto all’altra. Tale incertezza costituisce probabilmente una deminutio rispetto alle potenzialità operative di questi soggetti, considerato che l’attività di gestione dei crediti non contempla erogazione di nuovo credito e, quindi, non vi è ragione di una differenziazione con gli intermediari 106 TUB che invece possono ricoprire tale posizione (probabilmente, non solo nel contesto di operazioni relative a crediti in sofferenza). In tal senso, dovrebbe però ipotizzarsi, a maggior chiarezza, un adeguamento della Legge 130/99, con l’obiettivo di scoraggiare azioni giudiziali da parte dei debitori gestiti (il contenzioso sul tema della legittimazione attiva dei servicer, negli ultimi anni, è stato cospicuo)[50].
Le attività eseguibili dal gestore di crediti sono esternalizzabili a terzi, con modalità che riecheggiano, in forma semplificata, i dettami della regolamentazione applicabile a banche ed intermediari finanziari in materia di delega di funzioni operative. Tale previsione è particolarmente rilevante in Italia, perché consente al gestore di esternalizzare l’attività di recupero stragiudiziale del credito in favore di agenzie di recupero autorizzate ex art. 115 TULPS, come già avviene in pratica per i portafogli di crediti di titolarità delle banche e per quelli cartolarizzati[51]. Le attività di gestione e possono essere eseguite anche all’estero nell’Unione Europea, in base ad un sistema di passporting, sia mediante l’apertura di sedi secondarie che secondo la modalità della libera prestazione di servizi[52].
Come già anticipato, l’attività del gestore di crediti è soggetta a riserva; l’autorizzazione viene concessa dall’autorità competente, i.e., la Banca d’Italia. La normativa delegata dettaglia il procedimento di approvazione ed elenca i relativi requisiti; rispetto ad altri intermediari autorizzati, il gestore non deve soddisfare requisiti minimi di capitale (più in generale, il gestore, non erogando nuovo credito, non è soggetto a vigilanza prudenziale e non soggiace a regole vincolanti in materia di solidità patrimoniale); in linea con altre attività riservate, però, è necessario dimostrare la sussistenza di determinati requisiti organizzativi nonché qualifiche soggettive in capo agli amministratori e ai partecipanti al capitale. L’attività dei gestori è soggetta a vigilanza informativa e ispettiva (oltre che regolamentare)[53].
6. Il difficile coordinamento tra Direttiva NPL e disposizioni in materia di cartolarizzazione
È di peculiare interesse il coordinamento, realizzato dal Legislatore, tra le disposizioni di recepimento della Direttiva NPL e la disciplina nazionale sulle cartolarizzazioni; l’impatto di queste norme è particolarmente rilevante, poiché il settore è particolarmente importante nel nostro Paese e, soprattutto, coinvolge un numero considerevole di soggetti non direttamente vigilati, che svolgono funzioni di gestione dei crediti cartolarizzati. Sfortunatamente, le disposizioni di nuova introduzione non riescono a realizzare un raccordo preciso tra i diversi corpi normativi e ciò determina l’insorgenza di un’incertezza circa l’esatto ambito applicativo.
Allo stato attuale, nell’articolato del TUB si rinviene una principale regola “di raccordo” che combina fonti nazionali ed europee: le disposizioni in materia di acquisto e gestione dei crediti, infatti, “non si applicano alla gestione di crediti in sofferenza effettuata nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130, quando l’acquirente di crediti in sofferenza è una società veicolo per la cartolarizzazione di cui all’articolo 2, punto 2), del regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017”.
Questa previsione merita un approfondimento, poiché i due estremi normativi richiamati fanno riferimento a fattispecie soltanto in parte sovrapponibili e, di conseguenza, le regole applicabili alle operazioni di cartolarizzazione risultano diversificate.
In linea generale, tutte le operazioni di cartolarizzazione che prevedono l’effettiva cessione di crediti ad un veicolo[54], in Italia, sono soggette all’applicazione delle regole di cui alla Legge 130/1999; tuttavia, non tutte le operazioni di cartolarizzazione italiane rientrano nell’ambito del regolamento europeo in materia di cartolarizzazioni (di seguito, per comodità, securitisation regulation o “SecReg”)[55]. Difatti, le “cartolarizzazioni” cui fa riferimento il regolamento europeo citato sono solo quelle in cui è presente una forma di segmentazione del rischio per gli investitori[56] come elemento caratterizzante dell’operazione; in sostanza, quindi, la struttura dell’operazione deve prevedere una gradazione della priorità di soddisfacimento degli investitori, tale per cui l’investimento eseguito da alcuni di essi risulta essere più rischioso, poiché postergato al pagamento di altri.
Per effetto di quanto precede, quindi, in italia possono esistere operazioni di “cartolarizzazione” (generalmente, quelle con emissione di una sola classe di titoli o monotranche) che sono certamente soggette alla disciplina di settore nazionale ma che, al contempo, non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento europeo e non ne seguono quindi le disposizioni, poiché non realizzano una gradazione del rischio per gli investitori coinvolti[57].
Poiché il Legislatore della riforma distingue le due categorie di cartolarizzazioni, si deve dedurre che le stesse saranno assoggettate a regimi diversi anche con riguardo all’applicazione del framework della Direttiva NPL. Ciò in quanto solo le cartolarizzazioni che rientrano nell’ambito di applicazione del SecReg sono escluse dall’applicazione del regime introdotto dagli articoli 114.1 ss. TUB[58], che si applicherà invece alle altre operazioni (quelle c.d. monotranche).
Le nuove disposizioni che attuano la Direttiva NPL non sono però espressamente coordinate con quelle della Legge 130/1999 e, dunque, tale opera di ricostruzione del quadro normativo applicabile è rimessa necessariamente all’interprete. La sovrapposizione tra i due regimi però fa sì che, in pratica, molte norme di nuova introduzione non risultino avere un impatto pratico rilevante, principalmente per le ragioni che seguono:
- tutte le cartolarizzazioni italiane prevedono già oggi la nomina di un soggetto autorizzato (banca o intermediario 106 TUB) per la “riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e pagamento” (c.d. master servicer); di conseguenza, l’obbligo di nominare un gestore autorizzato per il recupero dei crediti risulta già nei fatti adempiuto a prescindere dall’applicazione delle previsioni della Direttiva NPL[59];
- in via di prassi, i servicer dell’operazione di cartolarizzazione delegano l’effettiva attività pratica di recupero del credito alle agenzie di recupero autorizzate ex art. 115 TULPS (c.d. special servicing)[60]; tale schema di delega resta pienamente attuabile anche nel nuovo quadro normativo poiché le attività recupero crediti sono espressamente delegabili (114.3 comma 6 TUB); l’esternalizzazione disciplinata dalla Direttiva NPL ha regole sue proprie che, però, non paiono particolarmente innovative rispetto a quanto già si riscontra nella prassi; in pratica, dunque, l’unica differenza rilevante consiste nella circostanza che anche i nuovi gestori di crediti in sofferenza potranno essere nominati special servicer in operazioni di cartolarizzazione;
- i veicoli di cartolarizzazione già partecipano alle segnalazioni in Centrale Rischi (art. 3 comma 3 Legge 130/1999) e, quindi, anche in questo caso non si rinvengono particolari novità[61]; i veicoli di cartolarizzazione eseguono inoltre delle segnalazioni di vigilanza specifiche che sembrano comunque lex specialis rispetto a quelle previste per gli acquirenti di crediti[62].
Le considerazioni riportate sopra sembrano, in sostanza, attutire significativamente l’impatto delle nuove norme sul regime delle cartolarizzazioni “nazionali”, posto che da quanto sopra deriva l’assenza di variazioni sostanziali nella struttura di tali operazioni e nel novero dei soggetti autorizzati a partecipare. Le novità potrebbero quindi sostanziarsi nel nuovo obbligo codificato di informativa alla cessione (che trova però applicazione generalizzata a tutte le cessioni di crediti sul mercato secondario, come già visto sopra) e, soprattutto, l’applicabilità alle cartolarizzazioni nazionali dell’articolo 114.4 in tema di informativa al momento dell’acquisto dei crediti, nonché l’applicabilità degli obblighi di segnalazione in caso di successiva circolazione degli attivi acquistati[63].
