Nel caso di cui trattasi la Corte di Cassazione con la recentissima sentenza del 26 luglio 2016 (Cass. 26 luglio 2016, n. 15408/16), viene a risolvere, tra l’altro, la questione circa il carattere vessatorio di una specifica clausola contenuta nello scritto contrattuale di un Prestito obbligazionario “Russia” a capitale garantito, emesso da Mediobanca.
La clausola, frutto della unilaterale predisposizione da parte della Banca, disponeva che «Mediobanca si riserva la facoltà, a suo giudizio e senza oneri a proprio carico, di cessare il pagamento degli interessi nel caso in cui rilevi … il verificarsi e/o la sussistenza di un Evento di Default della Russia in relazione al suo debito Estero (essendo le locuzioni Informazioni Pubblicamente Disponibili, Evento di Default, Russia e Debito Estero di seguito definite). Dell’avvenuto esercizio della suddetta facoltà Mediobanca darà comunicazione agli obbligazionisti, con le modalità di cui al successivo art. 12, entro i successivi cinque giorni» (cit. art. 5 del c.d. Regolamento del Prestito. In sostanza si trattava di attribuzione, effettuata dalla Banca e a proprio esclusivo vantaggio, della facoltà di interrompere la remunerazione del capitale corrisposto dal cliente sulla base di un paramento meramente discrezionale (: a proprio giudizio); per di più, senza alcuna facoltà, concessa allo stesso, di richiedere il rimborso anticipato del credito.
Sul punto, la Suprema Corte prende – netta – le distante da quanto statuito in secondo grado, censurando l’operato del Giudice d’Appello. Quest’ultimo ha, infatti, sbrigativamente escluso il carattere vessatorio della clausola in discorso, limitandosi a un mero richiamo a una «alea implicita» che avrebbe caratterizzato il Prestito e il relativo contratto.
Nota la Cassazione come si tratti di un’argomentazione solo più apodittica, che non consente «di verificare … la capacità di tale clausola di alterare significativamente il sinallagma contrattuale a favore della parte predisponente». Da una parte, infatti, non è stato tenuto in considerazione il dato della maggiore (rispetto ai valori correnti sul mercato) entità del saggio di interesse promesso dalla Banca in caso di andamento regolare del titolo, poi nei fatti mai corrisposti[1]. Dall’altra, per l’ipotesi di default dell’emittente, l’assenza, tanto di un meccanismo di riduzione degli interessi, quanto dell’attribuzione al cliente della facoltà di richiedere il rimborso anticipato del credito.
Non può non rinvenirsi nell’argomentazione qui elaborata dalla Corte un’eco di quelle pronunce dalla stessa emesse in tema di prodotti finanziari c.d. «For You» e «May way»[2]. Al pari della fattispecie concreta qui in esame, la Cassazione si è, infatti, confrontata con prodotti che, per come congegnati dalla Banca, davano luogo a un’«enorme alterazione dell’equilibrio contrattuale» (cit. Cass., n. 22950/2015). Questo, nella specie, in quanto il contratto era stato appositamente strutturato di modo che, a livello di operatività concreta, il solo cliente subisse le conseguenze svantaggiose; mentre, l’interesse dell’intermediario restava sostanzialmente privo di margini di rischio (Cfr. Cass., n. 2900/2016). Ciò considerato, la Corte ha escluso la meritevolezza degli interessi perseguiti con la predisposizione di tali prodotti, ex art. 1322 c.c.
Tale tipo di operatività bancaria (tanto in un caso, quanto nell’atro), oltre a nuocere al singolo cliente – dunque, a livello contrattuale – si pone in palese contrasto con quell’esigenza di efficiente svolgimento dei servizi finanziari, come richiesta dalla normativa di cui al TUF. Viene, in altre parole, a danneggiare lo stesso mercato.
[1] Dopo appena 40 giorni dalla emissione del Prestito, in effetti, la Banca si era avvalsa della facoltà prevista dalla clausola. Per l’effetto, il rapporto astrattamente predisposto quale credito oneroso (a un saggio elevato, peraltro) veniva trasformato in un vero e proprio mutuo gratuito, a cui il cliente rimaneva vincolato.
[2] Cass., 30 settembre 2015, n. 19559, ord., «For you»; Cass., 10 novembre 2015, n. 22950, «My Way»; Cass., 15 febbraio 2016, n. 2900, «For you»; Cass., 29 febbraio 2016, n. 3949, «For you».