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Giurisprudenza

Le motivazioni della Cassazione sul crac Parmalat

2 Agosto 2011

Cassazione Penale, sez. V, 20 luglio 2011, n. 28932

Di cosa si parla in questo articolo

In data 20 luglio 2011 sono state depositate le motivazioni della sentenza n. 28932 con cui il 4 maggio scorso la Corte di Cassazione aveva confermato la condanna nei confronti di Calisto Tanzi e di altri manager nell'ambito del crac Parmalat, avvenuto come noto sul finire del 2003.

Nelle sentenza la Corte si sofferma sulla natura del reato di aggiotaggio, ricordando come questo, quale delitto di pericolo, prescinde dalla necessaria dimostrazione di un evento e, cioè, del danno patrimoniale, cagionato ai destinatari dell'informazione decettiva.

Dunque, l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose (qual è la condotta di mero pericolo, sottesa alla fattispecie di aggiotaggio) legittima la pronuncia della sentenza del giudice penale alla condanna generica al risarcimento dei danni, senza che sia necessaria quantificazione del pregiudizio.

Sulla base di tali principi, quindi, gli investitori truffati avranno ad essere risarciti a prescindere dalla dimostrazione del danno patito.

Infine la Corte ha respinto l’eccezione sulla violazione del diritto di difesa da parte degli imputati, il quali pretendevano di verificare in concreto, presso ciascuno dei 32.000 investitori danneggiati, se l’impiego del proprio denaro nell'investimento nella Parmalat fosse effettivamente derivato dai falsi comunicati diffusi dalla stessa società, ovvero, diversamente, da autonome informazioni, soprattutto quelle provenienti da altri intermediari finanziari e, soprattutto, dalla spregiudicata condotta di aziende di credito, interessate a disfarsi della dotazione di titoli ormai insuscettibili di rivendita, incautamente acquistati in precedenza, e della cui inconsistenza appresero ben prima del formaledefault per la loro posizione professionale. Comportamento questo che, pur convergente nell'inganno, risultava per la difesa estraneo agli imputati.

Sul punto la Corte ha ricordato come il diritto di difesa, al pari di tutti gli altri diritti sanciti dalla carta costituzionale, non può considerarsi assoluto e svincolato da qualsiasi limitazione, dovendosi coordinare con altre situazioni giuridiche soggettive od oggettive di rilevanza costituzionale e soddisfare anche il principio della giusta durata del processo, una volta che siano assunti soltanto quegli incombenti probatori che il giudice ritenga in dispensabili all'accertamento della penale responsabilità o dell'innocenza dell'imputato.

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