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Giurisprudenza

Fideiussioni omnibus ante 2005: limiti del provvedimento Bankitalia

25 Marzo 2025

Sentenza segnalata da Studio Casa & Associati

Corte d’Appello di Venezia, 13 marzo 2025, n. 519 – Pres. Santoro, Rel. Bressan

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 519 del 13 marzo 2025 (Pres. Santoro, Rel. Bressan), si è espressa sul tema della nullità, per contrarietà alla legge antitrust, di fideiussioni omnibus ante 2005, ovvero concluse in un periodo precedente al noto provvedimento Banca d’Italia proprio del 2005.

La Corte ha precisato in particolare, che “se è vero che le norme del modello ABI “censurate” ai sensi della normativa antitrust non sono nulle in sé, ma solo in quanto risultano essere manifestazione dell’intesa vietata, e se è vero che anche nella pratica di poco successiva al provvedimento del 2005 in alcuni casi le banche hanno ancora perdurato, per qualche tempo, nella descritta pratica anticoncorrenziale (cfr. Cass. n. 13846/2019), deve in ogni caso ritenersi che il provvedimento di Bankitalia non può certo essere utilizzato “all’infinito”, sia per il passato, che per il futuro, e quindi anche in relazione a periodi di tempo di gran lunga anteriori, ovvero successivi, alla sua emanazione, come nel caso di specie, in cui la fideiussione (omnibus) di riferimento risale al mese di dicembre del 1993″.

Il caso di specie, in particolare, concerneva due fideiussioni, una – omnibus –  conclusa ante provvedimento della Banca d’Italia (1993), ed una – specifica – successiva al citato provvedimento (nel 2011).

Con riguardo alla fideiussione omnibus conclusa nel 1993 il giudice di primo grado ne aveva rilevato la nullità parziale per violazione della disciplina antitrust di cui alla L. 287/1990, in quanto la stessa avrebbe contenuto clausole sovrapponibili a quelle ritenute nulle dalla Banca d’Italia con provvedimento n. 55/2005, costituente prova privilegiata dell’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale tra banche, non rilevando la sua anteriorità rispetto al provvedimento di Banca d’Italia e alla predisposizione del modulo ABI, posto che, anche in epoca precedente, era dato riscontrare atti di fideiussione presentanti analoghe caratteristiche.

Tale valutazione non è condivisibile per la Corte d’Appello, trattandosi di una fideiussione sottoscritta dieci anni prima della predisposizione del modello ABI esaminato da Banca d’Italia, nel quale si sarebbe concretizzata l’intesa anticoncorrenziale illecita, e non essendo stata, né allegata, né comunque provata, l’esistenza di un’analoga intesa restrittiva della concorrenza già nel 1993: non sarebbe possibile, per la Corte, trasporre i rilievi e le conclusioni raggiunti dalla Banca d’Italia oltre 11 anni dopo esaminando fideiussioni predisposte negli anni immediatamente precedenti, ovvero nel 2002/2003.

La Corte ripercorre la questione, ricordando che le clausole del modello ABI 2003 che la Banca d’Italia ha ritenuto espressione di un’intesa anticoncorrenziale sono:

  • la “clausola di reviviscenza”, a mezzo della quale il fideiussore si impegna a tenere indenne la banca dall’esborso di somme che questa, dopo l’incasso delle stesse, dovesse restituire al debitore principale a seguito di annullamento, revoca o inefficacia dei pagamenti stessi
  • la clausola sulla rinuncia del fideiussore ai termini di cui all’art. 1957 c.c. e al beneficio di escussione
  • la “clausola di sopravvivenza”, secondo la quale la fideiussione garantisce l’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate al debitore principale anche se la relativa obbligazione dovesse essere annullata.

Tali norme, secondo Banca d’Italia, hanno avuto un effetto ingiustamente restrittivo della concorrenza, ostacolando la possibilità di diversificazione del prodotto offerto, nella misura in cui sono state oggetto di una diffusione generalizzata da parte delle banche, anche prima della relativa formalizzazione nel modello ABI, che ha comportato l’imposizione ai clienti di condizioni contrattuali incidenti su aspetti significativi del rapporto negoziale, tali da impedire un equilibrato contemperamento degli interessi delle parti.

Secondo le Sezioni Unite (41994/2021), la sanzione della “nullità ad ogni effetto” di un’intesa anticoncorrenziale “a monte”, stabilita dall’art. 2 comma 3 L 287/90, comporta la nullità parziale delle fideiussioni “a valle” stipulate dai clienti finali, ritenute concreta attuazione dell’intesa vietata, e, cioè, la nullità delle sole clausole riproduttive di quelle dello schema ABI.

La Corte d’Appello ricorda tuttavia che tali clausole non sono, in sé, contrarie ad alcuna norma imperativa e, pertanto, all’infuori di eventuali legami con un’intesa illecita “a monte”, ben potrebbero essere oggetto di un valido accordo tra le parti, ed essere, quindi, inserite in singoli atti fideiussori senza
determinare violazioni di legge.

Pertanto, anche se nella pratica di poco successiva al provvedimento del 2005, in alcuni casi, le banche hanno ancora perdurato in tale pratica anticoncorrenziale, la Corte ritiene che il provvedimento di Bankitalia non può certo essere utilizzato “all’infinito”, sia per il passato, che per il futuro.

Al di fuori dell’ambito di riferimento preso in esame dalla Banca d’Italia, non esistono, infatti, indizi utili per poter legittimamente ritenere che già esistesse una condotta collettiva e concordata da parte degli istituti bancari del tipo di quella sanzionata come anticoncorrenziale, non essendovi stato alcun formale, pertinente, accertamento da parte dell’Autorità competente.

I garanti quindi, per poter dimostrare la nullità delle fideiussioni omnibus “a valle”, avrebbero dovuto allegare e quindi provare:

  • l’esistenza di un’intesa “a monte”
  • la sua diffusione e la pervasività sul piano antitrust 
  • la sua uniformità applicativa da parte delle banche 
  • l’esistenza di un danno concreto a carico dei garanti.

Quanto alla fideiussione del 2011, la Corte rileva infine che trattasi di una fideiussione specifica, e non “omnibus”: la declaratoria di nullità della fideiussione che ricalchi lo schema ABI sanzionato dal provvedimento Banca d’Italia n. 55/2005 postula che la fideiussione stessa sia qualificabile come omnibus.

Sul punto aderisce quindi alla duplice pronuncia della Cassazione n. 19401/2024 e n. 10689/2024, per cui “non è possibile ritenere, sempre e solo in relazione al citato provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005, che anche le condizioni delle fideiussioni specifiche siano il frutto d’intesa anticoncorrenziale, per cui in presenza, nella sostanza, di una fideiussione specifica con la quale la garante si è impegnato in solido con la debitrice, per una obbligazione singolarmente determinata, non è ravvisabile alcuna nullità”. 

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