Premessa
Il Tribunale di Cuneo, con recente sentenza n. 44 del 14 gennaio 2015, ha accolto le contestazioni e le pretese risarcitorie di un cliente di Banca Regionale Europea S.p.A. il quale lamentava i danni e le perdite subite a seguito del deprezzamento di titoli obbligazionari Lehman Brothers sottoscritti con l’intermediazione della Banca.
Conseguentemente, in accoglimento integrale delle pretese dell’investitore, il Giudice adito ha rilevato le gravissime omissioni ed inadempimenti contrattuali della Banca nonché la responsabilità solidale del Consorzio Patti Chiari per aver costantemente qualificato tali titoli tra quelli a basso rischio sia in fase di sottoscrizione (avvenuto nel dicembre 2005) che per tutto il periodo intercorrente fino alla dichiarazione di default e all’annuncio dell’avvenuto deposito del ricorso per l’ammissione del gruppo bancario americano alla procedura Chapter 11 (15 settembre 2008).
La sentenza in commento è certamente innovativa in quanto ha ritenuto, per la prima volta, responsabile per inadempimento ancor prima che l’intermediario il Consorzio Patti Chiari. La giurisprudenza sino ad ora ha indagato sulla responsabilità del soggetto intermediario lasciando in ombra le responsabilità del Consorzio. Ciò ha reso complicato individuare con sufficiente ragionevolezza le ragioni di inadempimento delle banche, le quali si sono difese dalle contestazioni della clientela evidenziando che le valutazioni di adeguatezza del titolo e di bassa rischiosità delle obbligazioni Lehman Brothers erano diretta conseguenza del fatto che esse venivano come tali considerate e valutate proprio dal Consorzio Patti Chiari.
L’oggetto del Consorzio, del resto, consisteva proprio nella gestione di un insieme di regole di chiarezza, semplicità, comparabilità e mobilità, i cd. “Impegni per la Qualità”.
È sufficiente leggere il Notiziario ABI del 07.07.2003 per comprendere il ruolo del marchio Patti Chiari nella negoziazione dei titoli compresi nel Listino redatto dal Consorzio.
Quest’ultimo si proponeva al pubblico dei risparmiatori come soggetto Garante, definendosi fonte di “un vero Salto di Qualità”.
Come tale, dunque, veniva percepito.
Così, in merito all’obiettivo del Progetto Patti Chiari, si legge nel Notiziario ABI:
– “Obiettivo? Fatti concreti per semplificare la vita a cittadini e imprenditori con regole chiare, informazioni semplici e facili da comprendere e con strumenti per confrontare servizi e offerte delle diverse banche e scegliere la soluzione più conveniente e adeguata alle proprie esigenze”.
Salto di qualità che si formalizzava in un vero e proprio marchio: il marchio Patti Chiari, sinonimo di garanzia e sicurezza per il cliente, che avrebbe garantito comprensibilità e comparabilità dei prodotti.
– “Un marchio a garanzia dei clienti. Un marchio che garantirà ai clienti comprensibilità e comparabilità dei prodotti … in particolare per quanto riguarda la comprensibilità e la confrontabilità dei prodotti – i clienti avranno la possibilità di essere sempre più attenti ed esigenti nella richiesta dei servizi alle banche”.
Ed ancora nel comunicato stampa dello stesso Consorzio del 28.10.2004 si legge:
– “Arrivano i marchi Patti Chiari. … Il marchio rappresenta un’autentica garanzia per il cliente, poiché viene dato solo alle banche che ottengono la certificazione … Un marchio a garanzia di chiarezza e confrontabilità”.
Il marchio Patti Chiari era dunque sinonimo di garanzia e, dunque, di qualità dei prodotti rientranti nelle famose otto iniziative volute dal Consorzio.
Tutto questo traspariva dai messaggi pubblicitari veicolati incessantemente, che lasciavano presagire una nuova era nell’ambito del mercato finanziario, perlomeno nei confronti di quella fetta di mercato fatta di investitori disposti ad accettare il basso rendimento pur di investire in uno strumento finanziario sicuro.
Di conseguenza il listino Patti Chiari denominato “Obbligazioni a basso rischio/rendimento” doveva rappresentare un punto di discontinuità rispetto al passato, una garanzia autentica per il cliente che avrebbe dovuto rilanciare il mercato dei titoli obbligazionari, turbato dalle note vicende dei crack Parmalat, Cirio e dei titoli di Stato argentini, offrendo al risparmiatore una maggiore e doverosa tutela dell’investimento.
