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Giurisprudenza

L’ammissione alla procedura di concordato non impedisce la configurazione del reato di omesso versamento delle ritenute certificate

28 Luglio 2020

Enrico Pezzi, dottore di ricerca in Studi Giuridici Comparati ed Europei, curriculum di diritto e procedura penale e filosofia del diritto, Università di Trento

Cassazione Penale, Sez. III, 05 dicembre 2019, n. 13092 – Pres. Rosi, Rel. Gai

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha statuito il principio in base al quale ai fini della configurabilità del reato di omesso versamento delle ritenute certificate “la proposizione di una domanda di concordato, la sua ammissione e l’omologazione non impediscono il pagamento del debito tributario sorto in epoca anteriore, ma scadente dopo la presentazione della domanda medesima”.

La pronuncia prende posizione su un contrasto interpretativo attinente al rapporto degli effetti inibitori della procedura di concordato preventivo del soggetto tenuto al versamento delle imposte rispetto agli obblighi di versamento imposti dalla legge tributaria, e della conseguente rilevanza penale o meno dell’omesso versamento.

Ad un primo orientamento che negava ogni rilevanza ex art. 51 c.p. all’ammissione alla procedura di concordato ai fini dell’esclusione del reato di omesso versamento d’IVA (Sez. III, 04 febbraio 2016, n. 44283), si è progressivamente formato un secondo orientamento che ammette, in presenza di talune specifiche condizioni, la rilevanza scriminante dell’ammissione alla procedura concordataria sul reato omissivo improprio, pur senza unità di veduta con riguardo alle condizioni di operatività della causa di giustificazione (Sez. IV, 17 ottobre 2017, n. 52542; Sez. III, 08 giugno 2018 n. 39696; Sez. III, 30 ottobre 2018, n. 2860; Sez. III, 17 maggio 2019, n. 39310).

Nel dare continuità a questo secondo orientamento, la Cassazione ha statuito che l’ammissione al concordato non assume rilevanza, di per sé sola, ad escludere la configurazione del reato tributario, potendosi invocare la scriminante dell’adempimento del dovere solo ove l’imputato sia destinatario di un ordine legittimo del tribunale che imponga il divieto di pagamento dei crediti anteriori alla proposta concordataria.

Dall’esegesi degli artt. 167 e 168 l. Fall. si sottolinea infatti che la procedura di concordato non priva l’imprenditore dell’amministrazione dei propri beni, ammettendo il compimento di atti di ordinaria amministrazione, nonché di quelli di straordinaria amministrazione ove autorizzati dal tribunale. Rientrando in tale seconda categoria gli atti idonei a pregiudicare i valori dell’attivo, non vi sono dubbi nel ritenere che il pagamento di un debito sorto anteriormente alla procedura, come quello fiscale, costituisca un atto gestorio straordinario.

Secondo gli ermellini pertanto, la procedura di concordato non è di per sé un ostacolo al pagamento di debiti tributari sorti precedentemente (e che vengano a scadere successivamente) alla sua data di presentazione, sia perché è prevista una disciplina di autorizzazione per gli atti di straordinaria amministrazione, sia perché la sua inosservanza non è comunque causa di automatica inammissibilità della proposta.

In definitiva, la mera ammissione al concordato, di per sé, non assume rilevanza ai fini dell’operatività della causa di giustificazione dell’adempimento di un dovere, che potrà essere invocata solo ove l’imputato sia destinatario di un “ordine legittimo” del tribunale civile, intervenuto prima della scadenza dei termini per il versamento, con il quale si faccia divieto di pagare i crediti anteriori alla proposta di concordato (per maggiori informazioni sulla scriminante di cui all’art. 51 c.p. ed in particolare sulle caratteristiche dell’ordine dell’Autorità si veda Pulitanò, Esercizio di un diritto e adempimento di un dovere, in Dig. it., IV, Torino, 1990, 320; Regina, Esercizio del diritto ed adempimento del dovere, inEnc. giur. Treccani, XIII, Roma, 1989).

I medesimi principi sono estesi anche alle ipotesi di concordato in bianco, ex art. 161, c. 6 l. fall., sul presupposto che quello innescato dalla domanda con riserva non costituisce un procedimento antecedente e distinto rispetto a quello, ordinario, che si apre con la presentazione della proposta, costituendo entrambi due fasi interne del medesimo procedimento (Cass. pen., Sez. III, 20 febbraio 2020, n. 13628).

 

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