7. Le nuove prospettive di mercato per i soggetti incumbent
Il nuovo ambiente normativo non prevede l’introduzione di nuovi competitors sul mercato primario del credito (i.e., erogazione di nuovi finanziamenti): il gestore di crediti NPL non è autorizzato a concedere nuova finanza ai debitori ceduti (né nuovi finanziamenti possono essere erogati dagli acquirenti) ma può soltanto negoziare dilazioni di pagamento. Se, dunque, non vi è impatto sull’attività di erogazione dei finanziamenti, un nuovo mercato si apre con riguardo ai servizi di gestione per conto degli acquirenti, in cui potranno operare banche (italiane ed UE) ed intermediari 106 TUB in competizione con i gestori di crediti italiani ed UE[64]. Allo stesso modo, a livello transnazionale, gli intermediari 106 TUB avranno la possibilità di prestare servizi di gestione in UE, subordinatamente all’esecuzione delle relative formalità.
Protagoniste indirette della riforma, però, sono le agenzie di recupero crediti autorizzate ex art. 115 TULPS che, pur non trovando espresso riconoscimento nelle disposizioni introdotte nel testo unico bancario, sono ripetutamente citate all’interno del decreto di recepimento e che, con riguardo a coloro le quali non vorranno formulare domanda per ottenere la nuova licenza ex art. 114.6 TUB[65], dovranno confrontarsi con gli impatti della riforma.
Dal punto di vista dell’acquisto dei crediti, anche le agenzie di recupero crediti divengono “acquirenti di crediti” nel senso fatto proprio dalla riforma. Ciò comporta che anche tali soggetti possano acquistare crediti non-performing, ma con l’obbligo di nominare un gestore (formalità sino ad oggi non necessaria). L’acquisto di crediti non bancari, come ad esempio quelli delle utilities, resta soggetto alle previsioni del DM 53/2015, che ammette l’acquisto con limitazioni, come il limite del doppio del patrimonio netto[66].
Paradossalmente, né la normativa primaria, né quella secondaria disciplinano espressamente il caso che più probabilmente potrà verificarsi nella pratica, e cioè lo schema per cui (i) una società di recupero autorizzata ex articolo 115 TULPS acquisti un credito non-performing; (ii) la gestione del credito venga attribuita ad un gestore autorizzato; e (iii) quest’ultimo riaffidi all’acquirente del credito l’esecuzione delle attività di recupero sulla base di un accordo di esternalizzazione. In linea generale una struttura del genere non sembra vietata nel nuovo quadro normativo; ovviamente ciò sul presupposto che il gestore del credito abbia una piena visibilità circa le attività coinvolte e possa monitorare con piena trasparenza le attività svolte dal soggetto cui le funzioni di recupero vengono esternalizzate[67].
Dal punto di vista della gestione dei crediti, poco cambia per questi soggetti, stante una disposizione transitoria di grande rilievo pratico, secondo cui non costituisce attività di gestione di crediti in sofferenza l’attività di recupero stragiudiziale di crediti in sofferenza esercitata, sulla base di un accordo di esternalizzazione di funzioni aziendali, da soggetti autorizzati ex art. 115 TULPS, per conto di gestori di OICR, come SGR, SICAV, SICAF, banche e intermediari 106 TUB. L’esternalizzazione di funzioni da un master servicer di operazione di cartolarizzazione ai sensi dell’articolo 2, comma 6, Legge 130/1999 e da gestori di crediti in sofferenza autorizzati è inclusa in questa categoria: in sostanza, quindi, non solo si conferma l’ambito delle funzioni di questi oggetti ma, tra le altre cose, si sancisce in via definitiva la liceità dell’affidamento in gestione di crediti nelle strutture master/special servicing delle operazioni di cartolarizzazioni, che era stato contestato recentemente in giurisprudenza[68].
8. Questioni aperte
In definitiva, l’attuazione della Direttiva NPL in Italia ridisegna il quadro del mercato secondario del credito nel nostro Paese, sia pure con una certa continuità rispetto ad istituti e funzioni già esistenti e consolidati. L’introduzione del nuovo ruolo del gestore di crediti sembra integrarsi in modo abbastanza coerente nel sistema nazionale, anche se con riguardo ad alcune questioni di dettaglio il Legislatore nazionale (sia a livello primario che secondario) potrebbe valutare ulteriori chiarimenti su alcune questioni, ad oggi, rimesse all’attenzione dell’interprete.
Come visto, però, i risultati della riforma potranno (e dovranno) essere apprezzati a lungo termine, poiché l’elemento caratterizzate delle nuove norme non è soltanto l’ampliamento della platea dei potenziali acquirenti di crediti, ma anche l’aumento della trasparenza sul mercato ai fini di una corretta fissazione dei prezzi. Non va dimenticato, in tal senso, che l’apertura del mercato secondario del credito risponde all’esigenza del Legislatore europeo di assicurare la solidità del comparto bancario, accompagnando la creazione di un mercato più liquido con altri interventi di carattere pubblico per la gestione dello stock di debiti deteriorati. Sarà da valutare come il nuovo sistema sarà in grado di attutire eventuali shock considerato, peraltro, che allo stato attuale si è ancora in attesa di comprendere se vi si sarà un incremento delle sofferenze da gestire quale “onda lunga” della crisi pandemica.
[1] Cfr. C. Brescia Morra, Il diritto delle banche, Bologna, 2025, P. Ferro-Luzzi, Attività bancaria e attività delle banche, in Banca impr. Soc., 1996, I 61; Id. Lezioni di diritto bancario, Torino, 2004, 89; R. Costi, L’ordinamento bancario, 2012, 193; più di recente v. ad es. per una panoramica M. De Poli, Ordinamento e impresa bancaria, in P. Corrias e R. Lener (a cura di), Manuale di diritto dell’economia, Torino 2024, 155.
[2] In arg. v. ad es. P. Messina, Le crisi bancarie e l’importanza della gestione prodromica dei crediti deteriorati. Alcune novità normative in materia di non-performing loans, in A 30 anni dal Testo unico bancario (1993 – 2023): The test of time), Quaderni di ricerca giuridica della consulenza legale n. 99, 2024, 389; D. Rossano, La gestione dei crediti deteriorati nelle crisi bancarie, in Riv. trim. dir. econ., 2019, 2 (suppl.), 83; V. Troiano, G.M. Uda, La gestione delle crisi bancarie. Strumenti, processi, implicazioni nei rapporti con la clientela, Milano, 2018, 4; E. Rulli, Contributo allo studio della disciplina della risoluzione bancaria. L’armonizzazione europea del diritto delle crisi bancarie, Torino, 2017.
[3] L’insolvenza bancaria è generalmente ritenuta non desiderabile a causa delle rilevanti conseguente sociali e per l’impatto sul tessuto economico/imprenditoriale. La normativa, dunque, ha imposto l’applicazione di regole di natura prudenziale per la gestione delle posizioni, imponendo all’istituto appositi accantonamenti, in modo da gestire la possibile perdita relativa alla posizione; ciò però appesantisce i bilanci bancari e impedisce di impegnare le risorse disponibili verso impieghi più proficui di nuovo credito. In arg. v. F. Capriglione, La problematica dei crediti deteriorati, in Riv. trim. dir. econ., 2019, 2 (suppl.), 1; F. Sartori, Sul “diritto della gestione degli attivi problematici (non-performing loans)”: linee dell’evoluzione normativa, in Riv. dir. banc., 2018, I, 677. V. anche C. Bussoli, V. Caputo, D. Conte, Le determinanti degli NPL in Europa, una analisi di moderazione, in Bancaria, 2020,1, 22.
