Con sentenza del 10 agosto 2015 n. 16628 la Cassazione ha affermato che, laddove investitore ed intermediario prevedano contrattualmente che l’ordine di borsa debba essere impartito per iscritto, tale obbligo di forma non può essere ricondotto al regime di tutela previsto dall’art. 23 TUF.
Tale norma, infatti, che prevede la nullità del contratto quadro non redatto per iscritto e, conseguentemente, delle singole operazioni di investimento da esso regolate, disciplina un’ipotesi di nullità c.d. “di protezione”, in quanto tale azionabile solo dal cliente.
Diverso è il caso in cui il vincolo di forma sia stabilito convenzionalmente dalle parti per le singole operazioni di investimento; scelta questa esercitata legittimamente ex art. 1352 cod. civ., e volta ad ampliare i vincoli formali imperativamente imposti dal suddetto art. 23 TUF per il solo contratto quadro.
Coerentemente, la violazione dell’obbligo di forma convenzionale, differentemente da quanto accade per la nullità di protezione, non può che essere fatto valere da entrambe le parti, e, trattandosi, nella specie, di vincolo che incide sulla validità/invalidità del contratto, anche d’ufficio dal giudice.
A fronte di tali principi la Cassazione ha escluso la responsabilità dell’intermediario il quale aveva fatto scadere il termine per l’esercizio del diritto di opzione in ordine alla sottoscrizione di azioni eccependo la mancanza di un ordine tempestivamente impartito per iscritto dal cliente, così come specificamente richiesto dal contratto.