I.-La Giurisprudenza precedente alla sentenza del Tribunale di Cuneo n. 44/2015
La sentenza in analisi rappresenta quindi un fondamentale spartiacque relativamente al contenzioso che in questi anni è stato radicato nei confronti delle banche e del Consorzio Patti Chiari con riferimento ai danni subiti dagli investitori retail per la sottoscrizione di titoli Lehman Brothers.
Fino ad oggi infatti le decisioni emesse sono state eterogenee e spesso non sempre le ragioni dei clienti sono state accolte. Mai però il Consorzio Patti Chiari è stato dichiarato responsabile e condannato in solito con l’intermediario.
Non affrontando con la dovuta puntualità il ruolo del Consorzio, la giurisprudenza fino ad oggi formatasi ha omesso un fondamentale tassello nell’interpretazione dei fatti causa. Si è andata, pertanto, via via formando una giurisprudenza assolutamente contrastante in materia, a volte favorevole alle ragioni dell’intermediario, altre volte, invece, favorevole alle ragioni degli investitori, e ciò con motivazioni non sempre convincenti.
Appare opportuno quindi individuare succintamente il panorama giurisprudenziale delle sentenze emesse nei giudizi promossi dagli investitore in titoli Lehman Brothers, individuando sia le decisioni negative per il cliente che quelle positive, per cogliere la novità di estrema importanza, sotto il profilo giuridico e tecnico, della sentenza in commento.
a. I precedenti sfavorevoli al cliente: le ragioni di rigetto della domanda di risarcimento danni proposta dall’investitore
Si è da principio registrato un forte orientamento sfavorevole della giurisprudenza, in procedimenti instaurati nei confronti della banca intermediaria.
Le ragioni di diniego sottese alle pronunce negative, quasi in modo unanime, si fondano su una circostanza pacifica: le obbligazioni Lehman Brothers mantennero un rating superiore ad “A-”, rimanendo all’interno del margine di sicurezza previsto dal Consorzio patti Chiari fino al 15 settembre 2008 data in cui fu dato l’annuncio dell’avvenuto deposito del ricorso per l’ammissione alla procedura Chapter 11.
In conseguenza di ciò, secondo la motivazione comunemente riscontrabile in tali pronunce, non si può certo rimproverare alla Banca la mancata previsione del default della Lehman Brothers ove le stesse agenzie di rating non lo avevano previsto. Il default dell’emittente, secondo tale ragionamento, si palesò in maniera improvvisa ed imprevedibile, sicché la condotta delle banche intermediarie sarebbe da ritenersi immune da censure.
Secondo questa stessa giurisprudenza, peraltro, la presenza delle obbligazioni Lehman Brothers all’interno del Listino OBBRR a marchio Patti Chiari dimostrava la sicurezza e garanzia del prodotto di talché nessuna ulteriore informazione doveva essere rilasciata dalla Banca intermediaria al momento dell’investimento (in tal senso si richiamano ex multis: Tribunale di Venezia del 5.11.2009; Tribunale di Savona del 18.05.2010, n. 454; Tribunale di Novara del 23.6.2011, n. 519; Tribunale di Torino dell’8.2.2012; Tribunale di Parma del 9.7.2012, n. 977; Tribunale di Roma dell’11.1.2013 n. 489; Tribunale di Pordenone dell’8.11.2013, n. 898; Tribunale di Torino del 14.6.2014).
b. I precedenti favorevoli al cliente: le ragioni di accoglimento della domanda di risarcimento danni proposta dall’investitore
L’indirizzo giurisprudenziale favorevole all’investitore, sempre con riferimento alla responsabilità della sola banca intermediaria, si basava su considerazioni che appaiono piuttosto deboli sotto il profilo giuridico e poco sostenute sotto il profilo dell’accertamento tecnico-finanziario.
La responsabilità del soggetto intermediario, secondo tali pronunce, si fonda sulla violazione degli obblighi di informazione previsti dal TUF e dal relativo Regolamento di attuazione della Consob, ritenendo che il default dell’emittente non poteva considerarsi come evento imprevedibile e improvviso già negli anni precedenti il default.