[4] Lo smobilizzo delle posizioni deteriorate può avvenire tanto trasferendo gli attivi a terzi (true sale), quanto facendo in modo che gli stessi figuri fuori dal bilancio dell’intermediario bancari con altre tecniche di finanza strutturata (e.g., cartolarizzazione sintetica, operazioni di c.d. risk sharing). In verità, la circolazione del credito può avvenire anche prima dei fenomeni di inadempimento/insolvenza del debitore, rispondendo così ad una strategia predeterminata di creazione di portafogli di crediti finalizzata alla loro circolazione (originate to distribute); per quanto qui concerne, però, la questione assume interesse come strumento di riduzione degli attivi della banca (c.d. deleveraging), “pulizia” dei bilanci e sin anche di apertura di un mercato di crediti secondari, finalizzato al conseguimento di obiettivi di liquidità, trasparenza ed efficienza. Cfr. Commissione Ue, Green Paper – Shadow Banking, Com(2012) 102 Final, in ec.europa.eu; O. Akseli, Securitisation, the financial crisis and the need for effective risk retention, in European business organization law review, 2013, 14, 5 ss.; M. Segoviano, B. Jones, P. Lindner, J. Blankenheim, Securitisation: lessons learned and the road ahead, International Monetary Fund Working Paper, 2013, 255, 8 ss.. Per l’Italia v. U. Violante, Mercato del prestito e cartolarizzazione dei crediti: impatto (e interferenze) della normativa europea di vigilanza prudenziale, in Giur. Comm. 2014, I, 1004.
[5] Il tema, piuttosto sentito nel nostro Paese, è emerso con forza nell’estate 2023 in considerazione della formulazione di alcuni disegni di legge (sia dei partiti di governo che di opposizione: DDL 414 (Sallemi), 669 (Ancorotti) 843 (Congedo), 1246(Vaccari)), finalizzati principalmente a garantire al debitore oggetto di potenziale cessione il diritto di estinguere la propria posizione debitore con una sorta di saldo e stralcio ex lege, quantificato nel valore di acquisto del credito da parte del potenziale acquirente. I disegni di legge hanno attirato critiche consistenti per il forte effetto destabilizzatore sul mercato (per una panoramica v. Centro studi Alma Iura, Delle conseguenze giuridiche, economiche e sociali dell’eventuale riforma del recupero dei crediti in sofferenza, position paper 1/2023, in almaiura.it; P. Messina, La proposta di legge n. 843 e l’effetto distorsivo sul mercato italiano degli NPLs, in dirittobancario.it) anche a livello internazionale (v. ad es. Fitch Ratings, Italian Proposal Would Create Significant Uncertainty for the NPL Market, in fitchratings.com, 6 settembre 2023) e sono state successivamente abbandonate. Maggiore fortuna potrebbe avere piuttosto l’esperienza della cartolarizzazione a valenza sociale (art. 7.1 della Legge 30 aprile 1999, n. 130). In arg. tra i pochissimi contributi apparsi v. V.Solimeno, Le operazioni di cartolarizzazione a valenza sociale, ottobre 2021, in dirittobancario.it.; v. più in generale U. Malvagna – A. Sciarrone Alibrandi, L’onda lunga della pandemia e l’esigenza di una gestione “sociale” delle sofferenze bancarie, in Sistema produttivo e finanziario post Covid-19: dall’efficienza alla sostenibilità: voci dal diritto dell’economia, Pisa, 2020, 211; U. Malvagna, A. Sciarrone Alibrandi, I crediti deteriorati tra stabilità finanziaria e “non esclusione” sociale, in An.giur.econ., 2020, 2, 631.
[6] Direttiva (UE) 2021/2167 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 novembre 2021, relativa ai gestori di crediti e agli acquirenti di crediti e che modifica le direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 8 dicembre 2021. In argomento la produzione dottrinale è particolarmente esigua ma si segnala il primo contributo di P. Carrière, La direttiva su “gestori” e “acquirenti” di NPL: prospettive per il mercato italiano, dicembre 2021, in dirittobancario.it. V. anche A. Borghesi, Non-performing loans – L’eredità della grande crisi come sfida per il sistema bancario europeo, in Riv. trim.dir.econ., 2020, 1 (suppl.), 14. Si veda inoltre P. Messina, Le crisi bancarie e l’importanza della gestione prodromica dei crediti deteriorati. Alcune novità normative in materia di non-performing loans, in A 30 anni dal Testo unico bancario (1993 – 2023): The test of time), Quaderni di ricerca giuridica della consulenza legale n. 99, 2024, 389 e sia inoltre consentito un rimando a A. Parziale, Verso il mercato unico dei crediti deteriorati: la Direttiva 2021/2167 sui non-performing loans (NPL) nel quadro delle strategie europee di gestione dei crediti deteriorati e il suo recepimento in Italia, in Riv. dir. banc., 2023, II, 391.
[7] Commissione UE, Tackling non-performing loans in the aftermath of the COVID-19 pandemic, COM(2020) 822, in ec.europa.eu. V. anche ECOFIN, Action plan to tackle non-performing loans in Europe. Luglio 2017. I contenuti del piano riguardano, principalmente: indicazioni per la costituzione di asset management company (AMC) per la gestione e recupero dei crediti problematici; apertura del mercato secondario; aumento della trasparenza nelle operazioni di compravendita di NPL; miglioramenti al quadro regolatorio/prudenziale, riforma delle procedure di insolvenza e recupero del credito. In arg. V. S. Pelleriti, La recente comunicazione della Commissione Europea sugli NPL: un’occasione di riflessione sul rapporto tra le norme sugli aiuti di Stato e le misure di sostegno ai crediti deteriorati, in Dir. banc. fin., 2021, 4, 543; R. Magliano, NPL e cartolarizzazioni dei crediti tra attualità e criticità: riflessioni su un fenomeno nuovamente in ascesa, in Riv. trim. dir. econ., 2021, 2, 325; M. Cardi, Novità regolatorie in tema di esposizioni creditizie: la disciplina del default, la proroga delle GACS e le nuove cartolarizzazioni, in Dir.banc. fin., 2021, 3 109. A livello internazionale v. E. Avgouleas, R. Ayadum, M. Bodellini, G. Ferri, B. Casu, W.P. de Groen, Non-performing loans: new risks and policies, in Financial stability amidst the pandemic crisis: on top of the wave, C.V. Gortsos e W.G. Ringe (a cura di), Francoforte sul Meno, 2021, 153.
[8] Cfr. “Proposta di direttiva relativa ai gestori di crediti, agli acquirenti di crediti e al recupero delle garanzie reali”, COM (2018)01351. Ad esito di un lungo e articolato percorso legislativo – che ha visto solo nel giugno 2021 l’accordo tra il Parlamento e il Consiglio UE – il Parlamento Europeo in data 19 ottobre 2021 ha approvato in prima lettura la proposta modificata di direttiva “relativa ai gestori di crediti, agli acquirenti di crediti e che modifica le direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE”. Esula dall’oggetto di questo contributo, ma si segnala per le implicazioni particolarmente rilevanti nei rapporti con i debitori ceduti, la sostanziale introduzione di un diritto espresso e specifico, a livello paneuropeo, alla rinegoziazione dei contratti di credito che coinvolgono consumatori. Le direttive 2008/48/CE (credito ai consumatori) e 2014/17/UE (credito immobiliare ai consumatori) sono state modificate introducendo due articoli (16 bis e 27 bis) che introducono, tra le altre, la seguente previsione: “Gli Stati membri prescrivono ai creditori di dotarsi di politiche e procedure adeguate affinché si adoperino per esercitare, se del caso, un ragionevole grado di tolleranza prima dell’avvio di procedure di escussione. Tali misure di tolleranza tengono conto, tra l’altro, della situazione del consumatore e possono consistere, tra l’altro, in: a) un rifinanziamento integrale o parziale di un contratto di credito; b) una modifica dei termini e delle condizioni esistenti di un contratto di credito […]”. Peraltro, la modifica sembra in linea con un mutato approccio alla materia, più sensibile all’esigenza del contraente debole soprattutto alla luce del corrente scenario economico.
