Premessa
Con la sentenza n. 1529 del 22 gennaio 2018 la Corte di Cassazione si pronuncia su una questione di estremo rilievo, evidenziando e specificando quali siano le funzioni di controllo e vigilanza gravanti sui membri dei collegi sindacali delle banche.
La questione non è di poco conto in quanto da tempo è costante un vivace dibattito sul punto in dottrina e in giurisprudenza, dibattito che ancora oggi vede contrapporsi posizioni diversificate e, per tale ragione, rappresenta un importante spunto di riflessione in materia.
Infatti, la recente crisi finanziaria, di cui ancora oggi si scontano gli effetti, ha posto in evidenza l’esigenza di una maggiore attenzione alle strutture di controllo interno delle società che si sono spesso dimostrate inefficienti a prevenire situazioni rischiose e di default. Tale esigenza è stata avvertita in particolar modo nel settore bancario dove si è assistito al dissesto di vari gruppi bancari e finanziari di notevoli dimensioni.
Proprio in considerazione di tale generale premessa, è interessante analizzare brevemente l’orientamento della Suprema Corte in merito alla responsabilità dei sindaci di imprese bancarie, allo scopo di comprendere come il principio statuito dalla Cassazione possa inserirsi al meglio nel complesso meccanismo dei controlli interni.
La posizione della Suprema Corte
Ciò che la sentenza evidenzia è un regime di responsabilità che attribuisce al collegio sindacale l’obbligo di verificare la legittimità e la correttezza di tutte le delibere del consiglio di amministrazione, nonché la verifica del rispetto degli obblighi che la legge pone a carico degli amministratori e l’adempimento da parte di questi degli obblighi di diligente gestione aziendale previsti dall’art. 2392 c.c.. e richiesti in relazione alla natura dell’incarico e delle specifiche competenze degli stessi amministratori.
Nella sentenza de qua due sono le principali questioni sulle quali è importante porre l’attenzione.
In primis, il primo punto che in questa sede interessa evidenziare è quello relativo alla corretta interpretazione normativa del Codice Civile e del Testo Unico Bancario sugli obblighi gravanti sul collegio sindacale di imprese bancarie quotate.
A tale proposito, i ricorrenti sostengono che gli obblighi cui sono soggetti i sindaci di imprese bancarie quotate riguardano l’attività della società considerata complessivamente e che, quindi, a loro è rimesso un controllo globale e sintetico, mentre la convenienza delle scelte operative effettuate resterebbe di competenza esclusiva degli amministratori. In poche parole, l’attività di vigilanza si tradurrebbe in un controllo sintetico e generico, che non ha ad oggetto singoli atti o specifiche operazioni.
L’altro profilo fondamentale riguarda la responsabilità dei sindaci in relazione alle carenze nell’organizzazione dei controlli interni e nella gestione del credito.
Secondo i ricorrenti l’obbligo di vigilanza del collegio sindacale non può essere esteso fino a comprendere anche le singole operazioni di credito, né tantomeno l’esercizio di poteri di ispezione e controllo, atteso che il compito dei sindaci si concretizza nella sola verifica delle procedure.
Tali punti sono stati considerati totalmente infondati da parte della Suprema Corte.
Infatti, nel fare riferimento alla violazione delle norme sulla governance, la Corte richiama le disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche del 4 marzo 2008 nonché le circolari numero 229 del 21 aprile 1999 e numero 263 del 27 dicembre 2006, emanate dalla Banca d’Italia, con le quali sono state chiaramente individuate ed elencate le funzioni di controllo e vigilanza che spettano ai componenti dei collegi sindacali delle banche stesse.
Le predette circolari delineano un sistema di responsabilità che coinvolge il collegio sindacale, il quale ha l’obbligo di controllare la legittimità e la correttezza di tutte le delibere del consiglio di amministrazione allo scopo di verificare sia il rispetto dei doveri previsti ope legis a carico degli amministratori, sia l’adempimento da parte loro degli obblighi legali ex. art. 2392, primo comma, c.c..
La Corte di Cassazione ribadisce pertanto l’orientamento espresso in merito dalla corte d’appello, confermando le carenze nell’organizzazione dei controlli interni ed affermando che l’affidamento ad una società esterna della valutazione dell’audit interno non esonera in ogni caso i sindaci dall’obbligo di controllare la rispondenza e la coerenza dei dati di verifica sui flussi informativi aziendali derivanti da tale ente privato di revisione.
Secondo la giurisprudenza in commento, il collegio sindacale ha interpretato in modo riduttivo e burocratico i propri compiti e non ha dunque svolto il ruolo attivo nell’ambito dei meccanismi di controllo della società, evitando così di assumere delle concrete iniziative di vigilanza.
Pertanto, la Corte di Cassazione conferma quanto già affermato dalla corte d’appello ritenendo che “nel caso in esame i giudici di merito hanno accertato, con adeguato apprezzamento di fatto, che i ricorrenti sono venuti meno ai loro obblighi di vigilanza”.
Infatti, secondo lo stesso regolamento della Banca d’Italia, il collegio sindacale è tenuto “a verificare, senza limitarsi agli aspetti meramente formali, la regolarità e la legittimità della gestione, il corretto funzionamento delle aree operative e l’adeguatezza dei sistemi dei controlli interni e del sistema informativo”. In tale contesto, la facoltà per il collegio sindacale, di avvalersi di collaborazioni esterne, non limita l’attività che l’obbligo di controllo è tenuto a svolgere.
La Suprema Corte non sembra dunque manifestare alcun dubbio sulla questione sottoposta alla sua attenzione, continuando ad affermare che “la complessa struttura di una banca non può comportare l’esclusione o anche il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale, i quali, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo, gravando sui sindaci, da un lato, l’obbligo di vigilanza – in funzione non soltanto della salvaguardia degli interessi degli azionisti nei confronti degli atti di abuso gestionali degli amministratori, ma anche della verifica dell’ adeguatezza delle metodologie finalizzate al controllo interno della società, secondo parametri procedimentali dettati dalla normativa regolamentare, a garanzia degli investitori – e, dall’altro lato, l’obbligo legale di denuncia alla Banca d’Italia e alla Consob”.
In conclusione, sembra che la Corte di Cassazione si esprima in modo chiaro e deciso con riferimento alla forma e al relativo grado di responsabilità dei sindaci di imprese bancarie quotate, affermando un principio che non esonera il collegio sindacale dagli obblighi ispettivi e di vigilanza sulla gestione sociale, ponendo anzi in rilievo l’importanza del ruolo da esso svolto e la necessità che tale organo sociale adempia correttamente ai propri doveri.
Pertanto, ciò che preme sottolineare in definitiva è che una maggiore considerazione dell’importanza del sistema di controllo interno potrebbe effettivamente incidere sulla capacità delle banche di raggiungere l’obiettivo della <<sana e prudente gestione>>: infatti, un sistema di controllo ben organizzato può prevenire o ridurre al minimo il rischio di crisi e di fallimento di una banca.
Per ulteriori approfondimenti, si veda: CALANDRA BONAURA, Crisi finanziaria, governo delle banche e sistema di amministrazione e controllo, in BENAZZO – CERA – PATRIARCA (a cura di), Il diritto delle società oggi. Innovazioni e persistenze. Studi in onore di Giuseppe Zanarone, Torino, 2011; CAPRIGLIONE, I <<prodotti>> di un sistema finanziario evoluto. Quali regole per le banche?, in Banca, borsa e titoli di credito, 2008; Cass. sez. Un. 20934/2009.