Con la pronuncia in esame, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto da una risparmiatrice che, avendo disposto quattro investimenti in obbligazioni argentine, l’ultimo dei quali segnalato come “operazione non adeguata per tipologia”, ed essendo conseguentemente rimasta coinvolta nel default, formulava domanda di danno e chiedeva la condanna della banca incaricata della negoziazione alla restituzione e/o risarcimento della somma investita.
Fra le censure formulate dalla ricorrente vi è la presunta violazione dell’art. 28, comma 2 del Reg. Consob n. 11522/1998, circa l’informazione adeguata cui l’intermediario è tenuto nei confronti dell’investitore, e dell’art. 29, comma 3, in merito alla specifica informazione dell’inadeguatezza dell’operazione per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione e le modalità di esecuzione dell’ordine relativo ad operazioni non adeguate.
I giudici di legittimità, nel valutare inammissibile tale censura, confermano la pronuncia della Corte di Appello di Milano che “ha ritenuto in concreto che le informazioni disponibili all’epoca delle prime due operazioni non erano tali da far sospettare il possibile default argentino ed ha concluso che non vi erano elementi per ritenere che investitrice si sarebbe diversamente orientata, escludendo la sussistenza del nesso di causalità tra l’inadempimento ed il danno lamentato, attraverso un accertamento in fatto che (…) ne valuta la concreta rilevanza alla stregua delle emergenze fattuali riferite al complessivo andamento delle operazioni concluse che la ricorrente non contesta specificamente”.
In particolare, in tema di onere della prova la Corte di Cassazione richiama un principio già espresso, secondo il quale la disciplina dettata dall’art. 23, comma 6 del TUF “impone all’investitore, il quale lamenti la violazione degli obblighi informativi posti a carico dell’intermediario, nel quadro dei principi che regolano il riparto degli oneri di allegazione e prova, di allegare specificamente l’inadempimento di tali obblighi, mediante la pur sintetica ma circostanziata individuazione delle informazioni che l’intermediario avrebbe omesso di somministrare, nonché di fornire la prova del danno e del nesso di causalità tra inadempimento e danno, nesso che sussiste se, ove adeguatamente informato, l’investitore avrebbe desistito dall’investimento rivelatosi poi pregiudizievole; incombe invece sull’intermediario provare che tali informazioni sono state fornite, ovvero che esse esulavano dall’ambito di quelle dovute”(Cass. n.10111 del 24/04/2018).
La Suprema Corte aderisce, inoltre, alla statuizione della Corte territoriale che “ha escluso di poter ravvisare, in concreto, il nesso di causalità in re ipsa, in relazione all’assolvimento degli obblighi informativi circa la adeguatezza delle operazioni, avendo ritenuto l’adempimento dell’obbligo in merito all’ultima operazione sufficiente a rendere edotta la cliente anche dei rischi attuali connessi alle negoziazioni pregresse relative a titoli della medesima provenienza ed avendo valutato il conseguente comportamento della investitrice, che non aveva rinunciato all’investimento, né aveva disinvestito i titoli precedentemente acquistati, della stessa tipologia, circostanze non contestate”.
Infine, in merito all’art. 29 del Reg. Consob sopra citato, la Corte di Cassazione ribadisce il principio per cui “la sottoscrizione da parte del cliente della segnalazione di inadeguatezza non incide sul riparto del relativo onere di allegazione e prova, nè tantomeno costituisce prova dell’adempimento, da parte dell’intermediario, dell’obbligo informativo posto a suo carico, ma fa soltanto presumere che l’obbligo sia stato assolto, sicchè, ove il cliente alleghi quali specifiche informazioni siano state omesse, grava sull’intermediario l’onere di provare, con ogni mezzo, che invece quelle informazioni siano state specificamente rese, ovvero non fossero dovute” (Cass. n.10111 del 24/04/2018).