Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha analizzato le divergenze tra le figure della cessione di credito a scopo di garanzia e del pegno. La Cassazione ha posto in rilievo l’impossibilità di giungere ad un’assimilazione dei due istituti, sottolineandone le differenti caratteristiche e ricordando la tassatività dei diritti di prelazione.
In particolare, il giudice di legittimità, a fronte di un ricorso portato innanzi da un istituto di credito contro una sentenza del Tribunale di Milano che riconosceva come chirografo l’intero credito vantato dall’istituto stesso nei confronti del Fallimento di una s.r.l., pur in presenza di una cessione di credito a scopo di garanzia, ha indagato la natura di tale cessione. Non accogliendo la posizione del ricorrente, favorevole alle visione della cessione a scopo di garanzia come figura equiparabile all’istituto del pegno, la Cassazione ha evidenziato la sostanziale diversità tra pegno di credito e cessione del medesimo, ponendo in luce come nel primo caso si integri “un tipico diritto di prelazione, che non dà mai luogo al trasferimento della titolarità del credito al creditore pignoratizio”, mentre nel secondo tale “trasmissione del credito […] in via immediata, se il credito è già maturato, ovvero in via differita, cioè al momento della maturazione, se trattasi di credito futuro” costituisce l’oggetto dell’istituto.
In aggiunta, la Suprema Corte ha evidenziato l’assenza della cessione di credito tra i diritti di prelazione tassativamente indicati nell’art. 177.3 LF, a divergenza del pegno stesso. Di conseguenza, dinanzi al mancato accoglimento di tutti i motivi proposti, fondati sulla supposta assimilabilità delle due citate figure giuridiche, il giudice di legittimità ha respinto il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento di spese ed accessori di legge.