La Prima sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 3817 del 14 febbraio 2025 (Pres. Abete, Rel. Crolla), nell’ambito del noto contenzioso relativo al c.d. mutuo solutorio, si è pronunciata sull’ammissione al passivo fallimentare, in via chirografaria, di un credito derivante da un contratto di mutuo ipotecario, in caso di declaratoria di inefficacia dell’ipoteca a garanzia del mutuo stesso, in seguito all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria, da parte del curatore fallimentare.
Delle problematiche, in sede esecutiva e fallimentare, del mutuo solutorio ipotecario, ovvero quando contratto ad estinzione di pregresse esposizioni della stessa banca non garantite da ipoteca, se ne discuterà ampiamente nel corso del prossimo webinar DB del 03 aprile 2025 “Il contratto di mutuo come “titolo del credito” e come titolo esecutivo – Le problematiche in sede esecutiva e nelle procedure di composizione della crisi”.
Nel caso di specie, il Giudice Delegato, aveva escluso dal passivo fallimentare il credito vantato dalla banca, poiché, qualificando in sostanza il muto come solutorio, aveva ritenuto l’operazione “anormalmente solutoria“, in quanto diretta ad erogare alla società debitrice una somma destinata all’immediata estinzione di un debito chirografario, con uno assistito da prelazione ipotecaria e, pertanto revocabile ai sensi degli artt. 2901 C.c. e 66 L.F.
Sull’impugnazione proposta dall’istituto di credito il Tribunale aveva poi rigettato l’opposizione, evidenziando che la complessiva operazione di acquisto, da parte della società poi fallita, della proprietà immobiliare, con accollo del debito contratto dalla dante causa con la banca e con il successivo mutuo, con costituzione di ipoteca sui terreni acquistati stipulato dalla società poi fallita, con la stessa banca, era atta a cagionare un potenziale pregiudizio alle ragioni degli altri creditori: infatti, la pregressa esposizione debitoria chirografaria, derivante dall’accollo del debito già gravante sulla società dante causa nei confronti della banca, era stata sostituita nei confronti del medesimo istituto bancario da una nuova esposizione debitoria, assistita da prelazione ipotecaria.
La consapevolezza della mutuante di pregiudicare i creditori della società poi fallita era desumibile dalle modalità e dalle finalità dell’operazione, che era quella ripianare l’esposizione debitoria non garantita da ipoteca, e dal valore del bene ben inferiore al prezzo della vendita e alle somme per le quali, proprio in base ai corrispettivi dichiarati, le garanzie reali erano state prestate.
La Corte di Cassazione, nella sentenza impugnata dall’istituto di credito, accoglie due dei diversi motivi di ricorso, evidenziando la mancata prova dei presupposti dell’azione revocatoria ordinaria promossa dal curatore, e, inoltre, il mancato accoglimento della domanda subordinata della banca di ammissione al passivo, in via chirografaria, delle somme erogate a mutuo; diritto che, per indirizzo consolidato, sussiste a prescindere dalla revocabilità o meno dell’ipoteca.
Sui presupposti della revocatoria ordinaria
La Corte ricorda che il curatore fallimentare, ove promuova l’azione revocatoria ordinaria, ex art. 66 l. fall. e art. 2901 c.c., deve dimostrare, sotto il profilo dell’eventus damni:
- la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito
- la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell’atto pregiudizievole, rimaste insoddisfatte e come tali ammesse al passivo del fallimento del debitore che ne è stato l’autore
- lo svantaggioso mutamento, qualitativo o quantitativo, del patrimonio del debitore per effetto di tale atto
Infine, all’esito dell’assolvimento di tale onere probatorio, l’eventus damni potrà ritenersi sussistente ove risulti che, per effetto dell’atto pregiudizievole, sia divenuta oggettivamente più difficoltoso il soddisfacimento del credito, eccedendo la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori.
Per la Corte il decreto impugnato, tuttavia, non conteneva alcun accertamento in ordine alla preesistenza di debiti a carico della società fallita alla data dell’erogazione del mutuo con iscrizione di ipoteca sull’area edificatoria e con utilizzazione della somma per ripianare il debito pregresso della dante causa della società fallita.
