La Suprema Corte, con la sentenza n. 24048 del 25 novembre 2015, ha analizzato le posizioni di alcuni membri di amministrazione di una banca, con riferimento alle irregolarità commesse nell’attività di negoziazione di strumenti finanziari derivati, trattati fuori dai mercati regolamentati (OTC).
Il Supremo Collegio, nel caso di specie, ha confermato l’importo ingiunto alla banca derivante dalla sommatoria delle sanzioni amministrative applicate ai singoli esponenti aziendali, con obbligo di regresso nei loro confronti.
In particolare, a seguito della sentenza di rigetto della Corte di Appello di Milano – che non aveva accolto le domande di alcuni amministratori, sprovvisti di deleghe operative, volte ad ottenere la propria esenzione da responsabilità – i ricorrenti in Cassazione hanno denunciato, tra le altre cose, violazione e falsa applicazione degli artt. 2381 e 2392 cod. civ..
La Corte di Cassazione, ricollegandosi alla pronuncia a Sezioni Unite n. 20933 del 2009, ha ricordato che l’art. 6 della L. n. 689 del 1981, che prevede la responsabilità solidale di chi viola il dovere di vigilanza, pur nei casi di attività affidata a terzi, “viene meno solo se il soggetto delegante non dimostri di non aver potuto impedire il fatto”; prova che, nel caso in oggetto, non può certo dirsi allegata essendosi limitati i ricorrenti a ritenersi esonerati dal relativo obbligo stante la formulazione dell’art 2381 cod. civ..
In conclusione, la Corte sottolinea che è opportuno rammentare che la posizione di membro del consiglio di amministrazione, pur se privo di deleghe, impone di svolgere con diligenza le proprie mansioni, tra le quali anche il controllo sull’operato dei terzi, pena lo svuotamento delle proprie attribuzioni.