Come noto, il Decreto Legge 24 gennaio 2015, n. 3 (convertito con modificazioni dalla Legge 24 marzo 2015, n. 33), recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti, ha riformato in modo significativo la normativa in materia di banche popolari.
In particolare, modificando il dettato del Testo Unico Bancario, il Decreto Legge 3/2015 ha imposto la trasformazione delle banche popolari di maggiori dimensioni, ossia con attivo superiore alla soglia di 8 miliardi di Euro, in società per azioni, pena: (i) il divieto di intraprendere nuove operazioni ai sensi dell’articolo 78 TUB, (ii) i provvedimenti previsti nel titolo IV, capo I, sezione I TUB, (iii) la proposta alla Banca Centrale Europea di revocare l’autorizzazione all’attività bancaria, oppure (iv) la proposta al Ministro dell’Economia e delle Finanze della liquidazione coatta amministrativa della banca non adempiente.
Dando attuazione a quanto sopra richiamato, la Banca d’Italia ha adottato il 9° Aggiornamento alla Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 (Disposizioni di vigilanza per le banche – Parte Terza, Capitolo 4, Banche in forma cooperativa), pubblicato nel Bollettino di Vigilanza 6/2015.
In tale ambito, nel medesimo Bollettino di Vigilanza 6/2015, l’Autorità ha inoltre specificato che “non saranno ritenute in linea con la riforma operazioni in cui risulti la detenzione, da parte della società holding riveniente dalla ex popolare, di una maggiorazione totalitaria o maggioritaria nella s.p.a. bancaria, o, comunque, tale da rendere possibile il controllo nella forma dell’influenza dominante”.
Con riferimento a quest’ultima limitazione, i soci di talune banche popolari di maggiori dimensioni e alcune associazioni dei consumatori hanno proposto ricorso dinnanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio per vedere riconosciuto l’annullamento: (a) della citata porzione Bollettino di Vigilanza 6/2015; (b) della Parte Terza, Capitolo 4 della Circolare n. 285, recante disposizioni di attuazione del Decreto Legge 3/2015 in materia di banche in forma cooperativa; (c) del resoconto della consultazione pubblicato in data 11 giugno 2015; nonché (d) del documento “Analisi impatto della regolamentazione” dell’11 giugno 2015.
In particolare, i ricorrenti hanno sostenuto che altro sarebbe prevedere, per legge, che una data attività imprenditoriale sia esercitata mediante una certa specifica forma societaria (nel caso in esame quella di società per azioni), altro, invece, sarebbe imporre, senza una specifica disposizione di legge, che determinate imprese non possano avere un certo assetto proprietario.
L’articolata sentenza con cui il TAR Lazio ha respinto i ricorsi proposti ha affrontato tre principali questioni: (1) ammissibilità del ricorso, (2) fondatezza del ricorso e (3) censure di legittimità costituzionale del Decreto Legge 3/2015.
(1) Ammissibilità del ricorso
Il giudice amministrativo ha anzitutto chiarito che il Bollettino di Vigilanza non può essere considerato un mero “atto di emanazione” del 9° Aggiornamento alla Circolare n. 285, né può essere ridotto a un semplice documento recante chiarimenti rispetto a quanto oggetto di consultazione pubblica.
Ciò deriva, in particolare, dal suo contenuto, dalle modalità di pubblicazione (indubbiamente rivolte al pubblico) e dalla portata vincolante dell’atto, elementi tutti da cui discende la natura tipica di “istruzione di vigilanza” della summenzionata disposizione contenuta nel Bollettino di Vigilanza, suscettibile pertanto di vaglio da parte della giustizia amministrativa.
Il Tribunale ha, infatti, concluso che “In definitiva, la immediata impugnabilità degli atti in discorso emerge proprio dalla loro caratteristica qualificante di indirizzare immediatamente, seppure per una serie indefinita di soggetti, l’attività degli operatori di un dato settore economico, che ne risulta conformata sotto il profilo della autonomia negoziale”.
(2) Fondatezza del ricorso
Assunta l’ammissibilità del ricorso, nel merito, il TAR Lazio ha constatato, sotto un primo profilo, la piena finalità attuativa del precetto di cui al Bollettino di Vigilanza rispetto alla normativa primaria contenuta nel Decreto Legge 3/2015. L’intento del citato Bollettino non è altro se non individuare un precetto antielusivo dell’obbligo di trasformazione in società per azioni, altrimenti frustrato “ove si ritenesse possibile attuare la fattispecie negoziale complessa presa in considerazione dalle impugnate istruzioni di vigilanza: proprio perché essa concreterebbe una operazione tesa a perpetuare sempre il medesimo assetto proprietario e di governance della ‘vecchia’ società trasformata”.
Da tale considerazione discende la piena liceità e rispondenza alla delega legislativa della norma di cui al Bollettino di Vigilanza, infatti, l’eventuale perpetuarsi di strutture partecipative analoghe a quelle precedenti alla trasformazione (nel caso in esame, la presenza di una holding costituita in forma di società cooperativa, con trasformazione della sola impresa bancaria) avrebbe costituito un “ostacolo alla piena contendibilità del mercato delle banche popolari di maggiori dimensioni”, fondamentale obiettivo della profonda riforma introdotta dal Decreto Legge 3/2015.
Inoltre, il TAR Lazio ha evidenziato la finalità del Decreto Legge 3/2015 di adeguare il sistema normativo nazionale alle novità introdotte dal Regolamento (UE) n. 1024 del 2013 che ha introdotto il Meccanismo di Vigilanza Unico, nonché di garantire un’efficace governance delle banche di maggiori dimensioni e un’elevata capacità di finanziamento delle medesime.
(3) Censure di legittimità costituzionale del Decreto Legge 3/2015
Da ultimo, il TAR Lazio ha affrontato i dubbi di rispondenza del Decreto Legge 3/2015 e del 9° Aggiornamento alla Circolare n. 285 rispetto ad alcuni principi dettati dalla Carta Costituzionale.
In primo luogo, il giudice ha chiarito che non è in alcun modo ravvisabile un esercizio abusivo e illecito della decretazione d’urgenza ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione, infatti essa derivava dalla “esigenza di promuovere adeguare il sistema bancario italiano ‘agli indirizzi europei’ e a quella di favorire gli investimenti nel capitale delle banche popolari mediante l’attrazione di investitori istituzionali e dei relativi capitali anche dall’estero”, nonché dalla necessità “di adeguare il sistema italiano al nuovo Meccanismo unico di vigilanza degli Istituti di credito continentali, istituito dal Regolamento UE n. 1024/2013, nato per fronteggiare la crisi finanziaria che ha interessato gli intermediari europei negli ultimi anni”.
Né a tale soluzione si oppone la possibilità per le banche popolari di maggiori dimensioni di trasformarsi in società per azioni entro un termine di 18 mesi dall’entrata in vigore del 9° Aggiornamento alla Circolare n. 285, elemento rilevante ai fini della sola attuazione dell’obbligo in esame e non della sua entrata in vigore (immediata).
Inoltre, il TAR Lazio non ha ravvisato alcun contrasto della disciplina in esame rispetto al principio di libertà economica di cui all’articolo 41 della Costituzione, infatti “i citati limiti intrinseci alla libertà di iniziativa economica privata sono funzionali alla salvaguardia di valori di rilievo costituzionale, ivi compreso quello di un assetto competitivo dei mercati (che, come detto, è uno dei fini principali della riforma in questione): e ciò a tutela delle stesse imprese e dei consumatori”.