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Giurisprudenza

Contratti derivati e costi impliciti: il Consiglio di Stato chiude la vicenda della provincia di Pisa

28 Novembre 2012

Consiglio di Stato, Sez. V, 27 novembre 2012, n. 5962

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza n. 5962 del 27 novembre 2012, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha messo la parola fine alla controversia in materia di contratti derivati sorta fra la provincia di Pisa e le due banche Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc.

Preliminarmente giova sinteticamente ricordare come, con l’ormai nota sentenza n. 5032 del 7 settembre 2011, la stessa Sezione del Consiglio di Stato aveva riconosciuto il potere per gli enti locali di annullare in via di autotutela i contratti derivati stipulati in occasione di operazioni di ristrutturazione del debito nel caso di accertati costi impliciti, al momento della stipula del contratto, che impediscano all’ente di svolgere una corretta valutazione della convenienza economica dell’operazione stessa.

A tal fine, con lo stesso provvedimento, il Consiglio di Stato aveva disposto una consulenza tecnica d’ufficio per accertare se l’operazione, con cui l’Amministrazione provinciale di Pisa aveva provveduto alla gestione attiva del proprio indebitamento ed alla ristrutturazione del debito, attraverso l’operazione in strumenti finanziari (derivati), fosse da considerarsi effettivamente conveniente o meno dal punto di vista economico, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 41 della legge n. 441 del 2001, ed in particolare se gli swap stipulati fossero stati caratterizzati o meno da costi impliciti non dichiarati ovvero non conoscibili.

Con la sentenza n. 5962 in oggetto, il Consiglio di Stato, preso atto delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, afferma la convenienza economica, ai sensi e per gli effetti del suddetto art. 41, dell’operazione di ristrutturazione del debito fra l’Amministrazione provinciale di Pisa e inglesi Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc.

La sentenza, molto corposa, riprende nel dettaglio i diversi aspetti tecnico-finanziari analizzati dal CTU, per la cui maggior comprensione si rinvia alla lettura del testo pubblicato in allegato.

Per quanto qui maggiormente interessa, si evidenzia come il Consiglio di Stato prenda posizione su alcuni temi di estremo rilievo in materia di contenzioso su contratti derivati, con particolare riguardo al caso in cui l’investitore sia un ente locale.

Innanzitutto, per quanto attiene i costi impliciti dei contratti swap, il Consiglio ritiene che questi non rappresenti affatto un costo effettivo, vale a dire una somma effettivamente sostenuta dall’investitore (nel caso di specie l’amministrazione provinciale di Pisa), rappresentando solamente il valore che lo swap avrebbe potuto avere in una astratta ed ipotetica (ma assolutamente irrealistica e non vera) contrattazione (contrattazione che, nel caso degli enti locali, non sarebbe neppure giuridicamente possibile, essendo a tal fine necessaria evidentemente un’autorizzazione legislativa del tutto analoga a quella contenuta nell’art. 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che ha consentito la rinegoziazione dei mutui già contratti).

In ogni caso, prosegue il Consiglio, i predetti costi impliciti non sarebbero di per sé sufficienti a determinare una valutazione negativa circa la convenienza economica della complessiva operazione di ristrutturazione del debito.

Per quanto attiene poi gli obblighi di trasparenza in capo all’intermediario relativi ad eventuali costi impliciti connessi all’operazione in contestazione, il Consiglio di Stato ritiene che, in ogni caso, anche a prescindere da qualsiasi considerazione circa la natura dei costi impliciti, laddove, come nel caso di specie, l’amministrazione abbia scelto attraverso una gara ufficiosa l’intermediario finanziario cui affidare la complessiva operazione di ristrutturazione del proprio debito, ed il fatto che la predetta scelta fosse sostanzialmente conseguente alla valutazione (compiuta) da un’apposita commissione della proposta (di ristrutturazione), consente di escludere ragionevolmente la pretesa violazione degli obblighi di informazione in ordine al valore dello swap ed a quello dei suoi elementi correttivi, ai fini della determinazione del fair value.

Principio questo a maggior ragione valido nel caso in cui le operazioni in contestazione siano state concluse prima dell’entrata in vigore del regime MiFID (Direttiva 2004/39/CE), avvenuta nel 01 novembre 2007, il quale ha introdotto più stringenti oneri di informazione in capo all’intermediario.

Infine, conclude il Consiglio, benché non possa ragionevolmente enfatizzarsi la circostanza che l’amministrazione provinciale di Pisa avesse già nel passato stipulato altri contratti derivati (swap), ciò nondimeno non può neppure sottacersi che sussisteva certamente, o quanto meno poteva ragionevolmente pretendersi, un onere di diligenza nell’informarsi puntualmente e richiedere alle banche circostanziate notizie sui predetti contratti derivati, onde poter consapevolmente indirizzare le proprie scelte.

 

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