Con la pronuncia in oggetto, la Corte d’Appello di Torino ha annullato una delibera sanzionatoria della Consob, che aveva ravvisato un caso di insider trading in relazione ad alcuni acquisti di azioni effettuati in prossimità alla cessione da un fondo ad una società straniera del pacchetto di maggioranza di una terza società cui era seguita un’OPA totalitaria sul resto delle azioni.
La sentenza è particolarmente rilevante perché chiarisce e in qualche modo circoscrive la legittimità del ricorso allo strumento probatorio presuntivo di cui all’art. 2727 c.c., tipico di questo genere di procedimenti, utilizzato dalla Consob per sostenere l’accusa.
Secondo la Corte, occorre che le presunzioni siano gravi, precise e concordanti, come prevede del resto l’art. 2729 c.c., e che non risulti possibile una spiegazione alternativa e ugualmente credibile degli eventi, com’è invece risultato nel caso di specie.
Sotto questo profilo sono stati valorizzati aspetti come l’entità esigua degli investimenti effettuati dai presunti insider e l’aver questi disposto gli acquisti in proprio, senza utilizzare alcuno schermo o artificio, e soprattutto l’esistenza di rapporti personali o professionali tra i soggetti coinvolti che giustificavano pienamente i contatti intercorsi nel periodo di tempo sospetto. Con le parole della Corte: “nel contesto delineato si ritiene che gli elementi indiziari noti non siano utili a fondare un ragionamento presuntivo perché la loro concatenazione rimane equivoca e inidonea a individuare il fatto ignoto, costituente l’illecito, come unica conseguenza plausibile, seppure con una certa approssimazione” e “gli elementi di fatto sulla cui base è stata ricostruita l’ipotesi accusatoria della Consob non sono infatti – per quanto esposto- idonei a fondare un ragionamento presuntivo volto al riscontro del fatto ignoto da dimostrare, né sotto un profilo di univocità logica né sotto un profilo di ragionevole probabilità”.
La pronuncia della Corte d’Appello di Torino segna quindi un importante passo verso un maggiore equilibrio tra l’esigenza di reprimere condotte in grado di minare la fiducia degli investitori nel buon funzionamento del mercato finanziario e il diritto degli incolpati di potersi efficacemente difendere in giudizio da accuse che ritengano infondate.