Una banca ricorre per Cassazione nei confronti del decreto del Tribunale di Rovereto, il quale confermava il provvedimento per mezzo di cui il giudice delegato aveva, in sede di formazione dello stato passivo, ammesso al chirografo e non già in via di prelazione ipotecaria il credito della ricorrente, come invece richiesto nella domanda di insinuazione. In specie, il Tribunale riteneva non ricorressero i presupposti legali per la qualificazione in termini di mutuo fondiario dell’operazione (qualificazione che avrebbe appunto titolato la prelazione); di conseguenza, dichiarava la nullità dell’operazione medesima ed ammetteva al chirografo la banca in forza delle regole generali sull’indebito oggettivo.
La Suprema Corte rigetta il ricorso. Nel motivare tale decisione, afferma il principio di diritto secondo cui affinché le cd. garanzie integrative, rilasciate nel contesto delle operazioni mutuo fondiario, portino, coerentemente all’indicazione contenuta nella delibera CICR del 22 aprile 1995, il limite di finanziabilità dall’80% al 100% del valore dell’immobile ipotecato – limite (recte, rispetto del limite) che si atteggia a requisito di validità dell’operazione stessa, secondo l’indirizzo in via di consolidamento presso il giudice di legittimità (cfr. Cass., 17352/2017 e Cass., 6586/2018) –, è necessario che esse appartengano alle tipologie indicate da tale delibera. Inoltre, al medesimo fine, occorre che tali garanzie siano – a livello di fattispecie concreta – conformi ai criteri generali predisposti dalla Banca d’Italia (in G.U., 2 aprile 2005, n. 76). Tali vincoli assicurano che le garanzie in questione si attestino su livelli di affidabilità patrimoniale in linea con quella offerta dallo Stato, dalle compagnie di assicurazione e da talune imprese disciplinate dal TUB; nel caso di specie, la fideiussione rilasciata dal socio della Snc debitrice principale della ricorrente è all’evidenza inferiore a tale elevato standard.
Proseguendo nel respingere le censure della banca ricorrente, la Corte chiarisce che il rispetto del descritto limite di finanziabilità, se contestato, non può essere provato sulla base di riscontri meramente formali – nel caso di specie, una perizia commissionata dalla ricorrente –, ma deve essere dimostrato sul piano della sostanza, con riscontri oggettivi ed affidabili, che facciano emergere l’effettivo valore cd. cauzionale del bene ipotecato. Del resto, come rilevato dalla Corte, il limite di finanziabilità discende dalla struttura di base del mutuo fondiario, quale negozio di credito in cui la prospettiva di rientro si misura sul bene portato in garanzia, costituendo così il perno qualificatorio del tipo negoziale; alla luce di ciò, è inverosimile che il legislatore affidi il rispetto di tale limite ad un controllo formale ovvero sommario.