A supporto di tale tesi, la giurisprudenza ha evidenziato che le significative variazioni del rischio dei titoli emessi da Lehman Brothers erano ampiamente note nell’ambiente finanziario americano e tra gli addetti ai lavori, richiamando a conferma di ciò i rumors che già dal 2007 circolavano nei mercati (in tal senso Tribunale di Catanzaro del 19.10.2011, n. 685; Tribunale di Salerno del 20.10.2012, n. 2200; Tribunale di Milano del 9.1.2015; Tribunale di Milano del 12.1.2015).
In alcune pronunce si censura poi la condotta dell’intermediario per aver taciuto al cliente la natura di banca d’affari dell’emittente, nonché la sua propensione a perseguire strategie ad elevato carattere speculativo. Circostanza che rendeva Lehman Brothers un soggetto ad alto rischio default, a differenza della maggior parte delle banche italiane per lo più dedite soprattutto alla raccolta del risparmio (Tribunale di Aosta del 9.3.2012, n. 131; Corte d’Appello di Torino del 28.2.2014, n. 767).
La Corte d’Appello di Torino con sentenza n. 349 del 19.2.2014 si è avvalsa di consulenza tecnica al fine di accertare le variazioni di rischio collegate al titolo Lehman Brothers, quantomeno dal 2008. Tuttavia tra gli indicatori di rischio analizzati, che comunque hanno confermato la prevedibilità del fallimento della Lehman Brothers già prima del settembre 2008, non si annovera il VaR (Value at risk) che invece costituisce il parametro essenziale di misurazione del rischio dei titoli immessi nel Listino Patti Chiari..
La giurisprudenza che ha accolto le ragioni dell’investitore/risparmiatore ha fatto genericamente riferimento ad un obbligo a carico del soggetto intermediario di informazione, senza affrontare in modo approfondito il tema della prevedibilità su basi tecnico finanziarie del default. Ciò comporta che le motivazione in merito poste a fondamento di tali pronunce che non appaiono invero solide e immuni da censure (vedi in tal senso: Tribunale di Udine del 5.3.2010, n. 376; Tribunale di Torino del 22.12.2010, n. 7674; Corte d’Appello di Lecce del 9.10.2013, n. 787). Comprensibilmente le banche hanno, infatti, sostenuto non sussistere loro responsabilità nei confronti dei clienti, ritenendo adempiuto l’onere informativo su di esse gravante con la semplice segnalazione in buona fede che il titolo risultava inserito nel Listino Patti Chiari.
II.- La Sentenza del Tribunale di Cuneo n. 44/2015
1. Responsabilità solidale tra la Banca intermediaria e il Consorzio Patti Chiari
Occorreva pertanto trovare un necessario raccordo tra la responsabilità del Consorzio Patti Chiari che aveva creato l’omonimo marchio e che ha pubblicizzato il Listino OBBRR (Listino Obbligazioni basso rischio / basso rendimento), e la responsabilità della banca intermediaria, tenuta agli obblighi informativi propri dell’intermediario.
Un aspetto fortemente innovativo della sentenza in commento è certamente costituito dall’avere individuato una responsabilità diretta per inadempimento e del Consorzio Patti Chiari e della Banca intermediaria. Il Giudice, infatti, ha rigettato la domanda di regresso della Banca intermediaria nei confronti del Consorzio Patti Chiari, non potendosi configurare nel caso in specie nemmeno una garanzia impropria del Consorzio, ben potendo la Banca – in quanto concessionaria essa stessa del marchio Patti Chiari – fornire all’investitore le dovute informazioni in quanto operatore qualificato.
L’adesione da parte della Banca intermediaria al Consorzio Patti Chiari, in quanto banca certificata e autorizzata all’uso del marchio Patti Chiari, ha comportato – sottolinea il Giudice – che sull’intermediaria gravi un più stringente obbligo informativo, ulteriore rispetto a quelli previsti dalla normativa del TUF, in quanto il progetto Patti Chiari era finalizzato a tutelare il cliente risparmiatore.
Nella Guida allegata al Listino Patti Chiari, il Consorzio precisava che il marchio Patti Chiari sarebbe stato dato in concessione non a tutti gli intermediari che ne avessero fatto richiesta, ma solo a quelli che fossero stati in grado di gestire il monitoraggio dei titoli in quanto dotati di idonee strutture di management risk. Le banche concessionarie del titolo sarebbero state certificate dallo stesso Consorzio, previa acquisizione di adeguate garanzie di serietà e capacità professionale.
