La scarsa adesione dei contribuenti morosi alle ultime procedure di “Rottamazione” fiscale, nonostante il progressivo miglioramento delle condizioni offerte, e le perplessità sollevate dalla Corte dei Conti e dall’Ufficio parlamentare di Bilancio (UPB) sulla c.d. “Rottamazione-quinquies” hanno indotto a prendere in considerazione percorsi differenti, tra cui la cessione di una parte del c.d. magazzino dei crediti fiscali.
La cessione da parte dello Stato dei propri crediti fiscali insoluti solleva una serie di insolubili questioni di diritto e di finanza pubblica: in ultima analisi, la cessione (e conseguente cartolarizzazione) non risulta allo stato realmente possibile e nemmeno consigliabile.
Vediamo di seguito i principali punti critici e qualche possibile soluzione.
Partiamo da un primo dato normativo: secondo l’art. 3, commi 17 e ss., della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), la cessione di crediti da parte delle amministrazioni pubbliche costituisce una forma di indebitamento.
L’indebitamento è sempre consentito a condizione che il ricavato della cessione sia utilizzato per finanziare investimenti. In effetti, quando l’ente pubblico ottiene liquidità immediata a fronte della vendita di un proprio asset, (nel nostro caso la vendita dei crediti fiscali appunto), l’operazione non è neutra dal punto di vista contabile: essa equivale a un’anticipazione di cassa.
Orbene, lo scopo del legislatore è quello di permettere il ricorso all’indebitamento solo quando la provvista ricevuta viene impiegata per finanziare un investimento. La norma in questione detta in maniera tassativa anche il novero degli investimenti consentiti.
Alle condizioni attuali, insomma, la cessione dei crediti fiscali è ipotizzabile solo a fronte di un impiego virtuoso della liquidità conseguita. Diversamente ci si imbatte in un limite invalicabile.
Vi è poi un separato tema che attiene squisitamente alla funzione pubblicistica della riscossione dei crediti fiscali.
La riscossione pubblicistica è assistita da tutele e rimedi che si spiegano solo in ragione della natura pubblica di chi è titolare del credito preteso.
Se il magazzino crediti fiscali passa nelle mani di un titolare privato non è affatto pacifico che il nuovo proprietario (così come i soggetti delegati al recupero) possano godere delle garanzie e dei privilegi che sono appannaggio solo dell’interesse pubblico della funzione di riscossione – si pensi al fermo amministrativo, all’ipoteca legale ex art. 77 D.P.R. n. 602/1973, che si spiegano solo a tutela dell’interesse erariale.
Similmente, l’applicazione di interessi di mora previsti da norme speciali (es. art. 30 D.P.R. n. 602/1973) è giustificabile in capo al creditore pubblico, ma risulta assai meno sostenibile in favore di un cessionario privato.
Chi può sottoscrivere i titoli emessi dal veicolo di cartolarizzazione?
Il quesito non è peregrino, se si pone attenzione al Sistema Europeo dei Conti, come aggiornato da Eurostat da ultimo con il Reg. UE n. 2023/734 che modifica il precedente Regolamento UE n. 549/2013 e abroga 11 atti giuridici relativi a un precedente SEC (SEC 1995).
Più in particolare, a mente del sistema di contabilità pubblica in questione, la cartolarizzazione dei crediti pubblici non incide sul debito pubblico se l’amministrazione cedente mantiene un coinvolgimento sostanziale nei rischi e benefici dell’operazione. In tal caso, l’operazione viene considerata “on balance” e incide pienamente (rectius negativamente) sul saldo di finanza pubblica.
Per essere pratici, è escluso che i soggetti comunque riconducibili allo Stato possano sottoscrivere le note emesse dal veicolo di cartolarizzazione del magazzino dei crediti fiscali. Infatti, laddove fosse la stessa pubblica amministrazione a sottoscrivere le note emesse dal veicolo, i proventi non verrebbero utilizzati a scopo di investimento e l’operazione non avrebbe alcun effetto migliorativo per i conti pubblici.
Last but not least, la questione del prezzo di cessione resta centrale. E’ necessario procedere mediante gara pubblica alla selezione del cessionario? O la determinazione del prezzo può essere rimessa alla libera discrezionalità del cedente?
A ben vedere la fissazione del corrispettivo deve avvenire in coerenza con il valore atteso di realizzo e secondo criteri oggettivi, per evitare fenomeni di sottovalutazione lesivi dell’interesse pubblico. Questo implica lo svolgimento di una procedura di selezione competitiva con rigorosi criteri di ammissione e precisi argini al ribasso speculativo dei valori di cessione.
Orbene, a voler trarre alcune preliminari conclusioni, quello che sembra è che, pur essendo astrattamente ammissibile, la cessione e cartolarizzazione del magazzino crediti fiscali non si presenta neutra, né sul piano giuridico, né su quello contabile. Anzi, stanti i limiti normativi fissati dal sistema dei conti pubblici, permarrebbe il rischio che tale operazione accresca il debito pubblico.