Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di obblighi informativi degli intermediari finanziari. Allineandosi all’indirizzo della giurisprudenza di legittimità più recente, ha ribadito che l’onere della prova di aver correttamente adempiuto ai doveri gravanti sull’intermediario è in capo a quest’ultimo e non può ritenersi assolto per il solo fatto che il cliente si sia rifiutato di fornire informazioni sul proprio profilo soggettivo e di rischio, residuando, pertanto, sull’intermediario l’obbligo di valutare e comunicare al cliente l’adeguatezza o meno dell’investimento. In tal caso l’intermediario è tenuto sia ad attivarsi per ottenere una conoscenza preventiva e adeguata del prodotto finanziario, alla luce di tutti i dati disponibili che possano inficiare la valutazione effettiva della rischiosità, sia a fornire al cliente un’informazione concreta e specifica sulle caratteristiche del prodotto. Gli obblighi di diligenza dell’intermediario, inoltre, si ripropongono in occasione di ogni singolo acquisto di titoli, avendo tali operazioni autonomia negoziale.
I giudici di legittimità cassano parte della sentenza per non essersi attenuta ai suddetti principi: la pronuncia della Corte di Appello, infatti, in violazione dell’art. 2697 c.c., ha assolto il promotore dalle proprie responsabilità sulla base di assunti con essi in contrasto (tra i quali il rifiuto del clienti di fornire informazioni, l’inverosimiglianza dell’attribuzione delle scelte di investimento al solo promotore, il presunto intento speculativo del cliente e l’attribuzione della perdita dell’investimento alla nota crisi dei mercati finanziari), finendo, così, per addossare al cliente l’onere di stimare l’adeguatezza dell’investimento.