[9] Il processo di recepimento è stato formalmente avviato con l’emanazione della legge 21 febbraio 2024, n. 15 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2022-2023), in particolare il suo articolo 7. Tuttavia, prima ancora dell’emanazione della legge, il Ministero dell’economia ha avviato una consultazione relativa allo schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva NPL, ad esito del quale è stato finalizzato il testo del reclami (Recepimento della direttiva (UE) 2021/2167, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2021, relativa ai gestori di crediti e agli acquirenti di crediti e che modifica le direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE), pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 13 agosto 2024) (di seguito D.lgs. 116/2024). Anche in questo caso, comunque, prima ancora dell’emanazione del decreto legislativo di recepimento, la Banca d’Italia ha avviato una consultazione avente ad oggetto la documentazione secondaria a partire dal 24 luglio 2024. Si è trattato quindi di un processo non lineare ma giustificabile in considerazione dei ritardi accumulati (il termine di recepimento della Direttiva NPL era il 31 dicembre 2023, dunque prima ancora della legge di delegazione europea che ha avviato il processo di recepimento).
[10] La documentazione posta in consultazione ricomprendeva la modifica delle disposizioni in materia di: (i) trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari (Provvedimento del 29 luglio 2009, e successive modifiche); (ii) sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari (Provvedimento del 18 giugno 2009, e successive modifiche); (iii) assetti proprietari di banche ed altri intermediari (Provvedimento del 26 luglio 2022); (iv) Centrale dei Rischi (Circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991). Le Disposizioni di vigilanza per la gestione di crediti in sofferenza costituiscono una novità, dovendo disciplinare una tipologia di intermediario di nuova istituzione. Le disposizioni sono state pubblicate dalla Banca d’Italia il 13 febbraio 2025; nel momento in cui si scrive si è in attesa della pubblicazione delle disposizioni in Gazzetta Ufficiale, data dalla quale le nuove norme entreranno formalmente in vigore.
[11] Dal punto di vista quantitativo, il mercato secondario del credito è piuttosto esteso. Dall’ultimo report annuale dell’associazione di categoria delle imprese a tutela del credito risulta che il totale dei crediti affidati da soggetti diversi dalle banche originator è pari a 116,2 miliardi di Euro nel 2023 (cfr. UNIREC, Servizi a tutela del credito, XIV Rapporto annuale, 2024, 66). L’argomento è piuttosto complesso e non può essere qui affrontato esaustivamente; si rinvia per considerazioni di ordine generale a F. Capriglione, La problematica dei crediti deteriorati, in D. Rossano (a cura di), La problematica dei crediti deteriorati. Rischi e opportunità, atti del Convegno organizzato nei giorni 17 e 18 ottobre 2019 presso l’Università “Parthenope” di Napoli, in Riv. trim. dir. econom., 2019, 2 (supp. 2), 2.
[12] Cfr. ex multis, A. Giannelli, Banche ed attività bancaria, in Diritto degli intermediari e dei mercati finanziari, A. Sfameni, A. Giannelli (a cura di), Milano, 2018, 168. Sull’attività bancaria in generale le opinioni sono per la verità numerose. Tra i tanti, cfr. R. Costi, L’ordinamento bancario, Bologna, 2012, 201; F. Giorgianni, C.M. Tardivo, Il nuovo diritto delle banche e degli intermediari finanziari in Italia e in Europa, Bologna, 2021, 187; G. Artale, L. Criscuolo, P. Panico, Le attività, i soggetti, i collaboratori esterni, in Diritto delle banche e degli intermediari finanziari, E. Galanti (a cura di), Padova, 2008, 305.
[13] Per quanto riguarda l’attività di acquisto dei crediti, essa era riservata ai seguenti soggetti abilitati: (i) banche; (ii) intermediari finanziari autorizzati ex art. 106 TUB; (iii) soggetti autorizzati al recupero di crediti ex art. 115 TULPS (v. sotto), nel limite di quanto stabilito dall’art. 2.2 del Decreto Ministeriale n. 53/2015; (iv) fondi alternativi (FIA) quali ad esempio: i fondi che investono in crediti; fondi e veicoli di cartolarizzazione ai sensi della Legge 130/1999. Per una panoramica cfr. A. Giannelli, Gli altri soggetti operanti nel settore finanziario e la liberalizzazione del credito, in Diritto degli intermediari e dei mercati finanziari, A. Sfameni, A. Giannelli (a cura di), Milano, 2018, 195 ss.
[14] L’argomento in generale non può essere affrontato in modo esaustivo in questa sede ma si rimanda, tra gli altri, a J. Abad et al. Mapping the interconnectedness between EU banks and shadow banking entities, working paper n. 40, 2017, in eba.europa.eu, C. Gola et al. Shadow banking fuori dall’ombra: l’intermediazione non bancaria e il quadro regolamentare italiano, Questioni di economia e finanza n. 372, 2017 in bancaditalia.it; in gen. v. V. Lemma, The shadow banking system, Londra, 2016; G. Desiderio, La disintermediazione delle banche, in A 30 anni dal Testo unico bancario (1993 – 2023): The test of time), Quaderni di ricerca giuridica della consulenza legale n. 99, 2024, 39.
[15] Cfr. in tal senso art. 2, comma 4, Legge 130/1999: i titoli di cartolarizzazione possono essere sottoscritti anche da investitori non professionali, a condizione che l’operazione sia sottoposta alla valutazione del merito di credito da parte di terzi (in pratica, di un’agenzia di rating).
[16] In tal senso, assolutamente apprezzabile la ricostruzione dei diversi interventi normativi contenuti in P. Carrière, L’articolazione del regime di responsabilità patrimoniale della “società per la cartolarizzazione”, in Banca borsa tit. cred., 2022, 2, 254, data anche la rapsodicità e la disorganicità degli interventi succedutisi nel tempo. V. anche R. Magliano, cit., 328.
[17] Sul punto va ricordato, peraltro, che i c.d. fondi di credito in Italia hanno sia la possibilità di acquistare crediti sul mercato secondario (performing e non-performing) che di erogare crediti a valere sul proprio patrmonio; In arg. v., in modo esaustivo, M. Biasin, M. Sciuto, Il fondo di credito diretto, in Banca borsa tit. cred., 2016, 5, 536; E. Righini, Commento sub art. 46-bis, 46 ter, 46 quater, in Commentario breve al testo unico della finanza, V. Calandra Bonaura (a cura di), Milano – Padova, 2020, 311; sia inoltre consentito il rinvio a A. Parziale – F. Stoppello, Gli OICR di credito e l’ennesima revisione del TUF: un codice in perenne mutazione, in fchub.it.
