La sentenza in epigrafe interviene sul delicato tema dell’entrata in vigore del nuovo regime di immediata esecutività delle sentenze di condanna favorevoli al contribuente; tale disciplina è stata, infatti, di recente introdotta dall’art. 9, comma 1, lett. gg), del D.Lgs n. 156/2015 che ha riscritto l’art. 69 del D.Lgs n. 546/1992.
Si ricorda, in particolare, che ai sensi del riformato comma 1 dell’art. 69 “le sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente e quelle emesse su ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell'articolo 2, comma 2, sono immediatamente esecutive. Tuttavia il pagamento di somme dell'importo superiore a diecimila euro, diverse dalle spese di lite, può essere subordinato dal giudice, anche tenuto conto delle condizioni di solvibilità dell'istante, alla prestazione di idonea garanzia”.
Ebbene, il problema del decorso dell’efficacia di tale disposizione si è posto a partire dal combinato disposto delle seguenti norme[1]: da un lato, il comma 2 del citato art. 69 secondo cui “con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emesso ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati il contenuto della garanzia …, la sua durata nonché il termine entro il quale può essere escussa…”; dall’altro, l’art. 12, comma 2, del D.Lgs n. 156/2015, in base al quale fino all’approvazione del richiamato decreto ministeriale “restano applicabili le previgenti disposizioni” dell’articolo 69.
Poiché ad oggi il decreto in questione non risulta ancora pubblicato, ai contribuenti sembrerebbe preclusa la possibilità di far valere medio tempore la natura immediatamente esecutiva delle sentenze di condanna in loro favore. Ipotesi, peraltro, confermata dall’Agenzia delle Entrate che nella circolare n. 38 del 29 dicembre 2015ha affermato, senza troppe sottigliezze, che “per le sentenze già depositate alla data del 1° giugno 2016 (e, in mancanza del decreto ministeriale, anche per quelle depositate successivamente a tale data) rimane in vigore il precedente testo dell’articolo 69, ai sensi del quale per i giudizi aventi ad oggetto un diniego espresso o tacito alla restituzione di tributi e relativi accessori versati spontaneamente, la sentenza di condanna dell’ufficio al pagamento di somme, comprese le spese di giudizio, non è immediatamente esecutiva e deve essere eseguita solo dopo il passaggio in giudicato”.
Una simile interpretazione, seppur letteralmente non peregrina[2], aveva destato più d’una perplessità andando di fatto a “generalizzare”, anche ai casi in cui l’oggetto del suddetto decreto sarebbe stato irrilevante (ossia i casi di assenza di garanzia), lo “scivolone” legislativo che, subordinando la decorrenza dell’efficacia dell’art. 69 all’emanazione di un apposito decreto da parte del MEF, ha de facto rimesso allo stesso soggetto da cui dipende in buona sostanza l’Agenzia delle Entrate il potere di ritardare – attraverso il differimento nell’emanazione del suddetto decreto – l’erogazione dei rimborsi a favore del contribuente dovuti dalla stessa Agenzia in forza delle condanne subite[3].
Fortunatamente, la giurisprudenza di merito si è da subito dimostrata più attenta alle esigenze del contribuente ed ha iniziato a disattendere la suddetta interpretazione erariale[4]. Tuttavia, solo con la sentenza in commento tale orientamento sembra aver trovato una più chiara ed esplicita giustificazione rispetto ai casi in cui l’art. 69 deve ritenersi pienamente efficace anche in assenza del citato decreto; afferma infatti la Commissione che “occorre … dare alla norma una lettura costituzionalmente orientata e ritenere che la provvisoria esecutività delle sentenze, già chiaramente imposta dalla legge delega, debba senz'altro già ritenersi pienamente operante in tutti quei casi in cui il giudice non intenda (oppure non possa ovvero non voglia) imporre alcuna garanzia a carico della parte privata”.
La premessa di tale conclusione è data innanzitutto dalla condivisibile considerazione secondo cui “è innanzitutto irragionevole che la previsione di esecutività possa essere subordinata all'emanazione di un decreto relativo alle "garanzie" quando esse non sono dovute”[5]; inoltre, a sostegno della propria tesi, i giudici rilevano altresì che “la legge delega non prevedeva che a fronte dell'esecutività si dovesse imporre una garanzia; tantomeno quindi potrebbe ammettersi che la previsione di esecutività chiaramente espressa nella legge sia indefinitamente posticipata dal legislatore delegato al fine di disciplinare tale aspetto marginale, che ben il giudice può regolamentare caso per caso. Inoltre, il fatto che il legislatore delegato – senza imporre limiti di tempo – abbia subordinato, l'effettiva entrata in vigore della norma all'emanazione di un provvedimento regolamentare la cui iniziativa è lasciata in mano al dicastero dell'Economia e delle Finanze (che, in sostanza, è una delle parti del processo) solleva ulteriori ombre di incostituzionalità sull'art. 12, c. 2, del D.Lgs. n. 156/2015”.