Il rapporto tra il Consorzio Patti Chiari e le banche certificate ad esso aderenti era tale per cui il primo concedeva l’utilizzo del marchio Patti Chiari alle seconde, le quali negoziavano direttamente con la clientelaretail i titoli inseriti nel Listino comprensivo solo di quei titoli caratterizzati da un basso rischio a fronte di un basso rendimento. Sia il Consorzio quanto le banche intermediarie avrebbero dovuto monitorare costantemente e congiuntamente i titoli ricompresi nel Listino OBBRR, sia sotto il profilo del rating che alla luce del parametro VaR.
Il particolare rapporto e corresponsabilità tra consorzio e banca è giustificato non solo dalla certificazione rilasciata dal consorzio alle banche ad esso aderenti, ma anche dalla clausola comunemente apposta sugli ordini di negoziazione aventi ad oggetto i titoli del listino (quindi anche su quello relativo ai titoli lehman brothers di cui in sentenza), che qui testualmente si riporta: “Il titolo in ordine fa parte dell’elenco delle obbligazioni a basso rischio-rendimento “pattichiari” emesso alla data dell’ordine.
N.b. In base agli andamenti di mercato il titolo negoziato potra’ uscire dall’elenco successivamente alla data dell’ordine. Il cliente sara’ tempestivamente informato se un titolo facente parte dell’elenco subisce una significativa variazione del livello di rischio”.
Tale clausola, oltre ad avere una precisa valenza negoziale nel rapporto tra Banca e cliente tale da configurare un obbligo di informazione anche successiva all’operazione, chiarisce lo stretto rapporto intercorrente tra il soggetto intermediario e il Consorzio Patti Chiari tale per cui quest’ultimo va necessariamente coinvolto nei casi di negoziazione di qualsiasi titolo compreso nel Listino Patti Chiari che abbia cagionato una grave perdita all’investitore/risparmiatore.
2. La responsabilità del Consorzio Patti Chiari
· Le risultanze istruttorie: le gravi omissioni del Consorzio Patti Chiari
Il Giudice di Cuneo, accogliendo l’istanza dell’investitore danneggiato, ha disposto una consulenza tecnica finalizzata a condurre un’indagine relativa alle variazioni di rischio registrate dal titolo Lehman Brothers, con particolare riguardo al parametro cd. VaR (Value at Risk).
La relazione del consulente tecnico d’ufficio ha recepito le analisi tecnico-finanziarie così come sostenute e argomentate dalla difesa del cliente e confermata nella consulenza di parte attrice.
Innanzitutto, secondo la tesi del consulente di parte attrice, il VaR del titolo, sia giornaliero che settimanale, evidenziava superamento delle soglie di allarme previste da Patti Chiari sin da marzo 2008.
Dai dati forniti è emerso che:
– dalla metà di marzo 2008 il VaR giornaliero a due e tre anni superava la soglia dello 0,3125%, violando costantemente i limiti di sicurezza imposti da PattiChiari, arrivando a raggiungere, rispettivamente, lo 0,8% e lo 0,5% al 12.09.2008;
– dalla fine di marzo 2008 il VaR settimanale a due e tre anni superava costantemente la soglia dell’1% decisa da PattiChiari, arrivando a toccare, rispettivamente, il 2,20% e l’1,67% al 12 settembre 2008.
Lo schema di seguito riprodotto chiarisce l’andamento del VaR settimanale e il superamento del parametro soglia a partire da marzo 2008:
Tali dati sono gli unici emersi in sede di CTU posto che la Banca intermediaria non ha fornito in corso di indagine peritale alcun dato, mentre il Consorzio Patti Chiari ha fornito dati ritenuti dal consulente d’ufficio insufficienti e comunque irrilevanti.
Così conclude il CTU:
“Con riferimento a quanto sopra lo scrivente ritiene alquanto anomalo che Patti Chiari non disponga dei dati sui quali avrebbero dovuto fondarsi le valutazioni per l’inserimento e l’estromissione dei titoli dall’elenco delle obbligazioni a basso rischio/rendimento (…) Il professore [consulente tecnico del Consorzio Patti Chiari] dichiara di aver prodotto gli unici dati a disposizione del Consorzio i quali riguarderebbero proprio le date in cui taluni titoli venivano immessi o esclusi dal citato elenco e tale affermazione non appare del tutto comprensibile. A quali titoli fa riferimento? (…) Il fatto che Patti Chiari dichiari espressamente, e a più riprese, di aver fatto affidamento solo sui dati elaborati da Risk Metrics [modello sviluppato da J.P.Morgan, basato sul concetto di VaR e sull’ipotesi di una distribuzione gaussiana dei rendimenti] non consente alcun commento da parte dello scrivente su di essi, stante la loro mancata produzione”
Andata la causa a sentenza, il Giudice prendeva atto che il Consorzio da un lato ammetteva di aver sempre fatto riferimento alla metodologia Risk Metrics per la valutazione della rischiosità dei titoli; ma che, al contempo, dichiarava di non essere in possesso dei relativi dati.