[18] Per chiarezza, l’attività di recupero stragiudiziale del credito in Italia non è sottoposta a “riserva” in senso regolamentare, ma vi sono comunque alcune limitazioni. Sono soggetti coinvolti nel mercato: (a) le banche, che sono soggette al rilascio di licenza bancaria ed a vigilanza; (b) gli intermediari finanziari autorizzati ex art. 106 T.U.B., soggetti al rilascio di licenza e vigilanza; con riguardo a questi soggetti l’attività di recupero di crediti può essere svolta: (i) in via complementare rispetto all’attività di concessione di finanziamenti; (ii) quali servicer di operazioni di cartolarizzazione ex art. 2 comma 6 della Legge Cartolarizzazione; (c) agenzie di recupero stragiudiziale del credito ex art. 115 T.U.L.P.S. (persone fisiche e società), le quali devono essere dotate di specifica licenza di polizia, rilasciata dalla questura; (d) fondi alternativi (FIA) italiani e stranieri; (e) agenti in attività finanziaria iscritti nell’elenco ex art. 128-quater, comma 2 T.U.B., i quali possono essere incaricati da banche ed intermediari finanziari ex 106 TUB per la prestazione di “consulenza e gestione dei crediti ai fini di ristrutturazione e recupero degli stessi”. L’attività di recupero stragiudiziale di crediti non rientra nella nazione di “attività finanziaria” ed è regolata dal Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) di cui al R.D. 18.06.1931 n. 773 (Titolo II, Capo IV sulle “agenzie pubbliche”) (art. 115 – 120). Non vi è quindi autorizzazione di una autorità di vigilanza bancaria o finanziaria; per di più, la licenza per il recupero crediti ha carattere personale (si rilascia, cioè, alla persona fisica legale rappresentante dell’agenzia, se costituita in forma societaria) e viene concessa dal questore. Quanto al contenuto di detta attività, questo risulta chiarito nella Circolare n. 557/PAS/6909/12015 del 10 gennaio 2011 del Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza.
[19] Sul punto le fonti sono particolarmente scarse; si segnala per esaustività G.P. La Sala, Parere pro veritate in materia di acquisto di crediti deteriorati da parte di società di recupero crediti ex art. 115 TULPS, in studiolasala.altervista.org; M. Sepe, L’attività finanziaria delle società di recupero crediti, in Rivista elettronica di diritto, economia, management, 2020, 2, 112. Si rimanda poi molto sommessamente, per una panoramica, ad A. Parziale, Società di recupero stragiudiziale del credito: una nuova opportunità di investimento?, in fchub.it. Dal punto di vista dimensionale il mercato ha una certa consistenza, considerati gli oltre 30 miliardi di Euro di crediti detenuti da tali soggetti (cfr., UNIREC, Servizi a tutela del credito, XIV Rapporto annuale, 2024, 100).
[20] Si è generalmente ritenuto che l’acquisto occasionale di crediti difettasse del requisito della “professionalità” che caratterizza la riserva di attività; cfr, F. Volpe, L’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività finanziaria, in Banca borsa tit. cred., 2000, I, 643; v. però, più di recente, l’indicazione di Cass. pen. 5 marzo 2024, n. 26110, in dejure.it, che segue un filone di precedenti di legittimità, secondo cui l’attività finanziaria può essere desunta anche dal compimento di una singola operazione, ove l’attività di concessione di finanziamenti possa potenzialmente rivolgersi a una pluralità di persone.
[21] La nuova disciplina del Decreto SMD trova applicazione a partire dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione della Banca d’Italia e solo con riferimento alle operazioni di acquisto di crediti in sofferenza effettuate a partire da tale data (art. 3 comma 7 del D.lgs. 116/2024).
[22] La definizione di crediti “deteriorati” richiamata peraltro nella Direttiva NPL (art. 3) infatti, segue attualmente la previsione dell’articolo 47-bis del Reg. 575/2013 (c.d. CRR), che ricomprende le tre sottocategorie sopra richiamate. In arg. v. V. Confortini, Deterioramento del credito e definizione europea di default (profili civilistici), in Europa dir priv., 2022, 3.
[23] Così il testo della Direttiva NPL. La prima bozza di Direttiva NPL individuava quale campo di applicazione i soli contratti (!) e non i relativi crediti, con una sensibilità probabilmente più spiccatamente anglosassone rispetto alla differenza più valorizzata negli ordinamenti latini. Cfr. P. Carrière, La direttiva, cit., 9. Il Legislatore nazionale ha ritenuto di volersi avvalere di una discrezionalità fornita dalla direttiva NPL (art. 2, par. 3) che consentiva l’esclusione dei crediti deteriorati “nel caso derivino da un contratto di credito deteriorato che non è scaduto, è scaduto da meno di 90 giorni o non è risolto conformemente al diritto civile nazionale”. Il Legislatore sembra quindi aver voluto presumere che tutti i rapporti past due o Utp non siano stati risolti.
[24] Nonostante quanto precede, però, l’articolo 114.1 TUB, al comma 1 prevede espressamente che “se non diversamente disposto, le disposizioni del presente capo che fanno riferimento all’acquisto e alla gestione di crediti in sofferenza si applicano anche all’acquisto e alla gestione dei contratti sulla base dei quali il credito in sofferenza è stato concesso”. La previsione sembra avere un ruolo di chiusura ma la portata appare innovativa, posto che nella prassi il trasferimento dei contratti da cui derivano i crediti non-performing si è sempre ritenuto tendenzialmente precluso.
[25] Ai sensi dell’art. 1, la Direttiva NPL stabilisce un quadro regolamentare comune per: “i gestori di crediti che gestiscono i diritti del creditore derivanti da un contratto di credito deteriorato o il contratto di credito deteriorato stesso, emesso da un ente creditizio stabilito nell’Unione, che agisce per conto di un acquirente di crediti”. Inoltre, il successivo art. 2, comma 1, si ripropone la definizione aggiungendo la formula “conformemente al diritto dell’Unione e al diritto nazionale applicabili”.
[26] Si rimanda alla ricostruzione contenuta in P. Carrière, L’articolazione del regime di responsabilità patrimoniale della “società per la cartolarizzazione”, in Banca borsa tit. cred., 2022, 2, 254, data anche la rapsodicità e la disorganicità degli interventi succedutisi nel tempo. V. anche R. Magliano, cit., 328.
[27] Se si osserva la disciplina transitoria nazionale, all’articolo 3 del D.Lgs. 116/2024 si legge che “A partire dalla data di adozione delle disposizioni di attuazione della Banca d’Italia […], l’attività di acquisto di crediti a titolo oneroso prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, n. 53, si intende riferita all’acquisto di crediti diversi da quelli classificati in sofferenza ai sensi del capo II del titolo V del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. Dalla medesima data, l’articolo 2, comma 2, lettera b), del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, n. 53, continua a trovare applicazione limitatamente alla fattispecie di cui al numero 1), punto ii”. In sostanza, quindi, si spiega che, con l’entrata in vigore delle nuove norme, i limiti all’acquisto di crediti da parte di agenzie di recupero crediti ex art. 115 TULPS vengono meno e – si deve concludere – possano eseguirsi senza limitazione; ma l’acquisto di crediti da parte di questi soggetti avviene palesemente per investimento, posto l’attività caratteristica di questi soggetti è l’agenzia di affari (i.e., l’attività per conto di terzi). Si può quindi ritenere che il riferimento all’ “attività professionale o imprenditoriale” non pregiudichi l’acquisto almeno da parte di una società commerciale il cui oggetto sia (anche) l’investimento in crediti non-performing (ferme quindi le riserve di legge applicabili alle altre tipologie di crediti).
[28] In tal senso, sembra deporre anche il testo della Relazione illustrativa al decreto di recepimento (cfr. pag. 4).
[29] È importante notare che al rappresentante designato, in linea con le previsioni dell’articolo 19 Direttiva NPL “si applicano le disposizioni del presente capo riferite all’acquirente di crediti in sofferenza” e, quindi, risponde della corretta esecuzione dell’obbligo di nomina del gestore.
[30] Cfr. art. 114.2 TUB, con la precisazione che l’esclusione riguarda in tutti i casi i crediti “concessi o acquistati”, e quindi anche quelli eventualmente acquistati a loro volta sul mercato secondario.
[31] In verità l’affermazione incontra un limite poiché, nei fatti, nulla vieta l’esecuzione da parte di acquirenti costituiti come società per azioni di raccolta mediante l’emissione di strumenti finanziari di raccolta (e.g. obbligazioni), chiaramente entro i limiti dettati dalle norme applicabili (e.g., art. 2412 c.c.).
