In materia di onere probatorio la Suprema Corte con il provvedimento in epigrafe, ha dato continuità all’orientamento già affermatosi in precedenti decisioni secondo cui il correntista che agisca giudizialmente per l’accertamento giudiziale del saldo e la ripetizione delle somme indebitamente riscosse dall’istituto di credito è gravato dell’onere di produrre l’intera serie degli estratti conto (in tema: Cass. 3 dicembre 2018, n. 31187; Cass. 2 maggio 2019, n. 11543). La Corte ha affermato che l’incompletezza documentale relativa agli estratti conto ridonda in danno del correntista, su cui grava l’onere di provare il fatto costituivo della propria domanda sicché, in assenza di diverse evidenze, il conteggio del dare e avere deve essere effettuato partendo dal primo saldo a debito del cliente documentalmente riscontrato (Cass. 2 maggio 2019, n. 11543).
Nel caso di specie entrambe le parti devono ritenerti onerate della prova delle contrapposte pretese aventi rispettivamente ad oggetto l’inesistenza e l’esistenza del credito dedotto in lite.
Ciò significa, in concreto, che ciascuno dei due contendenti ha l’onere di dar prova delle operazioni da cui si origina il saldo.
In linea generale, che nella prospettiva consegnata dall’art. 2697 c.c., la mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto, il cui saldo sia a debito del correntista, non esclude una definizione del rapporto di dare e avere fondata sugli estratti conto prodotti da una certa data in poi. Infatti, è da ritenere che un adempimento solo parziale dell’onere di produzione degli estratti conto non precluda di procedere alla semplice sterilizzazione del saldo debitorio portato dal primo degli estratti conto prodotti.
Essendo sia la banca che il correntista onerati della prova dei propri assunti, la mancata produzione degli estratti conto assume una colorazione neutra sul piano della ricostruzione del rapporto di dare e
avere e giustifica, come tale, un accertamento del saldo di conto corrente che non è influenzato dalle movimentazioni del periodo che sono prive di rendicontazione. Infatti, proprio in quanto ognuna delle parti assume la veste di attore all’interno del giudizio, è inconcepibile che l’una e l’altra possano giovarsi delle conseguenze del mancato adempimento dell’onere probatorio della controparte.
Con riferimento alle azioni della banca e del correntista, operano, due distinti criteri che, rispettivamente, consentono di risolvere la questione relativa alla mancata prova dell’andamento del conto da parte dell’attore che ne è onerato.
Nella causa promossa dalla banca per il pagamento del saldo, ove la stessa non riesca a dissolvere, anche attraverso mezzi di prova diversi dagli estratti conto, l’incertezza quanto al fatto che, con riferimento al periodo non documentato, il correntista abbia maturato un credito di imprecisato ammontare la domanda deve essere respinta; di contro, nella causa promossa dal correntista per la rideterminazione del saldo o la ripetizione dell’indebito, ove non risulti provato, anche con l’apporto di mezzi di prova che possono essere diversi dagli estratti conto, che il saldo dell’intervallo temporale non documentato abbia ad oggetto un debito inferiore o inesistente, o addirittura un credito di detto soggetto, si devono elaborare i conteggi partendo da tale saldo debitore (Cass. 2 maggio 2019, n. 11543).
Poiché, come osservato, tali criteri non possono trovare riscontro applicativo nel caso di contrapposte domande della banca e del correntista, deve darsi atto che da un lato la banca non potrà invocare, in proprio favore, l’addebito della posta iniziale del primo degli estratti conto prodotti e che, dall’altro, il correntista non potrà aspirare a un rigetto della domanda di pagamento della banca stessa.
Il rapporto di dare e avere tra le parti va dunque ricostruito in base agli estratti conto acquisiti: il che è quanto dire che, nell’evenienza indicata, il saldo debitore iniziale del primo estratto conto deve essere azzerato. Resta da aggiungere che, ovviamente, tale integrale neutralizzazione delle partite non deve operarsi quando una delle parti riconosca che il saldo del periodo non documentato sia, per lei, meno favorevole rispetto al saldo zero.
Così, se, con riferimento al detto arco di tempo, il correntista, a fronte della pretesa della banca che
vanti un credito di un certo ammontare, riconosca di essere debitrice per un importo inferiore, non vi sarà ragione per operare l’azzeramento del saldo: il conteggio delle spettanze dovrà muovere dal dato indicato dal correntista, che riflette la concorde posizione dei contendenti quanto all’esistenza di un saldo di segno negativo. Lo stesso varrà nell’ipotesi inversa, in cui sia cioè la banca ad ammettere che alla data del primo estratto conto il proprio cliente risultava creditore di un importo inferiore rispetto a quello che lo stesso ha indicato: anche in tal caso risulterebbe ingiustificata l’obliterazione della concorde allegazione dei contendenti circa l’esistenza di un saldo a credito del cliente.
Viene così enunciato il principio di diritto: nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente, la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa; in conseguenza, in assenza di elementi di prova che consentano di accertare il saldo del conto nel periodo non documentato, e in mancanza di allegazioni delle parti che permettano di ritenere pacifica l’esistenza di un credito o di un debito di un certo importo con riferimento a tale arco temporale, deve procedersi alla determinazione del rapporto di dare e avere, con riguardo al periodo successivo, per cui constano gli estratti conto, precedendosi all’azzeramento del saldo iniziale del primo di detti estratti conto.