Con la sentenza in oggetto, il Tribunale di Milano ha confermato l’orientamento espresso dalla Corte di Giutizia UE (C-110/14) secondo cui, posto che la nozione di consumatore deve essere valutata alla luce di un criterio funzionale volto ad analizzare se il rapporto contrattuale in esame rientri nell’ambito delle attività estranee all’esercizio di una professione, nel caso di rilascio di una fideiussione da parte di una persona fisica in favore di una società commerciale, spetta al giudice determinare se tale persona sia qualificabili o meno come “consumatore”, analizzando se questa abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata.
Tale orientamento, evidenzia il Tribunale di Milano, in quanto fondato sull’esame della posizione del fideiussore, in relazione alle obbligazioni assunte, come soggetto autonomo e distinto rispetto al debitore principale, si ritiene maggiormente aderente alla finalità proprie della tutela consumeristica rispetto all’orientamento secondo cui la qualifica professionale del soggetto garantito si rifletterebbe automaticamente anche nella posizione del fideiussore, nonostante questi agisca per scopi estranei all’attività imprenditoriale.
Nel caso di specie, il Tribunale ha dichiarato nulla, ai sensi dell’art. 33 del Codice del consumo, la deroga convenzionale prevista nelle fideiussioni in oggetto in quanto non era stata fornita alcuna prova di un collegamento funzionale tra le parti che avevano prestato fideiussione (qualificate come consumatrici) e la società debitrice, essendo stato dedotto solamente il rapporto di coniugio tra le stesse e i soci della società.