[32] In tal senso depone la stessa relazione illustrativa al decreto di recepimento (“Tale scelta è dettata, da un lato, da esigenze di vigilanza (mediante tale obbligo, infatti, l’autorità potrà sempre interfacciarsi con un soggetto regolamentato a fini di verificare il rispetto della normativa applicabile) e, dall’altro, dalla volontà di assicurare maggior tutela al debitore ceduto”).
[33] Nonostante sia pacifico che la Direttiva SMD istituisca una specifica disciplina applicabile unicamente ai crediti deteriorati, la scissione tra investimento e gestione del credito non è una novità nel nostro ordinamento, in quanto si rinvengono ampie similitudini con la struttura delle cartolarizzazioni. In particolare, l’art. 2 comma 6, della Legge 130/1999 introduce nello schema delle cartolarizzazioni la figura del cd. servicer, titolare di due macro-funzioni: una relativa all’attività di riscossione dei crediti ceduti e l’altra concernente il controllo di conformità di tali operazioni alla legge e ai prospetti informativi. Dunque, nelle operazioni di cartolarizzazione, seppure formalmente il titolare di tali funzioni appare essere la società veicolo, nella sostanza l’amministratore dei crediti è il servicer, verificandosi una separazione necessaria per far sì, sia che i servizi vengano svolti da soggetti di particolare affidabilità ma, soprattutto, imprescindibile per la sottoposizione a controlli da parte di un’autorità di vigilanza, i.e. Banca d’Italia (cfr, A. Cinque, Commento sub art. 2, commi 6 e 3, lettera c), in P. Ferro-Luzzi, C. Pisanti (a cura di), La Cartolarizzazione, Milano, 2005, 234 ss.). Più di recente, il concetto è ribadito dall’autorità di vigilanza (cfr. Banca d’Italia, Servicers in operazioni di cartolarizzazione. Profili di rischiosità e linee di vigilanza, 11 novembre 2021, in bancaditalia.it), laddove si evidenzia che la scelta di rimettere a banche e intermediari finanziari i compiti di servicing risponde all’esigenza di assicurare un effettivo presidio di conformità su tali operazioni, mediante il coinvolgimento diretto di soggetti vigilati e specializzati nella gestione dei crediti e dei flussi di pagamento.
[34] Stante sempre il divieto di concessione di finanziamenti da parte di soggetti non autorizzati ai sensi di legge, l’art. 114.1 lett. b) prevede espressamente che l’estinzione anticipata e la posticipazione del termine di pagamento non costituisce finanziamento. Le attività di “gestione” vere e proprie riguardano “1) la riscossione e il recupero dei pagamenti dovuti dal debitore; 2) la rinegoziazione dei termini e delle condizioni contrattuali con il debitore, in linea con le istruzioni impartite dall’acquirente di crediti in sofferenza, a condizione che non costituisca attività di concessione di finanziamenti ai sensi dell’articolo 106; a tali fini non costituisce attività di concessione di finanziamenti l’estinzione anticipata e la posticipazione dei termini di pagamento. Non rientra nel presente numero 2) l’attività svolta da intermediari del credito come definiti dagli articoli 120-quinquies, comma 1, lettera g), e 121, comma 1, lettera h); 3) la gestione dei reclami dei debitori riguardanti gli acquirenti di crediti in sofferenza, i gestori di crediti in sofferenza e i soggetti a cui sono state esternalizzate funzioni aziendali riguardanti la gestione dei crediti in sofferenza; 4) l’informativa al debitore relativa a ogni variazione dei tassi di interesse e degli oneri o a ogni pagamento dovuto”.
[35] Cfr. art. 114.8 TUB.
[36] Cfr. Art. 10, comma 1 Direttiva NPL. Va detto che la trasposizione della Direttiva NPL nel nostro ordinamento ha comportato l’introduzione, tra gli altri, dell’impegno dell’acquirente e del gestore ad agire, nelle comunicazioni con il debitore “senza molestia, coercizione o indebito condizionamento” (la versione inglese della Direttiva riporta i termini “harassment, coercion or undue influence”). Non è chiaro, però, il raccordo con le regole del diritto civile italiano, e se in particolare si intenda fare riferimento (i) alla formula già presente dall’articolo 25 del codice del consumo (che però per effetto della previsione dell’articolo 114.12 TUB, vien esteso a tutti i debitori); (ii) a fattispecie di natura penale (e.g., 660 c.p – Quanto al concetto di “molestia”, peraltro, lo stesso è stato oggetto di intervento recente in giurisprudenza (Cass. 26018/2023)). Si sarebbe, forse, potuto valutare una modifica della previsione italiana facendo riferimento ai concetti di “dolo” “raggiro” e “violenza” che appaiono maggiormente immediate nell’interpretazione.
[37] L’estensione degli obblighi di condotta agli acquirenti di crediti può interpretarsi come una regola “di chiusura”, frutto dell’eccessivo scrupolo del Legislatore che di una effettiva necessità di normazione: per effetto dell’obbligo di affidamento in gestione in capo agli acquirenti, infatti, la relazione tra acquirente di credito e debitore ceduto appare sempre mediata dal gestore professionale, con la conseguenza che il caso di un diretto esercizio dell’obbligo di diligenza e correttezza da parte dell’acquirente/mandante sembra apparire più teorico che pratico.
[38] Le questioni dell’opacità di mercato e della differenziazione degli attivi dismessi appaiono peraltro particolarmente rilevanti per le operazioni che hanno ad oggetto crediti deteriorati qualificati come unlikely to pay, che spesso si accompagnano, in sinergia, con la dismissione di vere e proprie “piattaforme” (i.e., i rami d’azienda relativi alla gestione dei crediti medesimi e/o ricomprendenti i rapporti contrattuali di affidamento di portafogli di crediti). La questione della maggiore trasparenza sembra essere considerata in modo particolare dal Legislatore eurounitario, che propone l’attuazione di una gamma di interventi finalizzati alla diffusione delle informazioni (cfr. Commissione UE, Tackling non-performing loans, cit. 9 ss.), affiancata ad un rinnovamento della disciplina delle c.d. cartolarizzazioni di NPL ed alla raccolta di best practices da adottare su base volontaria allo scopo di orientare il mercato verso soluzioni più efficienti (cfr. Commissione UE, Guidelines for a best execution process for sales of non-performing loans on secondary markets, C(2022)7277 final, in ec.europa.eu).
[39] Cfr. Art. 114.4 TUB.
[40] È interessante notare come questa regola trovi applicazione a tutte le operazioni di cessione, anche quando l’acquirente dei crediti è una banca, sovvertendo quindi nei fatti la precedente impostazione.
[41] In arg. v. peraltro le Disposizioni di vigilanza per la gestione di crediti in sofferenza, II.1.III, che differenzia la quantità di informazioni da fornire da parte di banche e intermediari 106 TUB.
[42] L’articolo 114.10 TUB richiede alla Banca d’Italia di individuare un contenuto tipico dell’informativa, in linea con la prassi delle c.d. welcome letter già in uso sul mercato. Il testo delle Disposizioni di Trasparenza (Sezione VII-ter, paragrafo 4) precisa che la comunicazione informativa, da recapitarsi al debitore ceduto, deve contenere, tra gli altri: “(a) “la notizia dell’avvenuta cessione, compresa la data dell’operazione e quella di efficacia della stessa; (b) il nome e il cognome o la denominazione, l’indirizzo o la sede e i recapiti dell’acquirente di crediti in sofferenza; (c) la denominazione, la sede e i recapiti del gestore di crediti in sofferenza o della banca o dell’intermediario iscritto nell’albo previsto dall’articolo 106 T.U., di cui si avvale l’acquirente di crediti in sofferenza per la gestione di tali crediti; […] (f) un punto di contatto al quale il debitore può rivolgersi se necessario per ricevere informazioni presso il gestore di crediti in sofferenza, la banca o l’intermediario iscritto nell’albo previsto dall’articolo 106 T.U., […]; (g) l’importo dovuto dal debitore al momento della comunicazione, con il dettaglio di quanto dovuto a titolo di capitale, interessi, commissioni e altri oneri; […]” . La comunicazione al debitore è redatta in un linguaggio chiaro e comprensibile, tenendo conto delle caratteristiche delle categorie di clientela alle quali è destinata. Le nuove regole si applicano esclusivamente con riguardo ai crediti in sofferenza, ma l’articolo 114.10, comma 5, consente una estensione delle regole ad altri casi, ed è quindi verosimile che in un prossimo futuro il quadro informativo in materia di notifiche ai debitori possa essere uniformato a tutte le operazioni di cessione.
