Nella pronuncia in esame, la Suprema Corte afferma che la funzione di generale garanzia per il creditore – assolta (ex art. 2740 c.c.) dall’intero patrimonio, presente e futuro, del debitore – incontra il limite dell’abuso del diritto. Ciò avviene con particolare riferimento al diritto processuale, dove i diritti sono conferiti in ragione della strumentalità del mezzo rispetto al fine del soddisfacimento del diritto sostanziale tutelato.
Secondo la Cassazione, infatti, l’art. 2828 c.c. – che consente al creditore di iscrivere ipoteca su qualunque immobile, presente e futuro del debitore – non deve essere inteso come abilitazione a iscrivere ipoteca su tutti gli immobili del debitore; dovendo la strumentalità della garanzia reale rispetto a crediti determinati autorizzare a ipotizzare che, ferma la libertà del creditore di scelta tra quali immobili, il valore degli stessi debba rapportarsi alla cautela riconosciuta.
Ciò posto, il creditore che iscrive ipoteca giudiziale su beni del debitore il cui valore ecceda la cautela, discostandosi dai parametri ex artt. 2875 e 2876 c.c., pone in essere un comportamento di abuso dello strumento della cautela rispetto al fine per cui gli è stato conferito: e infatti questo, utilizzando lo strumento processuale oltre lo scopo previsto dal legislatore per assicurarsi la maggiore garanzia possibile, determina un effetto deviato in danno del debitore.