Con sentenza n. 23232 del 14 ottobre 2013 la Corte di Cassazione, confermando la pronuncia della Corte d’appello di Salerno, ha condannato la banca al risarcimento del danno per violazione degli obblighi di correttezza e buona fede in sede di esecuzione del contratto riconducibili alla mancata concessione del frazionamento del mutuo.
Nel caso di specie, un’impresa edile aveva convenuto in giudizio la propria banca chiedendone la condanna al risarcimento dei danni causati dal notevole ritardo (oltre tre anni) nel concedere il frazionamento dei mutui, con le relative ipoteche, in essere tra la parti, da questa richiesto a seguito delle vendite a terzi delle singole unità immobiliari edificate. L’impresa mutuataria lamentava l’assenza di qualsivoglia giustificazione da parte della banca nel non procedere al frazionamento dei mutui secondo una prassi consolidata.
In prima istanza, il Tribunale aveva rigettato le richieste dell’impresa, evidenziando che le pattuizioni tra le parti prevedevano il frazionamento come mera facoltà dell’Istituto.
In riforma al tale sentenza, la Corte d’appello ha condannato la banca sul presupposto che, pur se, nel vigore della normativa precedente al T.U. n. 385 del 1993, applicabile ratione temporis al caso di specie, il frazionamento del mutuo costituiva non già un obbligo bensì una facoltà unilateralmente esercitabile dalla banca mutuante, ciò nonostante il comportamento dell’istituto mutuante – con il rifiuto ingiustificato di aderire ad una prassi consolidata ed il procrastinarsi immotivato di tale rifiuto per oltre tre anni, nonostante i ripetuti solleciti provenienti anche dall’Ufficio Crediti Speciali dell’Istituto stesso evidenzianti anche la bontà del cliente – costituiva violazione dei doveri di solidarietà derivanti dal rispetto dei principi di correttezza e buona fede oggettiva che debbono permeare l’intera esecuzione del contratto.
Confermando il giudizio espresso dalla Corte d’appello, la Cassazione ha ricordato come il principio di correttezza e buona fede deve essere inteso in senso oggettivo ed enuncia un dovere di solidarietà, fondato sull’art. 2 Cost., che, operando come un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell’imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicchè dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sè, un danno risarcibile.
Nè, d’altra parte, conclude la Corte, all’osservanza di tale dovere di esecuzione del contratto secondo correttezza e buona fede la banca potrebbe sottrarsi adducendo il solo fatto che la concessione del richiesto frazionamento del mutuo comporti la rinuncia alla indivisibilità dell’ipoteca, quando – come nel caso di specie – non alleghi ulteriori eventuali circostanze che, nella concreta situazione di fatto del rapporto contrattuale in esame, possano giustificare, alla luce dei criteri sopra enunciati, il rifiuto di tale concessione.