Nell’ambito del giudizio volto ad accertare che il saldo di conto corrente sia viziato dall’addebito illegittimo di interessi anatocistici e ultralegali, commissioni di massimo scoperto e spese non pattuite e del conseguente diritto del cliente a ripetere quanto pagato indebitamente, in difetto di prova del plafond dell’affidamento da parte della banca che eccepisce la prescrizione dell’azione di ripetizione, con riferimento agli addebiti illegittimi operati in corso di rapporto, tutte le rimesse sono considerate come rispristinatorie, tali, cioè, da non far decorrere il termine prescrizionale.
Il Tribunale di Milano, nella sentenza in commento, condivide la precisazione introdotta dalle Sezioni Unite della Cassazione (cfr. sentenza n. 24418/2010) volta a distinguere, nel rapporto di conto corrente, le rimesse solutorie, aventi valenza di pagamento e idonee a far decorrere il termine prescrizionale dalla data della relativa annotazione, dalle rimesse meramente ripristinatorie, e precisa la ripartizione degli oneri probatori in materia di eccezione di prescrizione. A tal riguardo il Tribunale osserva che la parte che solleva un’eccezione è tenuta a fornire, ex art. 2697 c.c., la prova degli elementi costitutivi della vicenda estintiva del diritto, rappresentati dalla decorrenza del termine e dall’allegazione dell’inattività del titolare del diritto di cui si discute, mentre è onere della controparte, in termini di contro-eccezione, provare che il conto era affidato e che le rimesse annotate non erano solutorie, bensì ripristinatorie; una volta acquisita la prova degli affidamenti, con contro-controeccezione la banca dovrà poi dimostrare che gli affidamenti erano stati concessi fino a un determinato importo e che, pertanto, al di sopra di esso le rimesse assumono portata solutoria e fanno decorrere il termine prescrizionale.