Con ordinanza 30 ottobre 2014 il Tribunale di Cremona si allinea, pur criticamente, all’orientamento della Cassazione espresso con sentenza n. 350/2013 che prevede la rilevanza degli interessi di mora al fine del calcolo dell’usura.
Preliminarmente, infatti, il Tribunale sottolinea come gli interessi di mora costituiscono una forma di liquidazione preventiva dei danni cagionati all’istituto di credito dall’eventuale inadempimento del mutuatario, svolgendo altresì una funzione deterrente dell’inadempimento stesso, e hanno perciò natura di clausola penale, soggetta non già alla disciplina dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 co. II c.c., bensì a quella dell’art. 1384 c.c. (ed eventualmente a quella dell’art. 33 co. II lett. f) D.Lgs. 206/2005). Tale natura degli interessi di mora dovrebbe escludere che gli stessi possano entrare nel calcolo dell’usura, essendo la tutela del mutuatario rimessa al potere discrezionale del giudice di ridurne l’importo, laddove il loro ammontare appaia sproporzionato rispetto al danno effettivamente subito.
Il Tribunale si allinea comunque all’orientamento di legittimità prevalente, soffermandosi poi su due questioni di grande interesse, che si sintetizzando di seguito (per ogni maggior informazione si rinvia alla lettura del provvedimento in allegato).
Come effettuare il calcolo
Il Tribunale aderisce all’orientamento che, escludendo l’automatica sommatoria tra interessi corrispettivi e interessi di mora, non confronta i tassi, ma calcola il concreto onere economico che dall’applicazione di tali tassi deriva al cliente e da esso ricavato il tasso concretamente applicato dalla banca, non in rapporto però alla singola rata, ma all’intero capitale da restituire alla data in cui si è verificato l’inadempimento; tale tasso va poi confrontato col tasso soglia.
Rispetto a tale orientamento, il Tribunale si interroga però se la verifica debba essere effettuata con riferimento alla rata impagata (e in tal caso se alla sola quota capitale o all’intera rata), ovvero se gli oneri complessivamente addebitati in caso di ritardato pagamento vadano rapportati al credito in essere al momento dell’inadempimento.
Secondo il Tribunale, non è corretto infatti ritenere che la verifica del rispetto della normativa antiusura debba avvenire sulla scorta di un conteggio unico, nel quale inserire e diluire interessi corrispettivi e interessi moratori. Diversamente, il momento fisiologico del rapporto e quello patologico dovrebbero essere distintamente considerati ai fini della verifica antiusura.
In tal senso, rispetto al citato orientamento, la presente ordinanza ritiene di non condividere l’assunto secondo cui la mora, pur essendo riferita alla singola rata scaduta, vada comunque ricompresa nella complessiva verifica dell’usura del credito concesso, così che l’aggregato di interessi corrispettivi e di mora viene rapportato al credito in essere al momento dell’inadempimento.
Diversamente, conclude il Tribunale, costituendo interessi di mora e interessi corrispettivi grandezze del tutto disomogenee, ognuno di essi va rapportato a quello che è il suo naturale punto di riferimento: gli interessi corrispettivi al finanziamento erogato; gli interessi di mora all’inadempimento.
Quali le conseguenze dell’eventuale superamento dei tassi soglia
Rispetto a questa questione il Tribunale ritiene che, se la verifica dell’usurarietà del tasso di mora va effettuata con riferimento non al finanziamento, ma alla singola rata, è evidente che l’art. 1815 co. II c.c. deve a sua volta applicarsi non all’intero finanziamento, ma alla singola rata, nel senso che ne sarà dovuta la sola quota capitale.