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Giurisprudenza

Effetti della contestazione di conto corrente in caso di morte di uno dei correntisti

20 Dicembre 2013

Cassazione Civile, Sez. II, 02 dicembre 2013, n. 26991

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza n. 26991 del 02 dicembre 2013 la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato il tema degli effetti della contestazione di conto corrente in caso di morte di uno dei correntisti.

Sul punto si richiama preliminarmente l’art. 1854 c.c., il quale stabilisce che “nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto”. In base a tale norma, pertanto, ogni cointestatario al quale sia attribuita la facoltà di operare separatamente, è tenuto nei confronti della banca per l’intero (solidarietà passiva) e può, allo stesso modo, pretendere il pagamento dell’intero (solidarietà attiva).

Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza, richiamato dalla Cassazione, l’art. 1854 c.c. disciplina solo i rapporti tra i correntisti e la banca; laddove il vincolo di solidarietà dei cointestatari del conto, nei rapporti interni, è regolato dall’art. 1298 c.c., comma 2, in base al quale “le parti di ciascuno si presumono eguali, se non risulta diversamente”. Ciò significa non solo che, in mancanza di prova contraria, le parti si presumono uguali e che il concreditore, nei rapporti interni, non può disporre oltre il 50% delle somme risultanti da rapporti bancari solidali, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, ma anche che, ove risulti provato che il saldo attivo di un rapporto bancario cointestato discenda dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto dei cointestatari, si deve escludere che l’altro cointestatario, nei rapporti interni, possa avanzare diritti sul saldo medesimo.

Il cointestatario di un conto corrente bancario, pertanto, anche se abilitato a compiere operazioni autonomamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza.

Tale limitazione vale in relazione non solo al saldo finale del conto, ma all’intero svolgimento del rapporto, non essendovi ragione per circoscrivere il principio di solidarietà del credito, con le implicazioni ad esso connesse, solo al momento della chiusura del rapporto.

Sulla base di tali principi la Cassazione ha ritenuto legittime le conclusioni della Corte d’Appello, secondo cui il correntista cointestatario non può disporre a proprio beneficio delle somme di pertinenza esclusiva del de cuius, esistenti sul conto corrente cointestato, dovendosi tenere nettamente distinti il piano del rapporto esterno con la banca e quello del rapporto interno tra i cointestatari.

In tal senso, la clausola del contratto di conto corrente bancario cointestato a più persone, che abiliti le medesime a compiere operazioni autonomamente, rileva solo nel primo di detti rapporti, facendo si che ciascun contitolare del conto, con effetti vincolanti anche per gli altri, possa pretendere dalla banca il pagamento per l’intero e impartire ordini per l’intero; laddove, nel rapporto interno tra i titolari del conto, il debito e il credito solidale si dividono in quote uguali, salvo che non risulti diversamente.

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