Pertanto il Giudice autorizzava il consulente tecnico d’ufficio perché provvedesse direttamente presso la società MSCI, unica titolare in Italia della metodologia di calcolo VaR Riskmetrics, a recuperare tali valutazioni.
MSCI ha risposto di non poter fornire i dati richiesti in quanto:
“1) RiskMetrics non possiede i report di Patti Chiari, i dati di VaR o dei portafogli e
2) RiskMetrics non può riprodurre i report di Patti Chiari a causa del fatto che (i) RiskMetrics non conosce i portafogli di Patti Chiari, (ii) RiskMetrics non conosce le ipotesi usate da Patti Chiari per formare i modelli delle proprie posizioni e (iii) RiskMetrics non conosce le ipotesi a fondamento dei calcoli di VaR effettuati da Patti Chiari”.
Tale inequivocabile risposta conferma che:
– Il Consorzio Patti Chiari in realtà non ha mai fornito a RiskMetrics (MSCI) i dati essenziali necessari perché questa potesse elaborare alcuna ipotesi di calcolo; ne consegue che è plausibile ritenere che i dati VaR non siano mai stati calcolati durante la permanenza del titolo nel Listino Patti Chiari, diversamente sarebbero stati prodotti i report giornalieri e settimanali;
– i dati relativi al VaR dell’obbligazione Lehman per cui è causa dovevano necessariamente essere forniti dal Consorzio Patti Chiari che avrebbe dovuto rilevarli conformemente agli impegni assunti nei confronti degli investitori che avessero acquistato i titoli del Listino Patti Chiari;
– non esiste una metodologia di calcolo RiskMetrics che possa essere utilizzata senza fare riferimento specifico ai dati che Consorzio Patti Chiari avrebbe dovuto fornire.
Quanto emerso in sede di istruttoria porta ad una evidente conclusione: il Consorzio Patti Chiari, che dichiara di non essere in possesso delle misurazioni periodiche del VaR,non ha mai monitorato tale parametro di rischio con riferimento ai titoli Lehman Brothers immessi nel Listino, contravvenendo così agli obblighi assunti nei confronti dei risparmiatori. Ciò configura una diretta responsabilità del Consorzio per le perdite subite dagli investitori in titoli Lehman in conseguenza del fallimento della società emittente.
La sentenza in commento risulta veramente innovativa laddove afferma, in modo deciso, sulla base delle risultanze istruttorie sopra descritte “Tali omissioni e carenze connotano di per sé come gravemente colposa oltreché la condotta della BRE anche quella del Consorzio che se non aveva la disponibilità delle misurazioni periodiche del titolo in questione non poteva certamente monitorare il parametro di rischio alla stregua del quale i titoli venivano messi o tolti dal Listino OBBRR “.
· La natura della responsabilità del Consorzio Patti Chiari
In sede di CTU è stato appurato che il Consorzio Patti Chiari non solo non ha mai monitorato il VaR del titolo Lehman oggetto di causa, nonostante si trattasse di una obbligazione facente parte del Listino OBBRR, ma non ha neppure dimostrato di essere stato in possesso di tali dati.
La Sentenza non entra nel merito della qualificazione della natura della responsabilità del Consorzio. Ai fini di una migliora intelligenza della portata innovativa della decisione in analisi, si propone una breve riflessione sul punto.
La responsabilità del Consorzio Patti Chiari dovrebbe avere natura contrattuale, potendo trovare applicazione i principi che regolano la particolare responsabilità da “contatto sociale”.
La più recente dottrina riconosce natura contrattuale alla responsabilità di chi, agendo in violazione di doveri di comportamento diligente conseguenti ad una relazione qualificata o al proprio status professionale, abbia cagionato dei danni a soggetti ai quali, pur non essendo legato da un preesistente rapporto contrattuale, era comunque tenuto ad un obbligo primario di prestazione.
