Con sentenza n. 402 del 14 febbraio 2012 il Tribunale di Ravenna affronta una vicenda connessa ad operazioni di investimento in obbligazioni argentine negoziate in contropartita diretta dall’intermediario finanziario.
In primo luogo il Tribunale esamina la supposta violazione dell’art. 27 del Regolamento Consob 11522/98 (ratione temporis applicabile) in materia di conflitto di interessi, il quale preveda l’obbligo per gli intermediari finanziari di astenersi dall’effettuare operazioni con o per conto della propria clientela in presenza di un interesse in conflitto, fatta salva la possibilità di acquisire, previa informativa sulla natura e l’estensione di tale interesse, l’espresso consenso dell’investitore ad effettuare comunque l’operazione.
Sul punto il Tribunale evidenzia come la negoziazione di titoli in contropartita diretta non determina di per sé una situazione di conflitto di interessi, dovendosi diversamente verificare altre circostanze, quali, ad esempio, il fatto che la banca avesse da tempo nel proprio portafogli un rilevante numero di titoli di quel tipo, avendone acquistati in sovrabbondanza al momento della sottoscrizione.
Seguendo tale orientamento il Tribunale di Ravenna ha escluso, nel caso di specie, la presenza di un conflitto di interessi, posto che il titolo argentino oggetto dell’investimento era stato collocato sul mercato italiano per la prima ed unica volta il 21/4/1998, data in cui la banca lo acquistò da altro intermediario per poi rivenderlo, nel giro di pochi giorni, a numerosi clienti privati.
Secondariamente, per quanto attiene la supposta violazione degli obblighi informativi di cui all’art. 21 T.U.F. ed all’art. 29 del Regolamento Consob n. 11522/1998 sopraccitato, il Tribunale evidenzia come, all’epoca delle operazioni di investimento rilevanti per il caso di specie, il rating assegnato alle obbligazioni argentine (Ba3 secondo la scala di Moody’s; BB secondo la scala di Standard & Poor’s) le collocasse ancora nella categoria superiore dei titoli speculativi (non investment grade superiore).
Fino al declassamento di tale rating alla categoria inferiore (non investment grade inferiore), avvenuto successivamente alle operazioni di investimento in contestazione, il default della Repubblica Argentina non era quindi prevedibile, non essendo la banca in possesso di ulteriori dati particolari dai quali desumere una elevata rischiosità dei titoli in questione.
Allo stesso modo nessuna violazione rispetto agli obblighi informativi poteva ascriversi alla banca nella fase successiva alle operazioni di acquisto dei titoli argentini.
L’investitore, infatti, non aveva conferito alla banca un mandato di gestione patrimoniale, instaurandosi tra le parti un mero servizio di negoziazione di valori mobiliari, il quale escludeva qualsiasi margine di discrezionalità in capo all’intermediario. La prestazione di tale servizio di investimento non implicava quindi in capo alla banca alcun obbligo di informazione successiva all’acquisto, esaurendo i suoi effetti con la pura e semplice esecuzione di ogni singolo ordine di acquisto.