L’accertamento della violazione dei doveri informativi imposti agli intermediari finanziari dal sistema normativo delineato dal TUF e dalla connessa normativa regolamentare (i.e. dal Regolamento Consob) in relazione all’effettuazione di talune operazioni di investimento è elemento sufficiente a provare e radicare la responsabilità dell’intermediatore finanziario, non gravando l’onere di dimostrare il nesso di causalità, né il pregiudizio subito, in capo al cliente risparmiatore.
Con la pronuncia in esame la Cassazione ha confermato il proprio consolidato orientamento in tema di responsabilità dell’intermediatore finanziario e, nel caso di specie, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello aveva confermato la decisione del Tribunale di Milano sulla responsabilità per grave inadempimento di una banca derivante da violazione degli obblighi posti in capo agli intermediatori finanziari “attesa la mancata prova da parte dello stesso istituto finanziario di aver agito con diligenza e correttezza nell’interesse del cliente nonché di avere fornito agli investitori informazioni adeguate sulla natura, rischi e implicazioni della specifica operazione.”
Secondo la Corte, la prescrizione di una nutrita serie di peculiari e pregnanti doveri informativi in capo agli intermediatori finanziari non è fine a sé stessa, ma svolge una vera e propria funzione di orientamento del cliente risparmiatore verso scelte di investimento che siano consapevoli e ragionevoli. In tal contesto, in assenza di un consenso informato dell’interessato, il sinallagma del singolo negozio di investimento non può trovare piena attuazione.
Il mancato rispetto, da parte dell’intermediario, degli specifici obblighi informativi previsti dalla legge e dalla normativa regolamentare è di per sé fattore di disorientamento, o scorretto orientamento, del cliente risparmiatore con la conseguenza che “il riscontro della mancata prestazione dell’informazione, che risulta dovuta dall’intermediari, viene propriamente a ingenerare una presunzione di riconducibilità ad essa dell’operazione, salva comunque restando la possibilità dell’intermediario di provare eventuali circostanze atte a interrompere tale nesso eziologico.”