Il 10 marzo scorso Banca d’Italia ha pubblicato lo studio n. 917 incentrato sugli obiettivi ESG nella remunerazione degli amministratori delegati.
Il documento fornisce un’analisi comparata dell’adozione di piani di remunerazione legati a fattori ESG nelle società quotate delle quattro principali economie dell’Unione Europea – Francia, Italia, Germania e Spagna – tra il 2018 e il 2022.
Per la prima volta il documento descrive l’evoluzione della retribuzione legata ai temi ESG collegando le pratiche retributive ai tassi di raggiungimento degli obiettivi e ai dati di performance economica.
Le metriche ESG sono state incorporate nei piani di retribuzione dei CEO sviluppando un dibattito sulla loro efficacia per la promozione di una maggiore sostenibilità e sui potenziali rischi per la performance economica delle imprese.
Utilizzando un dataset raccolto manualmente, il documento illustra come la remunerazione legata agli obiettivi ESG sia diventata prassi sempre più comune fra le società di maggiori dimensioni.
A livello europeo, nel periodo di riferimento ( in concomitanza con le modifiche legislative e di soft law) la diffusione delle remunerazioni ESG è aumentata costantemente: nel 2022 quasi il 90% delle aziende prevede una remunerazione ESG e in genere fissa 3 metriche per CEO da raggiungere.
In Italia, invece, nel 2022 la quota di aziende che prevedono fattori ESG nella retribuzione variabile è relativamente più bassa (82,5%) rispetto alle altre principali economie dell’UE, ma si registra che le aziende italiane fissano in media più obiettivi (3,3).
L’analisi evidenzia anche come gli obiettivi ESG siano quasi sempre raggiunti dagli amministratori delegati senza effetti negativi sulla performance economica delle imprese.
Nonostante ciò vi sono dubbi sull’efficacia della remunerazione degli amministratori delegati nel promuovere la sostenibilità a causa della diffusione tanto della selezione mirata degli obiettivi quanto del greenwashing.