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Giurisprudenza

Il Tribunale di Roma respinge la disciplina proposta dalla Banca d’Italia per l’anatocismo bancario

29 Ottobre 2015

Aldo Angelo Dolmetta, Ordinario di Diritto Privato nell’Università Cattolica di Milano

Tribunale di Roma, 20 ottobre 2015

Di cosa si parla in questo articolo

1.- Nella forte dinamicità che in questi ultimi mesi sta avvolgendo la materia dell’anatocismo bancario, l’ordinanza del Tribunale di Roma 20 ottobre 2015, che viene qui pubblicata, si segnala per due distinti ordini di motivi. Il primo, che è quello intorno al quale si dipana direttamente la motivazione del provvedimento, attiene al tempo dell’entrata in effettiva applicazione della riforma portata dalla legge di Stabilità 2014 nel corpo del testo unico bancario (attuale art. 120, comma 2).

L’altro – di percezione forse meno immediata, ma di rilievo ancora maggiore in una prospettiva che intenda abbracciare in modo complessivo questa materia – discende dalla circostanza che la pronuncia romana viene ad occuparsi della recentissima Proposta di regolamentazione della disciplina anatocistica elaborata dalla Banca d’Italia: quando il provvedimento è stato depositato in cancelleria, si pensi, stava ancora correndo il termine di pubblica consultazione relativo al progettato intervento dell’Autorità.

2.- Secondo la pronuncia, dunque, la nuova disciplina dell’art. 120, comma 2, TUB si applica pur in assenza di un preventivo intervento regolamentare del CICR (MEF e Banca d’Italia): l’1 gennaio 2014 è senz’altro cessata, dunque, la legittimità della tradizionale prassi bancaria di capitalizzazione trimestrale dei conti passivi per il cliente.

In realtà, si tratta di una soluzione oggi si manifesta tutto meno che inedita. La stessa anzi, pure con il contributo della presente pronuncia, si sta decisamente venendo a consolidare nel milieu dell’attuale diritto vivente; più ancora sul fronte giurisprudenziale, per la verità, che nel contesto dottrinario, in cui – a fronte di un orientamento di maggioritario fermo su questa posizione – permangono tuttora sacche di resistenza a favore delle banche.

Di questi ultimi giorni è, del resto, la notizia che pure l’Arbitro Bancario Finanziario (Collegio Coordinamento, 8 ottobre 2015, in dirittobancario.it) ha approvato la detta linea ricostruttiva, nel contempo rilevando che «la stessa Banca d’Italia … dà per scontata l’avvenuta entrata in vigore del divieto di anatocismo e riconosce» – nel contesto della Proposta di regolamentazione  pubblicata nello scorso agosto – «che la delega al CICR riguarda solo la periodicità di contabilizzazione degli interessi e il termine per la loro esigibilità».

3.- Di impatto maggiore e, soprattutto, di forte novità è l’altro profilo proposto dalla pronuncia del Tribunale di Roma. Si tratta, in effetti,  del primo intervento giurisprudenziale che – seppure in modo trasversale, se non proprio obliquo – prende in considerazione i contenuti della menzionata Proposta approntata dalla Banca d’Italia. Ma più ancora occorre rimarcare la circostanza che all’esame della detta Proposta la pronuncia accompagna il sostanziale rifiuto delle soluzioni da questa adottate: un sostanziale rifiuto, quindi, dell’idea di «mediare» tra tutela del cliente e interessi delle banche, che appunto è quanto caratterizza l’elaborazione attuale della Banca d’Italia, in specie dove riconosce alla banche la possibilità di procedere a capitalizzazioni annuali degli interessi di conto corrente (nel ricorrere, comunque, di determinati presupposti, quale in via segnata il rilascio di un’autorizzazione da parte del cliente, che vada temporalmente a collocarsi dopo la scadenza della maturazione annuale).

Nelle prime pagine del suo intervento, la pronuncia, raccontando i fatti del processo, dà atto che la difesa della banca ha prodotto per il vantaggio della propria parte la Proposta in questione e ne passa a descrivere minutamente i termini: limitandosi ad osservare, qui, che la Proposta, oltre a non essere ancora entrata in vigore, non ha neppure assunto tratti di definitività. Venendo a motivare in dettaglio la soluzione adottata (che direttamente inerisce al punto dell’immediata applicazione della riforma), però, il provvedimento romano cambia il registro del proprio concedere: e con risolutezza sostiene che, per più ragioni, tale riforma comporta un divieto radicale e compiuto di anatocismo a favore delle banche.

Come si vede, il dissenso rispetto alla regolamentazione proposta dalla Banca d’Italia, se rimane espresso per via indiretta – e volendo, pure velata –, appare tuttavia consapevole e proprio netto: ove fosse resa definitiva una simile proposta, nel giudizio del Tribunale, la stessa non potrebbe essere stimata che illegittima.

4.- Più in fieri di così è davvero difficile.

Qui di seguito riporto uno stralcio dell’intervento del Governatore della Banca d’Italia alla «Giornata Mondiale del Risparmio del 2015» (Roma, 28 ottobre).

«Ad agosto la Banca d’Italia ha posto in consultazione una bozza di delibera da sottoporre al CICR per l’attuazione del nuovo articolo 120 del Testo unico bancario, che disciplina la produzione di interessi sugli interessi nelle operazioni bancarie.

La nostra proposta – formulata in attuazione della legge – è volta a compiere una operazione chiarificatrice, a beneficio della trasparenza delle norme; si basa su una lettura della legge condivisa con il Ministero dell’Economia e delle finanze. Le soluzioni prefigurate consentono di attuare il principio stabilito dalla legge, cioè̀ il divieto di applicare interessi sugli interessi nelle operazioni bancarie, nel rispetto della sostanza economica delle relazioni contrattuali ed evitando incertezze ed effetti sui debitori contrari a quelli voluti dal legislatore.

Il caso tecnicamente più̀ complesso da regolare è quello delle aperture di credito in conto corrente, come prima dicevo una forma di finanziamento particolarmente diffusa in Italia nel confronto internazionale. Poiché́ la legge prevede che non sia possibile imporre il regolamento automatico degli interessi a valere sul fido, si è reso necessario creare un quadro certo per regolare le situazioni in cui il cliente non disponga – anche temporaneamente – della liquidità necessaria per pagare gli interessi alla scadenza. La proposta regola la questione, escludendo azioni immediate da parte della banca. Consente il pagamento degli interessi con addebito in conto, dopo un periodo di sessanta giorni, solo su richiesta del cliente che abbia interesse a farlo per evitare le conseguenze legali e pratiche a cui sarebbe altrimenti esposto a seguito dell’inadempimento, tra cui la mora e la revoca del fido ove ne ricorrano i presupposti. Infine, in armonia con le finalità̀ della legge, la norma propone che gli interessi siano conteggiati solo una volta l’anno, e non trimestralmente come avviene di solito.

Il documento di consultazione prevede che la delibera trovi applicazione solo dopo la sua entrata in vigore, in coerenza con i principi generali dell’ordinamento. Non prende posizione sull’applicazione della disposizione di legge prima dell’intervento del CICR: su questa delicata questione, che continuerà̀ a essere rimessa alle valutazioni della giurisprudenza, sono auspicabili orientamenti univoci per garantire la certezza del diritto e delle relazioni bancarie.

La consultazione si è chiusa pochi giorni fa. Le risposte pervenute sono numerose e provengono da una platea diversificata. Le analizzeremo accuratamente, al fine di valutare i suggerimenti da accogliere per migliorare il testo da sottoporre al CICR».

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