Secondo questa concezione è lo status professionale del soggetto che, in quanto qualificato, genera un particolare affidamento e costituisce la fonte di un obbligo di agire con diligenza a protezione di terzi. La violazione di tale obbligo darebbe luogo a responsabilità, di tipo appunto contrattuale, per i danni eventualmente prodottisi nella sfera giuridica dei terzi. Più precisamente le obbligazioni nascenti dal “contatto sociale” deriverebbero dalla locuzione “ogni altro atto o fatto idoneo a produrle” di cui all’art. 1173 c.c..
Tale forma di responsabilità è stata riconosciuta, a titolo esemplificativo, nelle ipotesi della responsabilità da false informazioni (in particolare nei riguardi di banche e intermediari finanziari) o “da prospetto”, della responsabilità della banca per concessione “abusiva” del credito, della responsabilità del revisore contabile verso i terzi che abbiano fatto affidamento su una certificazione di bilancio errata (Castronovo, L’obbligazione senza prestazione ai confini tra contratto e torto, in Scritti in onore di Mengoni, I, Milano, 1995, 147; Scognamiglio, Sulla responsabilità dell’impresa bancaria per violazione di obblighi discendenti dal proprio status, in GI, 1995, IV, 356; Rolfi, Le obbligazioni da contatto sociale nel quadro delle fonti di obbligazione, in GM, 2007, 555).
Anche la giurisprudenza ha tracciato i contorni della responsabilità contrattuale da “contatto sociale”. L’esempio più significativo è costituito dall’affermazione della responsabilità contrattuale, fondata sul contatto sociale del medico dipendente da struttura ospedaliera nei confronti del paziente: “L’obbligazione del medico dipendente per responsabilità professionale nei confronti del paziente si fonda sul “contatto sociale” caratterizzato dall’affidamento che il malato ripone in colui che esercita una professione protetta che ha per oggetto beni costituzionalmente tutelati. La natura contrattuale di tale obbligazione è individuata con riferimento non alla fonte ma al contenuto del rapporto. Dalla natura contrattuale della responsabilità del medico dipendente deriva che il regime della ripartizione dell’onere della prova, del grado della colpa e della prescrizione sono quelli propri delle obbligazioni da contratto di prestazione d’opera professionale” (Corte di Cassazione Civile sez. III, 22.01.1999, n. 589).
Anche nell’ambito della responsabilità dell’insegnante per i danni cagionati a sé stesso dall’alunno minorenne, la Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha affermato il principio di diritto a mente del quale: “Nel caso di danno cagionato dall’alunno a se stesso, la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che – quanto all’istituto scolastico – l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso; e che – quanto al precettore dipendente dell’istituto scolastico – tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona” (Corte di Cassazione Sezioni Unite, sentenza n. 9346 del 27.06.2002).
Richiamandoci alla definizione adottata dalla Suprema Corte, può affermarsi che la relazione giuridica da “contatto sociale”, coincide con quel rapporto caratterizzato dall’affidamento che un soggetto ripone in colui che esercita una professione protetta che ha per oggetto beni costituzionalmente tutelati.
Appare evidente che nei fatti per cui è causa può affermarsi che tra il Consorzio Patti Chiari e il risparmiatore che si affida al Listino Patti Chiari, convinto quindi di acquistare un titolo sicuro e garantito, si instauri un rapporto giuridico con tali connotazioni, essendo riscontrabile una parte che svolge una prestazione professionale finalizzata a tutelare un valore costituzionalmente garantito – il pubblico risparmio – e una parte che ripone in quest’ultimo un totale affidamento.
3. La responsabilità della Banca intermediaria
La responsabilità, avente natura contrattuale, della Banca in quanto intermediaria di prodotti finanziari inseriti nel Listino OBBRR si configura:
– al momento dell’investimento, per aver violato gli obblighi di informazione contenuti nel TUF e nel Regolamento Consob attuativo vigenti ratione temporis e, più in particolare, per non aver informato l’investitore del particolare rischio emittente collegato alla banca d’affari americana Lehman Brothers;
e
– successivamente all’investimento, durante tutto il corso del rapporto.
Ed è proprio sull’obbligo di informazione continuativa che pare opportuno soffermarsi al fine di delineare in modo completo ed esaustivo il ruolo delle banche intermediarie nella vicenda Lehman Brothers, costituendo un’argomentazione sicuramente innovativa.
