Il Tribunale ha ritenuto che, in caso di difformità tra ISC indicato nel contratto di mutuo e quello effettivamente applicato al cliente, debba ritenersi inapplicabile la nullità prevista dall’art. 117, comma 6, TUB, per le clausole che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti rispetto a quelli pubblicizzati.
Infatti, evidenzia il Tribunale, l’ISC deve ritenersi un mero indicatore, e non già, come indicato dal citato art. 117, un tasso, un prezzo o una condizione; né può esso stesso essere considerato la pattuizione, ma un mero indice del costo effettivo del finanziamento, imposto e previsto ai soli fini informativi, per il quale non è riconosciuta un’invalidità dall’ordinamento.
Una simile ipotesi, invero, è prevista dall’art. 125-bis comma 6 TUB per il caso di credito al consumo, laddove è previsto che, ove il TAEG indicato nel contrato non sia stato determinato correttamente, le clausole che impongono al consumatore costi aggiuntivi (rispetto a quelli effettivamente computati nell’ISC) sono da considerarsi nulle.
Appare infatti evidente che, qualora il legislatore avesse voluto sanzionare con la nullità la difformità tra ISC e TAEG dichiarati e ISC e TAEG concretamente applicati, anche nell’ambito di operazioni diverse dal credito al consumo, lo avrebbe espressamente previsto, con una specifica norma dal tenore analogo a quella di cui all’art. 125 bis, comma 6 del TUB.
Il Tribunale ha altresì escluso la possibilità di dichiarare la nullità parziale di un mutuo in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi, con conseguente trasformazione del mutuo da oneroso a gratuito, nel caso in cui il superamento del tasso soglia sia stato dedotto solo in relazione agli interessi di mora pattuiti, e non anche a quelli corrispettivi, la cui pattuizione pertanto conserva la propria validità ed efficacia, indipendentemente dalla statuizione resa in ordine alla clausola relativa agli interessi moratori.
Al riguardo va osservato che la previsione di nullità della clausola relativa agli interessi usurari contenuta nell’art. 1815, comma II, c.c. si riferisce alla singola disposizione pattizia che stabilisce interessi eccedenti il tasso soglia, indipendentemente dal fatto che esaurisca la regolamentazione dell’entità degli interessi dovuti in forza del contratto, per cui l’invalidità non può che colpire la singola previsione negoziale che programmi la maturazione di interessi usurari, non investendo altresì le ulteriori disposizioni che, anche all’interno della medesima clausola, prevedano l’applicazione di interessi che usurari non siano.