In questa significativa pronuncia, il Tribunale di Udine si sofferma sul ruolo giocato dal tasso di mora nella verifica del superamento della soglia di usura.
Anzitutto, sulla scia dell’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte, il Tribunale ribadisce che, per stabilire se vi sia o meno una clausola usuraria all’interno di un contratto, occorre rilevare anche gli interessi moratori: la norma di interpretazione autentica (d.l. n. 394/2000) della legge sull’usura, infatti, prevede espressamente che, al fine di verificare l’eventuale superamento del «tasso soglia», vanno prese in considerazione tutte le voci del carico economico caricato sul cliente, nessuna esclusa. La decisione, in effetti, sottolinea che il sistema della legge n. 108/96 vuole porre un limite, massimo e perentorio, entro il quale ricomprendere tutti i costi del credito, relativi ad ogni criticità e/o patologia presente o futura; ogni pattuizione eccedente è quindi da considerarsi usuraria, ed in ciò si qualifica il presidio imperativo.
La pronuncia precisa che il tasso di mora è solo uno dei tassi semplici, una delle tante voci che integra il tasso corrispettivo e concorre ad individuare il costo effettivo del credito. Va esclusa, quindi, per la verifica del superamento della soglia di usura, l’autonoma rilevanza del tasso di mora; tale verifica va infatti condotta determinando il tasso effettivo globale annuo concretamente pattuito (e non i tassi semplici indicati in contratto).
Il Tribunale, poi, ritiene infondata la tesi secondo cui non sarebbe possibile, ai fini della verifica del superamento del «tasso soglia», prendere in esame anche gli interessi di mora pattuiti, in ragione del fatto che il TEGM periodicamente rilevato dalla Banca d’Italia non sarebbe determinato considerando anche gli interessi di mora praticati dal mercato. A tale proposito, il Tribunale precisa che la soglia di usura oggettiva, secondo la legge, deve essere stabilita in funzione della natura e della tipologia del credito (non della natura del tasso praticato) ed è costruita sulla fisiologia, e non sulla patologia, del rapporto. La decisione afferma, altresì, come non possa tenersi conto della maggiorazione media di 2,1 punti percentuali rilevata dalle indagini statistiche della Banca d’Italia: non è legittimo, infatti, predicare uno specifico TEG medio per la mora.
La sentenza aderisce, infine, alla tesi secondo la quale, una volta constatato il superamento della soglia di usura da parte del TEG, debba applicarsi l’art. 1815, comma 2, c.c.; ne deriva, pertanto, la gratuità dell’intero negozio e, di conseguenza, l’obbligo di restituzione del solo capitale mutuato.