Il Tribunale, infatti, nel passaggio motivazionale in cui verifica il requisito oggettivo della revocatoria della costituzione dell’ipoteca, non specificava affatto se tra i crediti insinuati ed ammessi al passivo del Fallimento ve ne fossero di anteriori alla data dell’atto di disposizione oggetto di revocatoria ex art. 95 L.F.
La Corte non ritiene neppure condivisibile la lettura dell’ “eventus damni” del Tribunale, il quale faceva riferimento al “pregiudizio per la massa dei creditori” o al “patrimonio della società fallita [che] si è modificato in modo tale da rendere più difficile il soddisfacimento della massa dei creditori”, finendo col confondere il profilo oggettivo della revocatoria ordinaria, con quello della revocatoria fallimentare ex art. 67 L.F.
Sull’ammissione al passivo del credito di cui al mutuo solutorio, in via chirografaria
Nel caso di specie, la Corte rileva che, a fronte della domanda proposta dalla banca di ammissione al passivo del credito oggetto del mutuo solutorio, il cui fatto costitutivo era il mancato adempimento da parte della fallita del rimborso delle rate del mutuo, garantito da ipoteca, il curatore aveva eccepito la revocatoria breve prevista dall’art. 95, c. 1 L.F. dell’intera operazione, costituita dall’accollo del debito e dalla sua sostituzione ai sensi dell’art. 66 L.F. e 2901 C.c., evidenziando che tale operazione era finalizzata ad erogare un mutuo, garantito da ipoteca su un immobile dal valore sopravvalutato, per l’estinzione di un preesistente debito chirografario.
Pertanto, l’ambito di operatività della revocatoria ordinaria fatta valere dalla curatela per paralizzare la pretesa azionata dalla banca in via fallimentare era circoscritta al contratto di mutuo ipotecario, ma non alle somme erogate a mutuo, oggetto del preesistente debito: ovvero, solo all’operazione ritenuta con l’esclusiva finalità di erogare alla società debitrice una somma destinata all’immediata estinzione di un debito preesistente verso la stessa banca, e alla sostituzione di un debito chirografario con uno assistito da garanzia ipotecaria.
Dopo aver quindi in tal modo delimitato il perimetro della revocatoria proposta nel caso di specie, la Cassazione ricorda il consolidato orientamento della Corte in materia di contratto di finanziamento, con contestuale concessione d’ipoteca stipulato tra la banca e la società fallita, finalizzato all’estinzione anticipata di un altro mutuo precedentemente stipulato tra le medesime parti, e quindi lesivo della par condicio creditorum: ovvero, il principio secondo cui la stipulazione di un contratto di mutuo con contestuale concessione d’ipoteca sui beni del mutuatario, ove non risulti destinata a procurare a quest’ultimo un’effettiva disponibilità, essendo egli già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, non integra necessariamente né la fattispecie della simulazione del mutuo (volta a dissimulare la concessione di una garanzia per il debito preesistente), né quella della novazione (consistente nella sostituzione del preesistente debito chirografario con un debito garantito), potendosi configurare anche come un procedimento negoziale indiretto, nell’ambito del quale l’importo pattuito viene effettivamente erogato ed utilizzato per l’estinzione del precedente debito chirografario.
In tal caso, l’intera operazione, è impugnabile per revocatoria, in presenza dei relativi presupposti, in quanto diretta:
- ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione
- a costituire una garanzia per il debito preesistente
In tal caso, il vantaggio conseguito dalla banca si ravvisa non già nella stipulazione del mutuo fondiario in sé, ma nell’impiego dello stesso come mezzo per la ristrutturazione di un passivo almeno in parte diverso.
A tali principi di diritto, tuttavia, per la Corte non si è conformato il decreto impugnato: dopo aver accertato che l’importo del mutuo ipotecario fatto valere con l’istanza d’insinuazione al passivo era stato in parte utilizzato per l’estinzione di un accollo di debito ed aver ritenuto l’intera operazione (finanziamento e concessione di ipoteca sull’area immobiliare) senz’altro lesiva delle ragioni degli altri creditori, il Tribunale non si è limitato a dichiarare l’inefficacia dell’atto di concessione di ipoteca volontaria in accoglimento dell’eccezione di revocazione dell’atto di concessione volontaria in via breve ex artt. 95 e 66 L.F., ma ha, erroneamente, escluso dal passivo anche il credito in via chirografaria oggetto di domanda subordinata.