Su queste basi non può, quindi, che ritenersi posta su fondamenta maggiormente salde, o comunque ragionevolmente difendibili, la possibilità, tutta a vantaggio del contribuente, di far valere nei confronti dell’Agenzia delle Entrate l’immediata esecutività delle sentenze di condanna depositate a partire del 1° giugno 2016 e per la cui provvisoria esecutività non risulti necessaria alcuna garanzia (importo della condanna non superiore a 10.000 Euro) ovvero detta garanzia non sia stata in ogni caso richiesta dal giudice.
Si auspica, quindi, che anche altre Commissioni Tributarie diano seguito al principio espresso dalla sentenza in rassegna; ciò anche nell’ottica di favorire l’ammissibilità dei ricorsi in ottemperanza che i contribuenti avranno interesse a presentare in tutti quei casi, per la verità non infrequenti, in cui l’Agenzia delle Entrate, nelle more dell’emanazione del ricordato decreto ministeriale, riterrà non ancora in vigore il riformato art. 69. Merita, infatti, di essere ricordato che ai sensi del nuovo art. 69, comma 5, il giudizio di ottemperanza può ora essere avviato a norma del successivo art. 70 indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza – mentre secondo la disciplina previgente, da reputarsi tuttavia non più in vigore alla luce della sentenza in rassegna, il giudizio di ottemperanza poteva essere proposto solo a condizione che la sentenza fosse già passata in giudicato.
[1] IORIO, A., Sentenze esecutive a senso unico. In stand by il provvedimento che prevede il rimborso immediato se l’ufficio perde, Sole24Ore, 5 ottobre 2016, p. 37; CICALA, M., Esecutività delle sentenze favorevoli al contribuente ed inadempimento della pubblica amministrazione. Primi spunti per una riflessione, Fondazione Nazionale dei Commercialisti, 15 ottobre 2016.
[2] Cfr. BASILAVECCHIA, M., Provvisoria o dilatoria esecutività delle sentenze?, in IPSOA Quotidiano, 8 ottobre 2016.
[3] La pubblicazione è, tuttavia, attesa a breve visto che il 2 dicembre 2016 il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole allo schema di decreto sottoposto alla sua attenzione.
[4] Si veda ad es. Commissione Tributaria Provinciale di Venezia del 20 giugno 2016, n. 316; Commissione Tributaria Provinciale di Regio Emilia del 14 novembre 2016, n. 310.
[5] E a ben vedere tale principio appare inoppugnabile e tra l’altro a riprova di ciò la stessa Agenzia delle Entrate sembrerebbe averne fatto uso proprio nell’ambito della già citata circolare n. 38/2015 laddove afferma, a commento delle modifiche in tema di assistenza tecnica recate dal D.Lgs n. 156/2015, che “in ordine all’entrata in vigore delle disposizioni in commento, l’articolo 12, comma 2, del decreto di riforma specifica che fino all’approvazione del DM previsto dal novellato articolo 12, comma 4, del decreto n. 546 “restano applicabili le disposizioni previgenti”. Considerato che il decreto ministeriale concerne in particolare le modalità di tenuta del predetto elenco dei soggetti abilitati alla assistenza tecnica, si ritiene che le altre disposizioni del nuovo articolo 12 non interessate dall’emanazione del medesimo decreto – in particolare quella recante il nuovo limite di valore di 3.000,00 euro delle liti per le quali i contribuenti possono stare in giudizio personalmente – entrino in vigore dal 1° gennaio 2016”. Dunque anche la stessa Agenzia delle Entrate, ragionando in modo non dissimile da quanto fatto dalla Commissione Tributaria che ha emesso la sentenza in rassegna, ha ritenuto irrilevante la mancata emanazione di un decreto ministeriale, rispetto alla generale entrata in vigore della norma che lo richiama laddove tale decreto incida solo su un particolare caso di applicazione di tale norma con la conseguenza, ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, che in tutti gli altri casi – evidentemente non toccati dal contenuto del predetto decreto – tale norma non può che ritenersi pienamente efficace a prescindere dall’avvenuta emanazione del decreto de quo. Si noti, tuttavia, che il citato art. 12 del D.Lgs n. 156/2015, cui si riferisce la presente conclusione dell’Agenzia delle Entrate, si riferisce sia all’art. 12 che all’art. 69 del D.Lgs n. 546/1992; appare, quindi, curioso che solo con riferimento all’art. 69 l’Agenzia abbia applicato un metro di giudizio diverso, rispetto a quello qui appena ricordato, ed abbia quindi ritenuto in tutti i casi non ancora in vigore l’art. 69 benché il decreto ministeriale richiamato dal comma 2 del medesimo articolo si riferisca soltanto al caso delle sentenze dichiarate esecutive subordinatamente alla presentazione di una garanzia.