La Corte torna sul tema della violazione degli obblighi informativi e di adeguatezza nell’ambito della sottoscrizione di contratti di investimento e della relativa ripartizione dell’onere della prova tra il cliente che agisca in giudizio contro l’intermediario e quest’ultimo.
In particolare, la Corte ribadisce la doppia natura degli obblighi informativi: da un lato, essi hanno ad oggetto l’acquisizione delle notizie necessarie per la ricostruzione del profilo di rischio dell’investitore (c.d. informazione passiva). Dall’altro lato, essi hanno ad oggetto la somministrazione di informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione (c.d. informazione attiva). Gli obblighi informativi, nel complesso, mirano a consentire all’intermediario di individuare e proporre le forme di investimento adeguate al profilo di rischio dell’investitore, consentendogli una “scelta consapevole”.
Ciò posto, grava sull’intermediario l’onere di provare, ex art. 23 D.Lgs. n. 58 del 1998, di aver adempiuto positivamente agli obblighi informativi, mentre grava sull’investitore l’onere di provare il nesso causale e la prova del pregiudizio patrimoniale, prova che può essere fornita anche per presunzioni. A tal proposito, la Corte evidenza che la mancata prestazione delle informazioni genera una presunzione di riconducibilità alla stessa della operazione finanziaria, idonea a cagionare il pregiudizio lamentato dall’investitore. Il che non esclude, tuttavia, la prova contraria.
Con specifico riferimento al profilo contestato nel caso di specie, ossia la insufficienza, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo informativo e di adeguatezza, della sottoscrizione di una clausola di stile con cui il cliente dichiari di aver ricevuto dalla banca una informazione adeguata, la Suprema Corte ribadisce che, se la dichiarazione resa dal cliente sul modulo prestampato della banca non costituisce dichiarazione confessoria, può tuttavia comprovare l’avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull’intermediario. A fronte della contestazione del cliente, il quale alleghi l’omissione di specifiche informazioni, grava sulla banca l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di averle specificamente rese.
Nella fattispecie, la banca aveva dimostrato l’assolvimento dell’obbligo di fornire informazioni adeguate su natura, rischi ed implicazioni dell’investimento (in bond argentini ed obbligazioni Parmalat) ai clienti, mediante sottoscrizione del modulo prestampato per il quale non era stata allegata adeguata doglianza sulle informazioni omesse (informazione attiva). Dall’altro lato, i clienti erano stati qualificati come investitori abituali con profilo di rischio alto, avendo gli stessi effettuato in passato operazioni con elevato grado di rischio (informazione passiva). La corte territoriale, quindi, aveva giustamente ritenuto, sulla base della valutazione degli elementi probatori acquisiti, che le operazioni contestate fossero adeguate, rigettando le domande degli investitori.