Come ampiamente già evidenziato, l’obbligo di informazione continuativa, nella fattispecie in esame, si fonda sullo stesso legame intercorrente tra il Consorzio Patti Chiari e le Banche aderenti. Quest’ultime ricevevano la certificazione da parte del Consorzio e la conseguente possibilità di pubblicizzare e vendere obbligazioni presenti nel Listino OBBRR, a seguito di determinati accertamenti.
Il Consorzio, in altri termini, pubblicizzando il marchio garantiva la solidità del titolo e la affidabilità e professionalità della banca intermediaria e dell’emittente. L’adesione da parte della Banca intermediaria al Consorzio Patti Chiari, in quanto Banca certificata e autorizzata all’uso del marchio Patti Chiari, comportava – come già detto – in capo alla stessa un più stringente obbligo informativo, ulteriore rispetto a quelli della normativa del TUF, in quanto il progetto Patti Chiari era finalizzato a tutelare costantemente, anche dopo l’acquisto, il cliente risparmiatore.
Torna sotto questo profilo utile richiamare nuovamente la clausola apposta sull’ordine di negoziazione del titolo in contestazione, in quanto presente nel Listino Patti Chiari OBBRR. Tale clausola, lo si ripete, così impegnava la Banca con il cliente:
“Il titolo in ordine fa parte dell’elenco delle obbligazioni a basso rischio-rendimento “pattichiari” emesso alla data dell’ordine.
N.b. in base agli andamenti di mercato il titolo negoziato potra’ uscire dall’elenco successivamente alla data dell’ordine. il cliente sara’ tempestivamente informato se un titolo facente parte dell’elenco subisce una significativa variazione del livello di rischio”.
Si creava così il particolare rapporto intercorrente tra il Consorzio e la Banca intermediaria nella negoziazione dei titoli a marchio Patti Chiari. Ciò configura la diretta responsabilità della Banca nei confronti del cliente, in quanto questa si impegnava contrattualmente a monitorare il titolo negoziato seguendone l’andamento attraverso il controllo del VaR, nonché attraverso gli altri indici di rischiosità adeguati ad esprimere le oscillazioni del titolo e a far presagire, con una certa attendibilità, un eventuale fallimento dell’emittente.
In particolare, tra gli indicatori esaminati in sede di CTU si richiamano:
– l’andamento dei CDS (Credit Default Swap),
– il livello di liquidità (attraverso l’indice azioni medie su attivi medi);
– l’andamento e composizione delle passività totali della Lehman Brothers Holding Inc.;
– il rapporto di indebitamento mediante l’ausilio dell’indice Leverage;
– la volatilità storica e implicita del prezzo delle azioni Lehman;
– l’Earning Per Share ratio;
– la distribuzione temporale dei titoli di debito emessi dalla Banca;
– l’evoluzione storica del prezzo delle azioni Lehman Brothers e della capitalizzazione di mercato (cd. Market Cap), del prezzo delle obbligazioni Lehman Brothers e del rating.
Tali parametri – nonché il superamento del parametro VaR relativo al titolo trattato dal cliente/attore in giudizio dei livelli di guardia indicati da patti Chiari, come accertato in sede di CTU – se correttamente analizzati avrebbero confermato la prevedibilità del fallimento della Lehman Brothers e le significative variazioni del livello del rischio collegato alle obbligazioni.
La Banca intermediaria, tuttavia, non ha dimostrato di aver monitorato il titolo né di aver informato il cliente del suo andamento o fornito e monitorato il VaR.
La Banca intermediaria viene condannata in solido con il Consorzio (e vede rigettata la propria azione di regresso nei confronti della litisconsorte) per violazione dell’obbligo di informazione continuativa anche successiva all’investimento ex art. 21 TUF e 28 del Regolamento Consob n. 11522/98. Tale obbligo è conseguenti non solo all’attività svolta dalla Banca ma anche, in via primaria, alla sua adesione al Consorzio Patti Chiari. La Banca avrebbe dovuto informare il cliente dell’andamento del titolo. Invece ha omesso di accertare i dati VaR relativi al titolo, su base giornaliera e settimanale, e la sua conseguente corretta inclusione nel Listino Patti Chiari.
Omissioni rese ancor più gravi alla luce degli impegni contrattualmente assunti e alla sua qualità di operatore qualificato.