L’istituto della “confideiussione” di cui all’art. 1946 cod. civ., è caratterizzato, nei suoi presupposti, da un collegamento necessario tra le obbligazioni assunte dai singoli fideiussori, mossi consapevolmente dall’interesse comune di garantire lo stesso debito e lo stesso debitore.
Con la pronuncia in commento, la prima sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che si può configurare un caso di confideiussione pur in assenza della prova scritta del contratto, purché sia rinvenibile la sussistenza di interesse comune a tutti i fideiussori.
Confermando quanto già espresso dalla Suprema Corte in precedenti decisioni, gli Ermellini hanno rilevato che “l’art. 1937 cod. civ., laddove prescrive che la volontà di prestare la fideiussione deve essere espressa, deve essere interpretato nel senso che non è necessaria la forma scritta o l’adozione di formule sacramentali, purché la volontà sia manifestata in modo inequivocabile”.