[43] Quando la cessione di crediti è eseguita in blocco, le Istruzioni di Vigilanza per le Banche (circolare 229 del 21 aprile 1999, formalmente non abrogata) prevedono che l’informativa avente ad oggetto l’avvenuta cessione debba avvenire “alla prima occasione utile” (e.g., estratto conto, rata mutuo) (cfr. Titolo III, capitolo 5, sez. II, par. 1). La stessa formula viene impiegata nel provvedimento del Garante della Privacy “Cessione in blocco e cartolarizzazione dei crediti” del 18 gennaio 2007 (in Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2007) che impone l’obbligo di trasmettere l’apposita informativa sulla gestione dei dati personali, eventualmente, anche tramite la società incaricata dei servizi di servicing, allo scopo di garantire la maggiore conoscibilità dell’avvenuta raccolta dei dati preso terzi ad opera della cessionaria, in aggiunta alla pubblicazione dell’informativa privacy sulla Gazzetta Ufficiale.
[44] In verità la versione aggiornata delle Disposizioni di Trasparenza di Banca d’Italia (Sezione VII-ter, paragrafo 4) prevede che la trasmissione della notifica di cessione costituisca atto prodromico all’avvio delle attività di recupero dei crediti, sia di tipo giudiziale che extra giudiziale. Il principio generale appare condivisibile ma, per contro, non è chiaro dal testo delle disposizioni di nuova introduzione cosa accada in caso di mancato recapito per anagrafica non aggiornata e comunque per fatti indipendenti dalla volontà del creditore (posto che trattandosi di crediti in sofferenza, infatti, non è verosimile che i dati forniti in sede di cessione siano aggiornati e che i gestori di crediti non abbiano accesso ai dati dell’anagrafe della popolazione per potere avere un aggiornamento in tempo reale sui dati di residenza). Inoltre, né la normativa primaria, né le Disposizioni di Trasparenza chiariscono se la trasmissione dell’informativa possa qualificarsi come un “obbligo di risultato”. In aggiunta a quanto sopra, è utile segnalare che la nuova normativa non dispone alcuna forma di raccordo con le norme del codice di procedura civile relative ai giudizi di accertamento e alle procedure esecutive. L’assenza di un coordinamento espresso porta a concludere che la trasmissione dell’informativa non possa costituire una c.d. condizione di procedibilità per l’avvio di azioni giudiziali, fermo restando che non si ha purtroppo una certezza in merito. Del pari, la necessità di dare seguito alla notifica non sembra comportare una sospensione delle procedure attive.
[45] Gli acquirenti di crediti non-performing non stabiliti all’UE sono tenuti all’adempimento di un obbligo aggiuntivo, i.e., la nomina di un rappresentante domiciliato o stabilito nell’UE a cui le autorità competenti possono rivolgersi in aggiunta o in sostituzione dell’acquirente del credito. Il rappresentante è responsabile degli obblighi imposti agli acquirenti dei crediti ai sensi della Direttiva NPL.
[46] Cfr. Disposizioni di vigilanza per la gestione di crediti in sofferenza I.10.II. L’obbligo di segnalazione decorre da giugno 2025
[47] In tal senso sono chiare le disposizioni dell’art. 114.6 del TUB e delle corrispondenti sezioni delle Disposizioni di vigilanza per la gestione di crediti in sofferenza, che in sostanza riconducono le attività del gestore di crediti nei c.d. ordinamenti sezionali (in arg. v. ad es. M.S. Giannini, Istituti di credito e servizi di interesse pubblico, in Monete e credito, 1949, Id. Diritto Amministrativo, vol. II, Milano, 1993, 621 oltre alle fonti in nota 1); in linea di massima si è quindi di fronte all’istituzione di una nuova riserva “minore”.
[48] V. supra.
[49] In effetti la revisione della Legge 130/99 era parte della delega legislativa. Cfr. L. 21 febbraio 2024, n. 15, art. 7, lett. l, che non ha trovato effettiva attuazione.
[50] Cfr. art. 2 comma 1 lett c) e comma 6 Legge 130/99. In verità, la Banca d’Italia nei suoi riscontri alla consultazione pubblica relativi alla normativa secondaria ha chiarito che “Le operazioni di cartolarizzazione c.d. monotranche aventi ad oggetto esclusivamente crediti in sofferenza rientrano, invece, nel campo di applicazione delle nuove Disposizioni per la gestione di crediti in sofferenza. In questo caso, le società cessionarie di crediti nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione potranno nominare per le attività di riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento, una banca, un intermediario finanziario iscritto nell’albo previsto dall’articolo 106 TUB, oppure un gestore di crediti in sofferenza autorizzato ai sensi dell’articolo 114.6 del TUB. In caso di nomina di un gestore di crediti in sofferenza, a quest’ultimo faranno capo anche le attività di verifica della conformità delle operazioni di cartolarizzazione alla legge e al prospetto informativo (cd. funzioni di master servicer)”. L’interpretazione è certamente interessante (oltre che favorevole ai gestori) e va accolta con favore; tuttavia, resta il tema del mancato adeguamento della legge 130/99 che era, peraltro, uno dei criteri di delega legislativa all’esecutivo, cui non è stato seguito.
[51] Il tema dell’esternalizzazione da parte dei soggetti vigilati è particolarmente sentito, principalmente con l’obiettivo di evitare “fughe dalla vigilanza” e snaturare quindi il principio della riserva di attività. In arg. con riguardo alle banche EBA, EBA guidelines on outsourcing arrangements, EBA/GL/2019/02, in eba.europa.eu. v. anche P. de Gioia Carabellese, I Contratti di Esternalizzazione dei Soggetti Vigilati: Normativa; Potere Sanzionatorio delle Autorità. Il Provvedimento EBA nella Filosofia del Single Supervisory Mechanism e in relazione alla Normativa Italiana in Contratto e impresa, 2019, 3, 1123.
[52] Uno degli elementi di maggiore innovazione della Direttiva NPL è la possibilità per il gestore di crediti autorizzato di prestare i propri servizi di gestione anche in Stati Membri diversi da quello in cui è stata ottenuta l’autorizzazione (artt. 13 e 14 Direttiva NPL; art. 114.9 TUB). La richiesta di autorizzazione a prestare servizi in uno Stato Membro terzo (c.d. Stato Membro ospitante) è inoltrata presso l’autorità competente del proprio stato di origine; l’autorità competente, a sua volta comunica la richiesta all’autorità dello Stato Membro ospitante. E’ importante segnalare che non è prevista una nuova autorizzazione da parte dello Stato Membro ospitante: la prestazione dei sevizi di gestione avviene sulla base di un principio di passporting non dissimile nella sua struttura a quanto previsto per la prestazione di servizi bancari e finanziari in regime di libertà di stabilimento o di libera prestazione di servizi.
[53] La normativa delegata è piuttosto ricca in tal senso e disciplina in modo puntuale i flussi informativi e le prerogative della vigilanza. In arg. si vedano integralmente le Disposizioni di vigilanza per la gestione di crediti in sofferenza.
[54] Sono escluse, per chiarezza, le c.d. cartolarizzazioni sintetiche, in cui non viene trasferita la titolarità degli attivi cartolarizzati ma soltanto il rischio economico connesso agli stessi.
