Con la sentenza n. 17014 del 04 agosto scorso, la VI sezione della Suprema Corte di Cassazione ha segnato i confini della tutela della privacy del correntista nei confronti della banca.
La Corte, infatti, ha affermato come la semplice comunicazione a un terzo, da parte dell’istituto di credito, del saldo del conto corrente, non comporta di per sé per il correntista un diritto al risarcimento al danno patito a seguito della violazione della propria privacy.
Nel caso di specie un correntista lamentava di avere incaricato una persona di effettuare per suo conto un versamento presso una filiale della banca, e che, al momento del versamento, l’addetto allo sportello aveva rilasciato a quella persona in busta aperta una contabile bancaria con l’indicazione del saldo di conto corrente.
La Corte, richiamando i propri precedenti orientamenti, ha posto in evidenza come la sussistenza di un danno non patrimoniale deve sempre essere allegata e provata (Cass. SU 26972/2008).
Fra tali danni rientra quello della derivante dalla “lesione della riservatezza”, la quale, appunto, non rappresentando di per sé un pregiudizio risarcibile, può comportare un danno che deve comunque essere sempre provato secondo le regole dell’art. 2043 c.c. (Cass. 4366/2003).