In tema di contratti bancari, la disposizione dettata dall’art. 2-bis, comma secondo, del decreto-legge n. 185 del 2008, che attribuisce rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 cod. civ., dell’art. 644 cod. pen. e degli artt. 2 e 3 della legge n. 108 del 1996, agl’interessi, alle commissioni e alle provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, ha carattere non già interpretativo, ma innovativo, e non trova pertanto applicazione ai rapporti come quello in esame, esauritisi in data anteriore all’entrata in vigore della legge di conversione, con la conseguenza che, in riferimento a tali rapporti, la determinazione del tasso effettivo globale, ai fini della valutazione del carattere usurario degl’interessi applicati, deve aver luogo senza tener conto della commissione di massimo scoperto.
Gli estratti conto comunicati dalla banca al debitore principale e dal medesimo non impugnati entro il termine di cui all’art. 1832 cod. civ. costituiscono idoneo mezzo di prova anche nei confronti del fideiussore, non solo ai fini della concessione del decreto ingiuntivo, ma anche nel successivo giudizio di opposizione e in ogni altro giudizio di cognizione, non potendo il fideiussore contestare la definitività delle partite annotate nel conto, ma soltanto far valere l’eventuale invalidità o inefficacia dei rapporti giuridici dai quali traggono origine gli addebiti o gli accrediti (conferma Cass., Sez. I, 19 gennaio 2016, n. 817, in contenuti correlati).