[55] Per completezza, va detto anche vi sono alcune operazioni in cui non si realizza l’effettivo trasferimento della titolarità degli attivi cartolarizzati ma solo il rischio (c.d. cartolarizzazioni sintetiche).
[56] C.d. tranching, nella sua forma più semplice realizzato prevedendo l’emissione di classi di titoli subordinati (e.g., senior, mezzanine, junior etc.). Ex articolo 2 punto 2) del SecReg “«società veicolo per la cartolarizzazione» o «SSPE»: una società, un trust o un altro soggetto, diversi dal cedente o promotore, costituiti allo scopo di effettuare una o più cartolarizzazioni, le cui attività sono finalizzate esclusivamente alla realizzazione di tale obiettivo, la cui struttura è volta a isolare le obbligazioni della SSPE da quelle del cedente”. Senza voler richiamare tutte le definizioni a loro volta contenute nel brano riportato sopra, ci si può focalizzare sulla definizione di “cartolarizzazione” contenuta nello stesso articolo del SecReg: “«cartolarizzazione»: l’operazione o lo schema in cui il rischio di credito associato ad un’esposizione o a un portafoglio di esposizioni è diviso in segmenti, avente tutte le seguenti caratteristiche: a) i pagamenti effettuati nell’ambito dell’operazione o dello schema dipendono dalla performance dell’esposizione o del portafoglio di esposizioni; b) la subordinazione dei segmenti determina la distribuzione delle perdite nel corso della durata dell’operazione o dello schema; c) l’operazione o lo schema non crea esposizioni che possiedono tutte le caratteristiche elencate all’articolo 147, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 575/2013”.
[57] E.g. risk retention, obblighi di due diligence etc.
[58] Fatta eccezione per le novità applicabili a tutti gli operatori di mercato, come ad es. l’obbligo di trasmettere l’informativa di cui all’art. 114.10 TUB.
[59] Cfr. art. 2, comma 6, Legge 130/1999. V. anche Banca d’Italia, Circolare 288 del 3 aprile 2015, I.3.6. Si ricorda che la distinzione tra master e special servicer non si rinviene nella lettera della Legge Cartolarizzazione ma è, piuttosto, un precipitato della prassi. G. Rumi, Securitisation, Milano, 2001, 156.; D. Galletti, G. Guerrieri, La Cartolarizzazione dei Crediti, Bologna, 2002, 69 ss.. Chiaramente, ritenendo le regole della Legge 130/1999 lex specialis rispetto alle previsioni del TUB, l’incarico di master servicer non potrà essere attribuito ad un gestore di crediti in sofferenza autorizzato ex art. 114.6 TUB.
[60] Cfr. per riferimento la comunicazione Servicers in operazioni di cartolarizzazione. Profili di rischiosità e linee di vigilanza, 10 novembre 2021, in bancaditalia.it.
[61] Cambia per la verità la fonte giuridica, a questo punto: in precedenza l’obbligo di segnalazione derivava dall’esecuzione di un potere attributo alla Banca d’Italia, ora invece deriva dall’applicazione di una norma di legge.
[62] Cfr. Provv. Banca d’Italia del 12 dicembre 2023, Disposizioni in materia di obblighi informativi e statistici delle società veicolo coinvolte in operazioni di cartolarizzazione.
[63] Sotto questo punto di vista, va ricordato che le cartolarizzazioni “europee” già beneficiavano di un regime di trasparenza differenziato per gli investitori (cfr. artt. 5 e 7 SecReg) che resta confermato.
[64] Gli intermediari 106 potranno richiedere l’autorizzazione alla Banca d’Italia per prestare attività di gestione di crediti in sofferenza in altri Stati dell’Unione Europea, ai sensi degli articoli 114.2 e 114.6.
[65] Il D.lgs. 116/2024 prevede peraltro alcune disposizioni transitorie al suo articolo 3 che consentono un periodo di attività transitorio di sei mesi, parallelo all’esecuzione del procedimento di autorizzazione per ottenere la nuova licenza. I soggetti che, alla data di entrata in vigore del decreto svolgono attività di gestione di crediti in sofferenza possono continuare a svolgere queste attività per un periodo di sei mesi successivi alla data di entrata in vigore delle disposizioni attuative della Banca d’Italia. Entro tale data, essi devono ottenere l’autorizzazione ai sensi dell’articolo 114.6 oppure cessare di svolgere le attività.
[66] Cfr. art. 2 DM 53/2015.
[67] In tal senso, sembra potersi richiamare mutatis mutandis la posizione già espressa in materia di cartolarizzazioni da Banca d’Italia nella comunicazione Servicers, cit.. Le risposte di Banca d’Italia alla consultazione sembrano avallare questa ricostruzione, sull’assunto che l’incarico al gestore ed il successivo riaffidamento di specifiche funzioni di gestione non costituisca una elusione dell’obbligo di licenza: “Le Disposizioni non impediscono a una società acquirente di crediti in sofferenza, che abbia affidato la gestione di tali crediti ad un gestore di crediti in sofferenza autorizzato dalla Banca d’Italia, di operare come fornitore di servizi di gestione di crediti in sofferenza per conto del gestore. Resta fermo che il gestore di crediti in sofferenza deve assicurare il rispetto di tutte le previsioni contenute nella Parte Prima, Capitolo 5, Sezione IV, delle Disposizioni, con particolare riguardo all’obbligo di mantenere “in ogni momento un’idonea struttura e operatività sostanziale, evitando di diventare un’entità vuota (c.d. “empty shell”)”, di svolgere almeno una parte dell’attività di gestione dei crediti in sofferenza e di assicurarsi che il fornitore di servizi di gestione di crediti in sofferenza sia in possesso della licenza eventualmente necessaria per lo svolgimento della o delle attività esternalizzate”.
[68] La questione della legittimazione attiva dello special servicer è stata oggetto di dibattito in giurisprudenza con argomenti che sono stati proposti persino all’attenzione della giurisprudenza di legittimità. In linea generale, alcune prese di posizione della giurisprudenza di merito hanno fatto leva su argomenti di natura testuale della Legge 130/1999, in particolare sull’espresso richiamo alla figura di un soggetto autorizzato (c.d. servicer) per l’esercizio della funzione di incasso e gestione dei pagamenti nell’ambito della cartolarizzazione (in arg. cfr. Trib. Livorno (ord.), 18 dicembre 2023, Trib. Civitavecchia 27 dicembre 2023; Trib. Monza (ord.), 22 gennaio 2024, Trib. Rimini, 28 febbraio 2024, tutte in onelegale.wolterkluver.it). Queste giurisprudenze, in verità, non consideravano, oltre al dato della prassi, la circostanza che la funzione di recupero crediti per una banca e un intermediario finanziario ex art. 106 TUB fosse attività ritenuta pacificamente esternalizzabile, sia pure nei limiti e con le precisazioni previste dalla normativa secondaria (cfr. Banca d’Italia, Circolare 288 del 3 aprile 2015, I.3.6). Tale impostazione era stata in ogni caso superata dall’intervento di legittimità di Cass. (ord.) 18 marzo 2024, n. 7243 (sempre in onelegale.wolterkluver.it), secondo cui “dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici (titolo VIII, capo I, del TUB)”. Nonostante questo intervento, si erano registrate posizioni di senso contrario successive (cfr. Trib. Firenze (ord.) 27 maggio 2024, in onelegale.wolterkluver.it). Astrattamente, la pronuncia di Cassazione lasciava aperta la possibilità di una verifica in ottica di c.d. public enforcement circa la condotta dell’intermediario vigilato delegante; tuttavia, la nuova previsione introdotta dall’articolo 3 del D.Lgs. 116/2024 dovrebbe superare la questione, nel senso della piena legittimità dell’incarico ad agenzie di recupero crediti ex art. 115 TULPS conferito nel contesto di operazioni di cartolarizzazione.