La lite trae origine da separate opposizioni spiegate dai vari componenti del Consiglio di Amministrazione, Collegio Sindacale e dal Direttore Generale della Banca avverso il provvedimento sanzionatorio emesso, nei loro riguardi, dalla Consob in relazione all’omessa evidenziazione, nel prospetto predisposto per l’aumento di capitale deliberato nel 2012, di tutte le informazioni messe in risalto nella nota della Banca d’Italia del 9.1.2012 circa la situazione patrimoniale ed economica della Banca.
La Consob ebbe ad accertare che il prospetto elaborato ad illustrazione non portante le complete indicazioni circa la effettiva situazione finanziaria e patrimoniale, siccome evidenziata dalla Banca d’Italia in apposita nota, era stato adottato dal Consiglio di Amministrazione della Banca, presenti i Sindaci ed il Direttore Generale. Ne conseguì l’emissione di un provvedimento sanzionatorio nei riguardi dei succitati soggetti apicali, con sanzione pecuniaria variabile in relazione alle posizioni di responsabilità ricoperte da ciascuno.
Gli stessi soggetti sanzionati proposero opposizione davanti alla Corte d’Appello di Ancona contestando l’intempestiva irrogazione della sanzione da parte dell’Autorità di Vigilanza rispetto a quanto indicato nel Regolamento interno della stessa Autorità di Vigilanza.
La Corte di Appello, ad esito della trattazione, provvide a riunire le opposizioni e a rigettarle osservando che la contestazione dell’addebito da parte della Consob fosse stata tempestiva entro il termine di legge fissato, posto che l’accertamento poteva dirsi avvenuto solo all’esito della raccolta di tutto il materiale istruttorio anche diretto a lumeggiare la situazione soggettiva delle singole persone interessate; e che il termine di conclusione del procedimento amministrativo fissato dal Regolamento interno della Consob (Delibera n. 18750 del 19 dicembre 2013 e ss. mm.) non assumeva rilevanza posto che, in relazione alle sanzioni amministrative, non trovava applicazione la disciplina ex Legge 241/90, bensì quella riportata nella Legge 689/81
Nel confermare tale decisione, la Cassazione ha ribadito l’orientamento per cui il Regolamento Consob adottato sulla scorta della Legge 262/2005 non si configura come lex specialis rispetto alla disciplina posta dalle Legge generale 689/81 in materia di sanzioni amministrative.
Secondo la Suprema Corte, infatti, la lettera delle disposizioni di cui all’art. 24 della Legge 262/2005 non ha affatto data la facoltà alla Consob di porre un ulteriore termine perentorio all’esercizio della sua potestà sanzionatoria (e alcun’altra Legge lo ha mai fatto), oltre a quello afferente la contestazione rispetto al momento dell’accertamento della violazione ex art. 14 della Legge 689/81. Rimanendo, pertanto, confermato l’insegnamento della Suprema Corte sull’irrilevanza dell’eventuale termine apposto dal Regolamento interno Consob a disciplina del suo procedimento amministrativo – rilevante eventualmente nell’ottica originaria della normativa allorquando il ricorso avverso il provvedimento sanzionatorio era di cognizione del Giudice amministrativo – afferente l’emanazione del provvedimento sanzionatorio rispetto alla contestazione dell’addebito e svolgimento dell’attività difensiva in sede amministrativa.
Tale termine rimane individuato dalla normativa posta, specificamente, in tema di sanzioni amministrative dalla legge 689/1981, ossia quello di prescrizione quinquennale della pretesa. Secondo la Cassazione, la Legge 262/05 non si pone affatto, siccome lex specialis, rispetto all’intera disciplina portata in Legge 689/1981, bensì regolamenta in modo specifico il solo segmento afferente il procedimento in sede amministrativa e nei limiti precisati dal testo del comma 1 dell’art. 24 della Legge 262/05, sicché non sviluppa alcuna influenza circa il termine di prescrizione posto dalla Legge 689/81.