Con la sentenza in oggetto la Suprema Corte ha confermato l’orientamento intrapreso con la SU n. 20929/2009 in tema di obbligatorietà, ex art. 195, comma 9, TUF, da parte dell’intermediario finanziario, dell’azione di regresso nei confronti del soggetto responsabile. A tal proposito ha affermato che, se il meccanismo dell’art. 1292 c.c. disegna, nei rapporti interni, un’architettura autonoma del vincolo di ciascun coobbligato verso il creditore (in questo caso un’Autorità di Vigilanza), nondimeno possono rivenirsi situazioni soggettive condebitorie caratterizzate da un diverso grado di dipendenza. L’art. 195, comma 9 TUF, prevedendo l’obbligo di regresso, ne esclude tuttavia qualsiasi autonomia sostanziale. È la posizione dell’autore materiale dell’illecito, infatti, a dover rimanere definitivamente pregiudicata dal provvedimento sanzionatorio che, anche se ingiunto esclusivamente nei confronti della persona giuridica, non deve ricadere sul patrimonio di quest’ultima, che proprio per espressa previsione del comma 9 dell’art. 195 TUF ne deve chiedere il rimborso al soggetto persona fisica individuato come responsabile. In capo alla persona giuridica, quindi, nasce un’obbligazione ex lege che, all’esito dell’accertamento, deve gravare per intero sul singolo responsabile.
Sulla base di queste premesse, la Corte di Cassazione ha ritenuto priva di pregio giuridico la decisione del giudice di merito che, invece, aveva ritenuto perfettamente valida e lecita la delibera societaria con cui l’intermediario si era assunto tutti i debiti per le sanzioni conseguenti alle violazioni che rappresentanti e dipendenti dell’ente potessero commettere nello svolgimento delle loro funzioni, argomentando che non vi fosse, nell’ordinamento, alcuna specifica sanzione per l’omesso esercizio dell’azione di regresso. La Suprema Corte ha invece evidenziato come l’azione di regresso sia stata predisposta dal legislatore a presidio di un interesse generale, ossia quello alla trasparenza del mercato finanziario, ed è pertanto da considerarsi inderogabile[1]. La delibera de quo, pertanto, è radicalmente nulla in quanto emessa contra legem.
[1] A ulteriore conforto di tale impostazione opererebbe anche l’art. 36 del d.lgs. 165/2001, che sottolinea come le azioni di regresso vengano reputate dal legislatore un utile strumento a tutela di rilevanti interessi per la collettività, anche in prevenzione di illegittime condotte delle pubbliche amministrazioni, essendo dette amministrazioni obbligate al recupero delle somme corrisposte a titolo risarcitorio verso i propri dirigenti responsabili di illegittima assuzione o di illegittimo impiego di lavoratori.