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Giurisprudenza

Il contratto autonomo di garanzia si caratterizza per l’assenza dell’accessorietà della garanzia

1 Ottobre 2015

Avv. Martina Gentile, Studio Legale Giovannelli & Associati, Firenze

Cassazione Civile, Sez. I, 31 luglio 2015, n. 16213

Di cosa si parla in questo articolo

Massima: il carattere distintivo del contratto autonomo di garanzia è costituito dall’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga alla regola essenziale posta per la fideiussione dall’art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione della legittimazione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché della proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento da quest’ultimo effettuato”.

 

Con la sentenza 31 luglio 2015, n. 16213, la Corte di Cassazione torna sul tema della distinzione fra contratto autonomo di garanzia e fideiussione, e lo fa ripercorrendo un iter argomentativo ormai consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte.

Il caso traeva origine dall’opposizione proposta da un istituto di credito avverso il decreto ingiuntivo del Tribunale di Roma con il quale si ordinava alla banca di restituire al Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato (poi Ministero delle attività produttive) – in virtù di una polizza fideiussoria – una somma prestata a titolo di finanziamento.

L’opposizione trovava accoglimento in primo grado, ma era successivamente rigettata in sede di appello, con conferma del decreto opposto. In particolare, nel riformare la sentenza di primo grado, la Corte d’Appello di Roma aveva ritenuto che quello stipulato tra l’istituto di credito ed il Ministero fosse qualificabile come contratto autonomo di garanzia: esso imponeva infatti alla banca di provvedere al pagamento a semplice richiesta del Ministero, escludeva la necessità della prova dell’inadempimento e del consenso del debitore, e prevedeva la rinuncia a qualsiasi eccezione opponibile dal fideiussore.

Con il provvedimento in commento, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto contro la sentenza del 10 marzo 2008 della Corte d’Appello di Roma, svolgendo considerazioni non inedite in tema di distinzione fra il contratto autonomo di garanzia (c.d. Garantievertrag) e la figura tipica della fideiussione.

In particolare, la Suprema Corte – sulla scorta di propri autorevoli precedenti – ha ritenuto che:

(i) è da ribadirsi il principio per cui ricorre il contratto autonomo di garanzia, e non la fideiussione, laddove fra le pattuizioni negoziali non si rinvenga l’elemento distintivo dell’accessorietà della garanzia, connaturato alla fideiussione in forza del disposto dell’art. 1945 c.c.;

(ii) alla luce della sentenza del 18 febbraio 2010, n. 3947 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il predetto difetto dell’accessorietà può peraltro agevolmente desumersi da elementi letterali del regolamento negoziale, e, in particolare, dalla nota clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni”, che vale ex ante a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (salvo ovviamente che tale previsione confligga con il globale contenuto della convenzione);

(iii) altro elemento caratterizzante del contratto autonomo di garanzia rispetto alla fideiussione, è costituito dall’inopponibilità – da parte del garante nei confronti del creditore – delle eccezioni di merito derivanti dal rapporto principale. Ciò, comunque, non preclude aprioristicamente la proposizione dell’exceptio doli, ma in tal caso il garante dovrà allegare e dimostrare una vera e propria condotta abusiva del creditore, il quale, “nel chiedere la tutela giudiziale del proprio diritto, abbia fraudolentemente taciuto, nella prospettazione della fattispecie, situazioni sopravvenute alla fonte negoziale del diritto azionato ed aventi efficacia modificativa o estintiva dello stesso, ovvero abbia esercitato tale diritto al fine di realizzare uno scopo diverso da quello riconosciuto dall’ordinamento, o comunque all’esclusivo fine di arrecare pregiudizio ad altri, o ancora contro ogni legittima ed incolpevole aspettativa altrui”.

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