Con la nota sentenza n. 16605 del 2010, la Corte di Cassazione ha enunciato il fondamentale principio secondo cui i fondi comuni d’investimento costituiscono patrimoni separati della SGR che li ha in gestione, posizione da cui è discesa la necessità di intestare i beni acquistati dalla SGR – in nome e per conto del fondo – non a quest’ultimo, bensì alla prima. È in ogni caso opportuno ricordare che detta soluzione si poneva, in certa misura, in contrasto con la prassi operativa sviluppatasi sino a quel momento (come rilevato dal Consiglio Nazionale del Notariato nello Studio n. 90-2012/I).
Con la pronuncia in oggetto, tuttavia, la Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano ha sconfessato tale autorevole orientamento, giungendo a una soluzione radicalmente differente, in ragione delle motivazioni di seguito riportate.
Anzitutto, il giudice ambrosiano ha rilevato che l’articolo 36, comma 4 del Testo Unico della Finanza, come modificato dal Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, attualmente dispone che “delle obbligazioni contratte per conto del fondo, la SGR risponde esclusivamente con il patrimonio del fondo medesimo”, rimarcando la responsabilità propria del fondo d’investimento, che può essere chiamato a rispondere delle obbligazioni contratte per suo conto con il proprio patrimonio.
Inoltre, la pronuncia in esame ha dato risalto interpretativo a quanto previsto dalla Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di Stabilità 2012), ove, in ambito di dismissioni degli immobili pubblici, il legislatore ha disposto che “i fondi istituiti dalla società di gestione del risparmio del Ministero dell’Economia e delle Finanze possono acquistare immobili”, riconoscendo la capacità di acquistare beni direttamente in capo al fondo e non solo alla SGR.
Infine, è stato dato rilievo alla norma di cui all’articolo 57, comma 6-bis del Testo Unico delle Finanza, come modificato dal Decreto legislativo 16 aprile 2012, n. 47, ove si introduce la disciplina della liquidazione coatta amministrativa dei fondi comuni d’investimento, nel caso in cui le attività del fondo (o del comparto) “non consentano di soddisfare le obbligazioni dello stesso e non sussistano ragionevoli prospettive che tale situazione possa essere superata”.
In ragione delle motivazioni sopra riportate, la Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano ha concluso che il legislatore ha “univocamente” inteso riconoscere l’autonomia patrimoniale dei fondi comuni d’investimento, superando la posizione secondo cui questi non sono altro che un centro di imputazione di interessi giuridici qualificabile come mero patrimonio separato rispetto a quello proprio della SGR (in questo senso si era infatti espressa la ricordata pronuncia della Corte di Cassazione n. 16605 del 2010).