Con sentenza dell’8 febbraio 2025, n. 3220, la Corte di Cassazione, Sez. I (Pres. Ferro, Rel. Crolla), ha escluso, nel concordato fallimentare, la possibilità di includere tra i soggetti abilitati al voto le SPV cessionarie in blocco di crediti deteriorati, salvo che le stesse non siano iscritte all’elenco di cui all’art. 106 TUB.
In particolare, ha enunciato la Suprema Corte, «il tenore inequivocabile dell’art. 127, comma 7, l.fall., secondo il quale, nel concordato fallimentare, i trasferimenti dei crediti avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento non attribuiscono diritto di voto, salvo che siano stati effettuati a favore di banche o altri intermediari finanziari, osta alla spettanza di detto diritto anche ad una società di cartolarizzazione, allorquando la stessa non risulti iscritta nell’albo degli intermediari finanziari ex art.106, d.lgs. n. 395 del 1993».
La Corte d’Appello aveva affermato che, in virtù di un’interpretazione estensiva dell’art. 127, comma 7, l.fall., tra i cessionari dei crediti acquisiti successivamente alla dichiarazione di fallimento ammessi al voto vi fossero anche le società di cartolarizzazione.
Questa soluzione interpretativa avrebbe trovato fondamento nelle caratteristiche e nelle garanzie di professionalità, specializzazione e capacità patrimoniali offerte dalle SPV, che neutralizzerebbero i rischi di operazioni fraudolente.
La Suprema Corte, tuttavia, ha osservato che il citato comma appare privo di ambiguità nell’attribuire il diritto di voto alle sole “banche e altri intermediari finanziari”. La Corte d’Appello è, quindi, incorsa in una evidente forzatura ermeneutica, non potendo seriamente dubitarsi che il legislatore, nel modificare tale norma nel 2006, avesse piena contezza della ontologica diversità tra intermediario e SPV.
Quest’ultime, infatti, non essendo sottoposte a quei penetranti vincoli di vigilanza e controllo pubblico necessari per l’iscrizione ex art. 106 TUB, non offrono adeguate garanzie di affidabilità e correttezza idonee a sterilizzare, o quanto meno contenere, il rischio di manovre speculative e fraudolente sui voti.